La finalità dell’art. 75 è quella di escludere dalle procedure ad evidenza pubblica imprenditori ed imprese per i quali si possa presumere una gestione non corretta dell’azienda

Lazzini Sonia 03/03/11
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La finalità dell’art. 75 è quella di escludere dalle procedure ad evidenza pubblica imprenditori ed imprese per i quali si possa presumere una gestione non corretta dell’azienda, attraverso la verifica di parametri diversi, tra cui quello relativo alla personalità penale di amministratori e direttori.

Ciò si deduce agevolmente dall’ultimo inciso della norma, secondo cui l’impresa è ammessa, nonostante la presenza di condanne, (solo) qualora dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.

Nel senso che in quei casi l’impresa è stata la vittima e non il complice dell’autore della condotta penalmente rilevante, e che ha posto in essere gli opportuni accorgimenti per dissociare la propria gestione da quella che sarebbe stata indotta dalla condotta sanzionata. Per altro, la gestione di cui si tratta non deve necessariamente riguardare tutta l’azienda, ma può anche essere relativa ad una parte di essa, cioè un ramo, senza che venga meno quella connessione tra la gestione e la personalità penalmente colpevole.

Basti pensare che l’influenza negativa di un soggetto condannato ben può riverberarsi sul solo ramo e non sull’intera azienda, come nel caso dell’elemento dell’avviamento, nella specie, espressamente facente parte della cessione del ramo d’azienda del 15 giugno 2009.

Deve quindi ritenersi che anche nella cessione di un ramo di azienda, oltre che ovviamente nella cessione dell’intera azienda, si realizzi una successione di alcuni elementi soggettivi pur presenti nel singolo ramo, tanto che l’eventuale inquinamento della gestione causato da un amministratore o direttore tecnico (il quale in ipotesi non sia stato trasferito alla cessionaria insieme al ramo di azienda) tuttavia riverberi la sua influenza negativa.

Una contraria tesi comporterebbe una facile elusione dei divieti di partecipazione, in violazione della disposizione contenuta nel citato art. 75, secondo cui “in ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara…”. Infatti, nell’ipotesi di cessione di ramo di azienda, sussiste il rischio del permanere dell’influenza di eventuali cedenti privi dei requisiti di affidabilità, con violazione del divieto nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara (nei medesimi termini, da ultimo, C.G.A., 26 ottobre 2010 n. 1314).

Nel caso in esame, la mancanza di tale dichiarazione non può che essere considerata rilevante, considerato che il disciplinare espressamente considerava tra i soggetti cessati dalla carica gli amministratori ed i direttori tecnici delle imprese cedute, pretendendo, per essi, che i concorrenti attestassero il possesso dei requisiti morali.

Pertanto, l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, per non avere dichiarato, quali soggetti cessati dalla carica, il legale rappresentante ed il direttore tecnico dell’impresa cedente ************* – in liquidazione, dalla quale, in data 15 Giugno 2009, essa si era resa cessionaria di ramo d’azienda.

Con la conseguenza che, assorbiti ulteriori vizi non esaminati, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno, atteso che, a seguito dell’ordinanza di questa Sezione resa in sede cautelare, non risulta neppure stipulato il contratto di appalto.

Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 4703 del 9 dicembre 2010 pronunciata dal Tar Sicilia, Catania

 

N. 04703/2010   04703/2010  REG.SEN.

N. 02305/2010   02305/2010   REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2305 del 2010, proposto da: ***

contro***

nei confronti di***

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

dei provvedimenti contenuti nei verbali di gara del 18, 20, 21, 24, 26, 27, 28 e 31 maggio 2010 e dell’1 e 7 giugno 2010, dell’UREGA di Messina, per effetto dei quali la società controinteressata CONTROINTERESSATA. spa è stata ammessa a partecipare alla gara per l’affidamento dei lavori di <<opere di urbanizzazione connesse alla realizzazione del lotto B1 dell’area artigianale di Fiumedinisi con opere di sostegno delle scarpate, opere a verde, opere di consolidamento e protezione di scavi, tutte le reti di distribuzione energetica, idrica, fognaria etc. nonchè tutta la rete viaria interna…>>;

dei provvedimenti contenuti nel verbale di gara dell’8 giugno 2010, dell’UREGA di Messina, per l’effetto dei quali la detta gara è stata provvisoriamente aggiudicata all’impresa controinteressata, nonchè dello sconosciuto provvedimento con cui la stazione appaltante ha accolto la proposta di aggiudicazione dell’UREGA di Messina e dello sconosciuto provvedimento – ove adottato – con cui l’Amministrazione ha approvato gli atti di gara ed aggiudicato definitivamente l’incanto all’impresa controinteressata.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ********** Sezione Provinciale di Messina, Assessorato Regionale Lavori Pubblici, Controinteressata. spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2010 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il Comune di Fiumedinisi ha bandito la gara, mediante pubblico incanto, per l’affidamento dei lavori di <<opere di urbanizzazione connesse alla realizzazione del lotto B1 dell’area artigianale di Fiumedinisi con opere di sostegno delle scarpate, opere a verde, opere di consolidamento e protezione di scavi, tutte le reti di distribuzione energetica, idrica, fognaria etc. nonché tutta la rete viaria interna…>>, con importo a base d’asta di € 1.795.000,00.

Il disciplinare di gara, allegato al bando, con riferimento alla documentazione da presentare, ha disposto, ai sensi dell’art. 75 comma 1 lett. c) del DPR n. 554/99, che le dichiarazioni in ordine al possesso dei requisiti morali di cui al punto 4 lett. a) – limitatamente alle lettere b) e c) dell’art. 75 del DPR n. 554/99 – e lettere b) e c), avrebbero dovuto essere rese anche dai direttori tecnici e dagli amministratori muniti di potere di rappresentanza; sia attualmente in carica; sia cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando; mentre nelle pagine successive (a pag. 5) ha precisato che <<..le suddette dichiarazioni dovranno essere prodotte anche per i soggetti cessati dalla carica e riconducibili alle cessioni e/o acquisizioni a qualsiasi titolo di rami o di intere aziende…>>.

Al fine di dimostrare il possesso della capacità tecnica, poi, il punto 2) del medesimo disciplinare ha richiesto la produzione dell’attestazione SOA in originale ovvero in fotocopia sottoscritta dal legale rappresentante, accompagnata da copia del documento di identità del dichiarante. Mentre al fine di garantire la serietà dell’offerta proposta, ha imposto la produzione di una cauzione provvisoria, bancaria e/o assicurativa, ai sensi dell’art. 30 L. n. 109/94 come recepita in Sicilia.

La Commissione ha ammesso a partecipare alla gara l’impresa controinteressata CONTROINTERESSATA., nonostante questa avesse omesso di rendere le prescritte dichiarazioni, sia con riferimento ad un direttore tecnico attualmente in carica; sia con riferimento al legale rappresentante ed al direttore tecnico dell’impresa ************* – in liquidazione, da cui, in data 15 Giugno 2009 si era resa cessionaria del ramo d’azienda; e malgrado avesse prodotto l’attestazione SOA e la certificazione di qualità ISO 9001, quest’ultima necessaria per ottenere il dimezzamento della cauzione, in maniera errata e, per tale motivo non produttiva di effetti giuridici.

Le operazioni di gara sono iniziate in data 18 Maggio 2010 e si sono chiuse l’8 Giugno 2010.

Una volta completato l’esame delle dichiarazioni ed ammesse le ditte partecipanti, la commissione di gara ha proceduto al sorteggio del numero per la determinazione della soglia di anomalia, ma essendo quasi tutte le offerte di pari ribasso, per la individuazione dell’aggiudicataria è stato effettuato un nuovo sorteggio.

La gara, pertanto, è stata aggiudicata all’impresa controinteressata, che ha offerto il miglior ribasso tra quelli rimasti in gara (7,3152%) e che è stata sorteggiata.

Al secondo posto si è collocata l’impresa ricorrente, che ha offerto il medesimo ribasso e che è stata appunto sorteggiata quale seconda aggiudicataria.

Con atto notificato il 26 e 28.07.2010, depositato il successivo 01.09, la Ricorrente S.r.l. e la Ricorrente due Costruzioni, in qualità di impresa ausiliaria ai sensi dell’art. 49 del D.L.gs. n. 163/2006, hanno impugnato i provvedimenti relativi all’aggiudicazione.

Con ordinanza n.22 del 27.09.2010 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare, seppure limitatamente alla fissazione dell’udienza per la discussione del merito della controversia.

Alla pubblica udienza dell’01.12.2010 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1) Preliminarmente, il Collegio precisa di ritenere infondate le eccezioni di inammissibilità formulate dalla controinteressata, la quale deduce l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva ma anche di quella provvisoria, atteso che l’impugnazione dello sconosciuto provvedimento – ove adottato – con cui l’Amministrazione ha approvato gli atti di gara ed aggiudicato definitivamente l’incanto all’impresa controinteressata, come indicato nell’epigrafe del ricorso, non potrebbe essere considerata valida.

In realtà, l’eccezione è priva di consistenza per la ragione che un provvedimento di aggiudicazione definitiva non risulta essere mai stato adottato, essendosi concretizzato il meccanismo previsto in Sicilia per gli appalti di opere pubbliche dall’art. 21 bis della L. 11 febbraio 1994 n. 109, come introdotto dall’art. 18 della l.r. 2 agosto 2002 n. 7, secondo cui, decorsi 7 giorni dalla pubblicazione del verbale di gara (in assenza di rilievi o di contestazioni) e comunque decorsi 10 giorni dalla trasmissione del gravame (ove siano stati proposti gravami in via amministrativa e non sia intervenuta la decisione sui medesimi), il verbale stesso diviene definitivo, con conseguente decorrenza dalle predette date del termine per l’impugnazione (cfr. CGA, 28.09.2007 n. 872).

D’altra parte, non è richiesta l’approvazione del verbale di aggiudicazione dell’appalto, per cui l’eventuale (e comunque non necessario) atto deliberativo con cui l’organo direttivo dell’ente approva il risultato della gara, ha valenza ed efficacia meramente ricognitiva e confermativa della già avvenuta aggiudicazione, con la conseguenza che si tratta di atto non autonomamente impugnabile, la cui adozione non riapre i termini eventualmente già decorsi per l’impugnazione del verbale divenuto definitivo (cfr., ex multis, CGA, 21.07.2008 n. 640).

2) Nel merito il ricorso è fondato, e va pertanto accolto, sussistendo quanto meno la lamentata violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del DPR n. 554/99, dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nonchè del punto 4 del disciplinare di gara.

Infatti, il disciplinare di gara richiedeva, a pagina 5, che le dichiarazioni relative al possesso dei requisiti morali dovessero essere prodotte “anche per i soggetti cessati dalla carica e riconducibili alle cessioni e/o acquisizioni a qualsiasi titolo di rami o di intere aziende”, quindi anche per coloro che erano amministratori e/o direttori tecnici di un’impresa dalla quale la partecipante si era resa acquirente a qualsiasi titolo di rami o di intere aziende.

Nel caso in esame, l’impresa controinteressata avrebbe dovuto dichiarare il possesso dei requisiti morali del legale rappresentante e del direttore tecnico dell’impresa ************* – in liquidazione, da cui in data 15 Giugno 2009, e pertanto nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, si era resa cessionaria di un ramo d’azienda.

Ma tale omissione è soprattutto lesiva del citato art. 75, il quale prevede che il divieto di partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e di stipulare i relativi contratti per i soggetti che si siano resi colpevoli di reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale, “in ogni caso…opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata” (comma 1, lett. c).

Come precisato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia con sentenza n. 389 del 6 Maggio 2008, con argomentazioni che questo Collegio condivide, l’art. 75 elenca i cosiddetti requisiti soggettivi dei quali deve essere in possesso l’impresa che intenda partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione di un contratto pubblico.

Tra questi, quello indicato dal comma 1, lettera c), si riferisce alla circostanza che l’imprenditore partecipante non abbia ricevuto condanne penali per reati che incidono sulla affidabilità morale e professionale, e che l’impresa partecipante non utilizzi, né abbia utilizzato nei tre anni precedenti, personale tecnico e non sia stata amministrata da soggetti attinti da tali condanne penali.

La prescrizione posta dall’art. 75 è soddisfatta mediante il rilascio, da parte dell’imprenditore o del rappresentante legale dell’impresa, di autocertificazioni ad hoc, che hanno il duplice scopo di certificare il possesso del requisito soggettivo negativo e di porre la Stazione appaltante nelle condizioni di valutare, in caso di positività, l’incidenza delle condanne sulla moralità ed affidabilità, anche verificando la veridicità della dichiarazione.

In relazione a tale aspetto, non può che ritenersi che le dichiarazioni rese dall’impresa debbano essere espressamente riferite anche agli amministratori e direttori tecnici di un’impresa estranea alla gara, dalla quale la partecipante abbia acquisito un ramo di azienda prima della scadenza dei termini di partecipazione alla gara stessa, perché i requisiti soggettivi (negativi) propri dell’impresa cedente si trasmettono all’impresa cessionaria, atteso che le dichiarazioni richieste dal bando non sono che lo strumento per attestare la sussistenza dei requisiti stessi.

In effetti, la finalità dell’art. 75 è quella di escludere dalle procedure ad evidenza pubblica imprenditori ed imprese per i quali si possa presumere una gestione non corretta dell’azienda, attraverso la verifica di parametri diversi, tra cui quello relativo alla personalità penale di amministratori e direttori.

Ciò si deduce agevolmente dall’ultimo inciso della norma, secondo cui l’impresa è ammessa, nonostante la presenza di condanne, (solo) qualora dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.

Nel senso che in quei casi l’impresa è stata la vittima e non il complice dell’autore della condotta penalmente rilevante, e che ha posto in essere gli opportuni accorgimenti per dissociare la propria gestione da quella che sarebbe stata indotta dalla condotta sanzionata. Per altro, la gestione di cui si tratta non deve necessariamente riguardare tutta l’azienda, ma può anche essere relativa ad una parte di essa, cioè un ramo, senza che venga meno quella connessione tra la gestione e la personalità penalmente colpevole.

Basti pensare che l’influenza negativa di un soggetto condannato ben può riverberarsi sul solo ramo e non sull’intera azienda, come nel caso dell’elemento dell’avviamento, nella specie, espressamente facente parte della cessione del ramo d’azienda del 15 giugno 2009.

Deve quindi ritenersi che anche nella cessione di un ramo di azienda, oltre che ovviamente nella cessione dell’intera azienda, si realizzi una successione di alcuni elementi soggettivi pur presenti nel singolo ramo, tanto che l’eventuale inquinamento della gestione causato da un amministratore o direttore tecnico (il quale in ipotesi non sia stato trasferito alla cessionaria insieme al ramo di azienda) tuttavia riverberi la sua influenza negativa.

Una contraria tesi comporterebbe una facile elusione dei divieti di partecipazione, in violazione della disposizione contenuta nel citato art. 75, secondo cui “in ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara…”. Infatti, nell’ipotesi di cessione di ramo di azienda, sussiste il rischio del permanere dell’influenza di eventuali cedenti privi dei requisiti di affidabilità, con violazione del divieto nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara (nei medesimi termini, da ultimo, C.G.A., 26 ottobre 2010 n. 1314).

Nel caso in esame, la mancanza di tale dichiarazione non può che essere considerata rilevante, considerato che il disciplinare espressamente considerava tra i soggetti cessati dalla carica gli amministratori ed i direttori tecnici delle imprese cedute, pretendendo, per essi, che i concorrenti attestassero il possesso dei requisiti morali.

Pertanto, l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, per non avere dichiarato, quali soggetti cessati dalla carica, il legale rappresentante ed il direttore tecnico dell’impresa cedente ************* – in liquidazione, dalla quale, in data 15 Giugno 2009, essa si era resa cessionaria di ramo d’azienda.

Con la conseguenza che, assorbiti ulteriori vizi non esaminati, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno, atteso che, a seguito dell’ordinanza di questa Sezione resa in sede cautelare, non risulta neppure stipulato il contratto di appalto.

Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna Comune e controinteressata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, liquidate in € 3.000,00 per ciascuna, oltre *** e Cpa, rimborso spese generali al 12,50%, ed in solido al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

***************, Presidente

Dauno Trebastoni, Primo Referendario, Estensore

***************, Primo Referendario

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/12/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Lazzini Sonia

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