Quando la dichiarazione di pubblica utilità diventa inefficace

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Con la sentenza che segue, il Tar Campania- Salerno ricostruisce la tutela vigente per il proprietario di immobile che sia stato privato di un bene immobile, a seguito di procedura ablativa, da parte della P.A., non conclusasi con il decreto di esproprio.

L’esercizio del potere autoritativo

La decisione specifica che l’esercizio del potere autoritativo diventa illegittimo quando la dichiarazione di pubblica utilità o il decreto di occupazione d’urgenza, pur legittimamente intervenuti, siano divenuti inefficaci per lo spirare del termine di durata dell’occupazione, senza che vi sia stata la conclusione del procedimento espropriativo.
La sentenza ribadisce che i danni da risarcire al proprietario dovranno essere determinati applicando analogicamente le disposizioni dell’art. 42 bis, comma 3, del D.P.R. n. 327/2001.

In particolare, essi andranno quantificati in misura pari al valore venale della parte di terreno illegittimamente occupata nonché in misura pari al 5% del valore anzidetto, da calcolarsi per ogni anno di permanenza dell’illecito, ossia a decorrere dallo scadere del termine massimo di occupazione legittima sino al momento di acquisizione della titolarità dei beni in capo alla pubblica amministrazione (avutosi, nella specie, con l’implicita rinuncia alla loro restituzione da parte ricorrente, in sede di instaurazione del giudizio) , nonché oltre interessi legali e rivalutazione, anno per anno, sino alla data di liquidazione dell’importo così determinato.

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Il provvedimento in calce

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda);Presidente ****************; Estensore Cons. ****** di ******.

Sentenza n° 1742 del 28 novembre 2018
sul ricorso proposto da
****, rappresentato e difeso dall’avvocato ****;
contro
Comune di ****, non costituito in giudizio;
per l’accertamento
dell’illegittimità della espropriazione dei suoli di cui al decreto di occupazione d’urgenza prot. n. 3000 del 19 aprile 2004,
nonché per la condanna al risarcimento dei danni per la perdita della disponibilità e della proprietà dei suoli medesimi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2018 il dott. **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 9 maggio 2013 e depositato il 30 maggio 2013, **** agiva per: a) l’accertamento dell’illegittimità del procedimento ablatorio avente per oggetto i fondi in sua proprietà, ubicati in ****, località *** in catasto al foglio 7, particelle 173 e 493, occupati in via d’urgenza giusta decreto del Responsabile del Settore Lavori Pubblici del Comune di **** prot. n. 3000 del 19 aprile 2004, non susseguito dall’emissione del decreto di esproprio; b) l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione appropriativa dell’ulteriore fondo in sua proprietà, ubicato in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 176, in quanto avvenuta in assenza sia del preventivo decreto di occupazione d’urgenza sia del definitivo decreto di esproprio; c) la condanna del Comune di **** al risarcimento dei danni: ca) consistiti nella perdita della disponibilità, dapprima, e della proprietà, poi, dei suoli anzidetti per effetto della loro occupazione appropriativa da parte dell’amministrazione e della loro irreversibile trasformazione; cb) derivanti dall’inadempimento dell’accordo bonario del 29 aprile 2004.
2. Ad illustrazione delle domande proposte allegava:
– di essere proprietario del suolo agricolo ubicato in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 173, nonché comproprietario insieme a terzi degli ulteriori suoli agricoli ubicati in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particelle 176 e 493, tutti interessati dai lavori di completamento della strada vicinale Corpo di Cristo – Pescole, contemplati nel progetto di variante approvato con delibera della Giunta comunale di **** n. 56 del 17 marzo 2004;
– che, con decreto del 19 aprile 2004, prot. n. 3000, il Responsabile del Settore Lavori Pubblici del Comune di **** aveva disposto l’occupazione d’urgenza di porzioni dei lotti censiti in catasto al foglio 7, particelle 173 e 493, per la durata di 5 anni e fissato in 3 mesi dalla sua emanazione il termine di esecuzione;
– che, in forza di accordo bonario sottoscritto il 29 aprile 2004 dallo Spera e dal Responsabile del Settore Lavori Pubblici del Comune di ****, era stato occupato anche, ai fini dell’esecuzione del tratto stradale progettato, il lotto in comproprietà del medesimo ***, ubicato in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 176, ed erano state concordate le opere di sistemazione resesi necessarie sull’area di intervento;
– che, dopo la conclusione di tale accordo bonario, non era mai intervenuta l’emissione del decreto di esproprio ovvero la stipula di un atto di cessione volontaria dei suoli temporaneamente occupati dall’amministrazione comunale, né quest’ultima aveva eseguito le opere di sistemazione convenute con lo ***;
– di non aver ricevuto alcun ristoro patrimoniale dall’amministrazione espropriante, se non l’insufficiente somma di € 255,00, versatagli il 7 febbraio 2012 con assegno circolare n. 55-53060881, peraltro privo di specifica causale.
3. Non essendo stata mai conclusa la procedura espropriativa e non avendo il Comune di **** corrisposto alcuna indennità, lo *** adiva col ricorso in epigrafe questo Tribunale amministrativo regionale.
4. L’amministrazione comunale intimata non si costituiva in giudizio.
5. All’udienza pubblica del 26 settembre 2018 la causa era trattenuta in decisione.
6. Venendo ora a scrutinare il ricorso, il Collegio rileva, in rito, l’inammissibilità per difetto di giurisdizione della proposta domanda risarcitoria per inadempimento dell’accordo bonario del 29 aprile 2004, facendosi con essa valere obbligazioni di facere (consistenti nell’esecuzione di opere di sistemazione resesi necessarie in seguito alla realizzazione del tratto viario Corpo di Cristo – Pescole sui suoli occupati in via d’urgenza), asseritamente contratte iure privatorum dall’amministrazione nei confronti dello ***, al di fuori, seppure a latere, del perimetro della procedura espropriativa.
7. Nel merito, fondate si rivelano le domande di accertamento dell’illegittimità del procedimento ablatorio avente per oggetto i suoli in proprietà del ricorrente, ubicati in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particelle 173 e 493, e di conseguente condanna del Comune di **** al risarcimento dei danni consistiti nella perdita della disponibilità, dapprima, e della proprietà, poi, dei suoli anzidetti per effetto della loro occupazione appropriativa da parte dell’amministrazione e della loro irreversibile trasformazione.
7.1. Al riguardo, giova previamente rammentare, alla luce dei principi di diritto enunciati da Cons. Stato, ad. plen., 9 febbraio 2016, n. 2, che, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà del privato non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 cod. civ., che viene a cessare solo in conseguenza: a) della restituzione del fondo; b) di un accordo transattivo; c) della rinunzia abdicativa da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo; d) di una compiuta usucapione, ma solo nei ristretti limiti perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato allo scopo di evitare che, sotto mentite spoglie, si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta in violazione dell’art. 1 del protocollo addizionale della CEDU (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3346/2014; n. 3988/2015); e) di un provvedimento di acquisizione emanato ex art. 42 bis del d.p.r. n. 327/2001.
In linea con l’ipotesi enucleata dall’Adunanza Plenaria sub lett. c, dinanzi all’illecito spossessamento del privato da parte della pubblica amministrazione e all’irreversibile trasformazione del terreno per la costruzione di un’opera pubblica, il privato è, dunque, nella facoltà (e non già nell’obbligo), anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, di domandare la restituzione del bene, ben potendo decidere di abdicare al suo diritto e chiedere, invece, il risarcimento del danno per equivalente monetario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2016, n. 4636; 20 aprile 2018, n. 2396; 24 maggio 2018, n. 3105; Cass. civ., 7 marzo 2017, n. 568).
7.2. La fattispecie dedotta nel presente giudizio corrisponde a quest’ultima tipologia, essendosi il ricorrente limitato a richiedere unicamente il risarcimento per equivalente monetario dei danni derivanti dall’occupazione appropriativa e dall’irreversibile trasformazione dei fondi in sua proprietà, senza aver esercitato l’azione restitutoria.
7.3. Ebbene, siffatto petitum risulta, come detto, fondato.
Costituisce, infatti, ius receptum il principio per cui, in caso di mancata conclusione di una procedura ablatoria, pur legittimamente intrapresa a seguito di dichiarazione di pubblica utilità e di occupazione di urgenza, l’impossessamento dei suoli da parte dell’amministrazione costituisce un illecito di carattere permanente che obbliga il soggetto espropriante a porvi fine e che giustifica la condanna dell’amministrazione alla rimozione dei suoi effetti e/o al risarcimento dei danni cagionati ai proprietari indebitamente privati della disponibilità dei suoli in loro proprietà (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2014, n. 359; 7 aprile 2015, n. 1768; 1° settembre 2015 n. 4096; TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 11 gennaio 2014 n. 15; TAR Basilicata, Potenza, 10 luglio 2015, n. 412).
L’esercizio del potere autoritativo diventa, quindi, illegittimo, allorquando la dichiarazione di pubblica utilità o il decreto di occupazione d’urgenza, pur legittimamente intervenuti, siano divenuti inefficaci per lo spirare del termine di durata dell’occupazione, senza che vi sia stata la conclusione del procedimento espropriativo.
Ora, nel caso in esame, il Comune di **** risulta, da un lato, aver continuato ad occupare i suoli in proprietà dello Spera nonostante lo spirare del termine di loro legittima occupazione, avendovi, nel contempo, arrecato l’irreversibile trasformazione mediante la realizzazione in loco dell’opera pubblica ex ante progettata, e, d’altro lato, non aver concluso il procedimento espropriativo senza alcuna plausibile giustificazione e senza aver corrisposto al ricorrente un congruo ristoro patrimoniale, fatta salva la somma di € 255,00, versatagli il 7 febbraio 2012 con assegno circolare n. 55-53060881, peraltro privo di specifica causale.
8. Ad opposte conclusioni reiettive occorre, invece, addivenire con riferimento alle domande di accertamento dell’illegittimità del procedimento ablatorio del suolo in comproprietà dello *** con terzi, ubicato in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 176, e di conseguente condanna del Comune di **** al risarcimento dei danni consistiti nella perdita della disponibilità, dapprima, e della proprietà, poi, del suolo anzidetto per effetto della sua occupazione appropriativa da parte dell’amministrazione e della sua irreversibile trasformazione.
Ed invero, il ricorrente non ha dimostrato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., neppure tramite la consulenza tecnica di parte depositata il 26 luglio 2018, l’irreversibile trasformazione del lotto in parola, sulla quale ha fondato la suindicata richiesta risarcitoria.
9. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso in epigrafe: – va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione quanto alla domanda risarcitoria per inadempimento dell’accordo bonario del 29 aprile 2004, dovendosi individuare nel giudice ordinario l’autorità dinanzi alla quale essa potrà essere riassunta; – va accolto con riguardo alle domande di accertamento dell’illegittimità del procedimento ablatorio dei suoli in proprietà del ricorrente, ubicati in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particelle 173 e 493, e di conseguente condanna del Comune di **** al risarcimento dei danni consistiti nella perdita della disponibilità, dapprima, e della proprietà, poi, delle porzioni dei suoli anzidetti per effetto della loro occupazione appropriativa; – va respinto con riguardo alle domande di accertamento dell’illegittimità del procedimento ablatorio del suolo in comproprietà dello *** con terzi, ubicato in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 176, e di conseguente condanna del Comune di **** al risarcimento dei danni consistiti nella perdita della disponibilità, dapprima, e della proprietà, poi, del suolo anzidetto per effetto della sua occupazione appropriativa.
10. I danni da risarcire allo *** dovranno essere determinati applicando analogicamente le disposizioni dell’art. 42 bis, comma 3, del d.p.r. n. 327/2001.
In dettaglio, essi andranno quantificati in misura pari al valore venale della parte di terreno illegittimamente occupata, ubicata in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 173, ed al valore venale, proporzionato alla quota proprietaria dello Spera, della parte di terreno illegittimamente occupata, ubicata in ****, località ***, in catasto al foglio 7, particella 493, nonché in misura pari al 5% dei valori rispettivamente anzidetti – da calcolarsi al netto della somma di € 255,00, corrisposta con assegno circolare n. 55-53060881 – per ogni anno di permanenza dell’illecito, ossia a decorrere dallo scadere del termine massimo di occupazione legittima (verificatosi, nella specie, in data 19 aprile 2009) sino al momento di acquisizione della titolarità dei beni in capo alla pubblica amministrazione (avutosi, nella specie, con l’implicita rinuncia alla loro restituzione da parte ricorrente, in sede di instaurazione del presente giudizio, in data 30 maggio 2013), nonché oltre interessi legali e rivalutazione, anno per anno, sino alla data di liquidazione dell’importo così determinato.
11. I danni risarcibili in favore dello *** andranno determinati, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., su proposta dell’amministrazione comunale intimata, osservando i criteri indicati retro, sub n. 10
La proposta di determinazione a cura dell’amministrazione comunale intimata e il pagamento, in favore dei ricorrenti, dell’importo dovuto a titolo di compenso revisionale dovranno avvenire entro il termine che si fissa, quanto alla proposta, in 45 giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della presente decisione, e, quanto al pagamento, in 45 giorni dalla notizia dell’accettazione della proposta.
12. La parziale inammissibilità per difetto di giurisdizione e la parziale infondatezza del ricorso giustificano la declaratoria di irripetibilità delle spese di lite, salvo rimborso del contributo unificato, che rimane a carico dell’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, in parte lo accoglie e in parte lo respinge, nei sensi di cui in motivazione.
Spese irripetibili, salvo rimborso del contributo unificato a carico del Comune di **** e in favore di ****.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
****************, Presidente
****************, ***********, Estensore
****************, Referendario

Avv. Iride Pagano

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