La depenalizzazione -scheda di diritto

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La depenalizzazione, nel gergo giuridico, consiste nel trasformare illeciti penali in illeciti amministrativi.

In Italia la proliferazione di numerosi illeciti penali contenuti in leggi speciali, ha indotto il legislatore a depenalizzarli.

Una delle leggi più importanti in materia di depenalizzazione è la legge n. 689 del 24 novembre 1981, che ha cercato di risolvere in materia organica la questione della depenalizzazione.

Successive ondate di depenalizzazione si sono realizzate con la legge 28 dicembre 1993, n. 561, con il D. Lgs. 13 luglio 1994, n. 480 e con il D. Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

Gli illeciti depenalizzati sono una vasta categoria di fatti corrispondenti a quelle figure di reato, per lo più di lieve entità, che leggi recenti hanno trasformato in infrazioni di carattere amministrativo, assoggettandoli a sanzioni pecuniarie non penali.

Da ultimo il D. Lgs. n. 8 del 15 gennaio 2016 ha depenalizzato le specie di reato punite con multa o ammenda in sanzioni amministrative.

     Indice

  1. Illecito penale
  2. Illecito amministrativo
  3. Differenza con la normativa sulla particolare tenuità

1. Illecito penale

L’illecito penale o reato, in diritto, è quello che la legge dice che è reato (principio di tassatività).

In senso tecnico, il reato è un fatto giuridico umano, commissivo oppure omissivo, vietato dall’ordinamento giuridico di uno Stato, al quale si ricollega una sanzione penale.

Rientra nella più ampia categoria dell’illecito.

Secondo alcuni autori il reato si scompone in un elemento oggettivo e in uno soggettivo (teoria della bipartizione), secondo altri in fatto tipico, antigiuridico, colpevole (teoria della tripartizione), una dottrina minoritaria lo considera formato da quattro elementi:

fatto umano, antigiuridico, colpevole, punibile.

Nella maggior parte degli ordinamenti, i reati vengono classificati, di solito, in due o tre categorie, a seconda della gravità.

Il codice penale attualmente in vigore (codice Rocco), all’articolo 17 distingue due diversi tipi di reato:

il delitto, la quale pena può essere ergastolo, reclusione, multa e la contravvenzione, la quale pena può essere arresto e ammenda.

Tra le varie classificazioni elaborate dalla dottrina, i reati possono essere considerati comuni o propri a seconda che possano essere compiuti, rispettivamente, da chiunque o da chi riveste particolari qualifiche o posizioni (i pubblici ufficiali, gli esercenti servizi di pubblica utilità e incaricati di pubblico servizio).

Si distinguono reati colposi, dolosi o preterintenzionali, tentati o consumati.

Dal punto di vista formale (o giuridico) il reato è quel fatto giuridico, infrattivo della legge penale (principio di legalità), espressamente previsto dal legislatore ed al quale l’ordinamento giuridico ricollega come conseguenza, una sanzione (pena).

Dal punto di vista strutturale, il reato è quel fatto umano attribuibile al soggetto (principio di materialità) offensivo di un bene giuridicamente tutelato (da una lesione o, in determinati casi, anche da una minaccia) sanzionato con una pena ritenuta proporzionale alla rilevanza del bene tutelato, nella quale la sanzione svolge la funzione di rieducazione del condannato.

Il reato, previsto, disciplinato e sanzionato dall’ordinamento giuridico si distingue dall’illecito amministrativo e dall’illecito civile per la diversa natura della sanzione prevista.

Alla concezione formale si contrappone la concezione sostanziale del reato in base alla quale è tale il fatto socialmente pericoloso anche se non espressamente previsto dalla legge; ne deriva che sono punibili le condotte socialmente pericolose anche se non sono criminalizzate dalla legge.

Questa concezione elide la certezza del diritto e le garanzie per i cittadini e per tale motivo tutti i paesi democratici e liberali hanno adottato una nozione formale del reato.

Il fatto umano che aggredisce un bene giuridico ritenuto meritevole di tutela da un legislatore che si muove nel quadro dei valori costituzionali; sempre che la misura dell’aggressione sia tale da far apparire inevitabile il ricorso alla pena e le sanzioni di tipo non penale non siano sufficienti a garantire un’efficace tutela.

2. Illecito amministrativo

Con illecito amministrativo, secondo l’ordinamento giuridico, s’intende la violazione di una norma giuridica per la quale viene prevista una sanzione amministrativa pecuniaria.

L’illecito amministrativo è modellato sulla struttura del reato.

A conferma di quello che la legge n. 689/1981 nella Sezione I del Capo I, dedicato ai principi generali delle sanzioni amministrative ricalca gli istituti penalistici del principio di legalità (art. 1), della capacità di intendere e di volere (art. 2), dell’elemento soggettivo dell’illecito (art. 3), le cause di esclusione della punibilità (art. 4), il concorso di persone nell’illecito (art. 5), anche prevedendo macroscopiche differenze come il principio di solidarietà nell’illecito amministrativo che si estende all’ente impersonale (art. 6, persona giuridica, associazione priva di personalità).

A differenza del sistema penalistico, per le sanzioni amministrative non agisce il principio del favor rei, vale a dire, nella successione delle leggi penali prevale quella più favorevole, quanto il principio tempus regit actum, vale a dire, la sanzione è individuata sulla base della legge vigente al momento della commissione dell’illecito, anche se più sfavorevole per il trasgressore.

Questo principio non vale per le sanzioni amministrative tributarie che seguono una normativa particolare, prevedendo il principio del favor rei.

Pur esistendo, anche se in modo frammentario in leggi anteriori, la nascita ufficiale e compiuta dell’illecito amministrativo in Italia si può collocare con l’entrata in vigore della legge 24 novembre 1981, n. 689, che introduce un sistema compiuto di illecito e sanzione amministrativa, prevedendo principi generali, eccezioni, applicabilità e competenze.

La norma introdusse un sistema para-penale, in quanto modellò sul sistema penalistico la sanzione amministrativa derivante dall’illecito amministrativo.

Il legislatore utilizzò la norma per effettuare la prima grande opera di depenalizzazione, la trasformazione di reati in illeciti amministrativi, e affidò la constatazione dell’illecito amministrativo e l’irrogazione della relativa sanzione agli uffici della pubblica amministrazione.

La constatazione degli illeciti amministrativi è affidata agli organi amministrativi che svolgono attività di polizia amministrativa, in genere regolata dalla stessa legge n. 689/1981, ma in diversi casi dagli ordinamenti di settore, i quali poteri possono variare.

Si pensi ai funzionari tributari dell’Agenzia delle entrate la cui normativa segue regole proprie, o ancora alle sanzioni in materia giuslavoristica inflitte dagli Ispettori del lavoro, dagli agenti di polizia municipale, o ancora gli operatori che seguono il Codice della strada quali la polizia stradale, ecc. Norme successive, come il D. Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 in materia di lavoro e il D. Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 in materia di reati minori hanno poi esteso l’opera della depenalizzazione.

3. Differenza con la normativa sulla particolare tenuità

Il decreto legislativo n. 28/2015, recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67”, ha introdotto una causa di non punibilità che scatta caso per caso, quando il fatto sia di “particolare tenuità” e quando il comportamento del colpevole risulti “non abituale”.

Questa previsione, applicabile esclusivamente ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, o l’unica pena pecuniaria, che può essere anche congiunta alla pena predetta, non si configura come una depenalizzazione, ma impone di valutare, ai fini della punibilità del reo, le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, come si sono manifestate in concreto.

L’equivoco potrebbe essere nato per il fatto che la legge di delega (Legge 28 aprile 2014, n. 67) contiene un’altra norma (articolo 2, commi 1-4), ancora non attuata, ma con uno schema di decreto all’esame per il parere parlamentare, che reca un’autentica depenalizzazione per alcuni reati, tra i quali non c’è la violazione di domicilio).

Dott.ssa Concas Alessandra

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