La Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada): vediamo in che termini

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Corte cost., 6 aprile 2020 (ud. 6 aprile 2020, dep. 24 aprile 2020), n. 75 (Presidente Cartabia, Redattore Petitti)

(Dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova)

(Riferimento normativo: D.lgs., 30/04/1992, n. 285, art. 224-ter, c. 6)

Il fatto

L’imputato, fermato mentre conduceva il proprio veicolo in stato di ebbrezza, era stato tratto a giudizio penale innanzi al Tribunale di Bergamo il quale, disposta la messa alla prova e successivamente constatatone l’esito positivo, aveva emesso sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato.

Costui aveva quindi chiesto la restituzione del mezzo sequestrato ed invece il Prefetto di Bergamo ne aveva ordinato la confisca.

L’opposizione avverso l’ordinanza di confisca era stata a sua volta respinta dal Giudice di pace di Bergamo la cui sentenza era stata appellata.

La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione

Il Tribunale ordinario di Bergamo sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 44 della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

La norma censurata, ad avviso del giudice a quo, violerebbe il principio di ragionevolezza «nella parte in cui non prevede che, in caso di estinzione del reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa alla prova, il prefetto, anziché verificare la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca, e procedere ai sensi dell’art. 231 [recte: 213 cod. strada], disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto, ovvero nella parte in cui non prevede che, nel medesimo caso di estinzione del reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa alla prova, il giudice civile, adito in sede di opposizione avverso il provvedimento del [p]refetto che applica la sanzione amministrativa accessoria della confisca, disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto».

Ad avviso del rimettente, infatti, l’autore del reato di guida in stato di ebbrezza subisce un’irragionevole e deteriore disparità di trattamento in ordine alla confisca del veicolo qualora il giudice penale abbia disposto nei suoi confronti la messa alla prova anziché il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada posto che, nel caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice penale, dichiarata l’estinzione del reato, revoca la confisca del veicolo, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada mentre, nel caso di esito positivo della messa alla prova, egli, dichiarata l’estinzione del reato, trasmette gli atti al prefetto, a norma dell’art. 224-ter cod. strada, affinché quest’ultimo, ove ricorrano le condizioni di legge, disponga la confisca del mezzo.

Pertanto, ad avviso del giudice a quo, sarebbe irragionevole che lo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità determini la revoca giudiziale della confisca mentre l’esito positivo della messa alla prova lasci impregiudicata l’applicazione prefettizia della sanzione accessoria.

Le «notevoli similitudini», dunque tra i due istituti ne renderebbero illogica la diversità di disciplina in punto di confisca tanto più che la disparità appesantisce il regime della messa alla prova, misura «già più afflittiva» rispetto all’altra, poiché essa esige, oltre alla prestazione di lavoro in favore della collettività, anche un’attività di riparazione del danno da reato e l’osservanza di un programma in affidamento al servizio sociale.

Il giudice a quo, in particolare, correlava la rilevanza della questione all’impossibilità di definire l’appello di cui è investito senza la previa verifica di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada.

Secondo il rimettente, invero, poiché l’art. 168-ter del codice penale stabilisce che l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada «non lascia spazio a diverse interpretazioni in ordine alla sorte del veicolo sequestrato, nel senso [che] l’autorità amministrativa, ove ne ricorrano le condizioni, non può che disporne la confisca».

 

Le argomentazioni sostenute dalle parti

 

Interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che chiedeva che venisse infondata la questione.

L’Avvocatura, in particolare, assumeva che gli istituti confrontati dal giudice a quo siano tra loro «assolutamente eterogenei» sicché la disciplina dell’uno non potrebbe essere presa a tertium comparationis della disciplina dell’altro in ordine alla confisca del veicolo.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte costituzionale

La Consulta riteneva la questione fondata alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto che l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è stato introdotto, per gli imputati adulti, dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili).

In particolare, l’art. 3, comma 1, della legge n. 67 del 2014 ha aggiunto l’art. 168-bis cod. pen. che, al primo comma, consente di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova all’imputato per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’art. 550 del codice di procedura penale.

A norma dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato; comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali fermo restando che la concessione della messa alla prova è inoltre subordinata, per effetto del terzo comma dell’art. 168-bis cod. pen., alla prestazione di lavoro di pubblica utilità consistente in una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.

L’art. 168-ter cod. pen., esso pure aggiunto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 67 del 2014, per di più, stabilisce che l’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede (secondo comma, primo periodo) e che, tuttavia, l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge (secondo comma, secondo periodo).

Terminato questo excursus normativo, il giudice delle leggi rilevava che, se la messa alla prova non è una sanzione penale poiché la sua esecuzione è rimessa «alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato il quale liberamente può farla cessare, con l’unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso» (sentenza n. 91 del 2018), pur non essendo una pena, tuttavia, la messa alla prova manifesta, per gli imputati adulti, una «innegabile connotazione sanzionatoria» che la differenzia dall’omologo istituto minorile la cui funzione è, invece, ssenzialmente (ri)educativa (sentenza n. 68 del 2019) e ciò anche perché la connotazione sanzionatoria della messa alla prova degli adulti viene evidenziata, tra l’altro, dalla prestazione del lavoro di pubblica utilità che, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., è una componente imprescindibile dell’istituto riguardo ai maggiorenni e che, invece, a norma dell’art. 27 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), non figura tra le prescrizioni del progetto di intervento elaborato dai servizi minorili (ancora sentenza n. 68 del 2019).

A sua volta, aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge n. 120 del 2010 e quindi introdotto contestualmente all’art. 224-ter cod. strada, il comma 9-bis dell’art. 186 del medesimo codice prevede che la pena detentiva e pecuniaria per la guida in stato di ebbrezza, a condizione che il reato non abbia provocato un incidente stradale, può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468) secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.

Ai sensi del medesimo comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, inoltre, in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato disponendo la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente di guida e revoca la confisca del veicolo sequestrato.

Ciò posto, i giudici di legittimità costituzionale rilevavano come in sede di giustizia costituzionale si fosse avuto modo di sottolineare che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada è, a tutti gli effetti, una pena sostitutiva (ordinanza n. 43 del 2013) tenuto conto altresì del fatto che essa svolge, peraltro, anche una funzione “premiale” in quanto il positivo svolgimento del lavoro sostitutivo determina per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di estinzione del reato, riduzione a metà della durata della sospensione della patente e revoca della confisca del veicolo (sentenza n. 198 del 2015).

Oltre a questo, veniva altresì osservato che sia la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen., che il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada, hanno ad oggetto la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività mentre rappresenta l’essenza stessa della pena sostitutiva di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività è soltanto una componente del trattamento di prova di cui all’art. 168-bis cod. pen. dato che, a norma dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova esige anche condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato e altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali fermo restando che il lavoro non retribuito in favore della collettività è non solo una componente ulteriore della messa alla prova degli adulti ma pure una componente imprescindibile poiché, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., «la concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità».

Detto questo, veniva oltre tutto fatto presente che, per costante giurisprudenza costituzionale, la discrezionalità del legislatore, nella determinazione del trattamento sanzionatorio dei fatti di reato ,incontra il limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute (ex plurimis, sentenze n. 155 del 2019 e n. 222 del 2018; ordinanza n. 207 del 2019) e tale limite vale anche nella definizione degli istituti processualpenalistici (ex plurimis, sentenze n. 155 del 2019 e n. 236 del 2018).

Orbene, ad avviso dei giudici di legittimità costituzionale, è manifestamente irragionevole che, pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell’estinzione del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova, tanto più se si considera che l’irragionevolezza è resa ancor più evidente dal fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca, mentre viene meno per revoca giudiziale nell’ipotesi di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, può essere disposta per ordinanza prefettizia nell’ipotesi di esito positivo della messa alla prova nonostante quest’ultima costituisca una misura più articolata ed impegnativa dell’altra in quanto il lavoro di pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da parte dell’imputato e all’affidamento dello stesso al servizio sociale.

A fronte di ciò, ad avviso del giudice delle leggi, i profili differenziali tra i due istituti non sono in grado di giustificare la previsione dell’applicabilità della confisca nel caso in cui la messa alla prova si sia conclusa positivamente, con la conseguente estinzione del reato in quanto non rileva tanto la circostanza che, a differenza della messa alla prova dell’adulto, applicabile solo a richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada può essere applicato dal giudice, anche d’ufficio, alla sola condizione che l’imputato non vi si opponga (ordinanza n. 43 del 2013) così come il differente ruolo della volontà dell’imputato nell’applicazione delle due misure non incide sull’oggettività della prestazione lavorativa resa in favore della collettività, e con esito egualmente positivo, sicché esso non può giustificare un diseguale trattamento delle fattispecie in ordine alla confisca del veicolo.

Né la giustificazione della disparità di trattamento può essere rinvenuta per la Corte costituzionale nel fatto che, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, il lavoro sostitutivo deve svolgersi «in via prioritaria» nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale poiché, avendo carattere non perentorio, ma soltanto preferenziale, questa disposizione non è sufficiente a differenziare, in termini generali e assoluti, l’attività non retribuita svolta quale pena sostitutiva da quella viceversa prestata nell’ambito della messa alla prova.

In particolare, si evidenziava che, nonostante la base volontaria che la distingue dalla pena, la messa alla prova dell’adulto determina pur sempre un «trattamento sanzionatorio» dell’imputato, come affermato dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 91 del 2018 in adesivo richiamo alla sentenza 31 marzo 2016-1° settembre 2016, n. 36272, delle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione.

Ebbene, dalla circostanza consistente nel fatto che tale trattamento sanzionatorio abbia una sua indefettibile componente nella prestazione del lavoro di pubblica utilità – come evidenziato dalla Consulta nella sentenza n. 68 del 2019 – ciò determina, ad avviso dei giudici di legittimità costituzionale, la manifesta irragionevolezza della possibilità di applicazione della confisca nel caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per effetto dell’esito positivo della messa alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen..

Veniva a tal proposito rilevato che, al momento dell’introduzione dell’art. 224-ter cod. strada, avvenuta contestualmente all’aggiunta dell’art. 186, comma 9-bis, del medesimo codice, l’ordinamento non prevedeva ancora l’istituto della messa alla prova per gli imputati adulti quale autonoma causa di estinzione del reato mentre, in occasione di tale riforma, il legislatore, mediante il comma 6 dell’art. 224-ter cod. strada, ha disciplinato gli effetti che le varie ipotesi di estinzione del reato producono in ordine alle sanzioni amministrative accessorie prevedendo che, mentre l’estinzione «per morte dell’imputato» comporta il venir meno delle sanzioni accessorie già in essere, l’estinzione del reato «per altra causa» investe il prefetto della verifica di sussistenza delle relative condizioni di applicazione ma, nel contempo, tuttavia, mediante l’aggiunta del comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, il legislatore ha introdotto una specifica e nuova ipotesi di estinzione del reato, appunto quella del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, anch’essa incidente sulle sanzioni amministrative accessori, giacché ne deriva la revoca della confisca del veicolo oltre alla dimidiazione della sospensione della patente di guida.

Operando in tal guisa, secondo la Consulta, il legislatore ha delineato un peculiare “microsistema” all’interno del quale l’estinzione del reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in ragione della sua evidente natura “premiale”, esclude la confisca del veicolo in deroga alla disciplina delle altre ipotesi di estinzione del reato (diverse dalla morte dell’imputato) che, non condividendo quella natura “premiale”, contemplano l’eventualità della confisca prefettizia (si pensi, innanzitutto, alla prescrizione del reato) e, dunque, l’interna coerenza di questo “microsistema” è stata per la Corte alterata dalla sopravvenuta disciplina della messa alla prova con effetti distorsivi sull’attuale portata applicativa dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada visto che la possibilità che, pur in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per esito positivo della messa alla prova, il prefetto disponga, ricorrendone le condizioni, la confisca del veicolo (della cui disponibilità, peraltro, l’imputato è stato privato sin dal momento del sequestro) – laddove lo stesso codice della strada prevede, per il caso in cui il processo si sia concluso con l’emissione di una sentenza di condanna e con l’applicazione della pena sostitutiva, non solo l’estinzione del medesimo reato di guida in stato di ebbrezza ma anche la revoca della confisca del veicolo per effetto del solo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità – risulta manifestamente irragionevole ove rapportata alla natura, alla finalità e alla disciplina dell’istituto della messa alla prova, come delineate anche dalla giurisprudenza costituzionale succitata.

La disciplina degli istituti incentivanti nel trattamento sanzionatorio dei reati stradali non aggravati, in effetti, per il giudice delle leggi, ha un evidente carattere speciale come dimostra proprio la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità per la guida in stato di ebbrezza non aggravata da incidente la cui funzione “premiale” la Corte costituzionale ha già sottolineato nella sentenza n. 198 del 2015. Attesa la sua portata generale, la sopravvenuta disposizione dell’art. 168-ter cod. pen., secondo la quale l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ad avviso della Consulta, non interferisce con la menzionata disciplina speciale in quanto, mancando elementi indicativi di una contraria volontà del legislatore, opera il criterio lex generalis posterior non derogat priori speciali (tra le tante, sentenze n. 2 del 2008 e n. 41 del 1992).

Per quanto sopra detto, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada veniva stimato manifestamente irragionevole e pertanto la Corte costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.

Conclusioni

Con questa pronuncia la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, c. 6, codice della stradata (“La declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto, ovvero, in caso di fermo, l’ufficio o il comando da cui dipende l’agente o l’organo accertatore della violazione, verifica la sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 213 e 214, in quanto compatibili. L’estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sull’applicazione della sanzione amministrativa accessoria”) nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.

Tal che, per effetto di questa pronuncia, può essere disposta in sede giudiziale la revoca del confisca del veicolo, così come il prefetto deve verificare la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, non solo nel caso in cui il processo si sia concluso con l’emissione di una sentenza di condanna e con l’applicazione della pena sostitutiva, ma anche quando il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool venga dichiarato estinto per esito positivo della messa alla prova.

Orbene, tenuto conto della condivisibilità di una pronuncia di questo genere in quanto si va ad uniformare la disciplina normativa in materia su un caso rispetto al quale non vi era ragione alcuna per differenziarla, va da sé che tale pronuncia deve essere tenuta nella dovuta considerazione ogniqualvolta questo illecito penale sia declarato estinto per esito positivo della messa alla prova poiché ben potrà la difesa chiedere la restituzione del bene postulando chiedendo la revoca della confisca del veicolo sequestrato.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, non solo perché condivisibilmente, come appena esposto, amplia la portata applicativa dell’art. 224-ter, c. 6, cod. strada nei termini appena esposto, ma anche per le evidenti ricadute applicative che si avranno sul piano pratico, dunque, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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