di Michele Angelo Lupoi*
* Associato dell’Università di Bologna
Sommario
1. Introduzione: il principio di automatico riconoscimento
2. Il regolamento n. 1215 del 2012 e il “metodo ibrido”
3. L’ambito di applicazione del regolamento n. 1215
4. Alcune definizioni rilevanti nel contesto in esame (in particolare, con riferimento ai provvedimenti cautelari e provvisori)
5. Il riconoscimento delle decisioni degli altri Stati membri tra regolamento n. 44 e n. 1215
6. L’esecuzione immediata
7. La documentazione da allegare (in particolare, per l’attuazione delle decisioni cautelari)
1. Introduzione: il principio di automatico riconoscimento
Lo spazio di giustizia europeo, come noto, ha come principio cardine quello dell’automatico riconoscimento delle decisioni. La libera circolazione dei provvedimenti giudiziari rientra, in effetti, tra le libertà fondamentali che l’Unione europea ha inteso realizzare.
Il riconoscimento automatico delle decisioni si basa su considerazioni economiche e politiche[1]. Dal primo punto di vista, uno spazio giudiziario integrato europeo è funzionale allo sviluppo economico e alla tutela delle persone che vivono ed operano nel territorio dell’Unione. Le procedure intermedie all’esecuzione, inoltre, implicano costi e ritardi aggiuntivi nel recupero dei crediti transfrontalieri. Sul piano politico, il superamento delle barriere e dei limiti alla circolazione dei provvedimenti giudiziali attraverso le frontiere è considerato un tassello fondamentale per la realizzazione di una vera Unione di popoli e cittadini.
Il principio del riconoscimento automatico come obiettivo dell’azione delle istituzioni europee è stato sancito dal Consiglio europeo di Tampere del 1999 ed in seguito è stato recepito dal Trattato di Lisbona del 2009[2], che lo ha posto a base della cooperazione in materia civile. I Programmi dell’Aja del 2005 e di Stoccolma del 2009 ne hanno previsto l’implementazione e lo sviluppo[3]. Attualmente, le Strategic guidelines del Consiglio europeo continuano a mettere tale principio al centro degli interventi in ambito di giustizia civile[4].
A livello politico, il principio di automatico riconoscimento si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri e l’equivalenza delle giurisdizioni. In sostanza, la fiducia reciproca impone a tutti gli Stati membri di ritenere, salve circostanze eccezionali, che ogni altro Stato membro rispetti il diritto europeo e i diritti fondamentali sanciti in tale ambito[5].
L’obiettivo delle azioni delle istituzioni europee è il superamento delle procedure intermedie tra la pronuncia della decisione in uno Stato membro e la sua esecuzione in uno Stato membro diverso. Attualmente, peraltro, tale obiettivo è stato realizzato in modo pieno solo in alcuni limitati settori. In effetti, lo scenario dei metodi per l’esecuzione delle decisioni nei rapporti tra gli Stati membri dell’Unione è molto variegato. Di tali metodi, in particolare, se ne possono individuare sino a cinque, diversificati tra loro in base alle possibilità e alle modalità offerte al debitore di contestare e di opporsi all’esecuzione nei suoi confronti[6].
Solo in alcuni (limitati) ambiti del diritto di famiglia, contro la decisione certificata in uno Stato membro non è ammessa alcuna opposizione. In altri casi (come nel regolamento 1896 del 2006) è previsto un riesame nello Stato di origine. In altri ancora (come nel regolamento n. 650 del 2012 in materia di successioni) è tuttora previsto un meccanismo di exequatur come quello introdotto dalla convenzione di Bruxelles del 1968 e poi perfezionato dal regolamento n. 44 del 2001.
[1] V. Linton, Abolition of exequatur, all in the name of mutual trust!, in EU Civil Justice. Current issues and future outlook, a cura di Hess, Bergström, Storskrubb, Oxford, 2016, p. 264.
[2] Storskrubb, Mutual recognition as a governance strategy for civil justice, in EU Civil Justice. Current issues and future outlook, cit., p. 302 ss.
[3] V. Storskrubb, op. cit., p. 304; Linton, op. cit., p. 262.
[4] Storskrubb, op. cit., p. 304
[5] Così l’opinion 2/13 della Corte di giustizia. In materia, v., tra gli altri, Düsterhaus, In the Court(s) we trust – A procedural solution to the mutual trust dilemma, in Freedom, security & justice: European legal studies, 2017, fasc. 1, p. 26 ss.
[6] Linton, op. cit., p. 257 ss.
2. Il regolamento n. 1215 del 2012 e il “metodo ibrido”
Nel contesto tratteggiato nel paragrafo precedente, il regolamento n. 1215 del 2012 (c.d. Bruxelles I bis) che, dal 10 gennaio 2015[7] ha rimpiazzato il regolamento n. 44 del 2001 (Bruxelles I), sulla giurisdizione, il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale tra gli Stati membri dell’Unione, si colloca in una posizione intermedia e adotta quello che è stato definito un metodo “ibrido”[8].
In effetti, nella proposta della Commissione di rifusione del regolamento Bruxelles I[9], rispetto all’esecuzione delle decisioni, si prospettava una soluzione particolarmente innovativa, con l’abbattimento del muro dell’exequatur, estendendo (con qualche attenuazione) alla generalità delle decisioni in materia civile e commerciale i principi sottesi al titolo esecutivo europeo (in particolare, con l’abolizione di ogni procedura intermedia di controllo nello Stato membro richiesto), al fine di accelerare i tempi e ridurre i costi del recupero dei crediti attraverso le frontiere[10], assicurando un effettivo accesso alla giustizia nel territorio europeo[11].
Tale proposta è stata ritenuta prematura a livello politico. L’esclusione di ogni possibilità di opposizione nello Stato ad quem rappresentava, in effetti, una “fuga in avanti” che gli Stati membri non erano pronti a recepire. La proposta della Commissione è così uscita fortemente ridimensionata dal passaggio avanti al Parlamento nel novembre 2012, anche alla luce di critiche e perplessità espresse della dottrina[12].
Per quanto più ci interessa qui, nel testo finale del regolamento n. 1215 si è preferita una soluzione di compromesso: da un lato, è stato in effetti eliminato il filtro dell’exequatur, prevedendo l’immediata esecuzione delle decisioni rese negli altri Stati membri; dall’altro, si continua a riconoscere al debitore la possibilità di opporsi all’esecuzione nello Stato ad quem, sulla base degli stessi motivi già previsti dal regolamento Bruxelles I[13], ma con modalità procedurali diverse[14].
[7] Ai sensi dell’art. 66, il regolamento si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e alle transazioni giudiziarie approvate o concluse alla data o successivamente al 10 gennaio 2015. Il para. 2 della norma prevede altresì che, in deroga all’art. 80, il regolamento n. 44 del 2001 continua ad applicarsi alle decisioni emesse nei procedimenti promossi, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e alle transazioni giudiziarie approvate o concluse anteriormente al 10 gennaio 2015 che rientrano nel relativo ambito di applicazione.
[8] Linton, op. cit., p. 270.
[9] Su cui v. Recasting Brussels I, a cura di Pocar, Viarengo, Villata, Padova, 2012; Beaumont, Johnston, Can exequatur be abolished in Brussels I whilst retaining a public policy defence?, in 6 Jour. int. priv. law, 2010, p. 249; Biagioni, L’abolizione dei motivi ostativi al riconoscimento e all’esecuzione nella proposta di revisione del regolamento Bruxelles I , in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, p. 971; Biavati, Judicial cooperation in Europe: is exequatur still necessary?, in Int. jour. proc. law, 2011, p. 403; De Cristofaro, The abolition of exequatur proceedings: speeding up the free movement of judgments while preserving the rights of the defense, ivi, p. 432; Dickinson, Provisional measures in the “Brussels I” review: disturbing the status quo?, in 6 Jour. priv. int. law, 2010, p. 519; Feraci, L’ordine pubblico nel diritto dell’Unione europea, Milano, 2012; Franzina, La garanzia dell’osservanza delle norme sulla competenza giurisdizionale nella proposta di revisione del regolamento “Bruxelles I”, in Cuad. der. trans., Marzo 2011, vol. 3, n. 1, p. 144; Gaudemet-Tallon, La refonte du Règlement Bruxelles I, in La justice civile européenne en marche, a cura di Douchy-Pudot, Guinchard, Parigi, 2012, p. 21; Gillies, Creation of subsidiary jurisdiction rules in the recast of Brussels I: back to the drawing board ?, in 8 Jour. priv. int. law, 2012, p. 489; Honorati, Provisional measures and the recast of Brussels I regulation: a missed opportunity for a better ruling, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2012, p. 525; Kramer , Cross-border enforcement in the EU: mutual trust versus fair trial? Towards principles of European civil procedure, in Int. jour. proc. law, 2011, p. 202; Leandro, Prime osservazioni sul regolamento (UE) n. 1215/2012 (“Bruxelles I bis”), in Giusto proc. civ., 2013, p. 583; Lupoi, M.A., La proposta di modifica del regolamento n. 44 del 2001: le norme sulla giurisdizione, in G iustizia senza confini. Studi offerti a Federico Carpi, Bologna, 2012, p. 281; Marongiu Buonaiuti, La disciplina della litispendenza nei rapporti tra giudici di paesi membri e giudici di paesi terzi nella proposta di revisione del regolamento n. 44/2001 , in Riv. dir. internaz., 2011, p. 496; Rasia, Arbitrato e regolamento Ce n. 44 del 2001: permane l’esclusione dal campo di applicazione? p>, in G iustizia senza confini. Studi offerti a Federico Carpi, cit., p. 391; Sandrini, Tutela cautelare in funzione di giudizi esteri, Padova, 2012, p. 405 ss.; Steinle, Vasiliades, The enforcement of jurisdiction agreements under the Brussels I regulation: reconsidering the principle of party autonomy, in Jour. priv. int. law, 2010, p. 565; Kessedjian, Commentaire de la refonte du règlement n. 44/2001, in Rev. trim. dr. eur., 2011, p. 1; Seatzu, La proposta per la riforma del regolamento “Bruxelles I” e i provvedimenti provvisori, in 3 Cuad. der. transn. 11, fasc. 2, 170; Cachia, Recent developments in the sphere of jurisdiction in civil and commercial matters, in Elsa Malta law rev., 2011, p. 69; Feraci, L’abolizione dell’exequatur nella proposta di revisione del regolamento n. 44/2001: quale destino per i motivi di rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni R. d. int. 11, 832; Migliorini, Sulle propose di modifica del regolamento 44/2001 in tema di competenza relativa alle controversie individuali di lavoro R. d. int. 10, 89; Pocar, Con la nuova proposta di abolizione dell’exequatur lo spazio giuridico europeo cerca il rafforzamento G. d. 11, fasc. 6, 8; Salerno, Coordinamento e primato tra giurisdizioni civili nella prospettiva della revisione del regolamento (CE) n. 44/2001 , in Cuadernos der. trans., 2010, fasc. 1, p. 5; Rossolillo, Forum necessitatis e flessibilità dei criteri di giurisdizione nel diritto internazionale privato nazionale e dell’Unione europea, in 2 Cuadernos derecho trans., 2010, p. 403; Leandro, La proposta per la riforma del regolamento “Bruxelles I” e l’arbitrato, in Riv. dir. int., 2011, p. 177; Bariatti, I profili internazionali del contrasto alla contraffazione: le prospettive di riforma del Regolamento (CE) 44/2001 , in Dir. ind., 2011, p. 169; Briza, Choice of court agreements: could the Hague choice of court agreements convention and the reform of the Brussels I regulation be the way out of the Gasser-Owusu disillusion?, in 5 Jour. priv. int. law, 2009, p. 537.
[10] Gaudemet-Tallon, op. cit., p. 27; Cuniberti, Some remarks on the efficiency of exequatur, in Law working paper series. Paper n. 2012-01, http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1998030, p. 569.
[11] Kessedjian, op. cit., p. 12, Cuniberti, Rueda, Abolition of exequatur. Addressing the Commission’s concerns, in Law working paper series, 12-10-2010; Dickinson, op. cit., p. 6 s.; Kramer, Abolition of exequatur under the Brussels I Regulation: effecting and protecting rights in the European judicial area, in Neth. int. priv., 2011, p. 633 s.: Biavati, op. cit., p. 421; Feraci, L’ordine pubblico nel diritto dell’Unione europea, 2012, p. 213 ss.; id, L’abolizione dell’exequatur nella proposta di revisione del regolamento n. 44/2001: quale destino per i motivi di rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in Riv. dir. int., 2011, 832; Biagioni, L’abolizione dei motivi ostativi al riconoscimento e all’esecuzione nella proposta di revisione del regolamento Bruxelles I in Riv. d. int. pr. proc., 2011, p. 971.
[12] Rispetto ai nuovi criteri di collegamento Lupoi, M. A., La proposta di modifica, cit., p. 287, 309; Dickinson, op. cit., p. 3; Weber, op. cit., p. 20. Rispetto al contesto dell’exequatur, v. Requejo Isidro, On the abolition of exequatur, in EU Civil Justice. Current issues and future outlook, cit., p. 283.
[13] Su questa soluzione Cuniberti, Rueda, op. cit., p. 20 ss.; rispetto alla proposta della Commissione, Biavati, op. cit., p. 428, si era mostrato favorevole, seppur ritenendo necessaria l’introduzione di alcuni correttivi al superamento dell’exequatur; più prudente De Cristofaro, op. cit., p. 450, per cui una forma di controllo nello Stato di esecuzione costituisce l’unico modo per garantire il giusto processo; sulle reazioni alla proposta su questo punto Feraci, L’ordine pubblico cit., p. 216 ss., che riteneva a sua volta necessario bilanciare il diritto del creditore ad ottenere l’esecuzione negli Stati membri delle decisioni emesse da giudici dell’Unione e il diritto del debitore a vedersi garantiti i diritti fondamentali
[14] Anche se il testo finale del regolamento è più “timido” rispetto alla proposta della Commissione, il regolamento stesso riconosce al creditore un vero e proprio diritto all’esecuzione: v. Guarnieri, La circolazione delle sentenze di condanna alla luce del regolamento n. 1215/2012: sistemi di esecuzione e riconoscimento a confronto, in Ordines, 2015, fasc. 2, p. 185 e i riferimenti in nota 61.
3. L’ambito di applicazione del regolamento n. 1215
Il nuovo regime di esecuzione immediata si applica alle decisioni rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1215.
Da questo punto di vista, la refusione del regolamento Bruxelles I non ha introdotto particolari novità.
Rispetto all’ambito “territoriale” di applicazione, esso include tutti gli Stati membri, compresi Regno Unito, Irlanda e Danimarca, la quale ha manifestato la sua volontà in tal senso, ai sensi dell’art. 3 dell’accordo del 2005 tra tale Stato e la Comunità europea.
Dal punto di vista oggettivo, rispetto alle materie incluse ed escluse dall’ambito di applicazione della normativa uniforme, l’art. 1 del regolamento n. 1215 riproduce il testo dell’omologa norma di Bruxelles I, con qualche innovazione.
In primo luogo, nel para. 1, si specifica che il regolamento n. 1215 non si applica alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii): non si tratta, peraltro, di una novità di sostanza, in quanto la Corte di giustizia era giunta ad intendere la “materia amministrativa” proprio con riferimento a quelle situazioni in cui un soggetto pubblico si trova in una posizione di imperio rispetto alla sua controparte.
Tra le materie escluse, nella lett. a), al regime patrimoniale fra coniugi si è equiparato il regime patrimoniale derivante da rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al matrimonio: si è così preso atto del diffondersi negli Stati membri di modelli di unione familiare non fondati sul matrimonio ma cui sono riconosciuti effetti equiparabili a quelli del vincolo coniugale tradizionale. Già rispetto alla vecchia norma, peraltro, per via interpretativa, era possibile pervenire al medesimo risultato[15].
Per i testamenti e le successioni vi è stata solo una modifica formale: la materia, infatti, è stata espunta dalla lett. a) per essere trasferita nella nuova lett. f). Tale materia, in effetti, è oggi disciplinata, a livello europeo, dal regolamento n. 650 del 2012. La nuova “eccezione” all’interno di Bruxelles I bis, peraltro, specifica che devono intendersi escluse anche le obbligazioni alimentari mortis causa.
La lett. d) fa riferimento alla tradizionale esclusione dell’arbitrato, senza ulteriori specificazioni. Il considerando 12, d’altro canto, per quanto qui di rilievo, esplicita che la decisione dell’autorità giurisdizionale di uno Stato membro relativa alla nullità, inoperatività o inapplicabilità di una convenzione arbitrale non dovrebbe essere soggetta alle disposizioni del regolamento in materia di riconoscimento ed esecuzione, indipendentemente dal fatto che l’autorità giurisdizionale abbia adottato tale decisione in via principale o in via incidentale: con questa affermazione si esclude che il giudice della sede dell’arbitrato possa essere costretto a riconoscere, ad sensi della normativa comune europea, le decisioni a qualsiasi titolo rese in altri Stati sulla validità efficacia della convenzione arbitrale.
Il considerando 12 chiarisce pure che la decisione adottata da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro che eserciti la competenza giurisdizionale in base al regolamento o al suo diritto nazionale, che dichiara nulla, inoperante o inapplicabile una convenzione arbitrale non dovrebbe impedire il riconoscimento e, se del caso, l’esecuzione, conformemente al regolamento in esame, della decisione dell’autorità giurisdizionale nel merito della controversia, senza pregiudizio della competenza delle autorità giurisdizionali degli Stati membri a decidere sul riconoscimento e sull’esecuzione dei lodi arbitrali conformemente alla convenzione per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere di New York del 10 giugno 1958, che prevale sul regolamento ai sensi dell’art. 73.
Il considerando 12, inoltre, recepisce le indicazioni già in precedenza fornite dalla Corte di giustizia, chiarendo, ove ve ne fosse stato bisogno, che il regolamento non dovrebbe applicarsi, inter alia, alle cause o alle decisioni riguardanti l’annullamento, il riesame, l’impugnazione, il riconoscimento o l’esecuzione di un lodo arbitrale.
Tra le materie escluse dall’applicazione del regolamento, inoltre, figurano oggi anche le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, cui è dedicata una nuova lett. e). La materia, in effetti, è oggi disciplinata dal regolamento n. 4 del 2009, come evidenzia il considerando 10. In tale ambito, opera uno specifico metodo di esecuzione delle decisioni, definito “metodo internazional-privatistico”.
[15] Lupoi, M.A., R apporti patrimoniali tra coniugi e provvedimenti riconoscibili, in A.A.V.V., Il riconoscimento reciproco dei provvedimenti in materia di regime patrimoniale tra coniugi o tra conviventi, Napoli, 2007, p. 43 s.
4. Alcune definizioni rilevanti nel contesto in esame (in particolare, con riferimento ai provvedimenti cautelari e provvisori)
Tra gli elementi di novità introdotti in sede di rifusione del regolamento Bruxelles I, si segnala l’introduzione di una norma ad hoc (art. 2) per “definire” alcune delle nozioni utilizzate nel nuovo regolamento.
Alcune di tali definizioni riguardano anche l’ambito della circolazione delle decisioni.
In particolare, la nozione di decisione fornita dalla lett. a) è ripresa dall’art. 32 del regolamento n. 44 del 2001 per quanto riguarda la prima parte[16]. Si conferma, dunque, che il regime uniforme di libera circolazione delle decisioni non riguarda solo le sentenze, ma tutte le “decisioni” rese da un organo giurisdizionale, a prescindere dalla denominazione utilizzata, purchè dotate di esecutività nello Stato di origine.
La seconda parte della lett. a), invece, “esplicita” risultati a cui si era già arrivati in precedenza per via interpretativa.
In primo luogo, si chiarisce che solo i provvedimenti provvisori e cautelari emessi da un’autorità giurisdizionale competente a conoscere nel merito ai sensi del regolamento sono idonei a circolare all’estero, ad esclusione, dunque, di quelli emessi ai sensi dell’ex art. 31 (ora 35) dal giudice non competente del merito, del luogo di esecuzione della misura richiesta[17]. Al riguardo, il considerando 33 è molto esplicito. In effetti, dopo che la Corte di giustizia aveva affermato che il foro cautelare alternativo presuppone la possibilità di eseguire il provvedimento nello Stato del foro, si poteva già ritenere che tale provvedimento non fosse idoneo all’esportazione. L’odierna precisazione è comunque utile perché risolve un’accesa diatriba interpretativa[18].
Come si vedrà infra, il giudice che emette il cautelare autocertifica la sua eventuale competenza per il merito, nell’apposito modulo rilasciato ai sensi dell’art. 53. In questo modo, si semplificano i meccanismi esecutivi del provvedimento cautelare all’estero, senza possibilità, vi è da ritenere, che l’autorità esecutiva dello Stato ad quem possa contestare la valutazione del giudice d’origine circa la natura della propria competenza. Alla luce dei principi della fiducia reciproca e dell’equivalenza tra le giurisdizioni, infatti, nell’ambito dello spazio europeo di giustizia, di norma, i giudici di uno Stato membro non possono interferire con le decisioni dei giudici degli altri Stati membri in merito alla sussistenza della propria giurisdizione. Al riguardo, dunque, possono essere considerati solo strumenti di diritto interno: da un lato, per contestare le valutazioni del giudice adito in merito al criterio di collegamento invocabile nella fattispecie (ad esempio, in sede di reclamo exart. 669- terdecies c. p. c.)[19]; dall’altro, per correggere eventuali “errori” nella compilazione del modulo di cui all’art. 53 del regolamento (in cui, ad esempio, si sia accreditata la competenza sul merito del giudice che ha emesso il provvedimento quando da tale decisione emerga, invece, l’applicazione dell’art. 35).
Il legislatore europeo, tratteggiando la dicotomia tra provvedimenti del giudice di merito e provvedimenti del giudice del luogo di attuazione, lascia aperti dubbi di non poco rilievo.
Nessun problema si pone quando già pende il procedimento sul merito, azionato in forza di uno qualsiasi dei criteri uniformi di collegamento giurisdizionale. Se l’istanza cautelare è proposta al giudice di tale procedimento, il relativo provvedimento sarà destinato a circolare all’estero; se, invece, viene adito il giudice di un altro Stato membro, la decisione cautelare potrà trovare attuazione solo in ambito “locale”.
Un primo problema si pone nell’ipotesi in cui la misura cautelare sia chiesta al giudice della causa di merito il quale poi abbia a dichiararsi incompetente. Nell’esperienza italiana, la contestazione della competenza del giudice adito non priva quest’ultimo del potere di emettere misure cautelari in corso di causa e una pronuncia di incompetenza non determina ipso facto l’inefficacia della misura cautelare. Nel nostro contesto specifico, peraltro, anche per contrastare situazioni di forum shopping, si deve ritenere che la parte interessata, dopo una pronuncia di difetto di giurisdizione, possa chiedere la correzione o la revoca del modulo emesso ai sensi dell’art. 53, essendo venuto meno il presupposto per la circolazione del provvedimento in questione tra gli Stati membri.
Le ipotesi più difficili sono, però, quelle relative alle cautele chieste ante causam: la proposizione di un’istanza cautelare in uno Stato membro, infatti, non rende ancora operanti le norme europee sulla litispendenza e sulla connessione tra cause e nulla impedisce la proposizione di altre istanze cautelari o del procedimento di merito in uno Stato membro diverso da quello adito con la prima azione per provvedimenti provvisori[20].
In generale, mi pare da respingere la tesi per cui, prima dell’inizio della causa di merito, si debba presumere che i provvedimenti cautelari siano comunque emessi ai sensi dell’art. 35 e dunque non destinati alla circolazione[21]. La normativa europea, in effetti, non impone la pendenza attuale del processo di merito né la necessaria instaurazione di tale giudizio entro un termine peraltro non individuato né individuabile e sarebbe irragionevole pensare che la parte che voglia ottenere una misura cautelare con effetti extraterritoriali sia costretta a dare corso ad un procedimento di merito che, in base alla normativa applicabile, potrebbe restare meramente eventuale.
E’ necessario trovare, quindi, una soluzione che unisca “semplicità” e rispetto dello spirito e della ratio della normativa comune europea, partendo dall’osservazione che il sistema di Bruxelles I bis dà per scontato che vi possa essere una pluralità di corti nazionali competenti sul merito di una controversia. In applicazione della norma sulla pendenza della lite di cui all’art. 32, inoltre, la lite sul merito pende solo dal momento in cui la domanda introduttiva viene notificata o depositata nella cancelleria del giudice. Sino a quel momento, si deve ritenere che possa essere simultaneamente proposta una pluralità di istanze cautelari in Stati membri diversi e che i giudici così aditi si possano, simultaneamente, ritenere competenti per il merito ai (limitati) fini della circolazione del provvedimento che andranno eventualmente a concedere. Il concorso di provvedimenti cautelari a effetti extraterritoriali sarà, se del caso, risolto in base alle norme sul contrasto di decisioni (v. infra).
D’altro canto, la competenza per il merito è da valutare con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente alla data di proposizione dell’istanza cautelare. Ciò vuol dire che un giudice adito con un’istanza cautelare ed ipoteticamente competente per la decisione del relativo merito può emettere una misura cautelare ad effetti extraterritoriali anche se, dopo la proposizione dell’istanza stessa, il procedimento di merito sia cominciato in un altro Stato membro.
La lett. a) del nuovo art. 2, inoltre, “chiarisce” che, nella nozione di decisione, ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione, non rientrano i provvedimenti provvisori e cautelari emessi dall’autorità giurisdizionale competente per il merito senza che il convenuto sia stato invitato a comparire, a meno che la decisione contenente il provvedimento sia stata notificata o comunicata al convenuto stesso prima dell’esecuzione: anche qui si recepisce la giurisprudenza della Corte di giustizia che aveva, in più occasioni, negato la circolazione ai provvedimenti interinali o cautelari emessi inaudita altera parte, se non dopo avere offerto al convenuto la possibilità di farvi opposizione. Il considerando 33, d’altro canto, sostiene che ciò non esclude il riconoscimento o l’esecuzione dei provvedimenti provvisori ai sensi della normativa locale più favorevole eventualmente applicabile. Si è voluto così operare un compromesso tra il garantismo della normativa europea ed eventuali disposizioni nazionali più favorevoli al soggetto in favore del quale sia stata emessa una misura cautelare inaudita altera parte. Per l’Italia, questa “clausola di salvezza” non ha ambito operativo, considerato che, in forza della normativa interna sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (art. 64 ss. l. n. 218 del 1995), di norma, solo provvedimenti passati in giudicato possono trovare ingresso nel nostro Paese.
[16] “A prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, compresi un decreto, un’ordinanza, una decisione o un mandato di esecuzione, nonché una decisione relativa alla determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere”.
[17] V. anche Querzola, Il nuovo sistema delle misure provvisorie e cautelari nel reg. UE n. 1215 del 2012 , in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, p. 1480. Per una critica a tale formulazione v. Honorati, Provisional measures, cit., p. 528 ss., per cui, p. 532, la soluzione raggiunta dal legislatore “is clearly inconsistent with the general aim of the Regulation to foster and strengthen the circulation of judgments”.
[18] In arg. v. Lupoi, M. A., L’attuazione negli altri Stati membri dei provvedimenti provvisori e cautelari nel regolamento UE n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis), in Il processo esecutivo, a cura di Capponi, Sassani, Storto, Tiscini, Torino, 2014, p. 1517 ss.
[19] Deve, in effetti, ritenersi sussistere un interesse della parte soccombente a proporre reclamo contro il provvedimento emesso nei suoi confronti anche solo per “rettificare” il criterio di collegamento giurisdizionale cui abbia fatto riferimento il giudice: per il soccombente, infatti, dalla prospettiva di circolazione del provvedimento cautelare concesso sull’erroneo presupposto della sussistenza della competenza sul merito deriva un interesse giuridicamente rilevante a un riesame della decisione sul punto.
[20] Su questi aspetti problematici v. Honorati, op. cit., p. 538 ss.
[21] Riserve su questa opzione interpretativa anche di Honorati, op. cit., p. 540.
Il riconoscimento delle decisioni degli altri Stati membri tra regolamento n. 44 e n. 1215.
Come noto, parlando di “riconoscimento” delle decisioni straniere, si fa riferimento alla valorizzazione nello Stato degli accertamenti sul diritto sostanziale compiuti da un giudice estero. L’esecuzione, invece, concerne l’attuazione nello Stato di provvedimenti emessi nell’ambito di un procedimento straniero.
Rispetto al riconoscimento, il regolamento n. 1215 non apporta novità rispetto a un principio (quello dell’automaticità) già previsto dalla convenzione del 1968 e confermato dal regolamento n. 44. Nel regolamento Bruxelles I, peraltro, in caso di contestazione, si doveva accertare per via giudiziale l’esistenza di eventuali motivi ostativi al riconoscimento (art. 33). L’esecuzione dei provvedimenti stranieri richiedeva, invece, la concessione del c.d. exequatur da parte del giudice dello Stato ad quem, con il ricorso a una procedura semplificata.
Nel regolamento n. 44, il procedimento previsto per il riconoscimento (in caso di contestazione) o per l’exequatur aveva carattere monitorio: l’interessato depositava un ricorso al giudice indicato come competente dal regolamento (per l’Italia, la Corte d’appello), allegando i documenti elencati dall’art. 53. Il giudice, senza potere esaminare, in questa fase, osservazioni del convenuto, compiuti alcuni adempimenti formali, doveva concedere, con decreto, il riconoscimento o l’exequatur, senza potere rilevare, d’ufficio, l’esistenza di uno dei motivi di diniego previsti dal regolamento. Il provvedimento veniva a quel punto notificato alla controparte insieme al relativo ricorso.
A far data dalla regolare notificazione del provvedimento, la controparte aveva un mese di tempo (due, se domiciliata in uno Stato membro diverso), per proporre opposizione. Si instaurava così un procedimento di accertamento, nel contraddittorio delle parti, nell’ambito del quale si potevano esclusivamente valutare i motivi di diniego di cui agli artt. art. 34 e art. 35, essendo espressamente escluso ogni riesame nel merito della decisione straniera. Il procedimento di opposizione, peraltro, poteva essere sospeso in caso di impugnazione di tale decisione nell’ordinamento di provenienza. Inoltre, in pendenza dell’opposizione, non poteva procedersi ad atti di esecuzione della decisione straniera, ma solo a provvedimenti “conservativi”, a tutela del credito della parte opposta, per la cui concessione non era richiesto né fumus boni juris né periculum in mora (art. 47).
Nel regolamento n. 1215, il principio del riconoscimento automatico è sancito dall’art. 36 (che corrisponde, con alcuni adattamenti, all’art. 33 del regolamento n. 44), con la conferma della possibilità per ogni parte interessata di chiedere una decisione giudiziale che attesti la mancanza di motivi di diniego del riconoscimento. Non si fa però più riferimento alla “contestazione” della controparte, “liberalizzando” così, sul piano della legittimazione attiva, la procedura di riconoscimento (azionabile peraltro solo dalla parte “interessata”, a cui dunque possa derivare un’utilità giuridica da tale riconoscimento).
E’ stato parzialmente modificato anche il para. 3, sul c.d. riconoscimento incidentale. Oggi, infatti, si prevede che il giudice di merito, che conosca di una causa rispetto alla quale si ponga come preliminare una richiesta di diniego di riconoscimento, possa decidere su tale questione in via incidentale. La norma sembra fare espresso riferimento alle situazioni disciplinate dagli artt. art. 33 e art. 34, in cui il giudice di uno Stato membro può trovarsi a dichiarare l’estinzione del procedimento dopo avere delibato la riconoscibilità della sentenza straniera. Ove la questione sia controversa tra le parti, la norma chiarisce che il giudice possa decidere sul punto incidenter tantum, senza dovere attendere che, sulla questione, si pronunci il g. del riconoscimento proposto in via principale.
Ai sensi dell’art. 37, i soli documenti da produrre, ai fini del riconoscimento, sono una copia autentica della decisione e un attestato rilasciato dal giudice d’origine riempiendo un modello allegato al regolamento. Tali documenti non devono neppure essere tradotti. La traduzione dell’attestato di cui alla lett. b), o della sentenza se necessario, può (non deve) essere richiesta dal giudice, come precisa il para. 2, sostanzialmente corrispondente all’art. 55, para. 2 del regolamento n. 44. Si conferma, così, la volontà del legislatore europeo di ridurre le formalità ed i costi della circolazione delle decisioni.
A tutela della parte contro cui viene chiesto il riconoscimento, l’art. 38 prevede la possibilità che il giudice dello Stato ad quem possa sospendere (totalmente o parzialmente) il procedimento nel quale sia invocata una decisione emessa in uno Stato membro, qualora la decisione sia stata impugnata nello Stato membro d’origine (come già prevedeva l’art. 37, para. 1 del regolamento n. 44) o qualora sia stata presentata una domanda al fine di accertare che non sussistono motivi di diniego del riconoscimento di cui all’articolo 45 ovvero al fine di accertare che il riconoscimento deve essere negato per uno dei predetti motivi. Tale seconda ipotesi prevede, dunque, un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento di riconoscimento ed il giudizio in cui la decisione straniera sia stata invocata, con sospensione, però, facoltativa e non obbligatoria.
6. L’esecuzione immediata
E’ in materia di esecuzione che, come si è detto, si registra la principale novità del regolamento n. 1215 sul piano sistematico. Al riguardo, infatti, l’art. 39 prevede il superamento della necessità di ottenere l’exequatur nello Stato di esecuzione prima di potervi dare attuazione alla decisione straniera[22].
Si è già anticipato che, nel testo finale del regolamento, si lascia al debitore la possibilità di chiedere il diniego dell’esecuzione nello Stato di esecuzione, senza recepire la proposta della Commissione che riduceva gli spazi per il debitore di opporsi all’esecuzione stessa[23].
Per i commentatori, si è trattato di una scelta saggia, che bilancia la fiducia reciproca con il principio del giusto processo[24].
Il considerando 26 giustifica la scelta del legislatore in questo ambito con la volontà di ridurre la durata e i costi dei procedimenti giudiziari transfrontalieri ed indica, come conseguenza del nuovo sistema, che la decisione emessa dall’autorità giurisdizionale di uno Stato membro debba essere trattata come se fosse stata pronunciata nello Stato membro interessato per l’esecuzione.
L’art. 39, in modo programmatico, stabilisce che ogni decisione esecutiva nello Stato membro di origine lo sia pure, automaticamente, negli altri Stati membri, senza bisogno di dare corso, in loco, ad ulteriori attività giudiziarie. Le implicazioni di questa novità sono evidenti sia a livello teorico, sul piano del maggiore livello di integrazione tra gli ordinamenti nazionali, sia a livello pratico, con un evidente risparmio di tempo e denaro per il creditore transfrontaliero[25].
In coerenza con il superamento dell’exequatur per le decisioni in materia civile e commerciale[26]], il nuovo art. 40 rende automatica la concessione di misure cautelari nello Stato di esecuzione a tutela di una decisione esecutiva nello Stato d’origine.
Il nuovo art. 41, dal canto suo, chiarisce che l’esecuzione concreta della decisione stranierà è disciplinata dalla lex fori, salvo quanto previsto dal regolamento. Si tratta di una previsione forse superflua (ma che richiama quella di altri regolamenti europei in ambito processuale), considerato che, sinora, il legislatore dell’Unione si è guardato dall’intervenire per l’armonizzazione delle regole dell’esecuzione forzata. Il para. 2, peraltro, pone un limite all’operare della lex fori, stabilendo che i motivi di diniego o di sospensione dell’esecuzione previsti dalla legge nazionale si applicano solo in quanto non incompatibili con i motivi di cui all’art. 45.
Al riguardo, il considerando 30 precisa che la parte che si oppone all’esecuzione di una decisione emessa in un altro Stato membro dovrebbe, nei limiti del possibile e conformemente al sistema giuridico dello Stato membro richiesto, poter invocare, nella medesima procedura, oltre ai motivi di diniego contemplati dal regolamento, i motivi di diniego previsti dal diritto nazionale ed entro i termini previsti da tale diritto. Tuttavia, il riconoscimento di una decisione dovrebbe essere negato solo in presenza di uno o più dei motivi di diniego previsti dal regolamento in esame.
Al riguardo, si osserva che il riferimento compiuto ai “motivi di diniego dell’esecuzione previsti dalla legge dello Stato membro richiesto” non riguarderebbe i motivi ostativi (al “riconoscimento” ed) alla “esecuzione” che ciascuno Stato membro individua al fine di negare ingresso nel proprio territorio a decisioni non rientranti nell’ambito oggettivo o soggettivo di applicazione della disciplina comunitaria uniforme, bensì le circostanze che, secondo il diritto interno, possono costituire altrettanti motivi di opposizione all’esecuzione forzata propriamente intesa[27]. Si afferma pure che il legislatore europeo sembrerebbe voler mantenere una certa “autonomia” della procedura che la domanda di diniego dell’esecuzione è idonea ad instaurare rispetto ai rimedi giurisdizionali che ogni singolo Stato membro concede al debitore per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata (per motivi di rito e/o di merito)[28].
Il para. 3, infine, nell’ottica della deformalizzazione delle procedure, esonera la parte che chiede l’esecuzione dal munirsi di recapito postale nello Stato richiesto o di rappresentante autorizzato, salvo che tale rappresentanza sia obbligatoria nello Stato a prescindere dalla cittadinanza o dal domicilio delle parti, come nel caso dell’Italia.
[22] Su queste tematiche, di recente, Kramer, Cross-border enforcement in the EU, cit., p. 204 s.; Biavati, op. cit., p. 406 ss.; De Cristofaro, op. cit., p. 438 ss.
[23] Farina, in www.aldricus.com.
[24] V. Kramer, Cross-border enforcement in the EU, cit ., p. 221; Cuniberti, Some remarks on the efficiency of exequatur, cit., p. 575, peraltro, osserva che la violazione del diritto al giusto processo si verifica in meno dell’1% dei casi.
[25] Come conseguenza di tale innovazione, nel nuovo regolamento sono state abrogate le norme di cui agli artt. 38, da 39 a 48, 50, 52, 53, 55, para. 1 del regolamento n. 44 del 2001, incompatibili con il nuovo sistema.
[26] V. Sandrini, La tutela del creditore in pendenza del procedimento di exequatur nel regolamento Bruxelles I, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2012, p. 613.
[27] Farina, www.aldricus.com, che evidenza l’incertezza sul modo di delineare un rapporto di (in)compatibilità tra circostanze che possono condurre all’accertamento della insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata in relazione a qualsiasi titolo esecutivo, a prescindere dalla sua “provenienza”, e motivi che detto diritto finiscono con l’escludere in ragione della “irriconoscibilità” tout court della decisione nello Stato membro richiesto.
[28] Farina, in www.aldricus.com.
7. La documentazione da allegare (in particolare, per l’attuazione delle decisioni cautelari)
Anche ai fini dell’esecuzione, si richiedono una copia autentica della decisione e l’attestato rilasciato ai sensi dell’art. 53 (che, a sua volta, rinvia al modulo di cui all’all. I e che fornisce gli elementi necessari a consentire l’immediata esecuzione della decisione negli altri Stati membri, senza bisogno di exequatur). Tale attestato certifica l’esecutività della decisione e, dunque, in Italia sostituisce l’apposizione della formula esecutiva (art. 42)[29].
Una documentazione più dettagliata è peraltro richiesta per l’esecuzione di provvedimenti provvisori o cautelari emessi in un altro Stato membro.
Per questi ultimi, in particolare, oltre alla copia autentica della decisione, si richiede che il modulo di cui all’allegato 1 contenga una descrizione del provvedimento e certifichi (al punto 4.6.2.2.1) che l’autorità giurisdizionale è competente a conoscere del merito e che la decisione è esecutiva nello Stato membro d’origine (come si è visto, infatti, solo in questo caso i provvedimenti provvisori e cautelari sono idonei alla circolazione).
La semplice lettura della “casellina” all’uopo prevista nel modulo compilato dal giudice d’origine, dunque, dovrebbe consentire all’autorità incaricata dell’attuazione del provvedimento straniero di verificare se esso rientri nella nozione di decisione cautelare riconoscibile di cui all’art. 2, lett. a). Ciò lascia pensare che il giudice ad quem non abbia margini di valutazione rispetto alla competenza “sul merito” del giudice a quo, in linea con il tradizionale approccio seguito nell’ambito del sistema di giustizia europea, ove si limitano al minimo i controlli sulla competenza indiretta del giudice d’origine.
Inoltre, ai sensi della lett. c) del para. 2 dell’art. 42, il richiedente, qualora il provvedimento cautelare sia stato disposto senza che il convenuto sia stato invitato a comparire, deve fornire la prova della notificazione o comunicazione della decisione. In altre parole, si deve soddisfare il presupposto cui fa riferimento il considerando n. 25, alla cui stregua l’attuazione di una misura inaudita altera parte non può avere luogo prima che al destinatario sia stato comunicato o notificato il provvedimento in questione, al fine di consentirgli di dare corso all’eventuale opposizione al riconoscimento o all’exequatur[30].
Il regolamento n. 1215 tenta, qui, un difficile compromesso tra le ragioni del creditore e quelle del debitore, ma il risultato rende perplessi: in ogni caso, infatti, l’onere di previa notifica della decisione emessa inaudita altera parte farà venire meno l’effetto sorpresa.
D’altro canto, ai sensi dell’art. 40 del regolamento, una decisione esecutiva implica di diritto l’autorizzazione a procedere a provvedimenti cautelari previsti dalla lex fori dello Stato di esecuzione. Questa disposizione, a un primo esame, appare sostanzialmente irrilevante nel contesto qui esaminato: che senso potrebbe avere, infatti, ottenere misure cautelari in attesa di attuare altre misure cautelari? A ben vedere, però, il combinato disposto degli artt. 42 e 40 induce a ritenere che chi voglia dare attuazione a un provvedimento cautelare emesso inaudita altera parte, prima di notificare la decisione, in ottemperanza al requisito di cui alla lett. c) dell’art. 42, para. 2, possa richiedere la concessione automatica di un provvedimento cautelare, in ipotesi dal contenuto identico a quello del provvedimento (a sua volta cautelare) di cui già dispone, anche questo inaudita altera parte, in base alle norme della lex fori, dimostrando ad esempio i presupposti di cui al nostro art. 669 c. p. c.
Il regolamento, d’altro canto, non stabilisce un termine minimo che debba decorrere tra la notifica della decisione emessa inaudita altera parte e l’inizio della sua attuazione. Secondo gli auspici del considerando 32, tale notifica o comunicazione dovrebbe avvenire “in tempo ragionevole anteriormente alla prima misura di esecuzione”, con la specificazione che, in questo contesto, per prima misura di esecuzione dovrebbe intendersi la prima misura di esecuzione dopo la notifica o comunicazione. Si tratta, inevitabilmente, di una indicazione sin troppo generica e che rischia di creare problemi interpretativi non indifferenti, soprattutto ove non sia approvata una normativa interna di raccordo tra disciplina europea e lex fori (ciò che appare irrealistico per l’Italia).
Per l’interprete italiano, il termine che appare possibile richiamare è quello dilatorio previsto dall’art. 482 c. p. c. tra la notifica del precetto e la richiesta del pignoramento[31].
L’attestato rilasciato dal giudice d’origine non deve necessariamente essere tradotto nella lingua del foro e non se ne richiede la traslitterazione del contenuto: tali adempimenti possono pero essere richiesti dall’autorità competente per l’esecuzione. Allo stesso modo, tale autorità può (non deve) chiedere la traduzione della decisione qualora in mancanza non sia in grado di procedere.
(Fine della prima parte – Segue)
[29] Sull’attestato disciplinato dall’art. 53 v. Biavati, L’esecutorietà delle decisioni nell’Unione europea alla luce del reg. UE n. 1215/2012 , in Il processo esecutivo, a cura di Capponi, Sassani, Storto, Tiscini, Torino, 2014, p. 190 ss., che evidenzia le possibili difficoltà nella sua compilazione.
[30] V. anche Timmer, Abolition of exequatur under the Brussels I regulation: ill conceived and premature?, in Jour. priv. int. law, 2013, p. 134.
[31] Così pure Biavati, L’esecutorietà delle decisioni nell’Unione europea, cit., p. 193.
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