L’insufficienza degli spazi adibiti a parcheggio. Quale soluzione adottare?

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Spesso accade che, in condominio, gli spazi adibiti a parcheggio risultano insufficienti a soddisfare le necessità di ogni singolo condomino.

In questi casi si verifica una situazione di stallo che determina una condizione di assoluta anarchia tra i condòmini, dove vige la regola del “chi prima arriva prima parcheggia”; evenienza che comporterebbe un utilizzo indiscriminato del parcheggio, magari solo in favore di alcuni condòmini, non fosse altro per l’orario di arrivo di ognuno di essi.

Tale modalità di utilizzo del bene comune oltre a risultare oggettivamente iniqua, potrebbe anche violare il disposto dell’art. 1102 c.c., che disciplina appunto l’uso della cosa comune e per il quale: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.

Ciò posto, la soluzione all’anzidetta empasse risulta senz’altro l’utilizzo turnario dell’area adibita a parcheggio, ritenuto ampiamente ammissibile dalla giurisprudenza.

In altri termini si prevede l’utilizzabilità dell’area comune, adibita a parcheggio, a rotazione tra tutti i condomini, fermo restando che gli altri, quelli non beneficiari del turno, non possono in alcun modo utilizzare il posto auto, anche se in quel momento l’effettivo beneficiario non lo occupa.

A tal proposito, infatti, è stato ritenuto che: “La delibera assembleare che, in considerazione dell’insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, anche se gli aventi diritto non occupino in quel momento l’area di parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l’art. 1102 cod. civ., ma costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte dell’assemblea. Né la volontà collettiva espressa in assemblea, la quale, preso atto dell’impossibilità del simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, escluda l’utilizzazione, da parte degli altri condomini, degli spazi adibiti a parcheggio eventualmente lasciati liberi dai soggetti che beneficiano del turno, neppure comporta una violazione dell’art. 1138 cod. civ., in quanto non impedisce il godimento individuale del bene comune, ed evita, piuttosto, che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna, tale da negare l’avvicendamento nel godimento o da indurre all’incertezza del suo avverarsi” (Cass. civ., Sez. II, 19/07/2012, n. 12485).

Al contrario invece, non è consentito – in assenza di unanimità – assegnare i limitati parcheggi in base ad altri criteri, quale ad esempio il valore delle singole quote ovvero far godere di parcheggi, tra loro non equivalenti per comodità di accesso, sola scorta del più alto numero di millesimi (Cass. civ. Sez. II, 07/12/2006, n. 26226).

Né il mutamento delle condizioni soggettive del singolo condomino, si pensi all’acquisto di un’autovettura più grande, può comportare una richiesta di diverso modo di utilizzo dei parcheggi.

A tal proposito, infatti, è noto il principio per cui: “In tema di comunione, il criterio dell’uso promiscuo della cosa comune, desumibile dall’art. 1102 cod. civ., richiede che ciascun partecipante abbia il diritto di utilizzare la cosa comune come può e non in qualunque modo voglia, atteso il duplice limite derivante dal rispetto della destinazione della cosa e della pari facoltà di godimento degli altri comunisti. Ne consegue che, ove il godimento pregresso non sia possibile per uno dei partecipanti a causa del mutamento elettivo delle sue condizioni personali, questi non può esigere nei confronti degli altri una diversa utilizzazione della cosa comune, avendo il singolo condomino l’onere di conformare ai limiti anche quantitativi del bene le proprie aspettative di utilizzo. (Nella specie, la richiesta di modifica dell’utilizzazione di uno spazio comune destinato a parcheggio condominiale era stata dettata esclusivamente dal sopravvenuto aumento di dimensioni dell’autovettura del ricorrente)” (Cass. civ. Sez. II, 11/07/2011, n. 15203).

Ed invero, la delibera assembleare che adibisce un’area a parcheggio, con l’assegnazione dei singoli posti auto ad altrettanti condòmini, giammai può determinare una divisione del bene comune, men che meno, può attribuire agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione loro assegnata (Cfr.: Cass. civ., Sez. II, 31/03/2015, n. 6573).

L’individuazione dei singoli posti, infatti, non comporta lo scioglimento della comunione del bene, ma rappresenta solo un sistema per rendere più ordinato e razionale l’uso paritario, fatta salva l’eventuale volontà di operare una vera è propria divisione del bene comune per la quale, tuttavia, occorrerebbe il consenso di tutti i proprietari, esplicitato in un’apposita deliberazione assembleare.

Consenso di tutti i proprietari che, invece, non è necessario in caso di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, vertendosi in materia di modalità d’uso e di godimento del bene comune, per cui una siffatta delibera è da ritenersi validamente approvata con la maggioranza (qualificata) prevista dall’art. 1136, co. V, c.c.

Tale maggioranza, peraltro, risulta vieppiù idonea anche a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento di condominio, di natura non contrattuale, relative all’utilizzazione ed ai modi di fruizione delle parti comuni (Cass. civ. Sez. II, 15/06/2012, n. 9877; Cass. civ. Sez. II, 29/12/2004, n. 24146; Cass. civ. Sez. II, 08/11/2004, n. 21287).

Avv. Accoti Paolo

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