L’inquadramento nel pubblico impiego

sentenza 20/01/11
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Nell’ambito della giurisprudenza amministrativa è consolidato il principio di diritto secondo cui l’azione porposta dal dipendente pubblico e volta all’accertamento del diritto all’inquadramento in una qualifica superiore si appalesa inammissibile, essendo tale azione proponibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando viene fatto valere un diritto soggettivo.

Da ciò discende che, in considerazione del fatto che la materia dell’inquadramento nel pubblico impiego si connota per la presenza di atti autoritativi, ogni pretesa al riguardo, in quanto radicata su posizioni di interesse legittimo può essere azionata solo mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumono illegittimamente incidenti su tali posizioni.

 

N. 00187/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01938/1994 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1938 del 1994, proposto da: ****

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando ************* dei Carabinieri, Ministero dell’Interno;

per l’annullamento

TRATTAMENTO ECONOMICO CORRISPONDENTE ALLA QUALIFICA SUPERIORE (VI LIVELLO).

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2010 il dott. ************** e uditi per le parti i difensori avv. ************, con delega dell’avv. ************* e dell’avv. *****************;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con atto notificato il 3 febbraio 1994, depositato nei termini, il ************************** e gli altri ricorrenti indicati nell’elenco allegato alla presente sentenza, hanno proposto gravame per la declaratoria del proprio diritto a conseguire il migliore trattamento economico corrispondente alla qualifica superiore (VI livello) rispetto a quella nella quale sono inquadrati (V livello retributivo), con la condanna dell’Amministrazione al pagamento di lire 500.000 “una tantum” estesa a tutte le forze di Polizia e liquidata con decorrenza fine marzo-aprile 1992 e di cui hanno beneficiato tutti i ruoli, gradi gerarchici e qualificativi degli appartenenti alla Polizia di Stato, ai Carabinieri, alla Guardia di Finanza con l’esclusione dei ricorrenti appartenenti al ruolo degli Appuntati e degli Assistenti e Assistenti Capi della Polizia di Stato. I ricorrenti chiedono inoltre che l’Amministrazione intimata sia condannata al pagamento di tutte le somme arretrate con il tasso inflattivo e gli interessi legali fino alla data dell’effettivo soddisfo, ed in subordine chiedono la remissione degli atti alla Corte Costituzionale previa declaratoria di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 n. 4 e 4 del D.L. 7 gennaio 1992 n. 5, convertito con modificazioni nella legge n. 216/92, con riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Costituzione.

I ricorrenti lamentano che la legge n. 216/92, modificando i livelli retributivi previsti dalla legge n. 121/81, elevando dal IV al V il livello degli Agenti e Carabinieri e bloccando al V livello retributivo solo quello degli Appuntati e Appuntati scelti dei Carabinieri e Assistenti ed Assistenti Capo della Polizia di Stato e corpi equiparati, ha determinato una disparità di trattamento economico a danno di quest’ultimi, sebbene inquadrati in un ruolo superiore con svolgimento di mansioni superiori con responsabilità di comando.

L’Amministrazione intimata si è formalmente costituita in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, la quale, peraltro, non ha prodotto alcun scritto difensivo.

Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2010 la causa è stata passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso si appalesa inammissibile.

Il Collegio non rinviene valide ragioni per discostarsi dal costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’azione volta all’accertamento del diritto dell’inquadramento in una qualifica superiore si appalesa inammissibile, essendo tale azione proponibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando viene fatto valere un diritto soggettivo. Da ciò discende che, in considerazione del fatto che la materia dell’inquadramento nel pubblico impiego si connota per la presenza di atti autoritativi, ogni pretesa al riguardo, in quanto radicata su posizioni di interesse legittimo può essere azionata solo mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumono illegittimamente incidenti su tali posizioni (cfr. sul principio generale ****. STATO – SEZ. VI – n. 1020 dell’11 marzo 2008).

Nel caso di specie non risulta che i ricorrenti abbiano proposto tempestivo gravame avverso i provvedimenti di inquadramento nel livello loro attribuito per cui il ricorso va dichiarato inammissibile, mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dell’Amministrazione costituita, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 10.000,00 (diecimila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

*************, Presidente

*******************************, Consigliere

**************, ***********, Estensore

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/01/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

sentenza

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