Institutio in re certa e beni non contemplati nel testamento

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(Riferimento normativo: articolo 588 c.c.)

La vicenda processuale

Con l’ordinanza n. 9487 del 9 aprile 2021, la Sesta Sezione della Cassazione è intervenuta sulla complessa fattispecie della sorte dei beni non contemplati nel testamento. Ricordiamo che, in tema di successione mortis causa, vige il principio della libertà del testatore, il quale può disporre dei propri beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Partendo dalla volontà del de cuius, espressa attraverso la predisposizione di un testamento, è possibile operare una distinzione tra eredità e legato. In caso di eredità, la chiamata a succedere riguarda l’insieme o una quota dei rapporti giuridici facenti capo al defunto, realizzandosi, in tal modo, una successione a titolo universale. Nel caso di legato, invece, la chiamata è effettuata in relazione ad uno o più specifici diritti, determinati dallo stesso testatore e considerati singolarmente e non come parti dell’intero patrimonio. L’art. 588 del cod. civ., accanto alle due figure di erede e di legato prevede, al comma 2, un terzo istituto, l’institutio ex re certa, statuendo che :”l’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”. In questo caso, il testatore non determina esplicitamente la quota del beneficiario ma attribuisce un bene in funzione della quota cosicchè possa essere individuata attraverso il rapporto tra il valore dei singoli beni e l’intero patrimonio ereditario[1]. L’istituto de quo ha sollevato non pochi dubbi interpretativi riguardo la sorte dei beni non inclusi nel testamento, con riferimento non solo a quelli di cui il de cuius non abbia disposto ma anche a quelli sopravvenuti dopo la redazione della scheda testamentaria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Brescia riconosceva che la pluralità dei lasciti in favore dei tre nipoti della testatrice “costituivano ex re certa e non legati” e sulla base di ciò, evidenziava che  nel testamento non veniva preso in considerazione un dossier titoli in essere presso la Banca popolare di Bergamo, contenente una serie di obbligazioni intestate alla de cuius: a parere della Corte, anche le suddette obbligazioni spettavano ai tre nipoti, eredi testamentari, in parti uguali. Due dei tre nipoti, poiché contemporaneamente chiamati alla successione in forza di legge, chiedevano che il dossier, in quanto non menzionato nel testamento, fosse devoluto ai soli eredi legittimi. Il terzo dei nipoti, attore principale, rivendicava il diritto pro quota sulle obbligazioni. La Corte d’Appello accoglieva quest’ultima domanda statuendo che le obbligazioni dovessero essere divise tra tutti e tre gli eredi, in proporzione alle rispettive quote ereditarie. Contro la sentenza d’appello ricorreva uno dei nipoti, erede legittimo, il quale denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt., 588 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto, erroneamente, la Corte d’Appello, che le obbligazioni de quibus anche se non ricomprese nei beni menzionati nel testamento, andassero suddivise tra tutti gli eredi. La Cassazione ha ritenuto il motivo infondato ed ha richiamato la più recente giurisprudenza di legittimità[2], la quale ha riconosciuto la possibilità di concorso tra l’istituito ex art. 588, co. 2, c.c., e l’erede legittimo stabilendo che in assenza di una volontà contraria del testatore, i beni di cui egli non abbia disposto nel testamento, debbano essere attribuiti ex lege. A parere del Collegio, la testatrice ha fatto uso della parola eredi, sia nella parte della scheda nella quale menziona i debiti ereditari posti a carico dei tre beneficiari dei lasciti dei beni determinati ( i debiti, secondo l’osservazione sollevata dalla Corte d’Appello sono sempre a carico degli eredi e noin dei legatari), sia nella parte in cui richiama il denaro lasciato, in parti uguali, ai tre nipoti.Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 588 c.c., e ciò perchè, diversamente da quanto stabilito dalla Corte d’Appello, l’institutio ex re certa, attribuisce solo i beni che formano oggetto della disposizione mentre i beni non assegnati vanno attribuiti esclusivamente agli eredi legittimi.

 

Conclusioni

 

La Suprema Corte, riprendendo un proprio risalente orientamento[3], chiarisce che l’institutio ex re certa[4] serve per la determinazione della quota dell’istituito non per l’attribuzione della qualità di unico erede, in quanto il principio generale è quello secondo il quale le ceterae res delle quali il testatore non abbia disposto nella scheda testamentaria, spettano ai soli eredi legittimi tra i quali, se dovesse provarne tale titolo, rientrerà anche l’istituito ex art. 588, comma 2, c.c. Il Collegio, per una ulteriore chiarimento della questione  ha, poi, distinto ulteriormente tra i beni di cui il testatore non abbia volutamente disposto e i beni di cui egli non abbia disposto per dimenticanza o per essergli pervenuti dopo la redazione della scheda sottolineando che in una eventalità del genere, “la quota dell’istituito ex re è determinata, (…), in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore globale dei beni che il testatore sapeva di possedere in quel dato momento, tenuto conto anche di quelli non contemplati nel testamento. Nella quota differenziale, formata dalle altre cose dell’asse, succede l’erede legittimo., nella stessa proporzione, in virtù della forza espansiva che costituisce connotato essenziale della vocazione a titolo universale, si ripartiranno fra erede testamentario e legittimo i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti dopo la confezione della scheda”. Nel caso de quo, la Corte territoriale ha riconosciuto che le obbligazioni presenti nel dossier titoli, dovessero essere attribuite agli eredi testamentari esclusivamente in virtù “della vis espansiva della istituzione ex re certa, intesa nel senso che l’istituito ex re è l’unico erede”[5]. Ha mancato, perciò, di indagare sul se le obbligazioni siano state tenute fuori volutamente  dalla scheda testamentaria o se siano stati dimenticati dalla de cuius o addirittura sopravvenuti dopo la redazione del testamento[6].                  La Cassazione, perciò,sulla base della mancata indagine, ha rinviato ad altra Sezione della Corte d’Appello al fine di accertare quale sia stato il motivo alla base della decisione della de cuius di non comprendere il dossier titoli nelle disposizioni testamentarie.

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Note

[1]In questi termini, F. Ruggiero, Interpretazione delle disposizioni testamentarie:natura del criterio previsto dal comma 2 dell’art. 588 c.c., in Giust. Civ., 1973, IV, p. 226.

[2]Cass. Civ., n. 17868/2019, secondo la quale:”La qualifica di erede universale nella scheda testamentaria, associata all’attribuzione di un singolo bene o di un complesso di beni, pur potendo costituire un elemento valutabile ai fini dell’indagine diretta ad accertare l’eventuale intenzione del testatore di assegnare quei beni come quota del patrimonio, ai sensi dell’art. 588, comma 2, c.c., non giustifica, di per sé, l’attribuzione degli altri beni menzionati nel testamento e non attribuiti, occorrendo a tal fine che sia ricavabile dal complessivo contenuto del testamento una disposizione nell’universalità del patrimonio ai sensi dell’art. 588, comma 1, c.c.”.

[3]Cass. Civ., n. 737/1963. Per un approfondimento: A. Trabucchi, Nota a Cass., 23 marzo 1963, n. 737, in Giurisprudenza italiana, 1964, I,pagg. 186-187.

[4]Si veda, a tal proposito, A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, 2015, Padova, pag. 491, secondo il quale, nell’istitutio in re certa, l’espansione a beni non espressamente compresi nell’atto avviene secondo le quote calcolate a posteriori, in relazione al valore rispettivo delle singole concrete attribuzioni testamentarie.

[5]In tal senso, G. Bonilini, Institutio ex re certa e acquisto, per virtù espansiva, dei beni non contemplati nel testamento, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, Tomo II, Cedam, 2010.

[6]La Cassazione già nella succitata sentenza n. 17868/2019, ha ribadito che l’attribuzione della forza espansiva agli istituti ex articolo 588, comma 2, c.c., sia possibile solo se la volontà istitutiva del testatore sia stata totale nel senso di essere consapevolmente riferita all’unità del patrimonio. In caso di riferimento parziale ai beni, per la quota di patrimonio che risulti non disposta dal de cuius, si impone l’apertura della successione legittima, ai sensi dell’art. 457 c.c.

Sentenza collegata

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francesca de carlo

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