Infibulazione tra superstizione, società ed assenza di diritti. Breve vademecum per conoscere questa pratica ancora ambigua

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            Quello in epigrafe è ormai una vexata questio, che da sempre alimenta polemiche e dibattiti su vari fronti (sociale, politico e medico).Recentemente due notizie hanno suscitato molto scalpore, anche se per motivi opposti: la Regione Friuli-Venezia Giulia ha approvato un progetto di legge regionale con il quale consente la circoncisione gratuita in apposite strutture mediche. Si teme che possa essere estesa anche all’infibulazione legalizzandola nuovamente. L’altra riguarda l’intesa raggiunta dal Governo e dalla FIMP, associazione dei pediatri con cui si avvia un’ampia campagna informativa su due fronti, quello nazionale per portare l’attenzione su questa problematica ancora molto sconosciuta e dall’altra per educare le famiglie e spiegare loro i rischi, in primis, sulla salute che corrono le bambine infibulate.Nel caso in cui, poi, i genitori insistessero nel volerla praticare a tutti i costi allora verranno indirizzati in strutture mediche specializzate e sicure.
Tutto ciò per combattere la piaga dell’infibulazione clandestina che, annualmente, miete, nel nostro paese, 30.000 vittime.
            Infatti ogni anno, malgrado la stigmatizzazione di questa problematica nei paesi in cui originariamente si è diffusa  e la condanna  da parte della legislazione nazionale e di quella internazionale, secondo recenti stime dell’OMS, sono tra i 100 ed 130 milioni di donne (casi denunciati) che subiscono questa pratica barbarica e tra queste, una volta diventate madri, circa 2 milioni la impongono alle proprie figlie. In Italia, per i processi di immigrazione e per i matrimoni misti, sono circa 6 mila le vittime di queste escissioni rituali (v. ex multis: http://www.benessere.com/sessuologia/arg00/infibulazione.htm ; http://www.unknown.it/controinformazione/le-mutilazioni-genitali-femminili/).
Malgrado ciò questo è un fenomeno ancora abbastanza sommerso su cui c’è poca informazione e devo ammettere che anch’io, nel redigere questo brano, sono venuta a conoscenza di molti elementi e sfumature a me del tutto ignoti.
Di seguito cercherò di inquadrare, anche da un punto di vista geopolitico, questa questione e di sfatare molte false informazioni ad essa associate.
 
 1. DEFINIZIONE ED ORIGINI:
 
L’infibulazione (dal latino fibula, id est spilla, indica sia l’usanza di cucire i genitali mutilati sia lo strumento che, frequentemente, viene utilizzato per eseguire questa operazione, secondo l’etimologia del lemma latino) è un termine che si riferisce sia ad un’arcaica pratica sociale che all’intervento sui genitali femminili, ancora assai radicato in molti paesi di cultura musulmana e non solo, consistente nell’asportazione totale o parziale, a seconda delle usanze, del clitoride, delle piccole e grandi labbra con relativa sutura della vulva, lasciando solo un piccolo orifizio per la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. E’ eseguita su bambine d’età media compresa tra i due ed gli otto anni, ma l’età può variare a seconda dei paesi e delle tradizioni locali (in Niger su neonate, in Somalia su bambine di due – sei anni ed in Uganda su adolescenti), nell’erronea convinzione di preservarne la purezza. E’ considerato l’unico parametro per valutare la sua verginità, dato che l’imene non è immediatamente e facilmente visibile né tangibile, prima di consegnarla al marito, segnando il passaggio dall’infanzia alla pubertà, rectius è un rito di iniziazione all’età adulta con tutte le ovvie conseguenze.
 
 2 . BREVE STORIA, TIPI DI INFIBULAZIONE E SUA DIFFUSIONE GEOGRAFICA:
 
 In primis occorre evidenziare che questa pratica barbarica, anche se è, genericamente, identificata con la cultura islamica è presente anche nella religione, rectius, tradizione cristiana, animista, ebraica e politeista. In tutte si rileva un’antinomia di fondo : da un lato è favorita e dall’altro viene condannata come grave “peccato”.
 In realtà ha origini arcaiche, anteriori a quelle delle grandi religioni monoteiste e le prime testimonianze risalgono all’epoca faraonica, tanto è vero che sono state rinvenute mummie che l’avevano subita. Questa antica origine è testimoniata anche dal nome attribuito ad uno dei quattro tipi, individuati dall’OMS:
 
  1. Infibulazione o circoncisione faraonica o sudanese: asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale.
  2. Escissione od al uasat: asportazione del clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra.
  3. Circoncisione o infibulazione as sunnah: si limita alla scrittura della punta del clitoride con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche. Esiste anche un’altra varianteche prevede invece l’asportazione più o meno estesa del clitoride e talora delle piccole labbra, lasciando integre le grandi labbra (forse nell’intento di emulare la circoncisione maschile).
  4. Infine è indicata con questo termine anche una moltitudine di interventi di varia natura sui genitali femminili.
 
Un’altra falsa credenza da sfatare, come si diceva, è quella che sia appannaggio solo della religione islamica, in quanto a) è estranea, come sopra esplicato, alla religione, tant’è vero che non viene menzionata nel Corano, né in alcun altro testo religioso b)  non è tipica solo dei paesi musulmani e diffusa in tutto l’Islam. Infatti è diffusa in 40 paesi principalmente in tutta l’Africa sub-sahariana (da est ad ovest), in quella Occidentale, nel Corno d’Africa, Sudan, Niger, Mali, in alcuni paesi della penisola araba meridionale (v. Yemen), in minor misura nei paesi del sud-est asiatico (Malesia, Indonesia, India), in alcune zone dell’Australia, in Europa ed nel continente Nord Americano. In queste zone è stata introdotta dai flussi migratori, intensificatisi negli ultimi anni, dai citati paesi africani, ma anche da zone di guerra come il Pakistan e l’Afganistan.
 
3. ACCESO DIBATTITO “POLTICO” E RELIGIOSO SULLE ORIGINI DI QUESTA USANZA E POSSIBILI MOTIVAZIONI SULLA SUA ORIGINE. RUOLO DELLA DONNA IN QUESTE CIVILTÀ:
 
Il Corano, legge suprema, in quanto emanazione e tuttuno con l’entità divina, non la menziona.
Infatti, come detto, è menzionata solo in alcuni Hadith (Detti del Profeta) o dalle Sure (o capitoli del Corano). In un hadit Maometto dice ad un’operatrice che stava per praticare l’intervento ad una bambina: "taglia ma non distruggere"; in un altro egli definisce questa pratica una makruma, cioè un’azione nobile, dignitosa ed in una sura il Profeta fa riferimento alle “tagliatrici di clitoride”. Il dibattito, però, è ancora acceso e, secondo alcuni, non può essere disgiunto da quello politico.
Invero in questi paesi, soprattutto nell’islam sannita (90% dei musulmani), non esiste un’autorità giuridica disgiunta da quella religiosa e tutti gli aspetti della vita sono regolati dalla Sharia, id set dalla Legge divina, contenuta nelle Sacre scritture (Corano, Sunnah ed Igma), che non detta precetti certi e perentori, ma dà indicazioni di massima sul comportamento da tenere nelle varie situazioni. Nei casi più dubbi e problematici si può richiedere il parere (fatwa) dei Dottori della Legge, il quale non è vincolante e può essere contestato da altri saggi (Ulema, Muftì). Tutto ciò ha creato confusione e disomogeneità, in quanto le varie correnti concordano solo sul ruolo rivestito dalla donna nella società: un mero oggetto, un essere inferiore anche ad un animale privo di diritti e tutela (v. Frazer “Il ramo d’oro”), spesso considerato impuro (ad es. durante il ciclo mestruale) .
Nei paesi musulmani lo Stato coincide ed è regolato dalla Religione e questa polemica è stata fonte di conflitti politici tra le varie fazioni che difendevano questa pratica e quelle che la osteggiavano.
Infatti nella religione islamica sannita, relativamente alle mutilazioni femminili, esistono quattro scuole giuridiche di pensiero con argomentazioni molto simili (v. M. Pavone “Abolita l’infibulazione e la mutilazione genitale” ). Per la corrente hanaita e per quella malikita la pratica delle mutilazioni è lodevole, ma non obbligatoria, mentre per quella hambalita la circoncisione è solo raccomandabile per le donne; infine per la shafiita essa è obbligatoria. Leit-motiv di tutte queste fatwe, su cui si basano tutte le opinioni a fondamento delle citate polemiche tra fautori dell’infibulazione e contrari alla stessa, è la mancanza di un divieto esplicito alle mutilazioni genitali rituali e la sostanziale coincidenza delle motivazioni, seppur arrivando spesso a conclusioni differenti. Esse sono fondate su alcuni "valori" legati alla circoncisione ed alle caratteristiche storico geografiche di quei luoghi: pulizia ed igiene della donna, mantenimento della verginità, presupposto per il matrimonio e per avere un ruolo sociale (un’infibulazione non eseguita ad arte può essere causa legittimante il divorzio), limitazione dell’istinto sessuale femminile e similia. Persino in Egitto i giuristi (ex multis Sheikh Youssef Al Qarawi )lasciano la scelta sul sottoporre la donna a questa barbarie ai genitori: in pubblico viene osteggiata, ma in privato è caldeggiata, come è dimostrato dal vero e proprio lavaggio del cervello fatto alle donne che finiscono loro stesse per chiedere di essere infibulate, perché questa pratica non solo fa parte della tradizione locale, ma è considerata come veicolo privilegiato per diffondere i valori di cui sopra e come forma di integrazione nazionale. Una donna, seppur vergine, che non sia infibulata non troverà mai marito, unico modo per essere considerata ed avere un ruolo nella società, in quanto equiparata ad una prostituta, nella migliore delle ipotesi o, come dicono i Bambara, etnia del Mali, è una bikaloro, traducibile con nullità, persona priva di qualsiasi maturità.
E’ la società stessa, non solo le famiglie, a convincere le bambine a sottoporsi a questo rito e la pressione, anche psicologica, non solo etica, è tanto forte che anche quando si trasferiscono in paesi occidentali anelano a queste mutilazioni, perché in caso contrario si sentirebbero prive della loro identità anche di donna, salvo poi, in molti casi, pentirsene amaramente (Magdi Allam“Il dramma dell’infibulazione – In Italia il primato europeo di mutilazioni sessuali”, in La Repubblica 12/02/2000).
In ogni caso si potrebbe attribuire l’origine di questa pratica all’analfabetismo imperante in quelle zone che permette il diffondersi di false credenze,spesso pilotate ad hoc da pochi interessati e difficilmente permette il superamento degli arcaici retaggi dell’ancestrale religione: ad es. in alcune popolazioni vige la superstizione che l’infibulazione sia necessaria per tutelare l’incolumità delle donne, che svolgono prevalentemente, in molte zone, attività pastorizia, in quanto si crede che le bestie feroci le possano assalire attirate dall’odore dell’urina e del sangue mestruale stagnante.
Più probabilmente è un modo per sottomettere la donna all’uomo, padre prima, marito, poi, confermato dalla circostanza che sia diffusa principalmente nelle società patriarcali.
 
 4. COME SI SVOLGE LA MUTILAZIONE RITUALE E LE SUE CONSEGUENZE:
 
L’infibulazione è praticata, come detto, allo scopo, asseritamente, di preservare la purezza, in senso lato e l’integrità, anche morale della vittima, ma, in realtà, annienta la personalità della donna che la subisce, castrandone la sessualità e, in molti casi, ne causa la morte per setticemia o per l’AIDS.
E’ praticata da mammane, figure di incerta definizione: “streghe” o “sciamane” ed ostetriche/levatrici nel contempo.
La bambina (in alcuni luoghi anche neonate) viene immobilizzata su un tavolo, od altro ripiano duro, e, senza l’uso di anestetici, le viene praticata l’ablazione, parziale o totale, con coltelli, schegge di pietra od altri oggetti contundenti, non sempre adeguatamente sterilizzati e usati per una pluralità di vittime, mentre le mammane urlano frasi rituali apotropaiche e le danno consigli. In molte culture viene collocata una scheggia di legno nella vagina per facilitare la cauterizzazione delle ferite ed il passaggio dei liquidi fisiologi, la ferita è suturata, a seconda delle culture, con fili di seta o spine di acacia. Durante questo rito sotto la ragazza vengono arse delle erbe aromatiche e/o della lingua essiccata nell’erronea convinzione che ciò l’aiuti a far rimarginare le lesioni alla vulva; al termine della “cerimonia” alla vittima sono legate ed immobilizzate le gambe, anche per settimane e per 3-4 gg deve seguire solamente una dieta liquida (v. R.H. Dhuale "Circumcision and infibulation in Somalia", pp. 24 – 26). Anche nei paesi più civilizzati queste pratiche vengono eseguite clandestinamente o tra le mura domestiche dalle donne della famiglia dell’infibulanda o da medici compiacenti, non sempre in luoghi adeguatamente sterilizzati, sì da favorire ulteriormente la contrazione di infezioni anche violente.
Nella migliore delle ipotesi le donne riportano “solo” lesioni personali gravi, spesso  ritenzione urinaria, cistiti e talvolta infezioni gravi, malattie veneree, AIDS, raramente emorragie mortali. In tutti i casi è impossibile l’autoerotismo, sono dolorosissimi i rapporti sessuali e difficoltosi i parti.
La vittima deve sacrificare la sua integrità e la sua salute per salvaguardare l’onore ed il ruolo sociale della sua famiglia, nulla importa se i suoi diritti e la sua vita sono immolate per false e tendenziose usanze primordiali: la convincono anche che questi sacrifici sono necessari alla famiglia, alla nazione ed offerti a Dio.
Ancor più assurdi e barbari, per la nostra cultura occidentale, sono i riti della prima notte di nozze e del parto.
Non tutti hanno contezza che per permetterle di sposarsi e di avere rapporti sessuali le donne ( madre o sorella) della famiglia dello sposo ispezionano la nubenda per controllare che abbia subito un’infibulazione a regola d’arte, condicio sine qua non per la validità del matrimonio, come sopra ricordato. Consegnano allo sposo un pugnale rituale col quale allargherà l’orifizio lasciato dalla mutilazione (o più semplicemente riaprirà la ferita), attenuando la barriera che si è creata chirurgicamente, per permettergli l’amplesso. Altra cosa importante: solo all’uomo è riservato il privilegio di trarre piacere dai rapporti coniugali ( v. fonti citate e Pia Grassivaro Gallo "Figlie mutilate d’Africa", 1997; Sirad Salad Hassad "Sette gocce di sangue" e "La donna mutilata"; Marco Mazzetti "Senza le ali", Fondazione Cariplo.”).
Sempre queste parenti dello sposo devono ispezionare la moglie poche settimane dopo il matrimonio e, se necessario, allargare ulteriormente l’apertura vulvare. Questa prima parziale deinfibulazione, però, non è sufficiente a consentire il parto, sì che la donna deve subirne un’altra, salvo , poi, essere nuovamente infibulata dopo ogni parto.
Bisogna dire che questo tipo di cultura, come sopra evidenziato, è talmente radicato in questi popoli, che, spesso, rifiutano di integrarsi e recepire usi e costumi dei paesi ove sono emigrati, sopravvive anche tra le immigrate in occidente, sì che sono numerose quelle che la pretendono, per non sentirsi “diverse”, ergo emarginate, anche nei paesi ove si sono trasferite. Alcune le praticano sulle proprie figlie per preservarle dagli spiriti maligni, a dimostrazione di quanto queste superstizioni ancestrali siano insite nella loro cultura sino a fondersi con le persone stesse.
 
  5. TUTELA LEGISLATIVA E GIURISPRUDENZIALE:
 
Per economia narrativa non elencherò tutte le leggi emesse nei vari stati, rinviando l’approfondimento alle fonti citate in questo brano.
Si ricordi che sin dal 1921, nei territori del Corno d’ Africa e di quella subsahariana sottoposti al dominio inglese si istituirono scuole di levatrici professioniste (la prima in Sudan fondata dalle sorelle Wolf)  per limitare i rischi mortali e per tutelare la salute delle donne e nel 1943, nel Sudan, fu istituito dal Governatorato generale inglese un Comitato medico per studiare il problema della circoncisione femminile, approfondimento che si concretizzò in un opuscolo pubblicato in lingua araba ed in inglese, nel quale si affermava che la circoncisione "faraonica" era molto dannosa e che doveva essere abolita. Nel 1946, a seguito di due fatwe, fu abolita per legge, così come in Egitto, anche se contemporaneamente si ebbe un forte aumento delle mutilazioni clandestine: le levatrici erano arrestate e condannate ad una multa. Il loro arresto si accompagnava a tumulti, sì che un giudice, in una storica sentenza del 1930, affermò che non si potevano debellare queste pratiche arcaiche senza educare la popolazione di ambo i sessi. A tal fine, sempre in Sudan, nel 1980 fu istituito un “Comitato per l’educazione delle pratiche tradizionali della mutilazione genitale femminile” che svolge una funzione divulgativa ed informativa per debellarla, anche se non sempre riesce nei propri intenti. Organismi analoghi nacquero anche in altri paesi (v. Comitato delle donne keniote, paese ove il padre della patria considerava l’infibulazione una pratica culturale importante. In altre nazioni è stata abolita solo di recente (Burkina Faso nel 1985, in Eritrea con una legge del 31/03/2007, che comminava sanzioni variabili da una semplice multa al carcere, proporzionate alla gravità delle mutilazioni).
In Egitto le prime limitazioni a questa pratica sono contenute nel Decreto n. 74 del 1959, emesso dal Ministero della sanità, ribadito, dopo un aspro dibattito interno nel 1994, quando, però, un nuovo decreto la reintroduceva parzialmente, consentendone la pratica solo nelle cliniche, poiché ci si era resi conto che le condizioni della donna non sarebbero migliorate con la sua abolizione, permanendo la sottomissione psico-morale. Solo col Decreto n. 261/96 del medesimo ministero è stata dichiarata illegale e proibita, divieto ribadito dalla sentenza della Suprema corte di Cassazione amministrativa egiziana del 28/12/97.
In campo internazionale si ricordino la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, la Dichiarazione ed il Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne.
In Italia è stata introdotta una prima vera legge, la c.d Legge Consolo (n. 07/06) che riconosce questa pratica e ne dichiara l’illegalità, sanzionando con pene severe tra i 4 ed i 12 anni di carcere chiunque infligga una mutilazione genitale femminile in assenza di scopi e ragioni terapeutiche, introducendo il reato di cui all’art. 583 bis cp.
Per molti affrontare questo argomento è ancora un tabù a dimostrazione di quanto questa tradizione barbarica sia, in definitiva, poco conosciuta e come difficilmente venga affrontata questa problematica nei tribunali di tutto il mondo, anche per il pudore e la vergogna delle donne sottoposte a questo rito a rendere pubblica la violenza subita. Si pensi che la co-autrice del film-documentario di Theo Van Gogh “Submission” sulla condizione delle donne nell’islam, anche per aver affermato di esser la prima donna infibulata della sua famiglia ad avere contezza dei sui diritti ed a denunciare la soggezione psicologica cui sono sottoposte le donne nei paesi islamici, è stata colpita da una fatwa ( condanna a morte) e deve vivere sotto protezione.
Le sentenze su questo argomento sono scarse: in Italia l’unica di una certa importanza è quella emessa dal Trib. Mi sez. IV pen. del 25/11/99, sotto alcuni aspetti antesignana della Legge Consolo; anche all’estero sono rare. Si ricordi quella emessa dal “Tribunale amministrativo di Oldenburg (nordovest della Germania), che ha accolto il ricorso di una giovane di ventitrè anni scappata dal Togo proprio per la minaccia di subire mutilazioni. I giudici tedeschi hanno ritenuto che le mutilazioni genitali siano una forma di persecuzione paragonabile alla tortura; in realtà le mutilazioni sono in Togo vietate per legge dal 1998, ma la legge stessa viene solo raramente applicata” (www.meltingpot.org del 28/05/04). Infine un’altra storica condanna di questa pratica è contenuta in una pronuncia di un tribunale svizzero (www.lapagina.ch).
 
 
 6. RIFLESSIONI CONCLUSIVE:
 
Per concludere questo lungo excursus sull’infibulazione, si evidenzi come questa prassi si fondi su convinzioni primordiali, quasi impossibili da debellare e che, per contrastare questo fenomeno gioverebbe che le persone coinvolte (vittime ed esecutori) avessero una migliore concezione di se stesse e  un maggiore rispetto dei diritti propri ed altrui.
In primis dovrà essere fatta una campagna contro l’analfabetismo, una delle prime cause del radicarsi di queste credenze, e si dovrà diffondere, con molto coraggio e lungimiranza, una cultura dell’uguaglianza tra uomo e donna o, per lo meno, dividere o rivedere alcune pratiche sociali ancora troppo legate a questi riti arcaici.
Solo dall’alfabetizzazione e dall’educazione culturale, oltre da un’estirpazione di falsi miti, ma soprattutto dalla consapevolezza dell’uguaglianza dei sessi si potrà sperare in un effettivo miglioramento della situazione. Le immigrate dovrebbero essere più aperte alle usanze dei paesi in cui si sono trasferite, senza temere con ciò di dover rinunciare alla loro identità nazionale e religiosa.
 
 
Giulia Milizia.
Avvertenze legali

Dott.ssa Milizia Giulia

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