Incompatibilità tra il commissario ed il lavoratore dell’operatore economico

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    Indice

  1. Il tema
  2. La pronuncia

1. Il tema

La sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 08.07.2022 n. 5692 approfondisce il tema dell’incompatibilità del Commissario di Gara.

Nel contenzioso originale, in particolare, il ricorrente impugnava la sentenza di primo grado del TAR Valle D’Aosta (inter alia, per errata valutazione del costo della manodopera) al Consiglio di Stato per la mancata presa in considerazione, da parte del TAR competente, dell’evidente conflitto di interessi – e del conseguente mancato dovere di astensione – che intercorreva tra il concorrente (poi risultato primo in graduatoria) ed il Presidente della Commissione Giudicatrice. La sussistenza della causa di incompatibilità si faceva discendere dal coinvolgimento nel team proposto dal Concorrente di un lavoratore in relazione di parentela con il Presidente della Commissione.

L’impianto normativo in materia di incompatibilità ed inconferibilità dei commissari è piuttosto articolato e ricco di rimandi. L’art. 77 del Codice ripercorre le casistiche contemplate anche mediante il rimando ad altre norme; nello specifico il co. 6 dispone che: “Si applicano ai commissari e ai segretari delle commissioni l’articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’articolo 51 del codice di procedura civile, nonché l’articolo 42 del presente codice. Sono altresì esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi.”

Se l’art. 51 del Codice di Procedura Civile disciplina l’astensione del giudice,  che si coniuga solo in parte alla fattispecie del conflitto di interessi del Commissario di gara, e nello specifico nella parte nella quale prevede la sussistenza del conflitto di interesse per “gravi ragioni di convenienza”, l’art. 42 del Codice dei contratti pubblici dà un’idea molto più precisa dei contorni del conflitto di interesse, dalla quale deriva incompatibilità della carica, dove dispone che  “Si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62.

È di interesse trascrivere l’ultima disposizione richiamata in quanto completa il quadro normativo, prescrivendo che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza


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2. La Pronuncia

Dalla lettura dell’impianto normativo viene in evidenza che, elemento centrale della sussistenza dell’incompatibilità, deve essere la presenza di un interesse (finanziario, economico, o di altra natura).

In assenza di tale elemento fondante, non potrebbe darsi situazione di incompatibilità: l’interesse, evidentemente, non potrebbe neanche essere soltanto “teorico” o “supposto” ma dovrebbe essere “concreto” e, quanto meno, dimostrato nella sua consistenza pratica.

Ebbene, la sentenza ripercorre questo iter logico precisando che la preesistenza della parentela non è un dato rilevante se non associato ad un potenziale interesse del parente collegabile al concorrente. Né tale interesse potrebbe considerarsi sempre e comunque insito nell’esistenza di un rapporto di lavoro, quasi che qualsiasi dipendente di qualsiasi impresa, anche multinazionale e con moltissimi dipendenti, debba intendersi interessato a qualsiasi gara cui partecipi il datore di lavoro. Si trasformerebbe, detta altrimenti, l’interesse ad un mero interesse al puro credito “stipendiale”, operando una significativa distorsione del senso della norma.

Il giudice sottolinea, tra l’altro, che resta del tutto indimostrato che il Presidente della Commissione conoscesse, ex ante, la partecipazione nel team di lavoro offerto dal Concorrente della figura del proprio parente.

Non esiste, infatti, una diretta correlazione tra lo status di parente di un Commissario ed il dovere di astensione da parte di quest’ultimo: detta altrimenti, deve sussistere l’elemento fondante dell’incompatibilità, e cioè l’interesse. E l’interesse del concorrente non può dirsi certamente corrispondente all’interesse del singolo lavoratore coinvolto.

Infatti, il giudice evidenzia che “deve escludersi che l’attività di commissario sia suscettibile di incidere – finché non emerga un più diretto coinvolgimento del dipendente o del suo parente nella vicenda amministrativa in ordine alla quale il primo debba adottare una decisione, quale nella fattispecie in esame si è avuto con la scoperta dell’inserimento del parente della dott.ssa -OMISSIS- nel team destinato dalla -OMISSIS- all’esecuzione del servizio de quo – su un interesse proprio del medesimo ovvero di un suo parente che lavori alle dipendenze di un potenziale concorrente

E, tra l’altro, neanche può identificarsi l’interesse del singolo lavoratore in quello dell’impresa all’acquisizione alla commessa, essendo due interessi del tutto svincolati: a comprova dell’alterità dei soggetti viene appunto firmato un contratto di lavoro. Diverso sarebbe stato il caso in cui il lavoratore proposto avesse ricoperto incarichi direttivi o gestionali di management nell’impresa stessa.

A maggior ragione laddove, come nel caso di cui si discute, l’impresa è una multinazionale con diverse filiali e svariate migliaia di dipendenti. Infatti la stessa impresa “interpone uno schermo tra gli interessi del dipendente e quello pubblico che deve essere perseguito dal pubblico funzionario, pur chiamato ad assumere decisioni e/o ad esprimere valutazioni incidenti sugli interessi facenti capo alla prima, con la conseguente non predicabilità, agli effetti applicativi delle norme in tema di incompatibilità e dovere di astensione del pubblico dipendente, di una incidenza diretta dell’attività di quest’ultimo sugli interessi personali dei suoi lavoratori

Completa il quadro la considerazione che l’intensità che deve caratterizzare il rapporto di cointeressenza tra il dipendente ed il terzo è rimarcata dalla qualificazione di “gravità” delle ragioni di convenienza generatrici del dovere di astensione, prevista dalle disposizioni citate (in particolare dall’art. 51 c.p.c.)

La gravità di configurerebbe laddove il rapporto di immedesimazione tra il lavoratore e l’impresa fosse molto stretto, in termini di interessi coinvolti.

Tutto ciò a dimostrazione della inidoneità del rapporto di parentela di un Commissario con un semplice dipendente, in mancanza di ulteriori e qualificati elementi, a generare, in via automatica e incondizionata, il predicato dovere di astensione.

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Sentenza collegata

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Pietro Pallesca

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