Incentivi economici nel settore pubblico. Hanno tutti ragione?

Redazione 08/01/19
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a cura di Renato Ruffini

Il tema degli incentivi economici nel settore pubblico è un tema dove la diversità dei punti di vista risalta facilmente e talora esplode in modo incontrollato. Infatti non è solo un tema difficile da affrontare dal punto di vista tecnico, ma è anche delicato perché a volte può toccare aspetti etici e simbolici del lavoro e i valori stessi su cui le persone basano i propri comportamenti. Insomma, da maneggiare con cura.

Sono convinto che nelle organizzazioni valga la regola della poetica Manzoniana per la quale bisogna sapere riconoscere i diversi punti di vista e saperli ricomporre ad unità. Anche don Abbondio, in fondo, aveva un suo ruolo e le sue ragioni. Alla fine hanno un po’ tutti ragione, nel senso delle loro ragioni.

Certo però che quando si inseguono logiche irrazionali magari in modo collettivo, incapaci di distinguere tra fatti e pregiudizi, quando si inseguono untori, allora, sempre per stare con la metafora manzoniana, si rischia di ergere una colonna infame.

Gli incentivi economici

Il tema degli incentivi economici nel settore pubblico è un tema dove la diversità dei punti di vista risalta facilmente e talora esplode in modo incontrollato. Esso infatti non è solo un tema difficile da affrontare dal punto di vista tecnico, ma è anche delicato perché a volte può toccare aspetti etici e simbolici del lavoro e i valori stessi su cui le persone basano i propri comportamenti. Insomma, da maneggiare con cura.

Chi lavora nel pubblico impiego sa bene la delicatezza del tema, e recentemente si è creato un caso che merita di essere discusso. L’Inps ha inserito nel suo piano della performance degli obiettivi con i relativi indicatori un obiettivo di performance collettiva connesso alla razionalizzazione della spesa nell’ambito della “revoca delle prestazioni di invalidità”.
Quest’obiettivo ha creato una significativa levata di scudi e molte testate giornalistiche e siti on line hanno gridato allo scandalo.

Ecco i toni della polemica

L’Associazione nazionale medici Inps, ha scritto un comunicato nel quale si legge “contesta questi obiettivi in quanto ritiene che alcuni siano incompatibili con le norme deontologiche (revoca di prestazioni di invalidità civile) e altri non ricompresi nell’ambito delle attività svolte dal medico dipendente (VMC annullamento delle prestazioni dirette di malattia) o correlati all’occorrenza di eventi traumatici che prescindono del tutto dall’impegno professionale del medico INPS (surroghe)”.

L’avvocato milanese Nico Cerana – esperto in materia INPS – afferma che “Quanto disposto dall’Istituto potrebbe addirittura rappresentare un’istigazione verso i medici a commettere un illecito, inquadrabile nel reato di falso ideologico. È incontrovertibile che con queste condizioni, il cittadino sottoposto a visita avrà sempre il dubbio che la sua condizione non sia valutata per quello che realmente presenta, soprattutto alla luce dei numeri che parlano da soli“. Infatti già nel 2016 (prima quindi di questi nuovi obiettivi) Inps avrebbe distribuito come bonus nel raggiungimento degli obiettivi ai propri medici strutturati 20.139.098,74 euro pari a un importo medio pagato al singolo medico di 38.879,40 euro/anno, un secondo stipendio in sostanza.

Il presidente dell’ordine dei medici ha affermato da parte sua che “Non siamo i medici dello Stato ma del cittadino. Questo incentivo, se confermato, è un’aberrazione per la professione medica e segna il tradimento di principi costituzionali. Chiunque debba valutare, sappia che siamo contrari”.
Queste le affermazioni che giravano su una testata giornalistica e rimbalzate su varie altre testate on line.
Ad esse ovviamente si sono aggiunte centinaia di post e lettere nelle quali in molti casi si parlava di dignità del lavoro dei medici.

La polemica innescata ha costretto l’Inps ad intervenire prima con una lettera istituzionale di precisazioni a cui la testata che aveva “denunciato lo scandalo” ha risposto come sempre fanno i giornali: ribadendo l’opinione e rincarando la dose, ligi al detto che una precisazione (come la smentita) è una notizia data due volte: “Ringraziamo l’ente per la precisazione che non smentisce nulla di quanto scritto. La scelta di premiare i medici che tagliano le prestazioni è stata prontamente condannata dall’Ordine dei Medici e da diverse associazioni di invalidi che l’hanno bollata come “dirompente” e “inaccettabile”. Poco conta, allora, se al fondo ha ragioni economiche, organizzative o di altro genere, neppure che il quantum dell’incentivo promesso sarà modesto o come venga distribuito tra i medici: il punto è che il medico non può essere premiato per i “risparmi” che fa conseguire all’ente, meno che mai sulla pelle dei cittadini.”

Ad un certo punto è dovuto intervenire il presidente prof. Boeri con una lettera indirizzata agli utenti Inps (cioè tutti i cittadini), ecco alcuni passi salienti del testo: “La polemica alimentata da alcune testate – scrive Boeri –, che non hanno esitato ad offendere la professionalità dei nostri medici, trae spunto dalla scelta dell’Inps di estendere loro l’obiettivo, sin qui stabilito per i soli dirigenti, di contribuire alla riduzione del debito pubblico (mediante la riduzione di spese per prestazioni indebite e l’abbattimento dell’evasione contributiva). In passato questi obiettivi erano stabiliti per i soli dirigenti che poi se ne facevano interpreti presso il personale e i professionisti, tra i quali i medici dell’Istituto. Una sentenza del Consiglio di Stato, che ha riaffermato l’autonomia organizzativa dei professionisti, ci ha di fatto imposto di fissare obiettivi specifici per i medici. Si sono così definiti molteplici indicatori che valutano la loro attività in base ai servizi forniti all’utenza (giudizi medico legali definitivi rilasciati entro 60 gg dal ricevimento del verbale provvisorio da parte delle ASL ed entro 30 giorni per le patologie oncologiche, esclusione dalle visite mediche di verifica per i portatori di patologie croniche gravi e stabilizzate, espletamento entro il giorno successivo delle visite mediche ambulatoriali dei lavoratori in malattia risultati assenti alla visita medica di controllo domiciliare il giorno precedente, tempestività delle segnalazioni di possibile responsabilità di terzi in caso di malattia e invalidità, ecc.) oltre che un indicatore legato al contributo alla riduzione del debito pubblico in termini di “Revoche Prestazioni invalidità civile”, “Visite mediche di controllo” e “Azioni Surrogatorie””.

“Questo indicatore – spiega – incide su meno del 2% della retribuzione dei medici ed è valutato a livello regionale. Ciò significa che concorrono al risultato tutti i medici della regione rendendo impossibile per un singolo professionista incidere col proprio comportamento sul risultato e, dunque, sulla sua retribuzione attesa”.
“L’inclusione tra gli obiettivi delle revoche – sottolinea il presidente Inps – può aver dato luogo ad equivoci e alimentato timori sull’imposizione per via amministrativa di criteri più restrittivi nell’accesso alle prestazioni socio-assistenziali dell’Istituto. Ma attenzione: le revoche di prestazioni di invalidità civile non sono legate alla fase di accertamento degli stati invalidanti, bensì ai casi in cui precedenti commissioni mediche ASL avessero riconosciuto il diritto “a termine”, vale a dire prevedendo la necessità di riconvocare il malato ad una seconda visita di verifica per un possibile miglioramento della condizione di salute. È proprio questo l’obiettivo di questo indicatore: vuole essere una leva gestionale per migliorare l’efficienza delle attività di revisione delle prestazioni legate all’invalidità civile, attraverso una migliore programmazione delle visite di verifica della persistenza a degli stati invalidanti. Lo scopo è quello di effettuarle prima della scadenza della prestazione al fine di evitare l’eventuale pagamento di mensilità indebite. Si è infatti notato che il numero di revoche in una data regione corrisponda ad una maggiore efficienza nella calendarizzazione delle visite, piuttosto che agli esiti delle stesse”.

“In conclusione – rimarca Boeri – l’Inps è dalla vostra parte nel fornirvi servizi il più possibile adeguati nell’applicazione della normativa vigente e nell’utilizzare nel modo più efficace possibile le risorse disponibili. I medici, come gli altri professionisti dell’Istituto, sono chiamati a contribuire a un uso efficiente di queste risorse mediante una sempre migliore programmazione delle visite”.

La lettera si conclude dicendo che “A fine anno, faremo una valutazione dell’efficacia di tutti gli indicatori presenti nel piano della performance. Tra questi anche quello che, a seguito di letture affrettate offerte a mezzo stampa, ha allarmato alcuni di voi. Vi posso anticipare sin d’ora che, da inizio anno, quando è stato introdotto tale indicatore, non c’è stato alcun aumento delle revoche delle prestazioni. Al contrario, la percentuale di revoche nei primi sette mesi del 2018 si è ridotta dell’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente mentre è aumentata quella di riscontrati peggioramenti dello stato di salute che danno luogo ad aumenti dei benefici”.

Questi gli atti. Da essi, ognuno si può fare, manzonianamente, una propria opinione. Tuttavia al di là delle ragioni e dei torti e scremata la questione dalle polemiche portate avanti da soggetti forse un po’ interessarti (vuoi ad avere più lettori, vuoi ad avere più cause e più clienti, vuoi ad avere più iscritti alla propria associazione…”) sui quali quindi si può nutrire qualche dubbio se non sull’onestà intellettuale quanto meno sull’assenza di pregiudizi, il tema degli incentivi alle professioni ed ai pubblici dipendenti è comunque interessante e vale la pena di ragionarci su.

In primo luogo l’ente

Chi gestisce un ente, soprattutto della rilevanza e delle dimensioni dell’Inps, non può non porsi il problema di come sono utilizzate le risorse economiche. Nel settore pubblico infatti “risparmiare” significa dare più servizi in modo più corretto.

L’incentivo economico deve orientare i comportamenti delle persone, ovviamene senza costringerli a fare attività contro la loro volontà o considerate non corrette sotto il profilo tecnico e giuridico. In questo caso l’incentivo aveva valenza “collettiva” non individuale, poiché l’indicatore non era riferito a singole prestazioni ad una performance di tipo organizzativo. Inoltre l’incentivo non incideva sull’atto medico ma sulle modalità di organizzazione del lavoro.

La logica degli incentivi deve (per legge ma anche appunto per logica) riguardare tutti. In altri termini, nessuno può nascondersi dietro l’autonomia professionale operando in modo disallineato con la missione aziendale. Ciò che è e deve essere libero è l’atto professionale e non le regole di funzionamento organizzativo alle quali il professionista dipendente deve inevitabilmente attenersi. Più in generale non si ha la possibilità di erogare retribuzioni variabile se non ci sono obiettivi a monte.

Il sistema di performance è utilizzato in chiave dinamica ed orientato all’outcome/output. Ciò si evince laddove si dice che si farà una verifica dell’efficacia degli indicatori, in questo caso non l’aumento delle revoche ma la loro corretta gestione, il che peraltro credo significhi che le revoche possono diminuire e al tempo stesso aumentare i risparmi laddove l’attività venga eseguita correttamente.

Il livello economico dell’incentivo specifico era di bassa entità, ciò è corretto poiché riguarda un obiettivo solo parzialmente di responsabilità di un singolo soggetto (poiché orientato all’outcome) ed inserito nell’ambito di una più ampia batteria di obiettivi.
A queste osservazioni potrebbero aggiungersene altre, che lascio al lettore. Per certo le ragioni dell’Inps sono sostanzialmente corrette e coerenti con principi di buona amministrazione e rispetto degli attuali istituti normativi in materia.

Le ragioni di chi protesta.
In questo caso tutte le osservazioni fatte nei giornali, come dicevo, sono state svolte da soggetti esterni all’Inps interessati a polemizzare e utilizzano motivazioni che lasciano il tempo che trovano, spesso risibili. Dire che ci siano illeciti penali è ovviamente un’affermazione quantomeno degna di Azzeccagarbugli. Dire che il medico Inps non lavora per lo Stato o che si violi la Costituzione sono affermazioni altrettanto contrarie alla realtà, anche se molto affascinanti. Ma questo linguaggio non aiuta alla comprensione di nulla e non può essere considerato.

Tolti tutti i ragionamenti inconsistenti resta tuttavia un elemento di sostanza: l’idea che alcuni medici si sentano “costretti” e “offesi” dal fatto di essere pagati per fare qualcosa che non condividono. Chi esprime un proprio sentimento, è insindacabile, poiché manifesta una sua ragione che merita di essere rispettata al pari di tutte le altre. Quindi ha in qualche modo ragione. È una “ragione” diversa da quella dell’organizzazione. L’organizzazione infatti segue una ragione di tipo economico con una logica razionale, calcolante e forse un po’ “fredda”. Le persone che lavorano dentro la pancia della balena invece in molti casi (non tutti naturalmente) ragionano in modo “irrazionale”, con sentimento e basandosi sulle relazionalità piuttosto che con la razionalità. Vogliono stare e sentirsi bene e non solo avere soldi.

Gli incentivi economici sono la massima espressione della logica razionale economica e tendono spesso a scontrarsi con la logica con cui gli “umani” pensano e si comportano quotidianamente. Ecco così che gli incentivi espliciti invece di motivare possono facilmente demotivare, poiché abbassano la motivazione intrinseca, quella che viene da dentro, che può essere annichilita da costrizioni morali e materiali. Inoltre gli incentivi economici, strumento spesso molto efficace, possono anche spiazzare aspetti etici del lavoro. Qual è la missione fondamentale di un medico che lavora all’Inps? Se pago per qualcosa di diverso rispetto alla missione allora ci può essere confusione etica nei ruoli con relativi problemi organizzativi. Come disse Derrek Lewis, Direttore Prison service in UK nel 1995 “L’ethos del servizio pubblico è a rischio perché molti impiegati pubblici sentono di non essere valutati per quello che dovrebbe essere…”.

L’incentivo economico è uno strumento potente e delicato. Va maneggiato con cura e delicatezza. E invece nelle politiche generali del sistema pubblico italiano e nelle norme si tende ad utilizzarlo come una clava, anche perché le norme non danno molti altri strumenti di gestione del personale ai quali affiancare quello della retribuzione variabile di merito.

Inoltre chi gestisce, preso da mille impegni e mille obblighi, spesso sottovaluta gli aspetti relazionali che dovrebbero svilupparsi nell’organizzazione. Protestare per forme di incentivo ed obiettivi significa avere dato una lettura del fenomeno disallineata rispetto a quella dell’organizzazione. Il riallineamento implica confronto e partecipazione, implica lo sviluppo di forti relazioni interpersonali e organizzative.

Banalmente quando si gestisce il personale nelle organizzazioni occorre utilizzare non solo la ragione ma anche (almeno un po’) il sentimento, perché purtroppo, se non si è equilibrati su questi aspetti la provvidenza non aiuta (sempre per riferirci a Manzoni).
(continua a leggere…)

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