Incapacità genitoriale: decisivo lo stato di abbandono che legittima l’ingerenza dello Stato

Alesso Ileana 11/04/18
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Cassazione, Sezione I  civile, sentenza 14.2.2018, n. 3594

Nel 2016 due genitori biologici di una bimba, loro tolta per inadeguatezza genitoriale e poi inserita in una nuova famiglia, chiedono alla Corte di Cassazione la revoca della sentenza della stessa Cassazione che anni prima aveva confermato la sentenza di dichiarazione di adottabilità della bimba,  a suo tempo pronunciata dalla Corte di Appello di Torino.
La richiesta alla Cassazione viene fondata sul fatto che la bimba era stata loro tolta ad un mese dalla nascita solo, a loro avviso, sulla base della età loro avanzata, lui 69 e lei 59 anni e su un presunto episodio, rivelatosi falso, di abbandono della piccola.
La Cassazione accoglie la richiesta di riesame e rinvia alla Corte di Appello di Torino affinchè proceda in tal senso con altri magistrati, perizie e accertamenti, evidenziando che la dichiarazione di abbandono, e la conseguente adottabilità, costituisce una ingerenza particolarmente incisiva del diritto alla via familiare. Essa infatti si giustifica solo se fondata su una esigenza primaria, quale il superiore interesse del minore, utilizzando mezzi proporzionali a tale fine  in conformità ai principi richiamati dalla Corte europea dei diritti umani.
La questione torna alla Corte di appello di Torino che a conclusione della nuova valutazione rileva che:
-prima di divenire genitori biologici della piccola gli stessi avevano fatto domanda di adozione internazionale ma erano stati ritenuti non idonei;
-fin dalla nascita la relazione genitoriale presentava difficoltà, ma la madre anche dopo il parto aveva rifiutato ogni aiuto, come già aveva rifiutato i necessari sostegni alla genitorialità prima della nascita della piccola. I servizi territoriali segnalavano che la madre non concepiva “un immaginario materno che comprendesse un impegno di accudimento oltre che pratico, anche emotivo-affettivo”;
-a tutela della minore, su iniziativa del pubblico ministero, si apriva quindi una procedura che ne determinava l’allontanamento dalla casa dei genitori i quali la potevano incontrare con regolarità soltanto con modalità protette; nel frattempo la piccola veniva affidata ad un’altra famiglia.
-i genitori si rivolgevano quindi al Tribunale e poi alla Corte d’Appello che dava loro torto poichè le diverse consulenze tecniche fatte erano giunte alla medesima conclusione sulla loro incapacità genitoriale non dovuta né a patologie psichiatriche né a disagio socio economico. In particolare, le consulenze tecniche evidenziavano che:
-il padre dimostrava di non rendersi conto delle esigenze, anche pratiche di una bambina in tenera età e dimostrava invece di essere del tutto dipendente dalla moglie;
-la madre mostrava un controllo rigido delle proprie emozioni nonchè un sistema difensivo fortissimo che negava ogni problema e comportava mancanza di consapevolezza riguardo alle difficoltà costantemente dimostrate nel prendersi concretamente cura della figlia. Persino i consulenti nominati dai genitori biologici riconoscevano in lei disturbi della personalità di tipo narcisistico ed istrionico;
– la bimba manifestava crisi di angoscia prima e dopo gli incontri con i genitori.
La Corte di Appello rilevava inoltre che l’episodio di abbandono, rivelatosi falso in sede penale, era stato valutato solo come segnale di una complessiva mancata consapevolezza delle esigenze della minore e che l’età dei genitori non costituiva alcun pregiudizio ma era un elemento oggettivo da tenere in considerazione insieme ad altri.
A conclusione del nuovo esame la Corte di Appello riscontrava che:
1) gli esperti avevano osservato che recidere il legame con i genitori adottivi sarebbe stato un trauma dalle conseguenze inimmaginabili per la minore;
2) i genitori biologici per ribaltare le previsioni degli esperti, avrebbero dovuto dimostrare di avere risorse emotive ed affettive straordinarie, tali da garantire il sereno sviluppo psicofisico della bimba;
3) il miglior interesse per il minore, nonché la salvaguardia della vita familiare in coerenza con la giurisprudenza dell’unione europea, coincideva nella conservazione della situazione stabile e positiva di cui la bimba godeva nella famiglia adottiva;
4) l’ingerenza dello Stato ai fini dell’attuazione del diritto alla vita familiare, era largamente giustificata anche sotto il profilo della proporzionalità del mezzo usato rispetto allo scopo perseguito. La valutazione d’inidoneità genitoriale e la previsione di non recuperabilità in relazione ai tempi e alle esigenze della minore già formulate risultavano fondate su numerosi ed univoci accertamenti;
5) l’esito del riesame non aveva alla base l’interesse della minore ad avere una famiglia migliore, ma quello a vedersi assicurata una crescita sana ed un’assistenza adeguata, oltre che una stabilità affettiva;
6) lo stato di abbandono era fondato su gravi carenze genitoriali neppure rimediabili, a parere degli esperti, in tempi compatibili con la crescita della minore.
Contro la pronuncia della Corte di Appello di Torino i genitori si sono nuovamente rivolti alla  Cassazione che però ha respinto il ricorso confermando il rigore metodologico e l’esito degli accertamenti compiuti dalla  Corte di Torino.

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