In materia di restituzione in termini, quando è configurabile la forza maggiore

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Normativa di riferimento: C.p.p. art. 175)

Il fatto

Il Tribunale di Velletri rigettava l’istanza di restituzione nel termine volta ad avanzare la richiesta di definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato presentata in data 27 febbraio 2010 dallo stesso difensore di fiducia, nel corso dell’udienza di trattazione del processo a suo carico, in via di celebrazione nelle forme del giudizio immediato.

In particolare, con questo provvedimento, il giudice assumeva come non sussistesse impedimento assoluto dell’imputato, determinato da forza maggiore dell’imputato, a presentare l’istanza di ammissione al giudizio abbreviato entro il termine previsto dall’art. 458, comma 1, cod. proc. pen. – scadente nel caso concreto il 24 dicembre 2017 – posto che era da escludersi che, entro tale termine, il C. fosse rimasto privo di difesa tecnica emergendo dagli atti che la richiesta di sostituzione del difensore di ufficio, nominatogli ai sensi dell’art. 97, comma 1, cod. proc. pen. a seguito di rinuncia del difensore di fiducia, non era stata accolta, di modo che il questi avrebbe dovuto provvedere nel termine a depositare per conto dell’imputato la richiesta ex art. 458, comma 1, cod. proc. pen. essendo stato avvertito di tale volontà del patrocinato.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questo provvedimento, veniva proposto ricorso per Cassazione deducendosi i seguenti motivi: a) violazione degli artt. 175, commi 1 e 4, cod. proc. pen., 178 lett. c) e 179 cod. proc. pen. eccependosi la nullità assoluta inficiante l’ordinanza impugnata perché pronunciata inaudita altera parte, ancorchè fosse in corso un procedimento principale che si stava svolgendo in contraddittorio delle parti, di modo che il procedimento incidentale relativo alla restituzione nel termine avrebbe dovuto mutuare le forme del procedimento principale; b) vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 175, commi 1 e 4, e 178, c. 1, lett. c), cod. proc. pen., e vizio di motivazione dovendosi riconoscere la sostanziale assenza di difesa tecnica dell’imputato, nell’arco temporale stabilito per proporre l’istanza di ammissione al giudizio abbreviato, attesa l’inerzia tenuta dal difensore di ufficio, e non potendosi porre a carico dell’imputato, vieppiù perché detenuto, l’onere di nominare un difensore di fiducia, tantopiù che egli non poteva prevedere che il difensore di ufficio venisse meno agli obblighi impostigli dal patrocinio del quale era stato investito.

La richiesta del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione

A sua volta, con requisitoria depositata in data 17 novembre 2018, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione rassegnava le proprie conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso, vuoi per l’infondatezza delle doglianze articolate, vuoi perché l’istanza di rimessione in termini era stata comunque depositata tardivamente, avuto riguardo alla data di nomina del difensore di fiducia.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva dichiarato inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto, in punto di rito, come la dedotta nullità dell’ordinanza impugnata, derivante dalla violazione del diritto d’intervento dell’imputato e del suo difensore, fosse manifestamente infondata posto che è jus receptum che, nel procedimento per la restituzione in termini, sulla relativa istanza, il giudice competente provvede “de plano” a meno che non sia in corso un procedimento principale con rito camerale atteso che nel qual caso sulla predetta istanza decide nelle medesime forme: tanto perché la procedura “de plano” si giustifica per la mancanza di un espresso richiamo nell’art. 175, comma 4, cod. proc. pen. alle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, omissis, Rv. 233418; Sez. 4, n. 4660 del 16/01/2015, omissis, Rv. 262035; Sez. 1, n. 317 del 17/12/2014 – dep. 08/01/2015, omissis, Rv. 261707; Sez. 6, 18240 del 16/04/2013, omissis, Rv. 255139).

Si faceva presente, inoltre, che, nel vigente ordinamento processuale, vige l’equiparazione della difesa d’ufficio a quella di fiducia con la conseguenza che, siccome desumibile dal combinato disposto dei commi 1 e 5 dell’art. 97 cod.  proc. pen., il difensore di ufficio è obbligato all’esercizio dei doveri inerenti al patrocinio del quale è stato investito fino all’eventuale dispensa dall’incarico o alla nomina di un difensore di fiducia (Sez. 5, n. 5816 del 10/10/2017 – dep. 07/02/2018, omissis, Rv. 272438) e che il patrocinato è tenuto a vigilare sull’operato del difensore da lui nominato o nominatogli; tal che, in ragione di tale principio, risultava, ad avviso degli ermellini, palese l’infondatezza delle tesi sostenute dal ricorrente per inficiare l’argomentazione posta dal giudice censurato a corredo del diniego di accoglimento dell’istanza di restituzione nel termine per proporre la richiesta di ammissione al giudizio abbreviato atteso che doveva escludersi che il ricorrente fosse privo di difesa tecnica posto che dagli atti risultava che l’istanza di sostituzione, presentata dal difensore di ufficio nominato al C., ai sensi dell’art. 97, comma 5, cod. proc. pen., fosse stata rigettata, in data 22 dicembre 2017 così come, sempre a parere della Corte, non coglieva nel segno il rilievo secondo il quale l’interessato non potesse prevedere l’inadempimento dei doveri difensivi da parte del difensore di ufficio posto che gli incombeva l’onere di vigilare sul corretto adempimento dei doveri defensionali da parte del difensore di ufficio con il quale egli, peraltro, intratteneva contatti quotidiani come attestato dalla documentazione in atti; dunque, una volta constatata l’inerzia in virtù del predetto doveroso controllo, egli ben avrebbe potuto provvedere a nominare un difensore di fiducia affinché questi, munitosi di procura speciale, presentasse tempestivamente la richiesta ex art. 458, comma 2, cod. proc. pen..

Da ciò se ne faceva discendere come, una volta messo in evidenza che la forza maggiore, che giustifica la restituzione in termini, è quella che si configura come un particolare impedimento che renda vano ogni sforzo dell’uomo e derivi da cause estranee, a lui non imputabili, di talché la stessa non è ravvisabile quando l’impedimento non si presenti come assoluto, vale a dire non superabile con una intensità di impegno o di diligenza superiore ad un certo grado, considerato tipico o normale (Sez. 6, n. 5221 del 11/03/1993, omissis, Rv. 194021), le circostanze invocate dal ricorrente, come impeditive della possibilità di chiedere il giudizio abbreviato, non si presentassero idonee ad integrarla non costituendo ostacolo insormontabile ad una tempestiva richiesta in tal senso e potendosi invece farvi luogo attraverso un procuratore speciale all’uopo nominato ovvero attraverso un difensore di fiducia, nominato in sostituzione di quello di ufficio.

Oltre a ciò, si prendeva atto della tardività della stessa istanza di restituzione nel termine, avvenuta solo in data 27 febbraio 2018, a fronte di una nomina del difensore di fiducia in data 22 gennaio 2018, a nulla rilevando, ai fini della determinazione del dies a quo, per la presentazione della istanza di restituzione nel termine – da identificarsi con il giorno in cui è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore, ai sensi dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen. – l’avvenuta concessione di un termine a difesa, all’udienza del 30 gennaio 2018, fino all’udienza del 27 febbraio 2018 (cfr. pag. 2, secondo capoverso, ricorso per cassazione), dovendosi avere riguardo esclusivamente alla data della nomina fiduciaria quale fatto comportante la cessazione dell’impedimento assoluto ad esercitare il potere processuale e la prerogativa difensiva di cui all’art. 458, comma 2, cod. proc. pen..

Il Supremo Consesso, pertanto, alla luce di quanto sin qui esposto, dichiarava inammissibile il ricorso proposto e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

La sentenza in questione è sicuramente condivisibile.

La forza maggiore che, come è noto, legittima la restituzione in termini a norma dell’art. 175, c. 1, c.p.p., difatti, in questa pronuncia, viene interpretata in modo non dissimile da quanto fatto dalla stessa Cassazione in precedenti pronunce.

Ad esempio, la stessa sezione che ha deciso nel caso di specie, ossia la sez. V, già nel 1999, con la sentenza n. 2103, aveva avuto modo di postulare che, in tema di restituzione in termini, si verifica la forza maggiore quando si manifesta in un particolare impedimento che renda vano ogni sforzo dell’uomo e derivi da cause estranee, non imputabili a colui che richiede questa restituzione.

Va da sé dunque che la forza maggiore può rilevare, per poter avanzare una richiesta di restituzione in termini, solo se: a) si espliciti in un impedimento che renda vano qualsivoglia sforzo volto ad osservare i termini richiesti per l’espletamento di quell’attività processuale di cui si chiede di essere rimesso in termini; b) sia provocato da cause estranee e non addebitabili a carico di chi avanzi la richiesta a norma dell’art. 175 c.p.p..

Declinando tali principi alla fattispecie in esame, pare evidente come la Cassazione abbia correttamente escluso l’applicabilità di questo istituto dato che il rito abbreviato poteva essere chiesto da un procuratore speciale all’uopo nominato ovvero attraverso un difensore di fiducia, nominato in sostituzione di quello di ufficio e, in particolare, quello che sembra difettare nel caso di specie è proprio la verificazione di un evento che avrebbe reso del tutto impossibile l’espletamento di questa attività processuale ben potendo invece essa essere compiuta nei termini appena precisati.

Il giudizio in ordine a quanto statuito da questa pronuncia, pertanto, si ribadisce, non può che essere positivo.

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