In Brasile la prima legge contro la PAS: una lezione sulla genitorialità

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Il 26 agosto 2010 il Brasile, primo Paese al mondo, ha emanato la legge 12.318-10 di tutela con la PAS, sindrome da alienazione genitoriale, descritta per la prima volta dallo psichiatra statunitense Richard Gardner negli anni Ottanta, quale disturbo psicopatologico che si manifesta nei bambini e negli adolescenti, in caso di separazione dei genitori, a causa di uno dei genitori che li “indottrina” o “manipola” ai danni dell’altro.

Mettendo in atto quanto previsto nell’art. 9 par. 3 della Convenzione Internazione sui Diritti dell’Infanzia (conosciuta anche come Convenzione di New York), questa legge, oltre a vietare, definire e sanzionare la PAS, offre spunti di carattere giuridico e sociale per riflettere, in particolare sulla genitorialità.

Significativo è l’art. 3 in cui si legge che la PAS “costituisce una forma di abuso morale”, senza alcuna possibilità di equivoco. Questa formulazione, che allarga il concetto di abusi sui minori, richiama l’art. 342 bis del nostro codice civile “Ordini di protezione contro gli abusi familiari” in cui si parla di “grave pregiudizio all’integrità fisica o morale” e anche l’art. 27 par. 1 della Convenzione di New York in cui si fa espresso riferimento allo sviluppo morale del fanciullo. Sempre nell’art. 3 l’espressione “relazione di affetto nei rapporti” ricorda che la filiazione-genitorialità non è uno stato o un sentimento innato o consolidato ma qualcosa che avviluppa e si sviluppa nella quotidianità, un percorso da seguire continuamente, costruttivamente e congiuntamente. A conferma di ciò in altri punti della legge si parla di “legami” e di “familiarità”.

Nell’art. 7 la locuzione “coesistenza efficace del bambino o adolescente con l’altro genitore” richiama quella sempre più usata di “genitori efficaci” (così lo psicologo Thomas Gordon) i quali dovrebbero costruire e garantire la “coesistenza efficace del figlio con l’altro genitore” sin dal concepimento, perché la genitorialità è tale in quanto ci sono due genitori che hanno concepito un figlio, per cui non ci sarebbe nemmeno bisogno di appellarsi, in caso di separazione o divorzio, alla “bigenitorialità” o “cogenitorialità”.

Nella legge non si parla genericamente di bambino, ma è continuamente ripetuta la distinzione tra “bambino” e “adolescente” trascurata, invece, nella realtà dai genitori e dai giudici. Importante la distinzione perché sono anche diversi gli effetti della PAS su un bambino e su un adolescente.

Si parla specificatamente di “nonni” riconoscendo la loro figura tanto in senso positivo quanto in senso negativo. Nelle nostre leggi, invece, si continua a parlare di “ascendenti” (es. artt. 148 e 155 cod. civ.).

Vi è la distinzione tra “genitorialità” e “potestà genitoriale”, l’una afferente di più alla sfera relazionale, l’altra a quella giuridica. Distinzione che dovrebbero tenere a mente genitori e giudici, perché genitori cui viene tolta la potestà non è detto che siano incompetenti in genitorialità (come è affiorato nella questione sollevata dalla sentenza n. 31 del 15 febbraio 2012 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 569 cod. pen.).

Un’altra differenziazione che emerge nella legge è quella tra “famiglia”, “vita familiare” e “gruppo familiare”, concetti intersecanti ma non coincidenti perché indicano dinamiche relazionali di cui tener conto alla luce delle eventuali “costellazioni familiari” in cui può vivere un bambino o adolescente oggi. Come nella Convenzione di New York si usano le espressioni “famiglia”, “ambiente familiare” e “famiglia allargata”. La legge del 2010 in maniera più incisiva e onnicomprensiva rispetto alla Convenzione Internazionale dichiara “il diritto fondamentale del bambino o adolescente a godere di una sana vita familiare” (artt. 3 e 8). Essendo tramontata la formazione “normocostituita” della famiglia, occorre che venga almeno salvaguardato il diritto del bambino o adolescente ad una sana vita familiare, in ogni accezione di “sana”.

Indicativo pure l’uso degli aggettivi “biopsicologico” e “biopsicosociale” che considerano la dimensione olistica della persona di età minore in ossequio all’art. 27 par. 1 della Convenzione di New York in cui si sancisce “il diritto di ogni fanciullo ad un livello di vita sufficiente atto a garantire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale”. Non solo, il prefisso “bio” ricorda l’espressione “biofilia” usata da Erich Fromm1 per esprimere l’amore per la vita. Secondo lo studioso tedesco l’amore materno presenta due aspetti: quello di tutte le cure necessarie perché il bambino viva e cresca e quello di infondergli l’amore per la vita, il senso che la vita è bella, la gioia di vivere. I genitori, pertanto, si dovrebbero rendere conto che con la PAS innescano un vero processo distruttivo nel bambino o adolescente rovinandogli non solo la vita nel presente, ma deturpandogli l’amore per la vita.

A seconda delle situazioni giuridiche di potestà o di tutela sul bambino o adolescente, la legge brasiliana, come le nostre leggi (es. art. 572 cod. pen.), fa riferimento a “autorità”, “custodia”, “vigilanza”, “cura” che considerate contemporaneamente dovrebbero, invece, connaturare la genitorialità. Genitorialità che, sempre più spesso, anche in famiglie non lacerate diventa “part time”, perché i genitori sono presi dal lavoro o da altro causando talvolta conseguenze simili a quelle della PAS nel senso che i genitori e i figli sono “alienati” gli uni rispetto agli altri.

Non mancano le ombre in questa legge. Si parla indistintamente di genitori, abitudine ormai invalsa dappertutto, tra cui la legislazione inglese, invece sarebbe opportuno menzionare il padre e la madre per evidenziare che la PAS, tra i vari effetti negativi, causa anche la soppressione della ricchezza del differente apporto della figura della madre o del padre, a seconda dei casi.

Inoltre la soluzione della PAS è solo giudiziale, si parla anche di professionisti o esperti o team multidisciplinare, ma non si fa menzione di quelle “relazioni di aiuto” tra cui la mediazione familiare, eppure diffusa in Brasile, che avrebbe potuto dare il suo contributo anche in questo caso.

Il bambino o adolescente rischia di subire un’ulteriore vittimizzazione, perché sottoposto a visite di monitoraggio, a relazioni ed altro. Viene meno quell’atmosfera, quella naturalezza a cui avrebbe diritto come previsto anche nel Preambolo della Convenzione di New York.

Alla luce di questo, i genitori non devono mai dimenticare che la genitorialità non è solo mettere al mondo i figli ma avere una progettualità generativa, ovvero prevedere e maturare i possibili comportamenti da tenere anche in caso di crisi o rottura della coppia di coniugi o conviventi, tali da consentire ai figli e a se stessi nuove prospettive.

 

1 Per il concetto di “biofilia” si vedano le opere di Erich Fromm, “Psicoanalisi dell’amore. Necrofilia e biofilia nell’uomo”, 1964 e “Anatomia della distruttività umana”, 1973.

Dott.ssa Marzario Margherita

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