Il rispetto del principio della concorrenza e della massima partecipazione alle gare pubbliche deve necessariamente coordinarsi con la tutela delle specifiche esigenze della stazione appaltante

Lazzini Sonia 10/01/08
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L’interesse pubblico sotteso al rispetto del principio della concorrenza e della massima partecipazione alle gare pubbliche, funzionale alla migliore selezione dell’aggiudicatario, deve necessariamente coordinarsi con la tutela delle specifiche esigenze della stazione appaltante, anche di quelle connesse alle modalità di svolgimento dei controlli e delle risorse finanziarie a disposizione e alla necessità di ottimizzare le risorse personali a disposizione: è quindi legittima una clausola territoriale che limita la partecipazione alla gara a ditte con sede operativa centrale o distaccata ubicata in alcune regioni:
 
 
Merita di essere segnalata la decisione numero 5377 del 15 settembre 2006 emessa dal Consiglio di Stato in tema di discrezionalità della pa nella scelta dei requisti da richiedere nei bandi in particolare sulla legittimità o meno di una clausola territoriale che limita la partecipazione alla gara a ditte con sede operativa centrale o distaccata ubicata in alcune regioni:
 
< In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto della Pubblica amministrazione, difatti, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche, strutturate su concetti non tassativi, ma indeterminati, che implicano, per la loro definizione da parte dell’interprete, un rinvio alla realtà sociale, con la conseguenza che in sede di bando di gara l’Amministrazione appaltante ben può autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti, e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.
 
      A tale astratta previsione si conforma, ad avviso del TAR, la contestata clausola territoriale, la quale è legata ad esigenze prettamente organizzative della stazione appaltante, connesse alla possibilità di poter operare un controllo delle operazioni con le economie di personale, essendo evidente che la dislocazione delle sedi operative delle imprese partecipanti – e quindi della futura aggiudicataria della gara – in un determinato ambito territoriale incide inevitabilmente, oltre che sulle modalità e sui tempi di trasporto dei mezzi da riparare da e per la sede operativa, sulle modalità di effettuazione dei controlli da parte della stazione appaltante, con ricaduta sulla loro celerità, sui loro costi e sul tempo che il personale chiamato alla loro effettuazione dovrà ad essi dedicare.
 
      In tale contesto, la clausola in parola non sarebbe né illogica né irragionevole e non si porrebbe in contrasto con nessuno dei principi invocati dall’appellante, derivanti dalla normativa nazionale o comunitaria>
 
 
Ma non solo. Il Supremo giudice amministrativo va più in là nel sancire che:
 
< la contestata riserva della partecipazione alla gara ad imprese aventi sede operativa in un determinato ambito territoriale, non si traduce in una illegittima discriminazione tra le imprese, ben potendo le stesse utilizzare, in mancanza di sede operativa nell’ambito territoriale indicato, soluzioni alternative quali il ricorso al sistema del raggruppamento o del contratto d’affitto di ramo d’azienda o al comodato.>
 
a cura di*************i
 
 
R E P U B B L I C A     I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 
D E C I S I O N E
     sul ricorso n. 910 del 2006, proposto da Soc. OFFICINE *** S.r.l., in persona del suo rappresentante legale, rappresentata e difesa dagli avv.ti **************** e ****************** elettivamente domiciliati presso lo Studio legale del secondo sito in Roma, Via Giovanni Nicotera n. 29;
 
CONTRO
 
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è domiciliato per legge;
 
PER L’ANNULLAMENTO
 
della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma (Sezione I-bis), 21 dicembre 2005, n. 14344.
 
     Visto il ricorso con i relativi allegati.
 
     Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato.
 
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.
 
     Visti gli atti tutti della causa.
 
     Visto il Dispositivo di sentenza n. 423 del 6.7.2006;
 
     Relatore alla pubblica udienza del 4 luglio 2006 il consigliere ********************.
 
     Uditi l’avv. ****************** per la società appellante e l’Avv. dello Stato ********* per l’Amministrazione della difesa.
 
     Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 
F A T T O
      La S.r.l. Officine ***, con ricorso al TAR del Lazio, sede di Roma, esponeva di svolgere attività di riparazioni meccaniche e di carrozzeria su automezzi pesanti, industriali e agricoli, su autobus e mezzi speciali sia privati che pubblici, sia presso la sede principale di Monterotondo (Roma) che presso la sede operativa sita in ******** del Colle (BS).
 
      Aggiungeva che il Ministero della difesa – 15° Centro Rifornimenti e mantenimento di Padova, con bando pubblicato sulla G.U., foglio inserzioni, n. 108 dell’11 maggio 2005, aveva indetto la gara d’appalto a procedura ristretta, indetta da, per l’affidamento di lavori di riparazione e manutenzione, a quantità indeterminata, di autoveicoli ruotati e mezzi del genio in genere e loro parti staccate, impiegati e rientrati dai teatri operativi, con espressa previsione che la gara è riservata a ditte concorrenti con sede operativa centrale o distaccata ubicata nelle regioni di competenza del 15° ***********: ********* (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto) ed Emilia Romagna.
 
        Rappresentava, ancora, la ricorrente che, sebbene l’amministrazione, alla quale aveva fatto pervenire le proprie perplessità sulla legittimità di tale clausola, avesse confermato la limitazione predetta, aveva comunque chiesto di partecipare alla gara in questione, ricevendone in riscontro la nota del 25 maggio 2005, con la quale l’amministrazione la invitava ad indicare una sede operativa ubicata nelle regioni di competenza al fine di un eventuale accoglimento della richiesta di partecipazione alla gara.
 
        Ciò premesso, la società impugnava il predetto bando nella parte in cui limitava la partecipazione a ditte con sede operativa centrale o distaccata ubicata nelle regioni di competenza, lamentando con unico articolato motivo, la violazione di legge ed eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di potere, della illogicità manifesta, della disparità di trattamento e del difetto di istruttoria.
 
        Il Ministero intimato resisteva al ricorso, che veniva respinto con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale l’interessata ha proposto il presente appello, rinnovando le censure disattese dal giudice di primo grado.
 
    Il Ministero si è costituito anche in questo grado di giudizio, replicando alle argomentazioni poste a base dell’impugnazione.
 
        Le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi con apposite memorie.
 
        L’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 4 luglio 2006.
 
D I R I T T O
 
      1. L’appello è infondato.
 
      2. Oggetto di contestazione è la clausola del bando che limita la partecipazione alla gara a ditte con sede operativa centrale o distaccata ubicata nelle regioni di competenza del 15° ***********: ********* (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto) ed Emilia Romagna.
 
      La società appellante non disconosce che la stazione appaltante ha il potere discrezionale di richiedere in capo alle imprese partecipanti i requisiti che meglio soddisfino le esigenze di realizzazione del servizio oggetto della gara, nell’ottica della migliore selezione e del risparmio di spesa; assume, però, che tale potere deve essere circoscritto ai soli requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica, come stabilito dal D. Lgs. n. 157 del 19 marzo 1995, requisiti che devono essere rispettosi del criterio di strumentalità e di proporzionalità con il servizio da appaltare, e devono garantire il rispetto del principio di massima partecipazione alle gare, nonché dei principi comunitari di libera circolazione dei servizi e delle merci e di libertà di stazionamento all’interno dell’Unione Europea.
 
        Nel caso in esame, la contestata clausola del bando di gara sarebbe palesemente in contrasto con i principi avanti richiamati, perché il requisito di ordine territoriale, assumendo un ruolo prevalente rispetto alle capacità tecniche, economiche e finanziarie delle imprese, finisce per avere natura discriminatoria – con conseguente violazione del principio di massima partecipazione e di migliore selezione della ditta aggiudicataria – e sarebbe sproporzionato e privo di ogni nesso di strumentalità con l’oggetto da appaltare, nonchè con le dichiarate finalità di operare un miglior controllo delle riparazioni con le economie di personale.
 
      Né la rilevata illegittimità della clausola potrebbe essere superata con la considerazione che la prevista localizzazione delle imprese partecipanti avrebbe natura organizzatoria per l’Amministrazione appaltante, atteso che una tale esigenza sarebbe stata meglio perseguita mediante la diversa previsione della sussistenza di una sede operativa nell’ambito di una determinata distanza dalla dislocazione dei mezzi.
 
      3. Il ricorso è stato respinto dal TAR con argomentazioni che il Collegio ritiene di poter pienamente condividere.
 
        Il giudice di primo grado, in via prioritaria e sotto un profilo generale, ha premesso che il D. Lgs. 17 marzo 1995 n. 157, attuativo della Direttiva C.E.E. n. 92/50, non stabilisce in modo tassativo quali sono i requisiti da richiedere ai partecipanti alle gare di appalto di servizi, lasciando tale determinazione alla ragionevole discrezionalità delle singole Amministrazioni e consentendo che la singola stazione appaltante prescriva requisiti di idoneità diversi e più severi rispetto a quelli normativamente fissati, anche al fine di meglio tutelare l’interesse pubblico perseguito.
 
      In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto della Pubblica amministrazione, difatti, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche, strutturate su concetti non tassativi, ma indeterminati, che implicano, per la loro definizione da parte dell’interprete, un rinvio alla realtà sociale, con la conseguenza che in sede di bando di gara l’Amministrazione appaltante ben può autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti, e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.
 
      A tale astratta previsione si conforma, ad avviso del TAR, la contestata clausola territoriale, la quale è legata ad esigenze prettamente organizzative della stazione appaltante, connesse alla possibilità di poter operare un controllo delle operazioni con le economie di personale, essendo evidente che la dislocazione delle sedi operative delle imprese partecipanti – e quindi della futura aggiudicataria della gara – in un determinato ambito territoriale incide inevitabilmente, oltre che sulle modalità e sui tempi di trasporto dei mezzi da riparare da e per la sede operativa, sulle modalità di effettuazione dei controlli da parte della stazione appaltante, con ricaduta sulla loro celerità, sui loro costi e sul tempo che il personale chiamato alla loro effettuazione dovrà ad essi dedicare.
 
      In tale contesto, la clausola in parola non sarebbe né illogica né irragionevole e non si porrebbe in contrasto con nessuno dei principi invocati dall’appellante, derivanti dalla normativa nazionale o comunitaria.
 
      L’interesse pubblico sotteso al rispetto del principio della concorrenza e della massima partecipazione alle gare pubbliche, funzionale alla migliore selezione dell’aggiudicatario, deve necessariamente coordinarsi con la tutela delle specifiche esigenze della stazione appaltante, anche di quelle connesse alle modalità di svolgimento dei controlli e delle risorse finanziarie a disposizione e alla necessità di ottimizzare le risorse personali a disposizione.
 
      4. La sezione ritiene che le censure dedotte dall’appellante, sostanzialmente riproduttive di quelle sollevate con il ricorso di primo grado, non sono in grado di superare le diffuse argomentazioni poste a base della sentenza appellata.
 
      Va, al riguardo, ribadito che la località di esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto, come tradotta nella contestata clausola del bando, appare pienamente rispondente al criterio di strumentalità con le esigenze evidenziate dall’Amministrazione, rispondendo al contempo ai principi di celerità, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, funzionali al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione.
 
      Altrettanto va detto per quanto attiene alla proporzionalità e adeguatezza all’oggetto dell’appalto ed all’interesse pubblico perseguito che le prescrizioni del bando devono rivestire per non risolversi in un’indebita limitazione dell’accesso alla gara dei soggetti presenti sul mercato o tali da predeterminare l’aggiudicazione o vulnerare la par condicio tra i concorrenti, restringendo ad una rosa ristrettissima le imprese in possesso delle caratteristiche richieste.
 
      Come puntualmente rilevato dal giudice di primo grado, la scelta dell’Amministrazione appare pienamente rispettosa dei limiti funzionali della logicità e ragionevolezza, della sua pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito, dell’assenza di contraddittorietà interna, e non arreca alcun pregiudizio ai principi di imparzialità e di par condicio, in quanto non restringe, oltre lo stretto indispensabile ed oltre le esigenze organizzative dettate dalla specificità del servizio, la platea dei potenziali concorrenti.
 
      Del resto, come anche su questo punto correttamente rilevato dal primo giudice, la contestata riserva della partecipazione alla gara ad imprese aventi sede operativa in un determinato ambito territoriale, non si traduce in una illegittima discriminazione tra le imprese, ben potendo le stesse utilizzare, in mancanza di sede operativa nell’ambito territoriale indicato, soluzioni alternative quali il ricorso al sistema del raggruppamento o del contratto d’affitto di ramo d’azienda o al comodato.
 
      Né vale sottolineare la presenza di una sede operativa nel comune di Capriano del Colle, posto che tale circostanza non è stata neppure portata a conoscenza della stazione appaltante, allorché la società appellante è stata invitata a comunicare se era in grado di indicare una sede operativa nell’ambito del territorio spaziale di esecuzione del contratto.
 
     Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto con conferma integrale della sentenza appellata.
 
     Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.
 
P.Q.M.
 
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), pronunciando sull’appello in epigrafe specificato, lo respinge.
 
     Spese del grado compensate.
 
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma il 4 luglio 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez.IV), riunito in camera di consiglio
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
15 settembre 2006
 

Lazzini Sonia

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