Il riparto di competenza tra consiglio e giunta per l’affidamento dei servizi pubblici locali mediante convenzione

Greco Massimo 04/02/10
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Uno dei quesiti che assilla gli amministratori degli enti locali siciliani riguarda il riparto di competenza tra la giunta e l’organo consiliare con particolare riferimento all’istituto della convenzione per l’affidamento di servizi pubblici locali. La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza amministrativa che ne ha delineato i contorni applicativi per evitare di incorrere nel tradizionale vizio di legittimità per incompetenza dell’organo deliberante.

 

Il quadro normativo

 

Il nuovo sistema normativo in materia di enti locali ha modificato il precedente modello organizzativo che, pur attribuendo attraverso un’elencazione di competenze a favore del consiglio comunale con l’art. 131 del T.U. n. 148/1915, riconosceva allo stesso anche la cognizione di altri affari relativi all’amministrazione che non fossero diversamente demandati ad altri organi. La legge n. 81 del 1993, introducendo nuove norme in tema di elezione diretta dei vertici degli enti locali e di nomina della giunta, ha ulteriormente accentuato la demarcazione tra l’organo consiliare e quello esecutivo rappresentato dalla giunta, rafforzando l’indirizzo già dato con la citata legge n. 142/90.

Nell’art. 32, comma 1, della legge n. 142/1990 il consiglio è l’organo d’indirizzo politico-amministrativo al quale sono attribuiti “atti fondamentali” che sono analiticamente elencati al comma 2. Il ruolo del consiglio comunale va ragionevolmente riferito alle sole determinazioni che comportano un’effettiva incidenza sulle scelte fondamentali dell’ente, mentre la giunta resta investita del compito di attuare gli indirizzi formulati dall’organo elettivo, eventualmente anche svolgendo attività sempre con finalità esecutivi, ma che implichi una valutazione di natura in qualche misura politico-amministrativa e, come tale, non spettante alla competenza della dirigenza.

Nell’ordinamento siciliano è stata unificata la fonte legislativa che disciplinava le competenze dei consigli comunali e provinciali con l’abrogazione implicita dell’art. 29 della l.r. n. 9/86, come sostituito dall’art. 20 della l.r. n. 26/93. Dette competenze vengono individuate esclusivamente tra quelle indicate nell’art. 32 della legge n. 142/90, come introdotto dall’art. 1 della l.r. n. 48/91 e poi modificato con l’art. 26 della l.r. n. 7/92, 78 della l.r. n. 10 del 12/01/1993, 45 della l.r. n. 26/93 e 2, comma 3, della l.r. 08/01/1996 n. 4. “Va rilevato, in tal modo, che si sposta ulteriormente l’asse del sistema delle competenze, in sintonia con la riforma dell’elezione diretta degli organi monocratici locali, tra detti organi in cui si incentra l’esecutivo ed i consigli. Assumono evidenza, per le competenze consiliari, i profili di carattere normativo, organizzativo e di gestione di base disciplinati1.

 

Il caso in specie

 

L’art. 20 della l.r. n. 26/93, nell’indicare espressamente gli atti fondamentali di competenza dell’organo consiliare, alla lettera f), prevede: “l’affidamento di attività e servizi mediante convenzione, l’assunzione diretta dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e di aziende speciali, la concessione dei pubblici servizi e la partecipazione dell’ente a società di capitali”. Si tratta di capire se, una volta consumato l’atto di affidamento del servizio mediante convenzione (tipologia riconducibile all’ipotesi dell’in housing) a cura del consiglio, i successivi atti pertinenti l’aspetto contrattuale della convenzione dovranno essere deliberati dallo stesso organo o se dovranno essere adottati dall’organo esecutivo. L’approccio interpretativo deve essere costituzionalmente orientato nel segno della separazione delle competenze voluta dalla riforma delle autonomie locali.

In materia, è stato ritenuto che, avendo il consiglio comunale stabilito, con apposita delibera, che si doveva procedere a nuova concessione della gestione di un servizio pubblico (la piscina comunale), legittimamente la giunta aveva provveduto, nell’ambito delle ulteriori valutazioni di carattere amministrativo necessarie per procedere al concreto affidamento del servizio, alla scelta delle modalità attuative della direttiva fissata in sede consiliare2. Inoltre, “E’ del tutto illogico e va escluso ritenere che il consiglio deliberi su di ogni variazione della partecipazione, in quanto porrebbe in essere una funzione invasiva dei poteri gestionali affidati alla giunta3. Ancora, “E’ evidente, quindi, che la cosiddetta scelta politica si esaurisce con l’inserimento dell’opera nell’elenco triennale, mentre tutta l’attività successiva è attività di gestione, vale a dire attività di valutazione tecnica consequenziale a quella scelta che, coerentemente e necessariamente, ai sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000, è nella esclusiva competenza dei dirigenti4. Secondo il Ministero dell’Interno, l’affidamento in convenzione di un servizio pubblico non può configurare alcun provvedimento di concessione, rivestendone invece, la natura giuridica di atto di mera esecuzione, rispetto alla scelta di gestione già operata dal consiglio5.

Relativamente alla fattispecie della modalità di affidamento mediante “convenzione” – anche se relativa al caso di servizi gestiti in convenzione tra Enti pubblici – si registra un interessante orientamento del Consiglio di Giustizia Amministrativa per il quale, “Secondo quanto prevede il III comma dell’art. 13 della L.r. n. 7 del 1992 le competenze della giunta comunale sono quelle previste dall’art. 15 della L.r. n. 44 del 1991 e successive modifiche, ove, tra le diverse materia attribuite nel 3° comma, alla lettera a) si rinviene <<… e tutti i contratti in generale>>. Pertanto, l’attività decisionale sulla convenzione tra il CIE ed il Comune di Comiso resta ricompresa nella “materia” di cui alla norma citata e riservata, quindi alla giunta. La situazione finanziaria della convenzione, per la quale il relativo art. 3 sembra prevedere un comodato comunque gratuito di nove anni di locali assegnati al CIE ed un avere mensile di 200.000 a carico del Comune per spese varie, sembra invece, di competenza del Consiglio comunale, ai sensi della lett. 1) del II c. dell’art. 32 della legge 142/90, come modificato dall’art. 1, lett. e), n. 6 della L. r. n. 48 del 19916.

 

Conclusioni

 

Appare chiaro, quindi, che la competenza del consiglio o della giunta scatta a seconda dell’incidenza del provvedimento sulla convenzione. Se l’atto fondamentale attraverso il quale viene veicolato l’indirizzo politico del consiglio risulta già adottato, gli adempimenti consequenziali anche di carattere negoziale rimangono nella competenza della giunta. Se invece, la convenzione attraverso la quale si è originariamente affidato un servizio subisce modifiche rilevanti tali da incidere sulle clausole preesistenti ovvero sull’aspetto finanziario della stessa, configurandosi una novazione del rapporto contrattuale, la competenza rimane in capo all’organo consiliare. E d’altra parte, l’art. 1230 del codice civile, inserito nel Capo IV, relativo ai “modi di estinzione delle obbligazioni diversi dell’adempimento”, e che si occupa specificatamente della “novazione oggettiva”, dispone che “l’obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso. La volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco”.

 

 

Massimo Greco

 

1 Assessorato Reg.le Autonomie Locali, Circolare n. 6 del 08/08/1996.

2 Cons. Stato, sez. V, sent. 9/12/2002 n. 6764.

3 Tar Campania, sent. n. 1138/1998.

4 Cons. Stato, dec. 5136/2009.

5 Ministero dell’Interno – Direzione Generale dell’Amm.ne Civile, note nn. 15900/1005 bis/23 dell’8/09/1995 e 15900/12981/1 bis/23 L. 142 del 26/10/96.

6 C.G.A. Sezioni riunite, parere 13/11/2001 n. 1458.

Greco Massimo

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