Il reverse charge: le pronunce in merito

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leggi la prima parte

A cura Avv. Maurizio Villani – Avv. Federica Attanasi 

Premessa

  1. La disciplina giuridica del c.d. “reverse charge”

          1.1 Modalità di emissione

           1.2 Casi di applicazione

           1.3 Finalità

  1. Il “reverse charge” e le pronunce della corte di giustizia europea
  2. La giurisprudenza della Corte di Cassazione
  3. Aspetti sanzionatori. Riforma e circolare dell’agenzia delle entrate n. 16/2017
  4. Il d.l. 119/2018 e le novita’ in materia di reverse charge
  5. Sentenza della ctp di lecce, n. 2402/17

 

Per sapere tutto su questo argomento leggi anche “Il reverse-charge. 150 risposte a quesiti” di Massimo Pipino

 

3. La giurisprudenza della Corte di Cassazione

Ai suddetti principi si è uniformata la Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – con le sentenze n. 10819 del 05/05/2010; n. 20486 del 06/09/2013; n. 5072 del 13/03/2015; n. 7576 del 15/04/2015.

In particolare, con la succitata sentenza n. 7576/2015, la Corte di Cassazione, riportandosi integralmente ai principi della Corte di Giustizia sul caso IDEXX, ha chiarito e precisato che l’Agenzia delle Entrate dispone di tutte le informazioni necessarie per accertare la sussistenza o meno dei requisiti sostanziali, con la conseguenza che il diritto alla detrazione non può mai essere negato nei casi in cui il contribuente non abbia applicato o non abbia correttamente applicato, la procedura dell’inversione contabile <<avente normalmente natura formale e non sostanziale>>.

Ciò posto, riceve, in tal modo, convalida nazionale quell’orientamento favorevole ai contribuenti già emerso con la giurisprudenza comunitaria.

Ciò comporta che non bisogna mai compromettere la neutralizzazione bilaterale dell’IVA (come peraltro riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 56/E/2009), nel senso che eventuali inadempienze accertate a carico del contribuente che non hanno generato danni erariali, poiché il risultato fiscale sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell’IVA, non devono mai far cadere il meccanismo del reverse charge.

Sul punto, si segnala la recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione TRI civile, 19 maggio 2017,n. 12649, con cui i giudici di legittimità hanno chiarito che:<<Nel sistema dell’inversione contabile denominato “reverse charge“, l’obbligo di autofatturazione e le relative registrazioni assolvono una funzione sostanziale, in quanto, compensandosi a vicenda con l’assunzione del debito avente ad oggetto l’IVA a monte e la successiva detrazione della medesima imposta a valle, comportano che non permanga alcun debito nei confronti dell’Amministrazione, e consentono i controlli e gli accertamenti fiscali sulle cessioni successive; ne consegue che, in tal caso, ai fini del disconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA da parte dell’amministrazione finanziaria, è ammessa anche la prova mediante presunzioni, gravi, precise e concordanti, con conseguente inversione dell’onere probatorio sul contribuente>>.

Da ultimo, i giudici di legittimità si sono espressi in maniera conforme anche con la recente ordinanza, 30 gennaio 2018, n.2266, con cui è stato ribadito che:<< … secondo gli insegnamenti in materia della Corte di Giustizia (v. fra le altre Corte di Giustizia 8 maggio 2008, in cause riunite C-95/07 e C-96/07), il diritto di detrazione e’ connesso alla effettivita’ dell’operazione (requisito sostanziale) e non puo’ essere subordinato al rispetto di adempimenti od obblighi meramente formali; con la conseguenza che se l’Autorita’ fiscale dispone gia’ delle informazioni necessarie per dimostrare che il cessionario/committente, in quanto destinatario delle operazioni soggette a reverse charge, e’ il debitore d’imposta e che l’operazione e’ effettivamente stata realizzata, risulta irrilevante la circostanza che il debitore d’imposta abbia ricevuto e registrato la fattura emessa dal fornitore nella contabilita’ generale senza aver proceduto agli adempimenti ai fini Iva (integrazione della fattura o autofattura)>>.

In altre parole, se l’operazione non è stata occultata e se l’Amministrazione fiscale non ha trovato ostacoli nella sua ricostruzione, l’infrazione è formale e, dunque, la detrazione non può essere negata al soggetto passivo, poiché il risultato fiscale finale sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell’Iva (Cass. 7576/2015). Peraltro, secondo i supremi giudici, il riconoscimento del diritto di detrazione, al di là dell’eventuale inosservanza di fatturazioni e registrazioni, non conduce a considerare nello stesso tempo la violazione del reverse charge violazione meramente formale e come tale non punibile in base alla L. n. 212 del 2000, articolo 10, (Cass. 7576/2015; Cass. n. 9505/2017).

Alla luce di tanto, occorre però rilevare che, in tema di reverse charge e operazioni inesistenti, sta prendendo forma un diverso orientamento giurisprudenziale certamente sfavorevole per il contribuente. Invero, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, manifestato da ultimo con la sentenza 17/01/2018, n. 958, in caso di operazioni imponibili soggettivamente inesistenti, compiute in regime di reverse charge, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente operare il recupero delle detrazioni Iva. A parere dei giudici di legittimità, infatti, in presenza di operazioni inesistenti, il concessionario in regime di reverse charge perde comunque il diritto alla detrazione stante l’applicazione al caso di specie dell’art. 6,co.9-bis3, d.lgs 471/1997, in base al quale, se il cessionario o il committente applica il reverse charge per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito che la detrazione registrati nelle liquidazioni Iva. Secondo la Corte di Cassazione, questa regola varrebbe anche nelle ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta (e non in caso di operazioni soggettivamente inesistenti imponibili). Solo in queste ipotesi, a parere della Corte di Cassazione- sentenza 17/01/2018, n. 958- l’Ufficio fiscale può disconoscere e recuperare la detrazione Iva.

4. Aspetti sanzionatori. Riforma e circolare dell’agenzia delle entrate n. 16/2017

Alla luce di quanto rilevato può, dunque, ritenersi che le eventuali omissioni formali, concernenti l’omessa, intempestiva o irregolare applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) se non cagionano alcun pregiudizio alle ragioni erariali, si configurano unicamente come semplici violazioni formali assoggettabili a sanzioni.

In ogni caso, nell’applicare le sanzioni bisognerà sempre rispettare il principio della proporzionalità, soprattutto se si tratta di violazioni puramente formali che non hanno causato danno erariale allo Stato, come più volte ribadito dalle succitate sentenze della Corte di Giustizia UE ECOTRADE ed IDEXX, nonché, da ultimo, dalla Corte di Giustizia EQUOLAND, richiamata dalla Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile T – con la sentenza n. 16109 del 29/07/2015.

Ciò posto, è importante rilevare che sono state apportate delle modifiche alla disciplina sanzionatoria. Invero, con il d.lgs 158/2015 (in vigore dal 1 gennaio 2016[5]) sono state ridefinite le regole che disciplinano il sistema sanzionatorio nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, introducendo una maggiore proporzionalità tra la misura della sanzione e la gravità della violazione. Con la circolare n. 16/E, infatti, le Entrate hanno chiarito il trattamento sanzionatorio previsto per ogni tipo di violazione in materia di reverse charge, alla luce delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 158/2015.

Più nel dettaglio:

  • sono stati illustrati i campi d’applicazione della disciplina sanzionatoria dell’inversione contabile;
  • è stato chiarito che secondo un criterio di proporzionalità, ad essere colpite più duramente sono le violazioni commesse con un intento di evasione o di frode oppure che comportano l’occultamento dell’operazione o un debito d’imposta, mentre vengono punite in modo più mite le fattispecie irregolari per le quali l’imposta risulta comunque assolta.

Inoltre, con la circolare de qua sono stati sanciti i seguenti principi:

  • quando l’operazione rientra nell’inversione contabile, ma per errore il cedente/prestatore ha emesso fattura con addebito di Iva come avviene per un’operazione ordinaria, se l’imposta è stata assolta seppur in modo irregolare (cioè se la fattura è stata registrata dal cedente e l’imposta è confluita nella liquidazione periodica) si applica una sanzione fissa da 250 euro a 10mila euro. In un’ottica di semplificazione, non occorre che il cessionario o committente regolarizzi l’operazione ed è fatto salvo il diritto alla detrazione.

Si applica la sanzione nella stessa misura anche quando l’Iva, anziché essere assolta in via ordinaria, è stata sottoposta a reverse charge da parte del cessionario o committente. Anche in questo caso, se l’imposta è stata comunque assolta nonostante l’errore, il diritto di detrazione per il cessionario è salvo e il cedente o prestatore non è obbligato a versare l’Iva. Non deve trattarsi, però, di ipotesi palesemente estranee al regime dell’inversione contabile.

In entrambi i casi la sanzione si applica in via solidale a cedente e cessionario e non scatta per singola fattura errata, ma una sola volta per ogni liquidazione periodica con riferimento a ciascun fornitore.

  • quando il reverse charge viene applicato a operazioni che sono esenti, non imponibili, non soggettead imposta o inesistenti, il debito d’imposta e la relativa detrazione si annullano. In sede di accertamento, infatti, vengono espunti sia il debito, che il credito d’imposta confluiti nella liquidazione periodica. In caso di operazioni inesistenti, però, si applica la sanzione, compresa tra il 5 e il 10% dell’imponibile, con un minimo di 1.000 eur

Seppur le suddette disposizioni siano entrate in vigore dal 1° gennaio 2016, per il principio del favor rei, le nuove regole trovano applicazione anche per le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015, purché non siano stati emessi atti che si sono resi “definitivi” anteriormente al 1° gennaio 2016.

Sul punto, si segnala la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria civile, n. 9505/2017, mediante la quale gli Ermellini hanno chiarito che:<< in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in “favor rei”, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicchè deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno “ius superveniens” più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, non solo in ragione della necessaria specificità dei motivi di ricorso ma, soprattutto, per il principio costituzionale di ragionevole durata del processo”. Ebbene, nella specie, la S.C. ha rigettato la richiesta di rideterminazione delle sanzioni in tema di “reverse charge“, in assenza di specifica deduzione dell’applicabilità in concreto di una sanzione inferiore rispetto a quella irrogata, sia con riferimento ai margini edittali che alla valutazione della gravità della violazione, in assenza di circostanze tali da far ritenere manifesta la sproporzione tra entità del tributo e sanzione applicata.

Per approfondire leggi anche “Il reverse-charge. 150 risposte a quesiti” di Massimo Pipino

5. D.l. n. 119/2018 e novità in materia di reverse charge

Il D.L. n.119/2018, c.d. “Decreto Fiscale 2019”, (convertito in legge, con modifiche, dalla L. 17.12.2018, n. 136) ha introdotto importanti correttivi alla normativa tributaria in genere.

Non da meno, il legislatore, con l’ultima manovra fiscale, è intervenuto anche in materia di inversione contabile, prevedendo la proroga al 30.06.2022 dell’applicazione del reverse charge per le cessioni di telefoni cellulari, dispositivi a circuito integrato, di console, tablet pc e laptop, per i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra e di energia elettrica a un soggetto passivo-riveditore.

Più nel dettaglio, l’art. 2, comma 2 bis, D.L. 23.10.2018, n. 119, operando una modifica al co. 8, dell’art. 17, DPR n.633/1972, ha prorogato il termine per l’applicazione facoltativa del reverse charge al 30 giugno 2022.

Tanto risulta, dunque, coerente con quanto previsto dalla più recente evoluzione della normativa europea e, dunque, dall’articolo 199-bis della direttiva 2006/112 che ha prorogato il termine per l’applicazione facoltativa del reverse charge al 30 giugno 2022. La misura allinea al nuovo termine Ue la possibilità di avvalersi dell’inversione contabile per le operazioni elencate all’articolo 17, sesto comma del Dpr 633/1972, alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater). Si tratta quindi

  • delle cessioni di telefoni cellulari (“apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative”), con esclusione dei componenti e accessori per i telefoni cellulari;
  • delle cessioni di dispositivi a circuito integrato,quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale; da questa categoria vanno esclusi i computer quali beni completi e i loro accessori;
  • delle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop;
  • dei trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serratrasferibili (articolo 3 della Direttiva 2003/87/CE);
  • dei trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
  • delle cessioni di gas e di energia elettricaa un soggetto passivo-rivenditore.

In precedenza, l’articolo 199-bis della direttiva IVA consentiva l’applicazione del meccanismo di inversione contabile cd. facoltativa fino al 31 dicembre 2018.

6. Sentenza della ctp di lecce, n. 2402/17

Infine, per mera completezza, si segnala l’interessante sentenza n. 2402/17, della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, depositata in data 7 luglio 2017, che in parziale accoglimento del ricorso proposto dall’avvocato Maurizio Villani, ha annullato un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Lecce per l’anno 2013 limitatamente all’IVA, per un importo totale di oltre € 1.600.000,00 (un milione e seicentomila euro).

In particolare, il Collegio ha annullato l’avviso di accertamento, relativamente al recupero Iva, perché nelle fattispecie non era applicabile lo speciale regime fiscale dell’inversione contabile, in quanto le operazioni di compravendita effettuate dalla società coinvolta riguardavano l’oro industriale avente purezza inferiore a 325 millesimi, come dimostrato dalla società con perizia giurata mai contestata dall’Agenzia delle Entrate di Lecce.

Più specificamente i primi giudici hanno chiarito che poiché l’art. 17, co. 5, D.P.R. n. 633/1972, in deroga alla procedura ordinaria di applicazione dell’Iva, ha introdotto il meccanismo dell’inversione contabile:

  • (…) versandosi in ipotesi di deroga del regime ordinario, è l’Amministrazione finanziaria a dover fornire la prova della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del reverse charge, e soltanto dopo che abbia fornito una prova siffatta, incomberà sul contribuente l’onere della prova contraria, e quindi della sussistenza dei presupposti per l’operatività del regime ordinario, in luogo di quello speciale (…) Orbene, nel caso in esame l’Amministrazione finanziaria non ha minimamente assolto ad un onere siffatto (…).”
  • “(…) A ciò aggiungasi che vi è perizia giurata prodotta dalla ricorrente, dalla quale emerge che la merce indicata nelle fatture in contestazione (…) è costituita da oro avente purezza pari a 307 millesimi, e dunque una purezza inferiore a quella (325 mm) comportante l’applicazione del reverse charge.
  • (…) Pertanto, non solo è mancata la prova del presupposto dell’imposta (…) ma vi è in atti la prova negatrice del presupposto stesso”.

Ebbene, alla luce di tanto la Commissione ha accolto parzialmente il ricorso e annullato l’avviso di accertamento impugnato, relativamente al recupero dell’Iva detratta dalla ricorrente.

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