Il recesso dal consorzio di urbanizzazione

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     Indice

  1. Il consorzio di urbanizzazione
  2. Natura giuridica
  3. Prassi giurisprudenziali
  4. Il recesso del consorziato
  5. Clausola di esclusione del recesso: ammissibile

1. Il consorzio di urbanizzazione

Attraverso il consorzio di urbanizzazione, i proprietari di terreni situati in aree destinate ad insediamenti industriali, abitativi o turistici, si associano, al fine di realizzare su tali aree i servizi e le opere imposte dalla normativa urbanistica. La normativa urbanistica prevede, quale condizione per consentire lo sfruttamento edilizio dei comparti edificatori, definiti dall’art. 870 c.c., intese come unità fabbricabili con speciali modalità di costruzione e di adattamento, la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e, in alcuni casi, secondaria. L’art. 28, comma 7, legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica) prevede che “il rilascio delle licenze edilizie nell’ambito dei singoli lotti è subordinato all’impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi”. Si tratta di un’attività con cui i privati, proprietari dei singoli lotti edificatori compresi nel comparto, assumono il ruolo di esercenti un pubblico servizio. Dispone ancora l’art. 870 c.c. che “quando è prevista la formazione di comparti… gli aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono regolare i loro rapporti reciproci in modo da rendere possibile l’attuazione del piano. Possono anche riunirsi in consorzio per l’esecuzione delle opere…”. Come si evince da tale norma emerge una prima parte in cui si precisa che gli interessati dal comparto edilizio devono regolare i loro rapporti reciproci, cui si contrappone la seconda parte in cui questi ultimi al fine di facilitare l’esecuzione delle opere primarie ed evitare l’esproprio per pubblica utilità possono riunirsi in consorzio. Il consorzio, pertanto, si pone sempre come ente a cui gli interessati dal comparto possono far ricorso per dare attuazione ai piani pubblici di edificazione nel rispetto del precitato principio di collaborazione. Per la realizzazione delle opere di urbanizzazione i proprietari dei singoli lotti interessati possono associarsi, creando un’organizzazione comune che ha come finalità non solo la costruzione delle opere comuni ma anche la loro gestione e manutenzione nonché l’erogazione di servizi comuni. Contestualmente alla costituzione del consorzio i singoli partecipanti possono, ma non devono necessariamente, mettere in comunione tra loro le aree sulle quali si andranno a realizzare le opere di urbanizzazione.

I c.d. consorzi di urbanizzazione, pertanto, identificano la creazione di rapporti di natura associativa tra i proprietari di terreni, siti in un comprensorio, destinato all’insediamento residenziale o turistico, la cui finalità minima consiste nell’urbanizzazione del comprensorio stesso, mediante gli interventi previsti da un apposito piano di lottizzazione e dalla correlativa convenzione stipulata con l’ente pubblico competente. Spesso detti consorzi assumono contenuto più complesso, in quanto essi vengono costituiti non solo per la realizzazione e gestione delle opere e dei servizi di urbanizzazione primaria e/o secondaria, ma anche per la predisposizione e attuazione di discipline urbanistiche minuziose, mediante le quali vengono spesso ad attuarsi forme di vero e proprio autogoverno del territorio. Urbanizzazione e autogoverno del territorio possono essere rappresentati come due aspetti della vita del consorzio de qua da tenere ben distinti, in quanto l’urbanizzazione è la fase dinamica che, una volta esauritasi, lascia spazio al mero godimento in comune delle opere e dei servizi realizzati, mentre l’autogoverno del territorio caratterizza il consorzio per tutta la sua durata. Sotto questo profilo, l’atto costitutivo del consorzio si potrebbe utilizzare quale fonte, da una parte, di servitù reciproche, regolari o irregolari oppure personali o reali a seconda delle pattuizioni, dall’altra, di obblighi positivi che, per loro natura, non potrebbero formare oggetto di una servitù, stante il principio servitus in faciendo consistere nequit. L’autogoverno del territorio si realizza, così, nell’ambito di queste trame di rapporti che fanno da sfondo all’attività del consorzio e queste ultime potrebbero condurre anche alla creazione di più consorzi qualora il comprensorio fosse disomogeneo, ossia diviso in aree destinate ad insediamenti diversi tra loro (es.: parte a turistico-alberghiero, parte a sportivo, parte a centri commerciali, ecc.).

Tuttavia, la disciplina applicabile ai consorzi di urbanizzazione non è quella prevista dal codice civile in materia di consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi (artt. 2602 ss.), ma piuttosto quella dettata in materia di comunione e di associazioni non riconosciute.

2. Natura giuridica

La questione sulla natura giuridica del consorzio di urbanizzazione ha dato origine ad un dibattito giurisprudenziale e dottrinale non ancora del tutto risolto. In effetti, il consorzio di urbanizzazione non ha nel nostro ordinamento una specifica disciplina e pertanto i principi di diritto ad esso applicabili devono essere desunti, facendo riferimento ad istituti analoghi ed aventi elementi comuni, disciplinati in modo espresso dal diritto positivo.

Esso per una parte della dottrina, sarebbe caratterizzato da elementi propri della comunione di diritti reali. I consorziati attraverso il contratto di consorzio, darebbero vita ad una situazione giuridica di comunione, simile a quella che si realizza in materia di condominio e finalizzata alla gestione, godimento e manutenzione dei beni comuni. Sostengono molti dei sostenitori della suddetta tesi che, la disciplina sulla comunione e sul condominio sarebbe applicabile ai consorzi in questione, nel presupposto che qualunque accordo tra privati diretto a mettere in comune più beni per la loro gestione e/o godimento sarebbe qualificabile come comunione.

In realtà considerare il consorzio di urbanizzazione come una sorta di “condominio”, sarebbe quanto meno riduttivo, specie in considerazione del peculiare scopo che i consorziati si prefiggono attraverso la costituzione del consorzio stesso. Si tratta di individuare una figura giuridica che pur presentando alcuni dei caratteri propri della comunione presenti elementi ulteriori, primo tra tutti lo scopo, costituito non solo dal godimento della cosa comune ma anche e soprattutto, dalla costituzione e dalla gestione delle opere di urbanizzazione.

In considerazione dello scopo comune avente carattere non lucrativo e non imprenditoriale, si individuano nell’istituto del consorzio di urbanizzazione molti degli elementi propri delle associazioni non riconosciute, disciplinate dagli articoli 36 ss. del codice civile.

Nel corso di questi anni si sono succeduti diversi orientamenti, diretti ad inquadrare i consorzi di urbanizzazione nell’una o nell’altra categoria o addirittura in un terzo genere: in base a tale orientamento interpretativo il contratto di consorzio sarebbe un contratto atipico con causa mista nel quale confluiscono elementi propri della comunione ed altri propri delle associazioni non riconosciute.

I tentativi di inquadrare necessariamente la figura del consorzio di urbanizzazione, in uno specifico istituto normativo ed il conseguente svilupparsi del relativo dibattito dottrinale e giurisprudenziale, sono sfociati nella prassi giudiziaria, nell’identificazione di una figura giuridica che presenta i connotati sia della comunione sia dell’associazione non riconosciuta. I consorziati pertanto, attraverso il contratto di consorzio, darebbero vita ad un rapporto atipico, con aspetti sia associativi che di realità, propri della comunione.

Come associazione stabile tra privati, che si prefiggono un fine specifico non lucrativo per un periodo di tempo determinato, il consorzio di urbanizzazione assume i connotati essenziali dell’associazione non riconosciuta. “Alle regole dettate dal codice civile (artt. 36 ss.) occorre perciò fare capo, specie per quanto attiene ai profili organizzativi ed associativi, al fine di individuare la disciplina concretamente applicabile nelle varie ipotesi” (Cass. Civ. 11218/1992).

L’interesse comune a regolamentare l’utilizzo dell’area nella prospettiva dell’urbanizzazione è il fine principale che spinge i privati a stipulare il contratto di consorzio, in adempimento del quale i contraenti si impegnano a realizzare i servizi e le opere imposte dalle prescrizioni urbanistiche. Esistono però caratteristiche peculiari che ci impongono di non considerare sic et simpliciter il consorzio di urbanizzazione come una semplice associazione non riconosciuta, ma di approfondire il dibattito sulla natura giuridica e soprattutto sulla disciplina da applicarsi nella pratica.

Gli elementi propri della comunione sarebbero desumibili dalla natura propter rem delle obbligazioni e dei vincoli consortili. Si tratta di diritti ed obbligazioni che incombono sul consorziato in quanto proprietario del terreno e a cui il consorziato non potrebbe rinunziare e meno di un’alienazione a favore di terzi della propria quota consortile. Vi sarebbero pertanto elementi di realità – comunione, disciplinati dalle norme proprie della comunione e delle obbligazioni propter rem. La qualità di consorziato e di proprietario sarebbero pertanto inscindibili e non si potrebbe rinunziare ad una senza rinunziare all’altra.


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3. Prassi giurisprudenziali

Nella prassi giudiziaria si è tentato di porre l’accento non solo sulla qualificazione giuridica dell’istituto in astratto, ma soprattutto sugli aspetti pratico – organizzativi ed applicativi, relativi all’attività del consorzio.

Per la costituzione del consorzio, stante la causa associativa dello stesso, troveranno applicazione le norme previste in materia di associazioni non riconosciute (e per analogia anche quelle sulle associazioni riconosciute), mentre per la costituzione, gestione e manutenzione dei beni comuni sarà necessario tenere in considerazione le norme dettate in materia di condominio e comunione. Nasce così una corrente di pensiero diretta a qualificare il contratto di consorzio come un contratto atipico, con elementi tipici sia della comunione sia delle associazioni non riconosciute e con applicazione a seconda dei casi specifici della disciplina dettata per l’uno o per l’altro istituto. E ciò avverrà sulla base nei noti principi della prevalenza o della combinazione.

L’elaborazione giurisprudenziale ha propeso talvolta per la causa associativa, talvolta per la causa costitutiva di una comunione volontaria.

Per l’impugnazione delle delibere assembleari, ad esempio, non dovrà essere rispettato il termine di decadenza di 30 giorni previsto in materia condominiale per l’impugnativa delle delibere, ma esse potranno essere in ogni caso censurabili dinnanzi all’autorità giudiziaria senza termini di decadenza (Tribunale di Milano 18.09.2000), così come previsto in materia di associazioni.

Per le spese relative alla lottizzazione la Suprema Corte in sentenza 1125/1994 ha stabilito che in ottemperanza all’articolo 1101, secondo comma, del codice civile (in materia di comunione), esse si ripartiscono in proporzione alle quote dei partecipanti.

Per ciò che concerne le maggioranze necessarie per l’approvazione delle delibere assembleari (quorum costitutivo e deliberativo), si dovrà fare riferimento alla disciplina dettata dall’articolo 1136 del codice civile (in materia condominiale) e non a quella prevista dall’articolo 21 codice civile in materia di associazioni non riconosciute (Cass. Civ. 3665/2001).

Con riferimento alla disciplina giuridica da applicarsi ai consorzi di urbanizzazione merita particolare attenzione la sentenza della Corte di Cassazione, sez. civile, n. 3665 del 14.03.2001, la quale ha stabilito che pur appartenendo il consorzio alla categoria delle associazioni non riconosciute, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti assume rilievo decisivo ai fini della disciplina applicabile, la volontà dei consorziati contenuta nelle norme statutarie.

La sentenza ha pertanto tentato di inquadrare in astratto la figura del consorzio di urbanizzazione, lasciando però alla libera determinazione delle parti contraenti la scelta circa la disciplina applicabile nella pratica.

4. Il recesso del consorziato

In materia di diritto di recesso del singolo consorziato, stante la natura propter rem, egli non potrà recedere dal contratto di consorzio, senza alienare la propria quota a favore di un terzo (Cass. Civ. 11218/1992). Si pronuncia in tal senso copiosa giurisprudenza: In tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e quelli di proprietà esclusiva, il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall’obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall’art. 1104 c.c., che consente l’”abbandono liberatorio” nella comunione, bensì dall’art. 1118 c.c., che lo vieta nel condominio (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 27634 del 30 ottobre 2018).

I consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un’organizzazione sovraordinata), preordinati (come nella specie) alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi assai complessi ed onerosi, costituiscono figure atipiche che, per essere caratterizzate dall’esistenza di una stabile organizzazione di soggetti funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute. Il problema della normativa ad essi applicabile va, peraltro, risolto alla luce della considerazione che, accanto all’innegabile connotato associativo, essi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità in quanto il singolo associativo, inserendosi, al momento dell’acquisto dell’immobile, nel sodalizio, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, legittimamente qualificabili in termini di obligationes propter rem con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria sicché, insoddisfacenti risultando tanto le teorie che propugnano l’applicazione generalizzata delle norme sulle associazioni, quanto quelle che propendono per il ricorso alle sole disposizioni in tema di comunione e condominio, è d’uopo rivolgere l’attenzione, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, passare all’individuazione della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia. Ne consegue che, qualora (come nella specie) si verta in tema di consorzi di urbanizzazione finalizzati alla costruzione, manutenzione e ripristino dell’acqua e dell’energia elettrica (svolgendo, ancora, tutte le altre attività comunque utili al comprensorio), va esclusa ogni possibilità di recesso degli associati se non per effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare tutte le volte in cui lo statuto disponga, espressamente o implicitamente, in tal senso, senza che ciò violi il principio costituzionale di cui all’art. 18 della Carta fondamentale (poiché anche il recesso rientra, in astratto, tra i modi di esercizio della libertà di cui al detto articolo), atteso che, in tal caso, non tanto si tratta di accertare se i consorziati siano o meno liberi di recedere dalla struttura comune, quanto di stabilire se gli stessi possano sottrarsi ai propri doveri verso il consorzio pur restando proprietari degli immobili di loro pertinenza. (Cass. civ. n. 4125/2003)

5. Clausola di esclusione del recesso: ammissibile

Nulla impedisce di introdurre nello Statuto una clausola di tal genere sebbene occorra soffermarsi sugli effetti che essa possa produrre. Tale clausola, infatti, non potrà impedire il trasferimento della proprietà a terzi se non nei limiti previsti dall’art. 1379 cod. civ., ossia nei limiti di un interesse meritevole opportunamente esplicitato nel contratto e comunque per un periodo massimo non superiore a 5 anni e dal momento che l’adempimento agli obblighi previsti nell’atto costitutivo di consorzio di urbanizzazione non hanno modo di esistere se non qualora il partecipante sia proprietario del bene presente nel comparto, tale clausola non potrà avere effetti oltre i precisati limiti seppur limitatamente alla sola partecipazione al consorzio, avulsa dalla titolarità del bene. Si potrebbe eventualmente prospettare l’introduzione di clausole convenzionali con funzione assicurativa, ossia che comminino sanzioni in caso di cessione dei beni oltre il periodo quinquennale innanzi citato, ma queste clausole vengono incontro ad esigenze diverse ed ultronee rispetto all’esame della fattispecie qui in considerazione.

La giurisprudenza ha, invece, esaminato la diversa situazione di impossibilità di exit in alcuni particolari consorzi di urbanizzazione anche in assenza di apposite clausola convenzionale. Infatti, si è affermato che qualora si verta in tema di consorzi di urbanizzazione finalizzati alla costruzione, manutenzione e ripristino di opere stradali, nonché di quelle per la distribuzione dell’acqua e dell’energia elettrica va esclusa ogni possibilità di recesso degli associati se non per effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare – tutte le volte in cui lo statuto disponga, espressamente o implicitamente, in tal senso, senza che ciò violi il principio costituzionale di cui all’art.18 della Carta fondamentale, poiché anche il recesso rientra, in astratto, tra i modi di esercizio della libertà di cui al detto articolo, atteso che, in tal caso, non tanto si tratta di accertare se i consorziati siano o meno liberi di recedere dalla struttura comune, quanto di stabilire se gli stessi possano sottrarsi ai propri doveri verso il consorzio pur restando proprietari degli immobili di loro pertinenza.

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  1. I consorzi di urbanizzazione e il regime di responsabilità per le obbligazioni dei consorziati – Fondazione Italiana per il notariato – Notaio Alessandro Torroni – 02.12.2015;
  2. Natura e opponibilità del consorzio di urbanizzazione – Commissione Studi del Notariato – Studio Civilistico 587-2016/C -14.02.2017;
  3. Consorzi volontari di urbanizzazione – Altalex – Matteo Santini 7/06/2005;
  4. Commento a sentenza Cass. Civ. Sez. II n.20989 del 6.10.2014 – Consorzi di urbanizzazione – applicazione norme sul condominio – inapplicabilità art. 1104 c.c.

Avv. Cristina Vanni

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