Il preliminare di preliminare alla luce della sentenza delle Ss. Uu.

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Con l’importante sentenza 6 marzo 2015 n. 4628 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite torna a pronunciarsi sulla vexata quaestio della validità del c.d. “preliminare di preliminare”.

Il caso  

Nel lontano novembre ’96, due promittenti venditori di una porzione di fabbricato convenivano in giudizio i promissari acquirenti per chiedere l’esecuzione in forma specifica di un accordo preliminare concluso il 9 luglio 1996. Nel costituirsi in giudizio, i promissari acquirenti resistevano alle pretese avversarie eccependo l’esistenza di una semplice puntuazione, priva di efficacia obbligatoria ed insuscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c. .

Il tribunale di Avellino, prima, e la Corte di Appello partenopea, poi, respingevano la domanda ex art. 2932c.c., ritenendo che il contratto stipulato fosse da qualificare come “preliminare di preliminare” e che fosse, pertanto, nullo per difetto originario di causa.

La vicenda, quindi, approdava in Cassazione.

La Seconda Sezione, investita della questione, pur consapevole dell’orientamento in negativo esposto dalla S.C. (secondo cui “il contratto in virtù del quale le parti si obblighino a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un contratto preliminare di preliminare) è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione”) riteneva opportuno interpellare le Sezioni Unite, posto che “tale orientamento, nella sua assolutezza, potrebbe essere meritevole di precisazioni, con riferimento alle ipotesi che in concreto possono presentarsi”.

Ed invero, il contratto preliminare di contratto preliminare non esaurisce il suo contenuto precettivo nell’obbligarsi ad obbligarsi, ma contiene, come nel caso di specie, anche l’obbligo ad addivenire alla conclusione del contratto definitivo; poste queste premesse, «appare difficile, in considerazione del principio generale di cui all’art. 1419 c.c., comma 1, ritenere che la nullità dell’obbligo di concludere un contratto preliminare riproduttivo di un contratto preliminare già perfetto possa travolgere anche l’obbligo, che si potrebbe definire finale, di concludere il contratto definitivo».

La questione, pertanto, veniva rimessa al vaglio delle Sezioni Unite.

 

Inquadramento normativo

L’analisi delle problematiche sottese alla pronuncia in commento richiede una preliminare esposizione dei tratti fondamentali caratterizzanti l’istituto del contratto preliminare.

Per mezzo di tale peculiare tipologia contrattuale una o entrambe le parti si obbligano alla stipulazione di un successivo contratto, c.d. definitivo, i cui tratti essenziali sono stati già definiti nel preliminare. Il codice civile, senza definirlo, si limita a disciplinarne la forma (all’art. 1351 c.c.), a prevedere il rimedio dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento dell’obbligo a contrarre (all’art. 2932 c.c.), nonché a disciplinarne gli aspetti pubblicitari in relazione alle vicende inerenti a diritti immobiliari (artt. 2645 bis, 2652 n. 2, 2775 bis, 2780, n. 5 bis e 2825 bis, c.c.)  

La “scissione” che esso determina rispetto al contratto definitivo dimostra che le parti sono incerte e intendono meglio orientarsi, sicché essa risponde all’esigenza di “fermare l’affare”, ossia di dare vincoli giuridici all’operazione economica condivisa negli elementi essenziali, restando però, per una delle parti (di regola il compratore) l’esigenza di verificare con certezza la praticabilità dell’operazione, prima ancora che di definirla in termini più precisi e articolati: in tal senso, particolarmente efficace è la definizione del preliminare quale strumento “di controllo delle sopravvenienze”.

Ciononostante, la prassi immobiliare ha da tempo abbandonato lo schema dualistico preliminare/definitivo in virtù dell’adozione di un “contratto preliminare di preliminare”.

Con questa peculiare ipotesi di “procedimentalizzazione” del consenso, i contraenti danno luogo ad un primo preliminare con l’accettazione, da parte del compratore, della proposta di acquisto contenente l’indicazione degli elementi essenziali del contratto (immobile, oggetto della vendita e prezzo); successivamente, ravvisando la necessità di accordarsi anche su altri e più dettagliati elementi, le parti posticipano l’accordo su questi ulteriori elementi in un distinto contratto preliminare. A seguito di tale contratto, raggiunto l’accordo su tutti gli elementi rilevanti, si procede alla stipula del definitivo.

Il contrasto giurisprudenziale

Così succintamente descritto il quadro normativo di riferimento, in apertura della sentenza in commento la Suprema Corte prende atto delle incertezze che hanno agitato per decenni dottrina e giurisprudenza in ordine all’ammissibilità del c.d. contratto preliminare di preliminare.

Sul punto, si sono, infatti, registrati due principali orientamenti:

-secondo un primo indirizzo “tradizionale,” il contratto preliminare di preliminare è nullo per difetto di causa posto che si risolverebbe in un mero “obbligo ad obbligarsi” alla stipula di un ulteriore vincolo dal contenuto analogo (in tal senso, Cass. 8038/09, ove si legge che «L’art. 2932 c.c., instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi… ad obbligarsi a ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito»);

 – un altro orientamento più possibilista considera, invece, benevolmente le ipotesi di c.d. “preliminare aperto”, e cioè di contenitore giuridico “neutro”, capace di inglobare al suo interno ulteriori e distinti contratti (così Cass. 2720/2009: «in tema di minuta o di puntuazione del contratto, qualora l’intesa raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto non è configurabile un impegno con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata la volontà attuale di un accordo contrattuale»).

 

La soluzione delle Sezioni Unite

Così delineati i termini del contrasto, il Collegio di legittimità perimetra la base del suo intervento affermando che la quaestio iuris sottoposta alla sua attenzione richiede di «indagare sulla dinamica degli accordi contrattuali in tema di compravendita immobiliare».

Assai labile è, infatti, il confine tra atto preparatorio o puntuazione, privo di rilevanza negoziale, e contratto preliminare vincolante: occorre stabilire – spiega la Corte – «se e in quali limiti sia riconosciuto nell’ordinamento un accordo negoziale che rimandi o obblighi i contraenti a un contratto preliminare propriamente detto».

Il quesito, come anticipato, si manifesta in tutta la sua pregnanza in materia di vendita immobiliare. In tale sede, infatti, la complessità dei contatti, delle verifiche da effettuare, da un lato per saggiare la serietà dei proponenti, dall’altro per accertarsi della consistenza del bene e dell’affidabilità dei contraenti, hanno portato ad una frequente “tripartizione delle fasi contrattuali”:     1) una prima fase in cui, a volte con la formula, almeno dichiarata, della proposta irrevocabile, l’aspirante acquirente offre un certo corrispettivo per l’acquisto del bene, atto che viene riscontrato dalla accettazione o dal rifiuto del proprietario; 2) una seconda, espressamente prevista, di stipula del contratto preliminare propriamente detto; 3) la terza, costituita dall’indispensabile rogito notarile con il saldo del prezzo.

Nel caso di specie, quindi, il quesito da risolvere concerne «la configurabilità di due fasi anteriori al rogito… giustificabili l’una rispetto all’altra …»

Ebbene, con una presa di posizione importante, la Suprema Corte afferma che alla frammentazione della contrattazione può corrispondere una parcellizzazione degli accordi preliminari alla stipula del definitivo, a condizione, però, che tale procedimentalizzazione delle fasi contrattuali sottenda un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

In tale prospettiva, valorizzando la figura della “causa concreta” (da intendere come “scopo pratico del negozio…sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato” Cass. 10490/06) si riconosce alla volontà delle parti la possibilità di determinare e fissare “un nucleo di interessi da trasfondere nei vari passaggi contrattuali”.

Muovendo da tali presupposti, le Sezioni Unite ritengono che «le posizioni di coloro che pongono l’alternativa <preliminare o definitivo> amputano le forme dell’autonomia privata, sia quando vogliono rintracciare ad ogni costo il contratto preliminare in qualunque accordo iniziale, sia quando ravvisano nel cosiddetto preliminare chiuso il contratto definitivo, passibile soltanto di riproduzione notarile».

Ma – continua la Corte con una precisazione importante – «la procedimentalizzazione delle fasi contrattuali non può di per sé essere connotata da disvalore, se corrisponde a un complesso di interessi che stanno realmente alla base dell’operazione negoziale».

Ed invero, una più esauriente determinazione del contenuto contrattuale – attuata per il tramite della “scansione” della contrattazione in diversi “procedimenti graduali” – può essere prevista per meglio realizzare l’interesse delle parti stesse ad una negoziazione consapevole e informata; inoltre, sottolineano gli Ermellini, se si dovesse ricorrere sempre all’opzione preliminare/definitivo, si dovrebbero riempire gli eventuali contenuti rimasti in sospeso con il meccanismo di cui all’art. 1374 c.c., integratore rispetto al primo accordo incompleto.

Percorrendo i binari così tracciati, la Suprema Corte giunge ad affermare che «dietro la stipulazione contenente la denominazione di “preliminare del preliminare”…si possono dare situazioni fra loro differenti, che delineano sia figure contrattuali atipiche… ma alle quali corrisponde una “causa concreta” meritevole di tutela; sia stadi prenegoziali molto avanzati, cui corrisponde un vincolo obbligatorio di carattere ancora prenegoziale (almeno fra le parti del contratto in relazione al quale si assuma un impegno volto alla successiva stipula di un contratto preliminare) che vede intensificato e meglio praticato l’obbligo di buona fede di cui all’art. 1337 c.c.».

Così stando le cose, lungi dal valutare aprioristicamente come nulla la figura del preliminare del preliminare,  toccherà all’interprete vagliare caso per caso se l’accordo che le parti hanno collocato a ridosso di un successivo preliminare non sia già un contratto preliminare, ovvero, se esso non costituisca invece un vincolo obbligatorio pre-negoziale: in questo secondo caso si sarà di fronte ad un fatto o atto ex art. 1173 c.c. e la responsabilità in caso di violazione del vincolo sorge ex art. 1337 c.c.

Dall’applicazione dei summenzionati principi al caso di specie è scaturito l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice di appello, con enucleazione del seguente principio di diritto:

«In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento.

Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.

 La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale».

Sentenza collegata

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Ilaria Stellato

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