Il Portiere di condominio e la configurazione del rapporto “affectionis vel benevolentiae causa” con il coniuge

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Sommario:

  1. Introduzione
  2. La figura del portiere: nozione e configurazione del rapporto lavorarivo
  3. La collaborazione del coniuge e il rapporto “affectionis vel benevolentiae”

Introduzione

Ancora oggi in molti stabili di condominio, è presente la figura del portiere che seppur presente in numeri più bassi rispetto al passato, in molte realtà esiste ancora e che, in molti casi, vive con la sua famiglia in un alloggio messo a disposizione da e nello stesso. Il presente articolo esaminerà questa figura, fornendo una nozione elaborata dalla dottrina passando per parlare della configurazione del rapporto lavorativo e se l’eventuale collaborazione del coniuge, è tollerabile dalla legge e in che misura.

La figura del portiere: nozione e configurazione del rapporto lavorativo

Una definizione di portiere, data in dottrina è la seguente: “Nella complessa vita moderna e specialmente negli edifici in condominio, che sono delle piccole cellule della società moderna, la funzione del portiere è diventata sempre più ampia e complessa: egli sovraintende a tutta la vita del fabbricato e non semplicemente chi entra e chi esce, mentre se ne sta appostato nella guardiola, ma per far rispettare i regolamenti interni e le disposizioni date dall’amministratore circa l’uso delle cose comuni, come il turno per l’uso del lavatoio e della terrazza di copertura e le ordinanze delle locali autorità che gli vengono comunicate” [1].

Esiste anche un Contratto Collettivo Nazionale di categoria siglato tra Filcams, Cgil, Fisacat Cisl, UILTuCs e Confedilizia, il cosiddetto “Ccnl Portieri”, valido dal 1 Gennaio 2020 al 31 dicembre 2022 e che si accosta al singolo rapporto tra dipendente-datore di lavoro. Il datore di lavoro del portiere è il condominio, è infatti per questo che viene svolta la presentazione; il condomio si fa rappresentare dall’amministratore per le pratiche di assunzione (es: la stipulazione del contratto di lavoro). Per il contratto di lavoro subordinato, la legge non prevede la forma scritta a pena di nullità infatti questo può essere concluso anche per fatti concludenti. Questo principio è stato affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità proprio nei confronti di un rapporto lavorativo tra un condominio ed un portiere, infatti con Sentenza Sez. Lav. 6 marzo 214, n. 5297 si è precisato che: “in materia di rapporto di portierato, in favore di un condominio, l’assemblea dei condomini ha il potere di prestare direttamente il proprio consenso, anche per fatti concludenti, alla conclusione di un contratto. Ne consegue che l’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato può essere desunta, oltre che dalle delibere assembleari, anche dalla esplicazione dell’attività lavorativa, dall’occupazione, da parte del lavoratore, dell’appartamento condominiale assegnato, e dall’accettazione della prestazione di lavoro da parte del condominio”.  Quindi, con il consenso del condominio che si manifesta durante l’assemblea condominiale, è possibile assumere dei portieri senza un accordo scritto tra le parti.

La collaborazione del coniuge e il rapporto “affectionis vel benevolentiae”

Non di rado capitava che, in fase di assunzione, si chiedesse la disponibilità del coniuge del portiere nel dare una mano a titolo gratuito, nel caso in cui quest’ultimo ne avesse avuto bisogno o nel caso in cui fosse ammalato per qualche giorno, in sua assistenza. Quindi per molti anni si è assistita ad una situazione assolutamente tollerata dal condominio e dagli amministratori, in cui il coniuge del portiere gli dava una mano. Negli ultimi anni è capitato a più di qualche coniuge, nel proseguire la sua attività di collaborazione, ottemperando a quanto concordato, di venire richiamato da più condomini, in quanto solo il titolare del rapporto di portineria poteva svolgere le relative mansioni e che l’espletamento delle mansioni da parte del coniuge, configurasse il lavoro in nero, intimando a non proseguire l’attività di assistenza e collaborazione. Arrivando così a decidere in assemblea di chiamare (e pagare) un’agenzia di pulizie esterna nel caso di malattia e mutua del portiere.

Nel momento in cui il condominio instaura un rapporto lavorativo con il portiere, nulla vieterebbe di instaurare un secondo rapporto con il coniuge dello stesso.

Le prestazioni lavorative si presumono a titolo oneroso, cioè vanno retribuite; questo è quanto ricavabile anche dall’art. 2094 c.c. Ciò non toglie che, per questa costituisca la regola generale, non possano essere prese in considerazione delle prestazioni rese a titolo gratuito, configurando un rapporto atipico ammesso dal nostro ordinamento. Già l’art. 2 del D.Lgs 81/2008 (Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) nel dare una definizione di lavoratore, riconosce espressamente che si possa lavorare senza retribuzione. La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con Sentenza 26/01/2009 n. 1833 ha sancito che: “Ogni attività è presunta a titolo oneroso salvo che si dimostri la sussistenza di una finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa”, quindi trattasi di una collaborazione “affectionis vel benevolentiae causa”.

Naturalmente in questi ultimi casi non sarebbe corretto parlare di lavoro nero, semplicemente perché quest’ultimo è basato su una retribuzione nascosta al fisco su cui non si possono calcolare e far pagare le relative imposte. Nel caso della prestazione resa a titolo gratuito, non c’è un compenso su cui farle maturare. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto legittima la prestazione a titolo gratuito resa ad amici e famigliari, da parte dei liberi professionisti e nel dettaglio di un consulente fiscale (Cassazione 21972/2015). Tra gli altri precedenti, la Corte d’Appello di Genova, ha ritenuto poter sussistere il rapporto a titolo gratuito per chi aiuta un commerciante all’interno dell’esercizio commerciale, anche per un legame di amicizia, senza che si configuri un rapporto di lavoro subordinato. [2]

Nel rapporto “affectionis vel benevolantiae causa”, il rapporto si configura tra una persona e un datore di lavoro, con cui c’è direttamente un legame personale. Nel caso del coniuge del portiere, solitamente non è quest’ultimo il suo datore di lavoro ma il condominio. Non è espressamente vietato che il coniuge presti attività collaborativa a titolo gratuito per “affectionis vel benevolentiae” causa, nei confronti e con il consenso del condominio, per un’ulteriore “affectionis vel benevolentiae causa” nei confronti del portiere (suo coniuge), in sua assistenza. Non risulta neanche vietato che il portiere sia datore di lavoro di un suo assistente, dipende anche da quanto pattuito dalle parti in sede di assunzione. Quindi il coniuge svolgerebbe le sue mansioni senza percepire compensi, come assistente al portiere senza che si applichi direttamente a questo il Contratto Collettivo Nazionale di Categoria. L’unico adempimento in capo al datore di lavoro, eventualmente sarebbe il pagamento annuale dell’INAIL, opzione probabilmente più economica del dover chiamare e retribuire una ditta esterna, con cui si andrebbe a configurare un rapporto di lavoro a titolo oneroso. Nel caso in cui il condominio non voglia che il coniuge del portiere svolga delle mansioni per aiutarlo, quindi senza avere nessun rapporto lavorativo con questo, non è detto che sia possibile sanzionare, in particolar modo con il licenziamento, nè lui nè il portiere titolare del rapporto. Per poter configurare tale sanzione è necessario che il soggetto con cui il condominio ha il rapporto di lavoro, ponga in essere un comportamento talmente grave ed irreparabile da non consentire la prosecuzione del rapporto, neanche per una giornata, consentendo di licenziare senza preavviso (giusta causa, art. 2119 c.c.); un comportamento di notevole inadempimento del contratto, non così grave da consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro dovendo però dare un preavviso secondo quanto stabilito dagli artt. 118 ss. del Ccnl Portieri (giustificato motivo soggettivo, art. 3 L. 604/1966); oppure per sopravvenute ragioni, ad esempio economiche, con cui l’assemblea dei condomini può sospendere il servizio di portineria (giustificato motivo oggettivo, art. 3 L. 604/1966). Ad esempio, pulire le scale al posto del portiere che ha mal di schiena e non può farlo personalmente senza che questo si metta in mutua, configurerebbe un inadempimento grave o notevole in capo a quest’ultimo, andando a violare il contratto di lavoro, sopratutto se inizialmente pattuita (anche verbalmente) tale eventualità? Se nel contratto di lavoro, non c’è un espresso divieto a farsi aiutare dal coniuge, non ritengo che sia sanzionabile in alcun modo né sia in alcun modo sanzionabile un soggetto, in questo caso il coniuge del portiere, con cui non si intrattiene un rapporto lavorativo, solo perché svolge mansioni di pulizia (o altre mansioni tipiche della portineria) in quanto abitante dello stabile, condotta che non è prevista come illecita dall’ordinamento e quindi non sanzionabile neanche da un’autorità esterna.

Volume consigliato

Note

Letture consigliate:

[1] Terzago, Il Condominio, Giuffrè, 1985

[2] Danilo Vitali, Le prestazioni a titolo gratuito, Diritto24, 2013

Fabio Di Viesto

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