Il permesso di soggiorno ex art. 31, comma 3 T.U.I.

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Il presente contributo è finalizzato all’approfondimento della disciplina del permesso di soggiorno prevista dall’art. 31, comma 3 del Testo Unico dell’immigrazione.

Per approfondimenti si consiglia: Immigrazione, asilo e cittadinanza

Indice

1. Corte di Cassazione – Sez. Un. Civ. – Ord. n. 21799 del 21/10/2010
2. Corte di Cassazione – Sez. Un. Civ. – Ord. n. 15750 del 07/05/2019
3. Corte di Cassazione – Sez. I Civ. – Ord. n. 18609 del 30/06/2021

SSUU_2010_immigrazione.pdf 79 KB
2019_Cassazione_-15750.pdf 114 KB
2021_Cassazione_18609-2021__art.-31TU-Imm.pdf 166 KB

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1. Il permesso di soggiorno ex art. 31, comma 3 T.U.I.

Nel titolo IV del testo unico dell’immigrazione, D.lgs. n. 286/1998 sono contenute alcune norme che interessano i minori stranieri accompagnati. Tali norme garantiscono una funzione essenziale di tutela per tale categoria di soggetti.
La tutela in esame agisce su due fronti, da un lato si prefigge di garantire l’unità familiare, dall’altro, assicurare una forma di protezione ai minori stranieri.
L’art. 31 comma 3, attribuisce al Tribunale per i Minorenni il potere di concedere a seguito di opportune verifiche, l’autorizzazione al rilascio di un permesso di soggiorno a tempo determinato, a genitori o parenti più prossimi del bambino dovendo far fronte a casi di particolari e/o conclamate esigenze di tutela e comunque nel superiore interesse del minore, a patto che ricorrano alcuni requisiti, tassativamente, indicati dalla legge.
Il terzo comma della norma stabilisce che: “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza”.
La durata del permesso di soggiorno ex art 31 comma 3, corrisponde alla durata attribuita dallo specifico decreto emanato, a tal proposito, dal competente Tribunale per i Minorenni.
Tale provvedimento consente, pertanto, al genitore anche irregolare di ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno denominato “assistenza minori”.

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La pendenza del procedimento volto all’esame della richiesta di protezione internazionale non determina alcuna forma di pregiudizialità rispetto a quello estradizionale

2. I gravi motivi dedotti dalla norma

I gravi motivi, in presenza dei quali è possibile ottenere il rilascio del permesso di soggiorno ex art 31 comma 3, sembrerebbero tassativamente elencati all’interno della  norma, tuttavia, questi ultimi sono stati, più volte, oggetto di un severo esame da parte della giurisprudenza di legittimità.
Se da un verso tali motivi sono riconducibili allo: “sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore”, dall’altro si è ritenuta la sussistenza di “gravi motivi” anche soltanto tenendo conto della tenerissima età del bambino, infatti:
La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal d.lgs. n.286 del 1998, art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non postula necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto[1].
Ebbene, secondo la Suprema Corte, l’allontanamento dal territorio italiano del genitore straniero irregolare o privo del permesso di soggiorno rappresenterebbe in re ipsa un grave pregiudizio.
Tale vulnus, sempre secondo gli ermellini sarebbe così pesante da ingenerare nel minore un pregiudizio tale da sconvolgere il suo sviluppo psico-fisico, condizione questa sufficiente ad ottenere l’autorizzazione al rilascio del permesso di soggiorno ex art. 31 comma 3 T.U.I.
Per completezza di esposizione, tuttavia, è bene ricordare come in passato si è a lungo dibattuto a proposito del rilascio di detta autorizzazione in favore di quei genitori destinatari di condanne per uno dei reati che il testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero, ovvero, nei confronti di quei soggetti suscettibili di costituire una concreta e attuale minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale ed infine verso quegli stranieri ritenuti, semplicemente, non meritevoli di ottenere una delle forme di protezione internazionale previste dal nostro ordinamento.
Ebbene, proprio in riferimento a tali categorie di soggetti, un intervento delle Sezioni Unite del 2019 ha chiarito che in tema di rilascio dell’autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal d.lgs. n.286 del 1998, art. 31 comma 3:
il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario, ma non assoluto[2].
Tale principio è stato di recente confermato da una pronuncia della prima sezione civile, nella quale, la Corte di Cassazione confermando il già richiamato orientamento giurisprudenziale, enunciato dalle sezioni unite del 2019 ha stabilito ulteriormente che:
l’autorizzazione non può essere negata per il solo fatto che il minore sia in tenerissima età e in base al presupposto non adeguatamente motivato che non si sia ancora affermato un radicamento dello stesso in Italia o un legame affettivo con il genitore[3].
In ogni caso, è bene, tuttavia precisare che la presenza di tali requisiti dovrà essere dedotta dal ricorrente e accertata dal competente Tribunale dei Minori, sulla scorta della conclamata o presunta situazione di emergenza relativa alla situazione di eccezionalità e gravità in cui versi il minore. Situazione, questa, in grado di giustificare il rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 31 comma 3 T.U.I.
Tale condizione è pacificamente riconosciuta qualora le condizioni di vita del minore possano rappresentarsi migliori in Italia anziché nel paese di origine.
A tal proposito, pertanto, il Tribunale per i Minori dovrà indagare circa la sussistenza dei gravi motivi sotto un duplice profilo: in primo luogo, la circostanza emergenziale dovrà essere considerata sotto il profilo dell’attualità quando si tratti di autorizzare l’ingresso sul territorio Nazionale del familiare del minore; al contrario, nel caso della richiesta di autorizzazione alla mera permanenza sul territorio italiano del familiare si dovrà valutare se l’eventuale circostanza dell’allontanamento possa ingenerare un pregiudizio futuro in capo al minore.

3. Procedura di autorizzazione e riconoscimento del permesso di soggiorno

L’art. 31 comma 3 del Testo Unico Immigrazione consente al Tribunale per i Minorenni di autorizzare i familiari irregolari a rimanere in Italia mediante il successivo rilascio da parte della Questura di un permesso di soggiorno per assistenza minori.
L’autorizzazione è richiesta al Tribunale dei Minori territorialmente competente attraverso la presentazione di un’istanza.
L’istanza può essere presentata da un singolo genitore o da entrambi i genitori ed in alcuni casi anche dai nonni o da altri parenti del minore.
La presentazione dell’istanza non prevede alcun obbligo di assistenza tecnica legale e può essere presentata direttamente dagli interessati presso la Cancelleria Civile del Tribunale per i Minorenni attraverso un’apposita modulistica scaricabile dai siti internet istituzionali.
Al fine di facilitare le convocazioni degli interessati e ridurre la tempistica del procedimento è opportuno fornire i propri recapiti telefonici, in particolare nel caso in cui manchi apposita assistenza di un avvocato presso il quale eleggere il domicilio o se non si può eleggere domicilio presso un centro o un’associazione che fornisca tale assistenza.
l’istruttoria viene svolta mediante [4]:
·       Audizione dei genitori presenti sul territorio nazionale e dei minori capaci di discernimento (preadolescenti e adolescenti);
·       Verifica del domicilio a mezzo di polizia locale salvo che uno dei due genitori non sia già in possesso di permesso di soggiorno e sia prodotto un regolare contratto di locazione;
·       Acquisizione tramite la Questura di informazioni sulla pendenza di denunce a carico dei genitori o di altre informazioni utili.
Se a fondamento del ricorso vi sono profili sanitari e sono allegate certificazioni se ne chiede conferma al medico curante.
Se necessario vengono acquisite informazioni e indagini dalle strutture scolastiche frequentate dai minori e dai servizi sociali.
All’istanza è opportuno allegare i seguenti documenti:
·       copia dei passaporti dei minori e del ricorrente;
·       copia dell’eventuale permesso di soggiorno già posseduto del ricorrente, anche se scaduto;
·       copia dell’atto di nascita del/i minore/i;
·       copia della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno dell’altro genitore se posseduti;
·       copia della documentazione medica aggiornata relativa allo stato di salute del/lla/dei minore/i, con indicazione delle visite mediche già calendarizzate;
·       copia dell’eventuale contratto di lavoro o copia della dichiarazione di impegno all’assunzione da parte del datore di lavoro;
·       copia del contratto di locazione o di altro titolo abitativo;
·       copia certificato di iscrizione o frequenza ad istituti scolastici del/lle/i minore/i;
·       certificato penale del casellario giudiziale del/dei ricorrente/i;
Un caso particolare riguarda i minori ospiti di comunità o progetti territoriali di accoglienza, nei quali il bambino solitamente è collocato insieme a uno o più familiari in attesa che la loro richiesta di protezione internazionale sia evasa dalla Commissione Territoriale competente.
Ebbene, in questo caso le Commissioni Territoriali che non riconoscano in capo ai familiari del minore, il diritto di ottenere una delle forme di protezione internazionale previste dal nostro ordinamento hanno l’obbligo di verificare se sussistano i presupposti, per la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni competente, sul rilascio del permesso ai sensi dell’art. 31 co. 3 d.lgs. n. 286/1998.
A questo punto, pertanto, sarà attivato il procedimento autorizzativo già precedentemente descritto. Si dibatte, tuttavia, se in questo ultimo caso sia necessaria o meno la presentazione dell’istanza volta all’ottenimento dell’autorizzazione da parte degli interessati.
A tal proposito, si evidenzia che la cancelleria del Tribunale dei Minori competente, ricevuta la segnalazione a cura delle Commissioni Territoriali ha l’onere di aprire tale procedimento d’ufficio.
L’atto autorizzativo sarà notificato, al termine del procedimento, all’indirizzo di posta elettronica certificata della comunità o del centro di accoglienza in cui il minore è collocato insieme ai suoi familiari.     
In ogni caso, una volta ricevuta l’autorizzazione, il permesso di soggiorno per Assistenza Minori potrà essere richiesto direttamente presso l’ufficio immigrazione della Questura competente.

4. Attività lavorativa e conversione

Il permesso di soggiorno per assistenza minori consente al suo titolare, sia esso genitore o parente più prossimo del bambino, di svolgere attività lavorativa, tuttavia, essendo a tempo determinato, in prossimità della sua scadenza richiede di essere rinnovato.
Il rinnovo potrà avvenire previa autorizzazione del competente Tribunale dei Minori, mediante la presentazione di un nuovo ricorso depositato presso la cancelleria. 
Il permesso di soggiorno ex art. 31 comma 3 T.U.I. è altresì convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato [5].
A tal proposito, dovrà essere presentata una apposita istanza, tramite kit postale o professionisti abilitati, alla Questura competente per residenza o domicilio e sarà necessario sottoscrivere un contratto di soggiorno con il datore di lavoro e allegando idonea documentazione.

Note

  1. [1]

    Suprema Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili Ord. n. 21799/2010.

  2. [2]

    Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Ord. n. 15750/2019.

  3. [3]

    Suprema Corte di Cassazione, prima Sez. Civile, Ord. n. 18609/2021.

  4. [4]

    Tribunale per i Minorenni di Milano, informazioni tratte dal sito: https://www.tribmin.milano.giustizia.it/it/Content/Index/28698.

  5. [5]

    Decreto-legge, 21 ottobre 2020 n. 130

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Carmelo Trifilò

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