Il licenziamento per calo dei profitti. Analisi dei presupposti e del percorso della giurisprudenza di legittimità

Scarica PDF Stampa
Esaminiamo ora una recente pronuncia di Cassazione, precisamente SEZIONE VI, ORDINANZA 18 LUGLIO 2019, n. 19302, la quale ha avuto modo di pronunciarsi su una particolare tematica: il licenziamento per calo dei profitti.

I) Definizioni del licenziamento

Occorre al proposito premettere brevemente qualche nozione. Com’è noto, nell’ambito della disciplina giuslavorista, si suole distinguere il licenziamento per giusta causa, consistente, in definitiva, in fatti che, seppur estranei al rapporto di lavoro, ledano irreparabilmente il vincolo di fiducia (C.f.r.: Zaccardii: Manuale breve di diritto del lavoro ( Nel diritto editore, pag. 333), dal licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ovverosia un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore (c.fr. Zaccardi, cit., pag. 335), dal licenziamento, infine per giustificato motivo oggettivo, consistente in ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (c.f.r art. 3 L 604/1966) (c.f.r ancora: Zaccardi: cit., pag. 335, per le definizioni, in ogni caso, si confrontino anche: Mazzotta: Diritto del Lavoro, ed. Giuffrè e Dell’Olio, appunti dalle lezioni della Scuola di Specializzazione in diritto sindacale, del lavoro e della previdenza, Macerata).

II) Le posizioni della giurisprudenza di legittimità sull’argomento

In merito alla tematica in esame, la giurisprudenza, a partire da alcuni arresti dell’anno 2016 (sentenze, n. 18409 e n. 19185) e, con dichiarato intento nomofilattico, con la pronuncia n. 25201, ha superato il proprio precedente orientamento secondo cui le “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa” che giustificano il licenziamento ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, consisterebbero nella necessità di far fronte a “situazioni economiche sfavorevoli non contingenti” o a “spese straordinarie”. Nei citati arresti si è, infatti, riconosciuto che il giustificato motivo oggettivo si sostanzia in ogni modifica della struttura organizzativa dell’impresa che abbia quale suo effetto la soppressione di una determinata posizione lavorativa, indipendentemente dall’obiettivo perseguito dall’imprenditore,sia esso, cioè, una migliore efficienza, un incremento della produttività – e quindi del profitto – ovvero la necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese straordinarie. (c.f.r. www.altalex.com)

III) Le motivazioni dell’Ordinanza di Cassazione civile, Sezione VI, Ordinanza 18 Luglio 2019, n. 19302

La giurisprudenza della Corte, a partire da alcuni arresti dell’anno 2016 (Cass. sez. lav. 20.09.2016, n. 18409; 28.09.2016 n. 19185), come anche sopra specificato e, con dichiarato intento nomofilattico, con l’arresto del 7.12.2016 n. 25201, ha superato il proprio precedente orientamento secondo cui le “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa” che giustificano il licenziamento ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, consisterebbero nella necessità di far fronte a “situazioni economiche sfavorevoli non contingenti” o a “spese straordinarie”.

Nei citati arresti si è infatti riconosciuto che il giustificato motivo oggettivo si sostanzia in ogni modifica della struttura organizzativa dell’impresa che abbia quale suo effetto la soppressione di una determinata posizione lavorativa, indipendentemente dall’obiettivo perseguito dall’imprenditore, sia esso, cioè, una migliore efficienza, un incremento della produttività – e quindi del profitto – ovvero la necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese straordinarie. Tale principio, cui ha inteso assicurare continuità la giurisprudenza successiva (per tutte: Cass. sez. lav. 15.02.2017 n. 4015; 24 maggio 2017 n. 13015; 2 maggio 2018 n. 10435; 23 maggio 2018, n. 12794), deve essere in questa sede ribadito. Il controllo in sede giudiziale della sussistenza del giustificato motivo si sostanzia dunque: – in primo luogo, nella verifica della effettività e non pretestuosità della ragione obiettiva, per come dichiarata dall’imprenditore (sicchè ove lo stesso datare di lavoro abbia motivato il licenziamento sulla base di situazioni sfavorevoli o spese straordinarie la mancanza di prova delle medesime produce la illegittimità del licenziamento non già perchè non integranti in astratto il giustificato motivo obiettivo ma perchè in concreto si accerta che il motivo dichiarato non sussiste ed è pretestuoso; cfr. Cass. Civ. sez. lav. 15.2.2017 n. 4015);-di poi, del nesso causale tra la ragione accertata e la soppressione della posizione lavorativa (in termini di riferibilità e coerenza del recesso rispetto alla riorganizzazione). (c.f.r per tutto: www.altalex.com)

IV) Considerazioni finali

La tematica in esame in effetti è un qualcosa di speculativo sulle nozioni relative alla tipicità del licenziamento, come definite nella L. 604/1966 e, più in particolare, nell’articolo 3 della stessa legge. Importante ad avviso di chi scrive, semmai, il refrain della Cassazione sulla prova del nesso causale, molto importante, anche in chiave di maggior tutela del lavoratore. La pronuncia che si commenta, d’altro canto, si inserisce proprio in un indirizzo sul quale si insiste, anche doverosamente. Quindi giuste, sotto questo aspetto, le motivazioni dei Giudici di Legittimità.

Volume consigliato

Il lavoro nero

Il presente volume intende affrontare le diverse sfaccettature del lavoro nero, cercando di guidare il professionista nelle problematiche, di carattere non solo nazionale ma altresì transfrontaliero, che lo caratterizzano. Infatti, il fenomeno è assai complesso e può presentarsi sotto molteplici forme ed aspetti, ponendosi sempre come vulnus di diritti individuali, sociali ed economici: il lavoro non dichiarato ha gravi implicazioni per i lavoratori interessati che si trovano spesso a dovere accettare condizioni di lavoro assai precarie, con retribuzioni inferiori rispetto a quelle contrattual-collettive, con violazioni dei diritti individuali e ridotta tutela in materia di sicurezza sul lavoro, a non avere opportunità di sviluppo delle proprie competenze. Il lavoro nero determina quindi danni sia al lavoratore, sia a tutta la società, per il minor gettito fiscale e dei contributi e all’intera economia per l’evidente distorsione che determina alla concorrenza.Il testo non è una mera ricognizione di commento a disposizioni di legge, ma ha in sé il valore aggiunto di avere sempre sullo sfondo il valore del lavoro e della persona. Michele Di Lecce Magistrato, dal giugno 2003 a febbraio 2012 é stato Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Alessandria. Dal febbraio 2012 al dicembre 2015 é stato Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova e ha assunto anche l’incarico di Procuratore Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo per il distretto di Genova. E’ stato professore a contratto di Diritto Giurisprudenziale del Lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Pavia, nonché docente di Diritto Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Piemonte Orientale. Ha fatto parte di commissioni ministeriali per la riforma del sistema sanzionatorio penale e del diritto penale del lavoro. Fa parte di Comitati Scientifici di riviste giuridiche e tecniche. È stato di recente nominato Garante di Ateneo dall’Università degli studi di Genova per gli anni accademici 2017-2021.Corrado Marvasi, Avvocato, attualmente si dedica alla ricerca in campo giuridico, cercando di coniugare l’esperienza maturata in tanti anni di professione con l’approfondimento del diritto nei suoi vari settori. Autore di diverse monografie in tema di diritti reali, di espropriazione per pubblica utilità, di mandato e di carattere processualistico.

Michele Di Lecce, Corrado Marvasi | 2019 Maggioli Editore

56.00 €  53.20 €

Michele Vissani

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento