Il diritto di controllo nelle società di capitali

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  1- Premessa: l’impostazione delle società di capitali dopo la riforma del 2003; 2.1-I sistemi di amministrazione e di controllo nelle S.p.A.; 2.2- Il collegio sindacale nelle S.p.A..; 2.3- I poteri del collegio sindacale nelle S.p.A.; 2.4- La tutela delle minoranze nelle S.p.A.; 3.1- Il diritto di controllo dei soci nelle S.r.l.; 3.2- Il collegio sindacale nelle S.r.l.; 4- La legge di stabilità 2011 ed il decreto semplificazioni e sviluppo 2012:quali novità per le società di capitali?

 

1- Premessa: l’impostazione delle società di capitali dopo la riforma del 2003

Il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 61, ha riformato organicamente le società di capitali, differenziandone i modelli e semplificandone la disciplina.

L’impronta che il legislatore ha inteso dare a questo tipo di società si riassume nell’idea di convogliare la grande impresa nella forma della S.p.A., e la piccola impresa, per lo più di impostazione familiare, nella forma della S.r.l. (immediato riscontro a questa impostazione è rinvenibile, ictu oculi, nelle soglie del capitale minimo di costituzione che laddove nelle S.p.A. è di € 120.000, nelle S.r.l. è di € 10.000).

I principi ispiratori della riorganizzazione sono sinteticamente individuabili nella centralità del diritto/dovere d’informazione, nel rafforzamento dei diritti delle minoranze, nella tipizzazione normativa di posizioni giurisprudenziali già consolidate e nella flessibilità delle regole organizzative.

In particolare, con riferimento a tale ultimo aspetto, per ciò che concerne le S.r.l. tali principi hanno dato luogo alla formazione di una disciplina estremamente elastica per le s.r.l. che lascia ampio spazio all’autonomia privata e che rafforza la tutela del singolo socio, fino al punto da legittimarlo ad esperire individualmente l’azione sociale di responsabilità verso gli amministratori.

Per quanto concerne invece le S.p.a., le quali erano già state oggetto di interventi sia nella metà degli anni 70′, con la L. 7 giugno 1974, n. 216, sia con l’introduzione del T.u.f., ad opera del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 582, la riforma del 2003 ha inciso nella struttura organizzativa delle stesse prevedendo la possibilità per tali società di scegliere tra diversi sistemi di amministrazione e controllo, mutuati dalle esperienze tedesco e anglosassone, i c.d. sistemi dualistico e monistico.

 

2.1 – I sistemi di amministrazione e di controllo nelle S.p.A.

I sistemi di amministrazione e di controllo c.d. “alternativi”, introdotti dalla riforma del 2003, sono andati ad affiancare il modello tradizionale.

Il disposto dell’art. 2380 c.c., prevede che nello statuto delle S.p.A. possa essere scelto uno di questi tre modelli di amministrazione e controllo:

  1. il sistema tradizionale;

  2. il sistema dualistico (di ispirazione tedesca);

  3. il sistema monistico (di ispirazione anglosassone);

Con riferimento alla prima delle tre tipologie sopraindicate – disciplinata nella sezione VI bis del codice civile, ai paragrafi 2, 3, e 4 – è pacifico che la stessa si basi sulla distinzione tra un organo di gestione, il quale è formato da un amministratore, o da un consiglio di amministrazione, e da un organo di controllo, che è rappresentato dal collegio sindacale o dal sindaco unico3.

Entrambi gli organi sono nominati dall’assemblea dei soci ma hanno funzioni ben distinte: laddove gli amministratori hanno cura della gestione sociale e pongono in essere le operazioni richieste per l’attuazione dell’oggetto sociale, i sindaci, invece, svolgono la funzione di controllo interno, che si esplica nell’attività di controllo sugli amministratori, sull’assemblea e sull’attività di amministrazione globalmente intesa.

Passando ad esporre i sistemi “alternativi”, dualistico e monistico, si deve dapprima rammentare che questi devono essere necessariamente previsti dallo statuto. In mancanza di detta menzione, infatti, come rinvenibile dall’art. 2380 c.c., l’amministrazione e il controllo sono disciplinati secondo il modello tradizionale.

Il modello dualistico, che viene disciplinato a partire dall’art. 2409 octies c.c., trae origine dall’esperienza tedesca ed è incardinato sulla previsione di due organi, denominati “consiglio di gestione” e “consiglio di sorveglianza”.

Al “consiglio di gestione”, allo stesso modo del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale, spetta l’attuazione dell’oggetto sociale, mentre del tutto peculiari risultano le competenze del “consiglio di sorveglianza”.

Quest’ultimo non è unicamente preposto allo svolgimento delle funzioni di controllo tipiche del collegio sindacale nel sistema tradizionale, bensì, come indicato all’art. 2409 terdecies, ha anche stringenti funzioni di indirizzo. Funzioni che normalmente sono proprie dell’assemblea dei soci, ovvero: nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione, approvazione del bilancio di esercizio, promozione dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione4.

Il codice civile, da ultimo, disciplina ai sensi dell’art. 2409 sexiesdecies il sistema monistico, di ispirazione anglosassone.

Questo modello è caratterizzato dalla riunione delle funzioni di controllo e di amministrazione in capo all’unico organo previsto: il consiglio di amministrazione.

Proprio per la particolarità dell’organo di controllo, sono previsti specifici requisiti di indipendenza per i suoi componenti. Questi, i quali vengono nominati dal consiglio di amministrazione, sono amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409 spetiesdecies5.

Come osservato da autorevole dottrina “il sistema monistico fa sì che gli addetti al controllo della gestione siano resi partecipi delle decisioni gestionali, giacché essi seggono nel consiglio di amministrazione, del quale sono componenti, e votano nelle deliberazioni consiliari. Il che consente ai controllori di acquisire una più approfondita conoscenza dei meccanismi gestionali della società; vale, al tempo stesso, a rendere la gestione sociale più attenta al rispetto della legalità e dell’efficienza. Questo sistema sembra potersi rendere confacente alla più varia tipologia delle imprese operanti in forma di società per azioni”6.

 

2.2 – Il collegio sindacale nelle S.p.A.

Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno delle società di capitali.

La disciplina regolatrice di quest’organo è stata e continua ad essere oggetto di modifiche, che si avvicendano nel tempo con quasi prevedibile scadenza7.

Nella definizione dell’art. 2397 c.c., che disciplina il collegio sindacale all’interno delle società per azioni, questo può essere formato da tre o da cinque membri, scelti o meno tra i soci, e da due membri supplenti, i quali subentrano in caso di necessità al fine di garantire la completa costituzione del collegio8.

La prima nomina dei sindaci avviene nell’atto costitutivo e alla scadenza del mandato di questi, spetta all’assemblea la nomina del nuovo collegio.

In base al disposto dell’art. 2397, secondo comma, i sindaci devono possedere stringenti requisiti di professionalità9: almeno un membro effettivo e un supplente devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili10 mentre gli altri devono essere scelti fra gli iscritti agli albi professionali individuati con decreto del Ministero della Giustizia, o fra professori universitari di ruolo in materie economiche e giuridiche11.

Restano in carica per tre esercizi ed il loro mandato scade in data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica. L’assemblea ha il potere di revocarli, nel caso sussista una giusta causa, ma la delibera di revoca deve essere in ogni caso approvata con decreto del Tribunale.

 

2.3- I poteri del collegio sindacale nelle S.p.A.

La funzione principale del collegio sindacale è rinvenibile nel dettato dell’art. 2403 c.c., ossia quella di vigilare “sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”12.

Tale vigilanza è rivolta sia all’operato degli amministratori, sia all’attività dell’assemblea ed è potere-dovere dei sindaci intervenire nelle riunioni e impugnarne le delibere13.

L’art. 2403 bis enuncia i poteri che gli vengono riconosciuti.

Il principale potere in capo ai sindaci è quello di poter procedere, in qualsiasi momento, ed anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo. Inoltre possono chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari14.

I sindaci devono adempiere “i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico”15. Essi sono, inoltre, responsabili delle loro attestazioni16 ed hanno l’obbligo di mantenere riservati i documenti ed i fatti di cui vengono a conoscenza.

Il secondo comma dell’art. 2407 prevede una responsabilità solidale dei sindaci e degli amministratori, che si ha qualora il danno derivato dalla mala gestio degli amministratori non si sarebbe prodotto se il collegio sindacale avesse vigilato secondo gli obblighi spettanti alla propria carica17.

L’attività di controllo dei sindaci può essere anche richiesta dai soci, i quali nella società per azioni sono privi di individuali diritti di controllo.

Tuttavia vi sono particolari forme di tutela del socio che in determinate condizioni può richiedere l’intervento del collegio.

Una di queste è rappresentata dalla denunzia al collegio sindacale ed è disciplinata ai sensi dell’art. 2408.

La formulazione della norma prevede che, qualora un socio ravvisi dei fatti censurabili, deve farne denunzia al collegio, il quale è obbligato a tenere conto della denunzia nella relazione all’assemblea.

Se invece la denunzia è fatta da tanti soci che rappresentino un ventesimo del capitale sociale, o un cinquantesimo del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al capitale di rischio, o nel caso rappresentino la minore percentuale prevista dallo statuto, il collegio deve indagare senza ritardo sui fatti e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all’assemblea18.

Altro rimedio contro la mala gestio degli amministratori è previsto dall’art. 2408, il quale prevede che, nel caso di “gravi irregolarità” compiute dagli amministratori nella gestione, i soci o i sindaci possono denunziare tali fatti al Tribunale, mediante ricorso notificato alla società.

Il Tribunale, dopo aver sentito in camera di consiglio gli amministratori ed i sindaci, può ordinare il compimento di atti ispettivi.

Se le violazioni sussistono, il tribunale dispone gli opportuni provvedimenti, e nei casi più gravi può disporre la revoca degli amministratori e dei sindaci, nominando un amministratore giudiziario.

 

2.4 La tutela delle minoranze nelle s.p.A.

Il diritto di controllo nelle S.p.A. non è direttamente ricollegabile alla persona del socio, come invece nelle S.r.l..

Nelle S.p.A. la funzione di controllo sulla gestione spetta soltanto al collegio sindacale che vigila sull’osservanza della legge e dello statuto da parte degli amministratori e sulla regolarità delle assemblee.

Tuttavia, soprattutto a seguito della riforma del 2003, sono stati introdotti nuovi e marcati ambiti di tutela nei confronti dei soci di minoranza.

Un primo tipo di controllo dei soci è rappresentato dalla possibilità di impugnare le delibere assembleari, come previsto dall’art. 2377 c.c..

Al terzo comma, infatti, si prevede, nel caso di delibere assembleari adottate in mancanza dei requisiti di conformità di legge o di statuto, la facoltà di impugnativa da parte dei soci, dissenzienti o astenuti, che rappresentino il cinque per cento del capitale sociale, nelle S.p.A. chiuse, e quelli che rappresentino l’un per mille nelle società che ricorrono al mercato del capitale di rischio19.

Una più stringente forma di tutela dei soci di minoranza, invece, è rappresentata dalla denunzia al collegio sindacale, disciplinata dall’art. 2408 c.c..

Ai sensi del primo comma dell’articolo, ogni socio può denunziare fatti censurabili al collegio sindacale. Il secondo comma del 2408, invece, fa sì che quando la denunzia provenga da tanti soci che rappresentino un ventesimo del capitale sociale, o che rappresentino un cinquantesimo delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il collegio sindacale sia tenuto ad indagare senza ritardo sui fatti e a presentare conclusioni e proposte all’assemblea, anche nei casi di cui all’art. 2406, secondo comma.

Nel caso in cui i soci abbiano fondato sospetto del compimento di gravi irregolarità, da parte degli amministratori, durante la gestione, questi possono esperire lo strumento predisposto dall’art. 2409: la denunzia al tribunale.

I soci che rappresentino un decimo del capitale sociale nelle società chiuse e un ventesimo del capitale nelle società che fanno ricorso al capitale di rischio, possono, ricorrendone i presupposti, denunziare i fatti al tribunale tramite ricorso.

Il tribunale, sentiti gli amministratori e i sindaci, può ordinare un’ispezione e se del caso, disporre opportuni provvedimenti provvisori20.

Altra forma di tutela delle minoranze è data dall’azione sociale di responsabilità esercitata da soci,ex art. 2393 bis.

In origine, a seguito della riforma del 1998, la possibilità di esercitare l’azione sociale di responsabilità era prevista unicamente per le società con azioni quotate ed era disciplinata dall’art. 129 del T.u.f.21.

Con la vasta riforma del 2003, che ha avuto tra i suoi principali obiettivi quello di rafforzare la tutela dei soci di minoranza nelle società di capitali, la possibilità di promuovere tale azione è stata estesa ai soci di minoranza delle altre società per azioni, e quindi non solo di quelle quotate.

L’attuale testo dell’art. 2393 bis prevede che l’azione sociale di responsabilità può essere esercitata “anche dai soci che rappresentino un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non inferiore al terzo”.

Nelle società che fanno, invece, ricorso al mercato del capitale di rischio l’azione può essere esercitata dai soci che rappresentino un quarantesimo del capitale sociale, o la minore misura prevista dallo statuto22.

 

3.1- Il diritto di controllo dei soci nelle S.r.l.

Con la riforma del 2003 la Società a responsabilità limitata ha cambiato considerevolmente la sua struttura.

Laddove prima si caratterizzava per essere una piccola S.p.A., ricalcandone pedissequamente le principali caratteristiche, a seguito della novella la sua struttura appare del tutto peculiare, a metà strada tra la disciplina delle società di persone e quella delle società di capitali.23

La nuova normativa ha riconosciuto grande autonomia alla volontà dei privati, concedendo a questi importanti poteri per la regolazione dei propri interessi. Tra questi preminente è il diritto di controllo dei soci.

Il diritto di controllo dei soci nelle S.r.l. è disciplinato dall’art. 2476 c.c., il quale al secondo comma enuncia: “i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”.

In base a questa disposizione normativa vengono sanciti due importanti diritti dei soci: il diritto ad essere informati sullo svolgimento degli affari sociali e il diritto alla consultazione dei libri contabili e dei documenti amministrativi24.

Questi sono da intendersi come diritti inderogabili che non possono essere esclusi o limitati dalle clausole statutarie25 e, oltretutto, anche qualora il controllo interno della società sia affidato al collegio sindacale, ex. art. 2477 c.c., il socio continua a mantenere questi diritti di controllo diretto26.

Il diritto di informazione si concretizza nella richiesta formulata dai soci agli amministratori di essere informati sugli affari sociali27, sullo stato del patrimonio, sulla gestione della società e sui rapporti giuridici ed economici.

Come sostenuto da parte della dottrina, le notizie richieste dai soci devono essere obbligatoriamente fornite dagli amministratori “sia nella fase iniziale della conclusione dell’affare, sia nel corso dell’affare stesso, attraverso un vero e proprio monitoraggio delle operazioni”28.

Il diritto di consultazione, invece, il quale può essere fatto valere anche tramite professionisti di fiducia, consiste nel potere di consultare ed ispezionare i libri sociali (di cui all’art. 2478 c.c.) e i libri contabili (di cui all’art. 2241 c.c.).

Relativamente a quest’ultimo diritto, sono sorti problemi in merito alla mancata espressa previsione della possibilità di estrarre copia dei documenti e dei libri.

La giurisprudenza si è pronunciata in maniera non sempre univoca al riguardo.

In particolare, a volte ha riconosciuto che “il diritto di controllo spettante al singolo socio ai sensi dell’art. 2476, comma 2, concerne senza limitazioni ogni documento afferente alla gestione della società (anche se non implica il diritto di estrarne copia) e può essere azionato anche in via cautelare anticipatoria a mezzo del provvedimento di urgenza” (così il Trib. Roma, ordinanza del 27 settembre 2004).

In senso opposto, ma secondo un orientamento ormai consolidato, si è espresso il Tribunale di Pavia, statuendo che “la mancata espressa previsione del diritto di estrarre copia non vale ad escludere l’esistenza di tale diritto, da ritenersi inscindibilmente derivante dal più ampio potere di controllo del socio di S.r.l.”( Trib. Pavia, Sez. I, ordinanza 1 agosto 2007)29.

L’uso di tali documenti è limitato esclusivamente all’esercizio del controllo del socio sulla gestione societaria. Pertanto il socio non può divulgarli a terzi o renderli pubblici, stante il rispetto del generale principio di buona fede e correttezza nei comportamenti, oltreché dell’obbligo di non divulgare le notizie riservate30.

Un rimedio che può essere esperito dal socio nel caso in cui gli amministratori si rifiutino di rilasciare gli estratti dei libri e dei documenti sociali, è quello di adire l’autorità giudiziaria mediante il ricorso alla procedura cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c.31.

Nel caso di specie gli amministratori che ostacolano lo svolgimento dell’attività di controllo o di revisione, legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o ai revisori, vengono puniti con sanzioni amministrative o con la reclusione fino ad un anno per “impedito controllo”, ex art. 2625 c.c.32.

Attenendosi al dettato normativo, i diritti di controllo spetterebbero unicamente ai “soci che non partecipano all’amministrazione” e questo in ragione del fatto che i soci “amministratori”, in quanto tali, avrebbero già contezza dello svolgimento degli affari sociali.

Parte della dottrina, tuttavia, ha ritenuto che in capo ai soci amministratori della s.r.l., vi sia un “potere-dovere di controllo”, e in quanto “connaturato alle loro funzioni e responsabilità, non richiede una specifica previsione normativa33.

Infine, va ricordato che il diritto di controllo spetta altresì al socio titolare di particolari diritti amministrativi, ai sensi dell’art. 2468, terzo comma, all’usufruttuario, al creditore pignoratizio, al custode in caso di sequestro34 ed al socio recedente, il quale diritto sarebbe però limitato alle sole informazioni inerenti la quota35.

 

3.2 Il collegio sindacale nelle S.r.l.

Nelle società a responsabilità limitata è lasciato grande spazio all’autonomia statutaria.

Infatti, in base al dettato dell’art. 2477 c.c., l’atto costitutivo della società può prevedere, tra le altre cose, la nomina del collegio sindacale o di un revisore, determinandone le competenze e i poteri.

Tuttavia, se la società abbia un capitale sociale non inferiore ai €120.000, o se sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato, o se sia controllante di una società obbligata alla revisione legale dei conti, o per due esercizi consecutivi abbia superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’art. 2453 bis, secondo comma, è obbligata a nominare un collegio sindacale36.

Nella specie l’assemblea deve provvedere alla nomina del collegio entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio in cui scatta l’obbligatorietà di tale organo di controllo.

Nel caso in cui debba esserci il controllo legale dei conti obbligatorio, ex art. 2477 secondo e terzo comma, è necessario che si provveda alla nomina di un collegio di sindaci cui “si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni”37.

Sul tipo di controllo che debba attribuirsi al collegio sindacale nelle s.r.l. la dottrina non ha un’opinione concorde: alcuni ritengono che tale controllo debba essere solamente di tipo contabile38, altri, invece, insistono sull’affidamento a questi di un controllo amministrativo, oltrechè del controllo contabile39.

Infine va ricordata l’inapplicabilità dello strumento della denunzia al Tribunale, ex art. 2409, da parte della S.r.l..

Come affermato nella Relazione illustrativa al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, nella nuova disciplina delle S.r.l. diventa “superflua ed in buona parte contraddittoria con il sistema la previsione di forme di intervento del giudice quali quelle ora previste dall’art. 2409. Esse, infatti, sono sostanzialmente assorbite dalla legittimazione alla proposizione dell’azione sociale di responsabilità da parte di ogni socio e dalla possibilità di ottenere, in quella sede, provvedimenti cautelari come la revoca degli amministratori”40.

 

4 – La legge di stabilità 2011 e il decreto semplificazioni e sviluppo 2012: quali novità per le società di capitali?

A seguito dell’emanazione della legge di stabilità del 12 novembre 2011, n 18341 e del decreto legge del 9 febbraio 2012, n. 542, sono state introdotte nuove regole inerenti la composizione del collegio sindacale, sia in riferimento alle S.p.A., sia in riferimento alle S.r.l..

La novità di questa parziale riforma consiste nello snellimento dell’organo di controllo, ovvero della possibilità di nominare in sede statutaria, un sindaco unico al posto del collegio sindacale.

Nella specie, con riferimento alle S.p.A., il nuovo articolo 2397, ampliato da un terzo comma, statuisce che “se lo statuto non dispone diversamente e se ricorrono le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’articolo 2435 bis, le funzioni del collegio sindacale sono esercitate da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro. L’assemblea provvede alla nomina del collegio sindacale, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio dal quale risulta che sono venute meno le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata. Scaduto il termine, provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato”.

Dalla novella, quindi, risulterebbe che per le S.p.A., nel caso ricorressero le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata e nel caso in cui lo statuto non disponga diversamente, le funzioni svolte finora dal collegio sindacale sarebbero esercitate da un sindaco unico, scelto tra i revisori legali iscritti nel registro.

La composizione dell’organo di controllo è stata modificata anche in riferimento alle S.r.l..

Queste, nell’attuale formulazione dell’art. 2477 c.c., possono prevedere in sede statutaria che l’organo di controllo abbia una composizione monocratica o viceversa collegiale e che nel caso nulla venga deciso nello statuto in merito alla composizione, questa è da intendersi in senso monocratico.

Pertanto, mentre per le S.p.A. l’adozione del sindaco unico è possibile solo se prevista nello statuto ed all’avverarsi di determinati e stringenti requisiti (redazione del bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435bis), per le s.r.l., invece, qualora questa siano obbligate alla nomina dell’organo di controllo, la composizione deve essere determinata in sede statutaria e nel caso in cui non così non fosse, l’organo è da considerarsi in composizione monocratica.

Tuttavia, sono state forti le perplessità su queste nuove formulazioni e sono state espresse già a seguito dell’approvazione della Legge di stabilità del 2011.

In particolare, uno dei commenti critici è stato quello espresso dal Consiglio Nazionale dei dottori Commercialisti e degli esperti contabili nella nota interpretativa alla Legge 183 del 201143.

Il Consiglio ha ritenuto inadeguate le modifiche apportate, sia per il metodo utilizzato, sia per la finalità che vorrebbero raggiungere.

Inerentemente il metodo, non è stata apprezzata la scelta di rimodellare le norme del codice civile con un emendamento.

Riguardo invece alle finalità, ovvero quelle di ridurre gli oneri per le società, “tale obiettivo non può in alcun modo essere realizzato da norme che lasciano invariati i controlli e le correlate responsabilità che gravano sui soggetti incaricati di quei controlli”.

In conclusione, l’introduzione del sindaco unico, a parere del Consiglio dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, sarebbe stata eseguita con un “negativo approccio” al presidio di legalità, il quale, invece, proprio nella collegialità dell’organo di controllo trova un punto di forza, soprattutto a tutela dei terzi e delle minoranze.

 

1All’art. 2 della legge delega n. 366 del 3 ottobre 2001, sono riassunti i principi ispiratori della riforma tra i quali “…b) valorizzare il carattere imprenditoriale delle società e definire con chiarezza e precisione i compiti e le responsabilità degli organi sociali; c) semplificare la disciplina delle società tenendo conto delle esigenze delle imprese e del mercato concorrenziale; d)ampliare gli ambiti dell’autonomia statutaria, tenendo conto delle esigenze di tutela dei diversi interessi coinvolti;….h) disciplinare i gruppi di società secondo principi di trasparenza e di contemperamento degli interessi coinvolti.”

2La Legge 216/1974 e i decreti delegati nn. 136, 137 e 138 del 1975 oltre ad introdurre le azioni di risparmio, avevano anche introdotto strumenti diretti a garantire l’informazione del mercato e la trasparenza della proprietà azionaria.

3 Recentissima è l’introduzione del sindaco unico. Questa è avvenuta ad opera della Legge 183 del 2011.

4Ghezzi, La riforma delle società di capitali. Un confronto tra i sistemi di amministrazione e controllo: primi appunti sulle caratteristiche dei modelli dualistico e monistico, 12 giugno 2003, sul sito www.associazionepreite.it .

5Ai sensi dell’articolo 2409 septiesdecies, 2 comma, “almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 2399, primo comma, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati”.

6 L’autorevole dottrina è di Galgano, Il nuovo diritto societario, Padova, 2003, 304.

7 Le ultime novità hanno riguardato l’introduzione della figura del sindaco unico al posto del collegio sindacale. Cfr. art. 14 della Legge di stabilità, n. 183 del 2011 e il decreto legge sulle semplificazioni del 9 febbraio 2012, n. 5. Campobasso, La riforma delle società di capitali e delle cooperative, Torino, 2003, 127. Con l’introduzione del T.u.f., il legislatore del 1998 ha modificato tale struttura, prevedendo che nelle società quotate, il numero dei sindaci fosse liberamente determinabile dall’atto costitutivo. Il numero minimo dei sindaci nelle società quotate è rimasto di tre membri e di due membri supplenti. L’art. 148, comma 2, del T.u.f., stabilisce che almeno un membro effettivo sia nominato dalla minoranza dei soci.

8Si esclude che il collegio possa essere composto da un numero pari di sindaci e pertanto la norma deve essere interpretata in senso imperativo. Così il Tribunale di Lecce 3 febbraio 1983, come anche la dottrina: Auletta, Diritto commerciale, Milano, 2003, 174; Tedeschi, Il collegio sindacale, in Comm. Schelsinger, Milano, 1992, 7.

9Nelle società con azioni quotate i requisiti di onorabilità e di professionalità sono stabiliti dal Ministro dell’Economia, sentite la Banca d’Italia, la Consob e l’Isvap.

10Buona parte della dottrina ritiene che l’articolo 2397, 2 comma, non distinguendo tra persone fisiche e società, lasci sufficiente spazio per ritenere che il collegio sindacale possa essere formato anche da società di revisione. Tale ipotesi è caldeggiata sopratutto in previsione di una maggiore efficienza del collegio sindacale nelle società non quotate. In tal senso: Campobasso, Diritto commerciale, Torino, 2002, 409; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2001, 536; Fortunato, Revisori contabili e collegio sindacale, in Gco, 1994, 663.

11Secondo il dettato dell’art. 2399, comma 2, la perdita dei requisiti previsti dall’art. 2397, 2 comma, è causa di decadenza dall’ufficio di sindaco.

12Il collegio sindacale non svolge più il controllo contabile che è invece affidato ad un revisore contabile o alla società di revisione. Solo nelle società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, lo statuto può prevedere che il collegio sindacale svolga il controllo contabile.

13Così Campobasso, Manuale di diritto commerciale, 2009, 270. L’art. 2405 disciplina il preciso dovere dei sindaci di intervenire alle adunanze del consiglio di amministrazione, alle assemblee e alle riunioni del comitato esecutivo, e al secondo comma prevede la decadenza dall’ufficio per quei sindaci che, senza giustificato motivo, non assistono a due adunanze consecutive durante un esercizio sociale.

14Nell’espletamento delle operazioni di ispezione e di controllo, inoltre, i sindaci, sotto la propria responsabilità e a proprie spese, possono avvalersi dell’aiuto di dipendenti e ausiliari che non si trovino nelle condizioni d’ineleggibilità di cui all’art. 2399, c.c..

15Tale diligenza deve riferirsi a quella specifica richiesta per lo svolgimento di un mandato complesso e carico di contenuti tecnici.

16I sindaci sono responsabili anche penalmente delle loro attestazioni e ne rispondono ai sensi degli artt. 2621 e 2622.

17E’ riconosciuto in giurisprudenza il carattere solidale della responsabilità dei sindaci: Cass. Civile sez. I, 28 maggio 1998, n. 5287; Cass. Civile, sez. I, 15 maggio 1991, n. 5444

18 Il collegio deve convocare l’assemblea altresì nell’ipotesi di cui all’art. 2406, 2 comma.

19 Ai sensi dell’articolo sono legittimati all’azione impugnativa i soci dissenzienti o quelli che si sono astenuti. In giurisprudenza si veda Cass. N. 5542 del 1997; Tribunale di Varese del 1 marzo 1999. In dottrina: D’Aiuto, Sulla sospensione per gravi vizi procedurali della delibera assembleare di nomina di amministratore, in Giurisprudenza Italiana, 2004, 118.

20 Nei casi più gravi può revocare gli amministratori e i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone poteri e durata.

21 L’art. 129 del T.u.f. prevedeva già la possibilità di esercitare l’azione di responsabilità da parte dei soci delle società con azioni quotate.

22 Parte della dottrina ritiene che la previsioni di quorum inferiori a quelli previsti per legge avrebbe certamente dato luogo ad una forte conflittualità tra i soci. In dottrina: De Crescienzo, sub art. 2391 bis, in Fauceglia, Schiano di Pepe (a cura di), Codice Commentato delle S.p.a., Torino, 2007, 805; Toffoletto, Diritto delle società di capitali, Milano, 2003, 144.

23G. Zanarone, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Riv. Soc., 2003, 83; P. Benazzo, L’organizzazione nella s.r.l. tra modelli legali e statutari, in Le Società, 2003, 8, 1063.

24Il Tribunale di Ivrea, ordinanza del 2 luglio 2005, in Le Società, 12, 2005, con cui statuisce che “ritenuto che i ricorrenti sono legittimati ex. Art. 2476 c.c. Nell’esercizio del diritto di controllo sulla gestione sociale assicurato al singolo socio, a chiedere agli amministratori la consultazione e l’estrazione di copie di documenti relativi all’amministrazione, senza alcun limite se non quello della buona fede, tanto che in dottrina e in giurisprudenza si qualifica tale situazione giuridica soggettiva come un vero e proprio diritto potestativo del socio”.

25In tal senso si veda Trib. Bari, ordinanza 10 maggio 2004, in Dir. Fallimentare, 2005, II, 149, secondo cui “il diritto di controllo del socio ai sensi dell’art. 2476 comma 2, deve ritenersi inderogabile, se non mediante clausola che preveda un trattamento più favorevole al socio”. In dottrina Galgano-Genghini, Il nuovo diritto societario, 2006, II, 979, così in merito “tali diritti, ora sanciti dall’articolo 2476 secondo comma c.c., debbono essere considerati intangibili”.

26Prima della riforma l’art. 2489 statuiva “Nelle società in cui non esiste il collegio sindacale, ciascun socio ha diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali. I soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale hanno inoltre il diritto di far eseguire annualmente a proprie spese la revisione della gestione. E’ nullo ogni patto contrario”.

27Nel silenzio della legge parte della dottrina ritiene che il diritto di informazione possa “estrinsecarsi in qualsiasi momento della vita sociale ed anche, su semplice richiesta anche verbale, specificando l’affare di cui si vuol avere notizia”, così A. Pisapia, Il controllo del socio nella s.r.l.: oggetto, limiti e rimedi, Commento a Trib. Pavia, ord. 29 giugno 2007 e 1 agosto 2007, in Le Società, 4, 2009, 503.

28Così Mainetti, Il controllo dei soci e responsabilità degli amministratori nella s.r.l., in Le società, 2003, 7, 938.

29Quest’ultimo pare ormai orientamento consolidato in giurisprudenza. Cfr. Tribunale Biella, ordinanza del 18 maggio 2005, secondo cui “ciascun socio di s.r.l. Ha un vero e proprio diritto potestativo di consultare la documentazione sociale e di estrarne copie a proprie spese e per far valere tale diritto può avvalersi dello strumento cautelare dell’art. 700 c.p.c.”.

30Cfr. Tribunale di Milano, 30 novembre 2004, che individua nella privacy un limite esterno al diritto di controllo del socio e pertanto il socio ha il diritto di acquisire la documentazione riguardante la gestione della società ma non gli è dato divulgarla.

31Per la giurisprudenza si veda: Trib. Taranto 13 luglio 2007; Trib. Nocera Inferiore 13 ottobre 2005; Trib. Ivrea 4 luglio 2005. Per la dottrina: Bartalini, La responsabilità dei soci e degli amministratori, in Sarale (diretto da), Le nuove S.r.l., Bologna, 2008, 618.

32Foffani, Impedito controllo, in Alessandri (a cura di), Il nuovo diritto penale delle società, Milano, 2002, 383.

33In tal senso D. Corapi, Il controllo interno delle s.r.l., in Le società, 2003, 12, 1573; Cagnasso, Il nuovo diritto societario, Commentario Cottino-Bonfante-Montalenti, II, Bologna, 2004, 1883; Abriani, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in Aa. Vv., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, 320.

34Renna, Il diritto di controllo del socio non amministratore di s.r.l., nota a Tribunale di Taranto 13 luglio 2007, in GI, 2008, 1, 125; Foschini, Il diritto dell’azionista all’informazione, Milano, 1959, 154; Gradassi, Pegno, usufrutto, affitto e pignoramento di quote in s.n.c., in Contratti e impresa, 1992, 1134.

35In tal senso si veda la seguente giurisprudenza: Trib. Piacenza, 12 agosto 1994, in Foro it., 1995, I, 3009. In dottrina cfr. Mainetti, Il controllo dei soci e la responsabilità degli amministratori. Profili della nuova disciplina, a cura di Ambrosini, Torino, 2003, 89.

36 In origine l’art. 2477 prevedeva l’obbligo di nominare il collegio sindacale solo nel caso di superamento del capitale minimo e del superamento per almeno due esercizi del limite previsto dall’art. 2435 bis, 1 comma. A seguito del recepimento della direttiva 2006/43/UE sono state introdotte le altre due ipotesi dal d.lgs. n. 39 del 2010.

37 Tale previsione è riportata dall’art. 2477, quarto comma, così come modificato dalla lett. c), comma 2, dell’art. 35, Decreto Legge del 9 febbraio 2012, n. 5.

38 Così Salafia, Il controllo legale dei conti nella società a responsabilità limitata secondo la riforma societaria, in Società, 2003, 14.

39 Abriani, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in Aa.Vv., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, 327.

40 Relazione illustrativa al D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Riguardo l’applicabilità della denunzia ex art. 2409 c.c. alla S.r.l., si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza del 29 dicembre 2005, n. 481.

41 Legge 12 novembre 2011, n. 183, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012), in G.U. 14 novembre 2011, n. 265- Suppl. ord. n. 234.

42 Decreto legge 9 febbraio 2012,n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo.

43 Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, La disciplina del collegio sindacale e del sindaco unico nelle s.p.a. e nelle s.r.l. alla luce della legge di stabilità-nota interpretativa, novembre 2011. Si veda anche: De Angelis, Il collegio sindacale rimane obbligatorio nelle s.r.l. con ricavi e patrimonio netto superiori a un milione di euro, in Le Società, 1, 2012; Salafia, Legge di stabilità: le modifiche all’organizzazione delle società di capitali, in Le Società, 2011, 12, 1422; Abriani, Collegio sindacale e sindaco unico nella s.r.l. dopo la legge di stabilità, in Le Società, 2011, 12, 1425.

Avv. Adamo Giovanni

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