La sentenza n. 3428/2019 del Consiglio di Stato
La sentenza in commento non condivide l’inquadramento, proposto dal giudice di primo grado, nella categoria del cd. danno-conseguenza della lesione subita dal proprietario che ha perso il possesso del bene.
Si è, in particolare osservato che il diritto al risarcimento del danno per perdita del godimento del bene si fonda sulla perdita della facoltà di godimento connessa al diritto di proprietà e, dunque, sulla perdita parziale del contenuto del diritto medesimo.
Pertanto, la sentenza esclude la ricomprensione di tale tipologia di danno tra quelle rientranti nella categoria del “danno-conseguenza”.
Si afferma, invece, che nell’ipotesi di perdita del possesso del bene il danno subito dal proprietario è “in re ipsa”.
Pertanto, incombe un particolare onere probatorio della sussistenza del medesimo a carico del proprietario, mentre incombe sull’amministrazione occupante l’onere di provare “che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile” (Cons. Stato, sez. IV, n.897/2017 cit.), o, più propriamente, che una concreta e comprovata situazione del rapporto tra proprietario e bene (il c.d. lato interno del diritto soggettivo di proprietà) possa far escludere la sussistenza del profilo di danno innanzi evocato.
Il principio enunciato dalla sentenza impugnata
La sentenza impugnata affermava, invece, che nel caso di occupazione illegittima di un immobile occorre fornire la prova di una effettiva lesione del patrimonio del danneggiato, quantomeno allegando le situazioni fattuali dimostrative dell’esistenza del danno conseguenza.
Il danneggiato non potrebbe, in tal caso, ottenere il risarcimento per il solo fatto che vi sia stata l’occupazione abusiva altrui.
Secondo la sentenza impugnata il danno da occupazione abusiva di immobile (nella specie, terreno privato) non può ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza.
Pertanto, configurado l’occupazione abusiva di immobile come danno-conseguenza, il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di avere subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio.
Altre recenti pronunce del Consiglio di Stato riconducono la fattispecie alla categoria del danno in re ipsa
La sentenza n. 3428 del 27 maggio 2019 del Consiglio di Stato motiva richiamando anche la Giurisprudenza della Corte di Cassazione e altri precedenti del Consiglio di Stato.
In particolare, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 897 del 27 febbraio 2017, ricollega il tema di danno da occupazione illegittima di un immobile alla categoria del danno in re ipsa ed alle medesime conclusioni perviene la sentenza n. 4636 del 2016.
Per quanto riguarda la Giurisprudenza di legittimità la Cassazione individua la fattispecie nel danno alla perdita di disponibilità del bene, la cui natura è naturalmente fruttifera, e alla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile nell’esercizio delle facoltà di godimento e disponibilità, insite nel diritto dominicale.
L’esistenza di un danno costituisce, così, oggetto di una presunzione superabile ove si accerti che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile (da ultimo, Cass. n. 16670 del 2016, n. 20823 del 2015, n.14222 del 2012).
Quantificazione del risarcimento del danno
Il Consiglio di Stato, con sentenza n.2670 del 4 maggio 2018 afferma che spetta al proprietario il risarcimento del danno causato dall’illegittima detenzione delle aree da parte del Comune, per la porzione del terreno effettivamente occupata.
Tale danno deve coprire il solo valore d’uso del bene dal momento della sua illegittima occupazione, cioè dal momento della scadenza del provvedimento di occupazione d’urgenza (cfr. art. 20 della legge n. 865 del 1971), e fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, ovvero fino alla restituzione dell’area o al suo legittimo acquisto, confluendo peraltro in tale ultima ipotesi la posta risarcitoria, in senso lato, nell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante (cfr. comma 3 del citato art. 42 bis, comma 3 del d.P.R. n. 327 del 2001).
Tale valore d’uso può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il comma 3 dell’art. 42 bis, oltre gli interessi legali”.
E’ appena il caso di ricordare che il comma 3 dell’art. 42 bis prevede “Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell‘articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.
Occupazione illegittima per effetto dell’annullamento degli atti o per effetto di occupazione ab origine sine titulo irrilevante ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno
La sentenza n. 3428 del 27 maggio 2019 del Consiglio di Stato si occupa del caso di occupazione illegittima per effetto dell’annullamento degli atti. In particolare, l’occupazione era stata disposta in un primo momento con decreto ed immissione in possesso e successivamente veniva annullata delibera di riapprovazione del progetto e decreto di immissione in possesso, per poi restituire il bene per mancata realizzazione dell’opera pubblica.
Tuttavia, afferma la sentenza che, per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno è indifferente che l’occupazione illegittima sia tale per effetto dell’annullamento degli atti che la hanno disposta, o per effetto di occupazione ab origine sine titulo.
Inoltre, è irrilevante che l’amministrazione abbia realizzato o meno l’opera, ovvero abbia provveduto a restituire il terreno al legittimo proprietario, non avendo realizzato (o non intendendo più realizzare) l’opera pubblica.
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