Il danno da lucro cessante nei sinistri stradali: l’estensione interpretativa

Daniela Ferro 06/06/22
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La Cassazione, con la sentenza 28071 del 2020 ha chiarito come chi subisca gravi danni fisici derivanti da sinistro stradale debba vedersi riconosciuto anche il danno da “lucro cessante” qualificabile come il mancato guadagno scaturente dall’impossibilità di lavorare.

Dopotutto sotto il profilo prettamente definitorio abbiamo che il lucro cessante deve essere identificato nel profitto che il soggetto danneggiato non ha potuto conseguire a causa dell’inadempimento o del fatto illecito altrui.

Da questo assunto la giurisprudenza di merito, anche in tempi recenti, ha spesso ricompreso il danno da lucro cessante nella liquidazione del danno da sinistro stradale anche aprendo ad accezioni differenti e più articolate.

    Indice

  1. L’ordinanza della Cassazione: il lucro cessante e la perdita del lavoro
  2. Il pregiudizio subito dal lavoratore e l’onere della prova
  3. Il principio espresso dalla Cassazione con l’ordinanza 28071 del 2020
  4. L’estensione interpretativa della giurisprudenza di merito

1. L’ordinanza della Cassazione: il lucro cessante e la perdita del lavoro

>>>Leggi l’ordinanza della cassazione<<<

Nel caso all’attenzione della Cassazione, il ricorrente aveva perso il proprio lavoro a tempo indeterminato a causa delle conseguenze di un sinistro stradale che gli avevano reso impossibile lavorare.

I postumi del sinistro, infatti, erano stati così importanti e duraturi da superare il periodo di comporto e, pertanto, il lavoratore era stato licenziato, senza riuscire, successivamente, a trovare un’altra occupazione.

Il danno patrimoniale relativo alla “perdita reddituale” subita dal ricorrente avrebbe dovuto essere liquidato sulla base dell’importo delle retribuzioni che avrebbe conseguito, eventualmente capitalizzato,  in relazione a quello che era il preesistente rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui lo stesso non  fosse stato licenziato a causa delle lesioni riportate nel sinistro.

Questa quantificazione, inoltre, avrebbe dovuto ricomprendere un importo calcoltato fino alla data della pensione, oltre agli altri emolumenti, in coerenza con quanto, sul punto, aveva anche già avuto modo di chiarire la Cassazione stessa

Sul punto, infatti, si può fare riferimento alla sentenza della Cassazione,  Sez. 3,n. 10321 del 2018 che asserisce come: “il danno patrimoniale derivante al congiunto dalla perdita della fonte di reddito collegata all’attività lavorativa della vittima assume natura di danno emergente con riguardo al periodo intercorrente tra la data del decesso e quella della liquidazione giudiziale mentre si configura come danno futuro e, dunque, come lucro cessante, con riguardo al periodo successivo alla liquidazione medesima“.

Ed ancora si può citare un’ordinanza della Cassazione del 2018 (n. 651331) che ci dice come “la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima“.

2. Il pregiudizio subito dal lavoratore e l’onere della prova

La Cassazione, inoltre, ha anche avuto modo di argomentare che non considerare nella liquidazione del danno quello che è l’intero pregiudizio subito, che nello specifico consiste nella perdita dei redditi (in parte futuri) derivanti dal rapporto di lavoro dipendente di cui era titolare, venuto meno in conseguenza del fatto illecito del convenuto, debba considerarsi come violazione dell’articolo 1223 c.c..

Accanto a questo,  a riprova ulteriore di quanto argomentato in precedenza, la Cassazione ritiene anche che non deve gravare sul danneggiato l’onere dimostrare che non era possibile per lui reperire un’altra attività lavorativa, posto che si deve ritenere gravante sul danneggiante l’onere di dimostrare, eventualmente, che il danneggiato aveva trovato un nuovo impiego, in coerenza con quanto già in precedenza affermato dalla Cassazione stessa, in tema di danno derivante da licenziamento (cfr. ex multis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 9616 del 12/05/2015, Rv. 635378 – 01).


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3. Il principio espresso dalla Cassazione con l’ordinanza 28071 del 2020

Laddove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione”.

4. L’estensione interpretativa della giurisprudenza di merito

Fatto salvo, quindi, il principio espresso dalla Cassazione, nella prassi si registra la tendenza, di alcuni Tribunali, a ritenere che debba essere liquidato il danno da lucro cessante, nelle ipotesi di sinistro stradale, relativamente a ciò di cui a seguito del danno, parametrato alla sua importanza, l’attore non ha potuto godere.

A tal fine possiamo fare riferimento ad un recentissimo pronunciamento del Tribunale di Roma, del 18.05.2022, nel quale la quantificazione del danno, a seguito di sinistro stradale, in termini di lucro cessante prescinde la correlazione con la perdita da lavoro e si correla, invece, all’impossibilità di aver goduto del risarcimento al momento del verificarsi dell’evento lesivo.

Il Tribunale, infatti, asserisce che “il risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento delle somme equivalenti al danno subìto”.

>>>Leggi la sentenza del Tribunale di Roma<<<

Il danno in parola deve essere liquidato, tenuto conto di quelle che sono le indicazioni presenti nei precedenti della Cassazione, eseguendo un calcolo matematico, tenuti presenti gli importi originari da rivalutarsi anno per anno e la temporanea indisponibilità della somma originaria che sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un lucro finanziario.

Dall’atro lato deve anche essere tenuto in considerazione un parametro che tenda in considerazione l’entità economica della somma dovuta in relazione a quello che è il rendimento medio dei titoli del debito pubblico nel periodo in questione, alla media redditività dell’investimento finanziario ed all’andamento del tasso degli interessi legali.

Il calcolo in parola, in estrema sintesi, esprime l’interpretazione estensiva del Tribunale di Roma in relazione a quello che è l’approccio della Cassazione, ovvero esprime come il danno da lucro cessante debba esprimere ciò che è venuto a mancare all’attore al momento del danno e che lo stesso avrebbe fatto fruttare, economicamente, nello svolgimento quotidiano della vita senza le impossibilità scaturenti dal verificarsi dell’evento lesivo.

 

Daniela Ferro

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