I delitti di falso giuramento della parte (art. 371 c.p.) e falsa testimonianza (art. 372 c.p.)  

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Indice:

  1. Disciplina comune
  2. Falso giuramento della parte (art. 371 c.p.)
  3. Falsa testimonianza (art. 372 c.p.)

1. Disciplina comune

Le fattispecie delittuose di falso giuramento della parte (art. 371 c.p.) e falsa testimonianza (art. 372 c.p.) sono disciplinate nel libro II del codice penale – Dei delitti in particolare – Titolo III – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia  Capo I – Dei delitti contro l’attività giudiziaria. Tali norme sono poste a tutela della corretta amministrazione della giustizia. Nello specifico, il legislatore con la norma di cui all’art. 371 c.p. mira a tutelare il  corretto accertamento della verità in seno al processo civile, punendo “Chiunque, come parte in giudizio civile, giura il falso…”. La disposizione seguente (art. 372 c.p.) tutela il regolare funzionamento dell’attività giudiziaria, con la finalità di proteggere l’autenticità e la completezza della testimonianza.

2. Falso giuramento della parte (art. 371 c.p.)

La fattispecie delittuosa di falso giuramento della parte (art. 371 c.p.) è contestabile a “Chiunque, come parte in giudizio civile, giura [2736; 233-243] il falso è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Nel caso di giuramento deferito d’ufficio [2736 n. 2; 240], il colpevole non è punibile, se ritratta il falso prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.

La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici [28]”.

Dalla lettura della norma in commento si palesa la trattazione di un reato proprio. Ciò appare evidente in quanto il delitto può essere commesso da chi è parte nel giudizio civile, ovvero, chi è legittimato a rendere giuramento ai sensi degli  artt. 2736 c.c. e ss., e quindi anche chi, pur non essendo, tecnicamente, parte nel processo, è comunque legittimato a prestare il giuramento. Parte della dottrina estende l’applicabilità della fattispecie delittuosa anche al giudizio amministrativo, laddove sia  previsto il giuramento.

Il bene giuridico tutelato dalla norma de qua è la presunzione di autenticità che l’ordinamento giuridico attribuisce al giuramento. In quanto mezzo di prova nel processo civile, il giuramento risulta essere vincolante anche qualora venisse accertata in sede penale la sua falsità, fermo restando la possibilità per la parte danneggiata di adire il giudice per chiedere il risarcimento del danno.

Il comportamento censurato consta fondamentalmente nel prestare un giuramento mendace. La falsità può essere commessa sia affermando il falso, sia negando il vero e si manifesta come una profonda differenza tra la realtà dei fatti e quanto viene giurato.

Poiché la consumazione coincide con il momento in cui viene reso il giuramento mendace, la fattispecie in scrutinio delinea un reato istantaneo. Quindi, non è possibile il tentativo.

La fattispecie delittuosa de qua non può concretizzarsi attraverso la condotta reticente. Di fatto, la reticenza renderebbe meno la prestazione dello stesso giuramento, senza rendere possibile il delitto. Non esistendo l’obbligo di riferire in merito a notizie eccedenti i capitoli di prova sottoposti, se la persona escussa si limita a deporre solamente sui fatti dedotti, nascondendone altri, non può addebitarsi il reato.

Il comma seconda, disciplina un caso di non punibilità, tuttavia, per effetto della novella che ha introdotto l’art. 2738 c.c., la disposizione di cui al co. II deve ritenersi abrogata, essendo parificato il regime per ambedue le fattispecie di giuramento. Inizio modulo

Il secondo comma dell’articolo in scrutinio non può che riferirsi al codice civile del 1865. Invero, l’art. 2738 c.c. sia per il giuramento decisorio che per quello suppletorio, non ammette l’altra parte né a provare il contrario né a chiedere la revocazione della sentenza, qualora il giuramento venga dichiarato falso. Da ciò discende che il comma secondo dell’art. 371 c.p. debba considerarsi tacitamente abrogato. A tal proposito, la Corte Costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto n. 490/1995 ha dichiarato che: “…tale causa di esclusione della punibilità non trova ormai più alcuna giustificazione e la sua sopravvivenza sarebbe un evidente incoerenza nel sistema, in relazione a quanto dispone l’art.2738, che unifica il regime per entrambe le specie di giuramento, escludendo sempre la prova contraria ed inibendo in ogni caso la revocazione della sentenza qualora il giuramento sia stato dichiarato falso”.

La ritrattazione (art. 376 c.p.) delle dichiarazioni mendaci può avvenire sino alla pronuncia di sentenza definitiva del processo civile, mentre nel processo penale solo sino alla chiusura della singola fase processuale in cui la falsità è stata affermata Ad ogni modo, come stabilisce il III comma, alla condanna per il delitto in scrutinio segue, automaticamente, l’interdizione dai pubblici uffici (art. 28). (Sul punto si consiglia la lettura del seguente articolo https://www.diritto.it/ritrattazione-art-376-c-p/)

3. Falsa testimonianza (art. 372 c.p.)

La fattispecie delittuosa di falso giuramento della parte (art. 371 c.p.) è contestabile a “Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale [244-245; c.p.p. 194-198, 468, 497-499], afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.

Il bene giuridico tutelato dalla norma in scrutinio è la garanzia della genuinità e della pienezza della testimonianza e, conseguenzialmente, il corretto svolgimento dell’attività giudiziaria. Poiché la falsa testimonianza può essere addebitata, solamente, a chi depone nella veste di testimone innanzi all’Autorità giudiziaria (civile o penale) o alla Corte penale internazionale (riferimento quest’ultimo introdotto dall’art. 10, co. 5 della L.n. 237/2012) la disposizione disciplina un reato proprio.

La fattispecie delittuosa si realizza nel momento in cui l’escussione del testimone si sia compiuta con l’esaurimento delle domande. Non è ammissibile il tentativo.

In merito al profilo soggettivo è necessaria la sussistenza del dolo generico, non configurando reato l’errore ossia la circostanza in cui un soggetto depone il falso nella convinzione di rendere una deposizione veritiera.

Il delitto di falsa testimonianza si configura per il fatto di aver reso una deposizione mendace, negato il vero o taciuto (reato di mera condotta) prescindendo, quindi, dalla determinazione di conseguenze dannose. Invero, data la natura di reato di pericolo, è sufficiente che la deposizione mendace avrebbe potuto portare, anche astrattamente, al procedimento un contenuto probatorio.

L’art. 372 prevede tre diverse condotte in grado di manifestare il delitto, il testimone escusso può: rendere una dichiarazione mendace, negare la verità, mostrarsi (parzialmente o totalmente) reticente sui fatti in merito ai quali è chiamato a rendere deposizione.

In merito al comportamento censurato, ciò che assume rilievo non è la differenza tra la deposizione resa dal testimone e la realtà storica bensì la difformità tra quanto deposto nella qualità di testimone e ciò che conosce in merito ai fatti sui quali viene chiamato a deporre. Quindi, ciò che assume rilevanza ai fini della sussistenza del delitto de quo è il vero soggettivo, ossia la conformità tra quanto dichiarato nella veste di testimone e quanto, effettivamente, conosciuto e non ciò che è accaduto nella realtà storica dei fatti.

Viene censurata dal legislatore anche la falsità parziale qualora si riveli mendace anche una sola delle, molteplici, circostanze riferite in merito all’intero vicenda processuale.

Esclude la punibilità la ritrattazione (art. 376 c.p.) della falsa testimonianza compiuta nel processo penale prima della chiusura del dibattimento e nel giudizio civile prima della sentenza definitiva.

In merito alla causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p., essa, chiaramente, non opera se il testimone depone il falso, nega il vero o si mostra reticente, trovando, invece, applicazione qualora il testimone si avvalga della facoltà di non rispondere.  Infine, l’art. 384 bis c.p. inserito dall’art. 17 L. n. 367/2001, amplia la  portata punitiva della fattispecie de qua ai fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all’estero.

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