Anna Costagliola
Gli Ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, Roma e Torino, con un comunicato stampa congiunto, hanno manifestato la propria contrarietà al d.d.l. 1934, che consentirebbe, una volta divenuto legge, di costituire associazioni in seno alle professioni non regolamentate, ossia quelle categorie professionali non iscritte ad albi e collegi.
Ricordiamo come il disegno di legge, approvato lo scorso 17 aprile alla Camera e in attesa di proseguire l’iter legislativo in Senato, contempla, infatti, la possibilità di costituire «associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati, diffondere tra essi il rispetto di regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza» (si veda l’articolo su questo stesso sito).
Le criticità evidenziate dagli indicati Ordini riguardano precipuamente il contesto nel quale è stato concepito il disegno di legge in parola, un contesto caratterizzato da una marcata liberalizzazione sul versante professionale. Così, mentre si sosteneva che le professioni organizzate in Ordini costituiscono un limite allo sviluppo, pensandosi addirittura ad una loro deregolamentazione e all’abolizione degli Ordini medesimi, allo stesso tempo si congegnava un progetto di legge che provvedesse a regolamentare le «professioni senza Ordine». Ciò che denota una incoerenza di base, rimanendo dubbio se le «regole» servano, per cui si palesa la necessità di introdurne di nuove, ovvero no, per cui si è pensato addirittura di stralciare quelle esistenti.
In effetti, alla luce degli ultimi provvedimenti del Governo, le regole a presidio delle professioni ordinistiche sono state rivisitate, provvedendosi, in particolare, ad abolire le tariffe in nome di un libero mercato.
Con riguardo al merito del provvedimento, i rappresentanti dei tre Ordini territoriali contestano poi la circostanza per cui, in base ad esso, le associazioni di nuova costituzione dovranno dotarsi di un codice deontologico, senza tuttavia indicare i criteri in conformità ai quali questo dovrà essere improntato. Ciò implica che, «posto che le leggi ora in vigore proibiscono le tariffe per i soli iscritti agli Ordini professionali, l’eventuale previsione di un tariffario nel codice deontologico di queste associazioni a carattere professionale sarebbe perfettamente lecito».
Il comunicato diffuso dagli Ordini di Milano, Roma e Torino si conclude, pertanto, alla luce dei punti di perplessità evidenziati, nella speranza di un ripensamento del provvedimento in corso d’opera per cancellare l’ipocrisia della campagna mediatica contro le professioni, che propaganda la liberalizzazione di quelle esistenti e la regolamentazione di tutte le altre, lasciando a queste il privilegio dell’autoregolamentazione.
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