Gli Eurobond: un cambio di marcia per l’Eurozona

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Anche i profani di cose economiche sono avveduti del fatto che un’area valutaria ottimale, quale si presumeva sarebbe stata l’Eurozona, non possa considerarsi tale, secondo le regole economiche che le sono proprie, senza che vi sia un trasferimento di risorse finanziarie dai membri più sviluppati a quelli che lo siano meno.

L’Eurozona rimane, pertanto, un progetto monetario incompiuto, vista l’ormai conclamata assenza di una politica economica condivisa tra gli Stati che formano l’Unione monetaria.

Gli spunti dottrinali sull’argomento si esauriscono in ambiziose soluzioni programmatiche, tra cui l’istituzione di un vero e proprio Ministro delle Finanze Europeo, che possa prendere decisioni di politica economica vincolanti per gli Stati, nonché la costituzione di un bilancio europeo, rimesso alla gestione della Commissione.

Tali soluzioni si scontrano con l’ostracismo nutrito dalle posizioni Franco-Tedesche rispetto alla mutualizzazione dei rischi derivanti dal debito pubblico dei singoli Stati membri, Italia in primis.

Dunque, il sano pragmatismo economico suggerisce l’approfondimento di un’iniziativa finanziaria già nota alle cronache dell’Eurozona: gli eurobond.

Questi titoli potrebbero costituire un efficiente strumento di finanziamento alla crescita all’anemica economia europea, coniugando i diversi propositi degli Stati dell’Eurozona in ordine alla gestione del debito sovrano.

L’emittente

L’emissione del titolo dovrebbe essere rimessa ad Agenzia di apposita costituzione o alla già esistente Banca Europea degli Investimenti, in ragione delle competenze di cui questa già dispone per statuto.

Finalita’ dell’emissione

L’emissione dello strumento obbligazionario dovrà avvenire al solo fine di acquisire risorse necessarie per investimenti negli Stati membri; l’istituzionalizzazione di una tale finalità fa sì che tali operazioni possano mutare regole che sono proprie di un’altra fattispecie di operazione finanziaria: il project financing.

Sul punto, è bene rilevare che se i capitali acquisiti sul mercato mediante eurobond sono impiegati per investimenti in sistemi infrastrutturali, nulla osta a che il debito così contratto possa ripagarsi con i proventi derivanti dalla gestione imprenditoriale di tali risorse strutturali.

Le scadenze dei titoli emessi dovranno, allora, avere durata lunga, con ricadute positive anche sotto il profilo dei soggetti che andrebbe a sottoscrivere gli eurobond.

Infatti, un titolo a lunga scadenza potrebbe attrarre investitori istituzionali non spinti da logiche speculative di breve periodo, mettendo al sicuro il valore nominale del titolo da fluttuazioni e volatilità dei mercati: si tratterebbe di un’obbligazione che condivide le caratteristiche migliori dei titoli corporate, sotto il profilo della redditività dell’investimento in un’ottica di lungo periodo

Chi garantisce l’emissione?

Alla stregua di una qualsiasi emissione obbligazionaria, a rispondere dell’inadempimento sarebbe il Soggetto emittente.

Il vantaggio per l’investitore sta nella possibilità di acquisire sul mercato credit default swap pagando premi inferiori rispetto a quelli che si pagano per assicurarsi di fronte al rischio di default di uno stato sovrano.

Infatti, il rating dell’emissione obbligazionaria in questione sarebbe sicuramente ottimo, stante l’affidabilità finanziaria dei Paesi dell’Eurozona.

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I dati macroeconomici tratti da qualsivoglia fonte certificano un cronico calo degli investimenti pubblici in Italia, con ovvie ricadute sotto il profilo dell’impossibilità di ricorrere alla spesa pubblica per il finanziamento delle opere strategiche.

Ricorrere all’emissione di cui sopra avrebbe, pertanto, il pregio di consentire all’Italia di approvvigionarsi di capitali senza far lievitare il proprio debito pubblico; sul punto, è bene speculare riguardo la possibilità di garantire l’emissione con la quota di risorse che ogni anno il nostro Paese è tenuto a trasferire all’Unione Europea nell’adempimento degli obblighi di bilancio comunitario.

Edoardo Italiano

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