Gli eredi in caso di accettazione dell’eredità sono responsabili per i debiti tributari del de cuius?

Redazione 12/04/19
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Come è noto, in caso di morte, gli eredi succedono al defunto non solo nella titolarità dei diritti di quest’ultimo, ma anche nei debiti relativi alle imposte da questi non versate. I chiamati all’eredità, va ricordato, rispondono dei debiti tributari del defunto solo se hanno accettato l’eredità (art. 470 codice civile) e quindi solo se hanno acquisito la qualità di erede. La qualità di erede viene acquistata con una accettazione espressa (a titolo esemplificativo: una dichiarazione scritta dalla quale risulti l’intenzione di accettare l’eredità) o una accettazione c.d. tacita (a titolo esemplificativo: deve trattarsi di un comportamento chiaro ed inequivocabile da cui si desume la volontà di accettare l’eredità). Con l’accettazione dell’eredità, il chiamato potenziale successore, diviene a tutti gli effetti erede e quindi è chiamato a rispondere di tutte le obbligazioni (comprese quelle di natura tributaria) facenti capo al de cuius, anche con il proprio patrimonio personale nel caso in cui quello del defunto non fosse capiente né sufficiente a coprire tutti i debiti del de cuius. Il chiamato all’eredità (rectius il delato all’eredità) è il soggetto al quale, al momento dell’apertura della successione, spetta il diritto di accettare l’eredità. Il chiamato (o delato) all’eredità è titolare di diritti e poteri anche prima di aver accettato l’eredità. Infatti, oltre il diritto di accettare l’eredità, può vantare l’immediato possesso dei beni ereditari con conseguente tutela possessoria (art. 460, comma 1 c.c.), poteri conservativi, di vigilanza e di amministrazione previsti ex art. 460, comma 2 c.c. anche nei confronti dell’amministrazione tributaria.

Solo a seguito dell’accettazione i chiamati di vengono eredi e, come per i debiti di diritto privato, le obbligazioni tributarie del de cuius si trasmettono agli eredi che, in deroga alla regola civilistica ex art. 752 c.c., rispondono in solido (cfr. art. 65, comma 1, d.P.R. n. 600/1973). Per evitare la pendenza del credito d’imposta fino alla prescrizione (decennale) del diritto dei primi chiamati ad accettare l’eredità e dei successivi chiamati ad accettare l’eredità, l’ufficio fiscale può chiedere la fissazione di un termine per l’accettazione dell’eredità ovvero la nomina di un curatore dell’eredità giacente rispettivamente ex artt. 481 e 528 c.c. Quanto sopra esposto è altresì confortato dalla costante interpretazione giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione.

Sul punto:” Come si effettua l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario?”

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Gli eredi in caso di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario sono responsabili per i debiti tributari del de cuius?

Qualora gli eredi abbiamo proceduto alla accettazione dell’eredità del defunto con beneficio di inventario, la limitazione della responsabilità dell’erede per i debiti ereditari conseguente all’accettazione beneficiata è opponibile a qualsiasi creditore compreso l’erario. L’erario quindi pur potendo procede alla notifica di avvisi sia di rettifica che di liquidazione nei confronti dell’erede non può esigere l’imposta ipotecaria, catastale o di successione fino a quando non viene chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede. In questo senso si è prounciata anche di recente la Cassazione con la sentenza della sezione tributaria 11 maggio 2018, n. 11458 che ha confermato i precedenti sul punto tra cui Cassazione 15 luglio 2015, n. 14847, Cassazione 21 febbraio 2008, n. 4419.

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Gli eredi in caso di rinunzia all’eredità sono responsabili per i debiti tributari del de cuius?

Se invece i chiamati all’eredità, anziché accettare l’eredità, vi hanno rinunciato, in questo caso poiché la rinuncia all’eredità ha effetto retroattivo (art. 521 codice civile), gli eredi rinunciatari possono opporsi a qualsiasi pretesa del Fisco o di eventuali creditori procedendo ad una richiesta di archiviazione del provvedimento impositivo tributario. Anche le notifiche effettuate al potenziale debitore che ha rinunziato all’eredità sono illegittime. Il chiamato che rinunzi all’eredità non risponde delle obbligazioni tributarie del de cuius.

Secondo una parte del tutto minoritaria della dottrina (cfr. Fantozzi, Manuale di Diritto Tributario) il Fisco potrebbe essere legittimato a notificare al chiamato all’eredità che abbia rinunziato un avviso di accertamento per debiti tributari del de cuius, pur non agendo nei suoi confronti in sede di riscossione. Questa potenzialità e vera e propria incertezza nei rapporti giuridici, verrebbe lasciata al Fisco fino a quando il diritto di accettare l’eredità non si sarebbe prescritto e quindi dieci anni con decorrenza del termine dall’apertura della successione ovvero, in caso di chiamata di erede condizionata, dal giorno in cui si è verificata la condizione. Tale opinione minoritaria che è palesemente ispirata e diretta essenzialmente alla tutela del credito fiscale, non trova riscontro nel testo della norma e non può essere condivisa in quanto il chiamato all’eredità che rinunzia alla stessa diviene automaticamente estraneo al rapporto tributario imputabile al de cuius. Non solo.

Nel nostro ordinamento giuridico esistono altri meccanismi di tutela utilizzabili anche dal fisco creditore per la ipotesi in cui non vi siano (ancora) eredi. Ed infatti chiunque vi abbia interesse e quindi anche il Fisco (legatari, creditori ereditari, creditori personali del chiamato ecc.) e voglia ottenere l’accertamento giudiziale di un credito vantato nei confronti del soggetto deceduto avrà a disposizione le seguenti strade: a) proporre istanza di nomina del curatore dell’eredità giacente ex art. 528 codice civile (cfr. Cassazione sentenza 13 ottobre 2010, n. 21101; Cassazione sentenza 11 febbraio 2005, n. 2820); b) chiedere al giudice di fissare un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità (trascorso tale termine senza alcuna dichiarazione il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità, art. 481 codice civile); c) farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante (art. 524 codice civile).

Qualora infatti ci si trovi davanti ad una fattispecie in cui venga accertato che il chiamato all’eredità abbia proceduto ad una rinunzia all’eredità con danno per i crediti tributari, l’Agente della riscossione potrà farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome ed in luogo dell’erede rinunziante al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari sino alla concorrenza dei crediti tributari. Per poter sostenere l’azione è sufficiente che il danno sia prevedibile e cioè che ricorrano fondate ragioni per ritenere che i beni del debitore possano risultare insufficienti a soddisfare i crediti tributari. L’azione e la sua finalità non è l’annullamento della rinunzia già effettuata dal chiamato all’eredità ma la possibilità di consentire all’Agente della riscossione di sottoporre ad espropriazione i beni ereditari anche se acquistati da altri (sui beni ereditari il concessionario concorrerà con i creditori del defunto, salvo che questi abbiano chiesto la separazione di beni del defunto da quelli dell’erede).

L’azione in argomento ex articolo 524 codice civile si prescrive in cinque anni dalla rinunzia. Davanti ad una ipotesi di rinunzia all’eredità quindi il Fisco dovrà prenderne atto ed esperire, a tutela del credito fiscale ogni accertamento opportuno. In tal senso si è da sempre espressa anche l’amministrazione finanziaria secondo cui “È vero che la rinuncia all’eredità non esonera l’ufficio dall’effettuare l’accertamento, ma è altrettanto vero che l’ufficio, esperite le indagini del caso, deve provvedere a notificare l’avviso di accertamento alla persona cui eventualmente si è devoluta l’eredità quando essa non viene accettata dal successore legittimo” (cfr. ris. min. fin. 5 novembre 1980, n. 3801). Resta chiarito ed inteso, quindi, fino a quanto fin qui esposto, che il chiamato all’eredità risponde delle obbligazioni tributarie del de cuius solo ed esclusivamente a seguito di accettazione dell’eredità. Il chiamato che rinunzia all’eredità non risponde dei debiti tributari del defunto ed è, pertanto, illegittima la pretesa erariale diretta al chiamato rinunziante ancorché l’atto di accertamento nei confronti del defunto sia divenuto definitivo per mancata impugnazione.

Quanto sopra esposto è altresì confortato dalla interpretazione giurisprudenziale conforme anche per i giudizi di merito di cui alle Commissioni tributarie di primo grado. Nel caso sottoposto alla attenzione della Commissione tributaria genovese, l’Agente della riscossione, a seguito di atto di accertamento a carico del de cuius, divenuto definitivo per mancata impugnazione, e successiva cartella di pagamento, iscriveva ipoteca su beni immobili del chiamato all’eredità, sebbene questi avesse in precedenza rinunziato.

Il giudice di merito ha accolto il ricorso del contribuente ed annullato l’iscrizione ipotecaria effettuata sui suoi beni per debiti tributari imputabili al de cuius. Secondo l’amministrazione finanziaria, la rinuncia all’eredità non era opponibile essendo divenuto definitivo l’atto di accertamento a carico del contribuente deceduto e, comunque, essendo viziata per abuso del diritto in quanto strumentale e diretta ad eludere l’adempimento dell’obbligazione tributaria. Anche le pronunce della Suprema Corte di Cassazione sono allineate nel condividere tale interpretazione nelle fattispecie in cui trattasi di rinuncia della eredità.

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