Giudizio amministrativo e disciplina delle impugnazioni

sentenza 24/02/11
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Nel giudizio amministrativo, nei casi di soccombenza reciproca (quale l’ipotesi connotata dall’accoglimento dell’uno dei ricorsi riuniti e dalla reiezione dell’altro), la notificazione della sentenza nelle forme di cui agli artt. 285 e 170, comma 1, c.p.c., fa decorrere il termine di impugnazione, a norma dell’art. 326 c.p.c., non solo per la parte destinataria, ma anche per la parte che ha effettuato la notifica, a tal fine dovendosi attribuire incondizionato rilievo alla conoscenza legale collegata, dalle stesse norme del codice di rito, al compimento delle predette formalità di notificazione della sentenza, senza che possa darsi ingresso ad accertamenti sulla funzione che nel caso specifico la notificazione stessa possa aver avuto in relazione all’esito del giudizio e all’intenzione della parte notificante, giacché tali accertamenti, oltre a non trovare fondamento in disposizioni di legge, si porrebbero in contrasto con le esigenze di chiarezza e incontestabilità che sussistono in materia di formazione della cosa giudicata per decorrenza dei termini di impugnazione e con l’indisponibilità delle relative situazioni giuridiche.

N. 01004/2011REG.PROV.COLL.

N. 05638/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5638 del 2010, proposto da***

contro***

e con l’intervento di***

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – SEZ. STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 01210/2009, resa tra le parti, concernente MODIFICA DESTINAZIONE URBANISTICA AREE – ESECUZIONE GIUDICATO TAR.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e l’atto d’intervento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2010 il Cons. **************** e uditi per le parti gli avvocati **************, ************** e ****************** di Toritto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. per l’Abruzzo, pronunciando sui ricorsi per ottemperanza n. 327 del 2009 e n. 328 del 2009, tra di loro riuniti, proposti dall’istante ***************, in qualità di procuratrice speciale dei sig.ri ***********, proprietari di alcuni terreni siti in Pescara, via di Villa ******, riportati al N.C.T., foglio b) mappa12, particelle nn. 2125, 484 e 482, nonché quale legale rappresentante della s.p.a. ******************* Costruzioni avente la disponibilità di detti terreni, nei confronti dell’intimato Comune di Pescara e diretti all’attuazione delle sentenze n. 855 del 13 dicembre 2005 e n. 13 del 12 gennaio 2009 dello stesso T.A.R., provvedeva come segue:

(i) respingeva il ricorso n. 328 del 2009, volto all’attuazione della sentenza n. 13 del 12 gennaio 2009, con la quale era stata annullata la deliberazione del consiglio comunale di Pescara n. 94 dell’8 giugno 2007, di adozione di una variante al vigente p.r.g., nella parte in cui le aree comprensive dei terreni sopra precisati erano state inserite in prevalenza in zona F1 verde pubblico-parco pubblico e in minima parte in area ad alto rischio geologico, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione “per normare da un punto di vista urbanistico l’area in questione” (così, testualmente, la sentenza ottemperanda), ritenendo che in forza di tale sentenza fosse stata creata una c.d. zona bianca ed imposta all’Amministrazione comunale l’adozione di una correlativa nuova disciplina urbanistica (esente dai vizi di insufficienza motivazionale e carenza d’istruttoria che avevano condotto alla pronuncia di annullamento), mentre l’istante col ricorso per ottemperanza non aveva chiesto di ordinare al Comune di dettare la nuova disciplina urbanistica dell’area, bensì preteso di ripristinare l’edificabilità dell’intera area sulla base delle previsioni del p.r.g. previgente adottato nel 2003 (e ciò, in ispregio alla natura di c.d. zona bianca, che secondo l’assunto del T.A.R. doveva attribuirsi all’area in esito all’annullamento disposto con la sentenza ottemperanda);

(ii) accoglieva il ricorso n. 327 del 2009, teso all’attuazione della sentenza n. 855 del 13 dicembre 2005, di condanna (ex art. 35, comma 2, d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e succ. mod.) dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni per l’illegittimo diniego, nel 2003, dei permessi di costruire richiesti dalla ricorrente;

(iii) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti.

2. Avverso tale sentenza, notificata il 10 dicembre 2009 su istanza dei procuratori della ricorrente al resistente Comune di Pescara presso il procuratore costituito, interponeva appello la stessa ricorrente con ricorso in appello notificato il 4 giugno 2010, censurando l’erronea reiezione del ricorso per ottemperanza alla sentenza n. 13 del 12 gennaio 2009 e chiedendo, in riforma della gravata sentenza, l’accoglimento del ricorso in primo grado n. 328 del 2009.

3. L’appellato Comune di Pescara, costituendosi, eccepiva l’inammissibilità dell’appello per tardività, decorrendo il termine breve anche per il notificante dalla data della notifica della sentenza, ed essendo il ricorso in appello stato notificato ampiamente oltre la data di maturazione di detto termine. Contestava comunque anche la fondatezza nel merito della proposta impugnazione, chiedendone dunque la reiezione in rito e nel merito.

4. Con atto del 6 luglio 2010 spiegava intervento ad adiuvandum la società **************************, aderendo al ricorso in appello e chiedendone l’accoglimento.

5. All’udienza camerale del 21 dicembre 2010 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Merita accoglimento l’eccezione d’inammissibilità dell’appello, sollevata dall’appellato Comune di Pescara.

Come già esposto sopra sub 2., la sentenza qui impugnata risulta notificata, ad istanza dei procuratori costituiti della ricorrente in primo grado, al resistente Comune di Pescara presso il procuratore costituito in primo grado, il 10 dicembre 2009, con conseguente decorrenza, da tale data, del termine breve d’impugnazione anche per il notificante, mentre il ricorso in appello è stato notificato al Comune di Pescara (presso il procuratore costituito in primo grado) in data 4 giugno 2010, e dunque ampiamente oltre il termine di 60 giorni previsto dall’art. 28, comma 2, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e succ. mod. (applicabile ratione temporis alla fase introduttiva del presente giudizio d’impugnazione).

*****, al riguardo, rimarcare che, nei casi di soccombenza reciproca (quale quello sub iudice, connotato dall’accoglimento dell’uno dei ricorsi riuniti e dalla reiezione dell’altro), la notificazione della sentenza nelle forme di cui agli artt. 285 e 170, comma 1, c.p.c., fa decorrere il termine di impugnazione, a norma dell’art. 326 c.p.c., non solo per la parte destinataria, ma anche per la parte che ha effettuato la notifica, a tal fine dovendosi attribuire incondizionato rilievo alla conoscenza legale collegata, dalle stesse norme del codice di rito, al compimento delle predette formalità di notificazione della sentenza, senza che possa darsi ingresso ad accertamenti sulla funzione che nel caso specifico la notificazione stessa possa aver avuto in relazione all’esito del giudizio e all’intenzione della parte notificante, giacché tali accertamenti, oltre a non trovare fondamento in disposizioni di legge, si porrebbero in contrasto con le esigenze di chiarezza e incontestabilità che sussistono in materia di formazione della cosa giudicata per decorrenza dei termini di impugnazione e con l’indisponibilità delle relative situazioni giuridiche (v. in tal senso, per tutte, Cass. Sez. Un. Civ., 19 novembre 2007, n. 23829 ord.; C.d.S., Sez. V, 17 maggio 2007, n. 2489).

Per le ragioni sopra esposte, l’appello va dichiarato inammissibile, con impedimento dell’ingresso di ogni altra questione di rito e/o di merito.

2. In applicazione dei criteri della causalità e della soccombenza, le spese del grado vanno poste a carico dell’appellante soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo dichiara inammissibile;

condanna l’appellante a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

**************, Presidente

*************, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Bernhard Lageder, ***********, Estensore

****************, Consigliere

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/02/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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