Giudicare tra “prudentia” e “invidia”. La responsabilità dell’attività sociale

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Se per Leibniz la saggezza è la perfetta conoscenza dei principi scientifici e della loro applicazione, per Aristotele è la capacità di conoscere le cose umane e di gestirle nel modo migliore (Abbagnano), quella che S. Tommaso definisce come “prudentia” nel valutare le vicende umane, a questa si contrappone l’invidia quale sentimento che piega le relazioni o in termini di una sana competizione, sulla spinta alla ricerca di un proprio miglioramento nel raffronto altrui, o nella insana distruzione dell’altro al fine di eliminare il termine di paragone che ci rende infelici, dimostrando i nostri limiti.
Questo è quanto emerge in ogni azione umana, compreso l’agire giuridico, sia a livello legislativo che nella sua quotidianità, ogni intervento sconta la possibile invidia e l’eventuale mancanza della “saggezza” o “prudentia” che si voglia, certo la velocità attuale fa sì che possa mancare il tempo della valutazione, ma ancor più la codificazione delle procedure esasperate dall’informatica crea il possibile pensiero unico, l’incapacità di una adeguata riflessione nell’innamoramento delle altrui normative senza sufficienti valutazioni.

D’altronde la mancanza di valori condivisi e il venire meno di un controllo sociale diffuso, fa sì che vi sia una sovraesposizione della magistratura, la quale deve supplire all’incapacità delle altre istituzioni sociali di fornire un collante adeguato che eviti o riduca potenziali conflitti, è anche vero che vi sono settori dell’agire umano, quali quelli produttivi, in cui solo il rischio sufficientemente certo nella sua probabile realizzazione della disutilità di una perdita mediante punizione impedisce l’esercizio arbitrario dei propri diritti.
Oltre al sentimento dell’invidia nell’animo umano vi è la ricerca della “sicurezza” in un alternarsi con il rischio della “ricerca delle possibilità”, un sentimento ambiguo che può passare dall’estremo congelarsi in una dittatura, politico, militare, economica, culturale, ad una anarchia assoluta di ricerca dell’uomo, nelle varie fasi di una vita dalla fiducia vigorosa della giovinezza all’indebolito timore della vecchiaia, passaggi che la medicina e il marketing vorrebbero superati ma tuttavia ancora insiti nella biologia umana e il cui eventuale superamento porterebbe alla nascita di un “nuovo essere”, il “superuomo” non più umano anche se insito nel possibile di una nuova creazione.

Correlato alle problematiche sopra esposte è l’impatto che il principio di responsabilità ha sull’economia in cui un eccesso è speculare ad un difetto, vi è il rischio di giudicare il merito in termini di post-evento quando l’unico discrimine è la chiarezza nell’accettazione del livello di rischio.
Il rapporto responsabilità/rischio si pone quindi su un livello intermedio tra l’aspetto etico personale micro, proprio dell’800, e quello macro di carattere generale del ‘900, evitando l’eccesso normativo mediante pochi principi ed evidenziando al contempo tanto la mala fede che la superficialità.
Nell’impresa societaria vi è “un delicato problema di politica del diritto, ossia quello di trovare il punto di equilibrio tra due contrapposte esigenze: da un lato, non disincentivare l’assunzione dell’incarico da parte delle persone più qualificate (selezione avversa) né indurre atteggiamenti eccessivamente avversi al rischio; dall’altro, fornire adeguata tutela ai soggetti che possono essere ingiustamente danneggiati dagli amministratori” (62, AA.VV., Business Judgement rule e mercati finanziari. Efficienza economica e tutela degli investimenti, Quaderni Giuridici, CONSOB, 11/2016, n. 11).

Vi è quindi nelle società un equilibrio tra l’ampia possibilità di azione degli amministratori e la tutela degli investitori dato dalla responsabilità così come individuata dalla legge e dallo statuto. Negli ordinamenti di common law si assiste ad un auto-restringimento dei giudici al fine di evitare di entrare nel merito delle gestioni, questo per favorire l’entrata in carica di persone dotate di esperienza professionale, di non scoraggiare l’assunzione di rischi a fronte di potenziali profitti e, infine, di evitare alle Corti di giustizia di impigliarsi nel riesame di complesse decisioni gestionali per cui manca una adeguata competenza.
Sorge una necessità di una certezza del diritto dovuta alla chiarezza delle regole e alla loro ben definita delimitazione, evitando un problematico ricorrere al giudizio della magistratura, che non solo scoraggerebbe l’azione gestionale ma sarebbe del tutto successivo senza adeguata competenza, una conflittualità permanente e pericolosamente strumentale.

Se quanto fin’ora esposto è stato ampiamente recepito nei sistemi di common law, non altrettanto lo è nei sistemi di civil law, dove vige una larga discrezionalità interpretativa su leggi non sempre ben definite e talvolta contrastanti, non coordinate tra gli stati dell’U.E. E’ stato affermato essere questo un serio ostacolo alla formazione di un unico mercato finanziario (Marchetti), ma forse rientra in una voluta competizione tra Stati nell’acquisizione di capitali, questo sebbene si sia affermata sia “l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge” che essere considerata come “una regola di ordine pubblico economico” (67, CONSOB, cit.).
Emerge chiaramente un contrasto tra due visioni opposte non esplicitate dove il concetto di responsabilità è frutto di differenti aspetti culturali, politici ed economico-sociale (Alpa).
Analoghi problemi di “prudentia” ed “invidia” emergono nell’attuazione della recente legge che introduce anche da noi il modello anglosassone del c.d. “whistleblowing” come nell’uso delle informazioni acquisite nel mondo del web, se non esplicito e chiaramente documentabile vi è sempre la possibilità di una doppia lettura delle azioni e delle relazioni, una potenziale ambiguità che espone a rischi sia gli attori che i decisori.

BIBLIOGRAFIA

• Marchetti, Il crescente ruolo delle autorità di controllo nella disciplina delle società quotate, 33, Riv. Soc. 2016;
• Alpa G. , La responsabilità di impresa, 5, in La responsabilità d’impresa ( a cura di Alpa e Conte), Milano, 2015;
• Bodelli, Ancora sui criteri di accertamento e di valutazione della condotta degli amministratori, 1187, Giur. Comm. , 2011;
• Cassani, Responsabilità degli amministratori ex art. 2392 cc e onere della prova, 496, in Società, 2012.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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