Fornitura idrica in appartamento per civile abitazione – Monopolio di fatto del gestore – obbligo legale di contrarre – sussiste.

Redazione 17/09/00
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Rifiuto di adempiere per pregressa morosità imputabile al precedente inquilino. Illegittimità. Ordine di allaccio della fornitura ed avvio dell’erogazione del servizio ex art. 700 cpc. – Ammissibilità. (Con commento in calce dell’Avvocato L. Barreca)

IL TRIBUNALE DI CATANIA
TERZA SEZIONE CIVILE
nella causa civile iscritta al n. 179 b / 99 R.G.A.C.,
IL Giudice Istruttore, dr. Massimo Escher
Sciogliendo la riserva dell’8/10/1999, osserva.
IN FATTO
La MONACO s.r.l. il 19.4.1999 presenta istanza al Consorzio Acquedotto Etneo diretta alla stipula di un contratto di somministrazione d’acqua con riferimento all’unità immobiliare sita in San Giovanni La Punta, Via Sottotenente Scalia 34-36, ove si trovava la sede della società.
A seguito di istruttoria amministrativa interna il Consorzio accerta che la richiesta è stata presentata su una ex utenza a nome di Rosario Grasso disdettata dall’ufficio per morosità, pertanto informa la MONACO che il contratto verrà stipulato se e quando sarà effettuato il saldo della morosità relativa all’utenza intestata al Grasso nonché il saldo della morosità relativa ad altra utenza intestata ad Antonia Grasso, proprietaria dell’immobile.
In data 14.7.1999 la MONACO s.r.l. deposita ricorso ex art. 700 c.p.c con il quale, premesso quanto precede, chiede ordinarsi al Consorzio Acquedotto Etneo, concessionario in posizione di monopolio di fatto, di stipulare il contratto di fornitura d’acqua.
Il Consorzio Acquedotto Etneo si costituisce e chiede il rigetto del ricorso.
IN DIRITTO
La domanda in esame rientra nell’ambito della tutela cautelare atipica ex art. 700 c.p.c., e ciò tenuto conto “dei presupposti e dei fini del provvedimento richiesto” (v. art. 669 sexies primo comma c.p.c.), siccome diretta ad ottenere i provvedimenti urgenti necessari per rimediare al rifiuto del Consorzio, quale monopolista di fatto, di concludere il contratto, rifiuto foriero di un danno, in tesi ricorrente, irreparabile, in quanto consistente nell’impossibilità di rendere funzionale la sede della società, per mancanza d’acqua corrente.
Ai fini della concessione della tutela sussiste innanzitutto il requisito della sussidiarietà del rimedio, e ciò posto che la ricorrente non può invocare altra misura cautelare tipica.
Sussiste altresì il requisito del fumus boni iuris (probabile accoglimento della domanda di merito).
Al riguardo si osserva quanto segue.
Il Consorzio , che per sua stessa ammissione è l’unico gestore di servizio di fornitura d’acqua presente a San Giovanni La Punta Via Sott. Scuderi, ha l’obbligo di concludere il contratto con la MONACO srl.
Infatti, alla MONACO s.r.l., siccome estranea ai precedenti contratti di fornitura intervenuti con Rosario e Antonia Grasso, non possono essere opposte le precedenti morosità. L’aggravio di spesa a carico dell’utente in questo caso non ha, invero, alcuna connessione con la prestazione da lui richiesta (vedi Pret. Roma 10.1.1983).
Ciò detto, si osserva che fino all’entrata in vigore della legge antitrust nazionale, legge 10.10.1990, n. 287, la giurisprudenza era per lo più orientata a negare l’applicabilità in via analogica al monopolista di fatto, dell’art. 2597 c.c, norma questa secondo cui “chi esercita un’impresa in condizione di monopolio legale ha l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento” (nel senso di negare la possibilità di ricorrere all’analogia: Trib, Roma, 6.8.1955, in Foro it., I, col 448; Trib. Roma 15.6.1960 , ivi, 1961, col. 554; Cass. 4.9.1962, n. 2387, in Riv. Dir. Ind., 1962, II, p. 21; App. Roma, 7.12.1965 , in Foro it., 1966 I, col 524; Cass. 3.7.1968 n. 2216, in Foro it. 1969, I, col. 2352; Trib. Roma 12.7.1977; Trib. Genova 15.11.1982 in Riv. Dir. Ind., 1984, II, p. 204; Cass. 15.3.1985, n. 2018, in Foro it. 1985, I, col. 1663. Favorevoli invece, Trib. Milano, 22.3.1976 in Giur. annotata dir. Ind. 1976, p. 319 e ss.; Pret. Roma 10.1.1983).
Su posizione estensive per lo più la dottrina, la quale è stata ferma nel negare , alla luce della normativa contenuta nella Costituzione , carattere eccezionale alla norma in tema di contratto imposto. In particolare, si è detto che sarebbe inesatto individuare nella libertà di impresa il principio e nei suoi limiti le eccezioni. Tali autori, in particolare, hanno riconosciuto nel secondo comma dell’art. 41 Cost. la previsione di una serie ristretta ma immediatamente operativa di vincoli all’operare dell’impresa, vincoli operanti –si è detto- quando le scelte imprenditoriali fossero entrate in contrasto con valori costituzionalmente garantiti e di rango superiore rispetto alla libertà di iniziativa economica (artt. 2 e 3 Cost.).
Del resto, si è sostenuto, l’applicazione analogica è una scelta coerente, se si ha presente la ratio sottesa all’art. 2597. La norma, infatti, veniva giustificata nella Relazione al codice civile, con l’esigenza di tutela del consumatore, resasi necessaria per la mancanza di quei mezzi di autodifesa economica che sarebbero possibili in una situazione concorrenziale. Ratio, questa che ponendo l’accento sull’effetto (pregiudizio della liberà del consumatore) più che sulla causa (monopolio legale), ricorre nel caso di rifiuto di contrarre da parte dell’imprenditore in posizione dominante di fatto.
Un notevole impulso alla lettura estensiva dell’art. 2597 è venuto dall’entrata in vigore, all’interno del nostro ordinamento, dell’art. 86 del Trattato Istitutivo della CEE, norma che vieta gli abusi di posizione dominante. Impulso dovuto alla posizione di rango costituzionale che la disciplina comunitaria occupa nel sistema delle fonti.
Il problema dell’applicazione analogica dell’art. 2597 ha perso gran parte della sua importanza a seguito dell’entrata in vigore degli artt. 3 e 8 della legge 287/1990, sicché la norma deve ritenersi -se non abrogata- in gran parte superata. Oggi, sicuramente rientra tra i comportamenti sanzionati ( appunto dalla normativa antitrust) quello dell’imprenditore che, trovandosi in una situazione di monopolio di fatto e apprestando un servizio insostituibile o non facilmente sostituibile, rifiuti un’offerta di contratto compatibile con i mezzi ordinari della sua impresa.
La fattispecie in esame è disciplinata dall’art. 3 l. 207/1990, il quale prevede che ” E’ vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all’interno del mercato nazionale od in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato: a) …; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato… a danno dei consumatori…”.
La giurisprudenza dell’Autorità Garante è del resto orientata, nel senso che sono abusi ai sensi della lett. b anche i comportamenti che impediscano o limitano la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato a danno dei consumatori nel mercato stesso che l’impresa domina .
In particolare, il rifiuto di contrarre è stato sanzionato dall’autorità nella decisione 3C/ SIP del 4.3.1992.
Che nella specie il Consorzio si trovi in una posizione dominante è certo. Infatti, quanto all’accertamento della situazione di dominio, si deve ritenere che il vincolo a carico dell’impresa sorge ogni volta il consumatore sia stato messo nell’impossibilità o nella grave difficoltà di accedere ad un servizio. Ipotesi che qui ricorre, stante l’impossibilità per la MONACO di stipulare con altri un contratto di somministrazione per l’unità immobiliare ove essa ha sede.
Che la posizione sia dominante all’interno del mercato geografico è pure , nella specie, incontestabile, atteso che -come ritenuto dall’ AUtorità Garante- a delimitare il mercato a volte (e questo è il caso) sono proprio la natura del prodotto e le modalità di approvvigionamento dello stesso. E’, invero, indubitabile, che un monopolio possa costituirsi in un territorio molto limitato tutte le volte che la prestazione divenga insostituibile per l’utente, come avviene nel caso che ci occupa (concessionario di acque pubbliche rispetto al fabbisogno dei privati della zona che dovrebbero, in mancanza, procurarsi l’acqua con mezzi anomali o ricorrendo a costi sproporzionati).
Non prevedendo la norma antitrust citata la sanzione per il comportamento abusivo del monopolista, si ritiene che ben possa applicarsi il rimedio in forma specifica previsto dall’art. 2597 c.c., rimedio in forma specifica che del resto è quello dovuto in mancanza di espressa norma di legge che lo escluda per singoli casi (costituendo il risarcimento per equivalente un surrogato del primo). E ciò sia che si voglia ritenere la responsabilità de qua contrattuale, sia che la si intenda come extracontrattuale.
Tutto ciò premesso, sussiste il diritto della MONACO a fruire della prestazione di fornitura d’acqua a parità di condizioni rispetto all’utente normale e, quindi senza aggravi di spesa.
Ricorre, infine il c.d. periculum in mora, posto che certamente , fino a quando il contratto non verrà stipulato, mancando i normali standards di vivibilità, la ricorrente non potrà rendere funzionante la sede sociale (essendo l’acqua un bene insostituibile al fine di assicurare gli elementari bisogni della vita).
p.q.m.
accogliendo la domanda cautelare avanzata dalla MONACO SRL. ordina al Consorzio Acquedotto Etneo di stipulare con la ricorrente –alle condizioni normali praticate dall’ente e senza sovraprezzo- il contratto di fornitura d’acqua relativamente all’unità immobiliare di cui al ricorso, e ciò entro il termine di giorni cinque dalla notifica del presente provvedimento.
Assegna alla ricorrente termine di giorni trenta per l’inizio del giudizio di merito.
Catania, 25.10.1999 fto Il Giudice Dott. Massimo Escher
Depositato in cancelleria il 29.10.1999 fto il Cancelliere

COMMENTO DELL’AVV. LINO BARRECA
L’ordinanza in commento, segna un ulteriore passo avanti nell’effettività della tutela cautelare in materia di contratti del consumatore. La coraggiosa pronuncia, risulta tuttora in contrasto con l’opinione dei Giudici di legittimità, che rimangono arroccati su posizioni conservative, continuando a ribadire che l’obbligo di contrarre a carico dell’impresa in condizione di monopolio legale, previsto dall’art. 2597 c.c., non è estensibile alla diversa ipotesi del monopolio soltanto di fatto (Cassazione civile sez. I, 23 gennaio 1990 n. 355; Cassazione civile sez. I, 7 maggio 1997, n. 3980).
Il contrasto comunque, è per lo più apparente, dovendosi ritenere che, laddove l’obbligo di contrarre non possa giungere ad essere imposto al monopolista di fatto ai sensi dell’art. 2597 cc, si possa comunque pervenire ad un risultato analogo in applicazione dell’art. 3 l. 207/1990, il quale prevede che ” E’ vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all’interno del mercato nazionale od in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato: a) …; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato… a danno dei consumatori…”.
L’Ordinanza peraltro, riesce a congiungere molto opportunemente i due profili giuridici, richiamando una lettura interpretativo-estensiva dell’art. 2597 cc, ossequiosa del doveroso rispetto dell’art. 86 del Trattato CEE, e quindi di una norma che, lo ricordiamo, gode all’interno del nostro Ordinamento, nella gerarchia delle fonti, del rango costituzionale.
Superato lo scoglio, costituito dall’accertamento del fumus boni juris, ossia dell’esistenza di un diritto soggettivo del consumatore, cui corrisponde un preciso obbligo di contrarre posto a carico del “monopolista di fatto”, non vi erano certo problemi per affermare l’illiceità del rifiuto a contrarre, motivato da un pregressa morosità nell’utenza, non addebitabile al richiedente.
Da qui, il passo per affermare l’esistenza di tale obbligo anche in via cautelare, ordinando l’immediato allaccio dell’utenza, è stato ovviamente breve.
La questione assume indubbia rilevanza, alla luce di una diffusa prassi generalizzata in tal senso, operata da varie imprese che riescono spesso, paventando il rifiuto nel consentire l’avvio della fornitura (gas, acqua, elettricità, telefono, etc), a farsi saldare le pregresse morosità da soggetti che non vi erano certamente tenuti, affermando l’esistenza di pseudo-regolamenti interni, del tutto irrilevanti sotto il profilo giuridico.
Avv. Lino Barreca

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