Fermo dei beni mobili registrati (c.d. Fermo Amministrativo)

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Questo breve scritto è frutto dello stimolante contributo dottrinario apparso su questa rivista a firma di illustri commentatori con le cui conclusioni, però, non riesco a concordare e cercherò di spiegarmi.
Nel modo dotto e articolato che gli è congeniale, il Dott. Angelo Genise ha ampiamente descritto nel suo scritto “ Il fermo amministrativo dei beni mobili registrati” pubblicato su questa rivista, il 07/06/2006, la esatta cronologia storica – sistematica con cui si è giunti alla promulgazione dell’articolato di cui alla legge in calce e, quindi, ad esso rimando.
Ma, la L. n. 248/06 e, ancora prima il D.L. n. 233/06, può e deve essere analizzata anche come l’ultimo mancato intervento da parte del Legislatore sul Processo tributario.
Come già ricordato altrove[1] , la materia del contenzioso tributario è stata oggetto della grande riforma tributaria e fiscale degli anni ’70 ed ha ricevuto una prima organica, e nell’intenzione del Legislatore costituzionalmente indirizzata, regolazione con il D.P.R. 636/72, con cui si è messo ordine “.al frastagliato mondo precedente che vedeva distribuito il contenzioso tra giudici speciali e giudici ordinari, tra rimedi amministrativi e organi giurisdizionali. “ [2]. Dopo successivi e disorganici “ aggiustamenti” necessari per gli interventi dei Supremi Giudici, il Legislatore ha provveduto ad una sua profonda revisione con i decreti legislativi nn. 545 e 546 del dicembre ’92, emanati in attuazione della legge delega 413/91[3]. Riforma, che è entrata in funzione dal mese d’aprile 1996, in concomitanza con l’insediamento delle nuove commissioni.
Tali decreti (e non a caso il DPR n. 546/92 riporta nel titolo Processo Tributario), hanno ridisegnato l’ordinamento delle Commissioni Tributarie e del nuovo contenzioso tributario nel tentativo (non pienamente riuscito, anche alla luce delle nuove riforme costituzionali del giusto processo) di renderlo il più aderente possibile ai dettami costituzionali del processo[4], anche mediante il richiamo, quali norme generali da applicarsi nel processo tributario (art. 1 comma 2 DPR n. 546/92), alle norme del codice di procedura civile. Ultimo intervento coordinato è stato realizzato con la legge n. 448/2001 (Legge finanziaria 2002) a cui deve aggiungersi l’ultimo D.L. n. 233/06 (o meglio la sua Legge di conversione, la n. 248/06, la c.d. Bersani-Visco).   
Con l’art. 12, comma 2 della citata legge n. 448/2001 (Legge finanziaria 2002) e l’intervento della più recente L. 248/06, si è ampliata la loro competenza[5], modificando gli artt. 2 e 19 del DPR n. 546/92 (Processo Tributario), attribuendo, alle Commissioni tributarie “..tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi d’ogni genere e specie..”, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e per il Servizio Sanitario Nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative in ogni caso irrogate dagli uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro onere accessori; nonché competenza su varie controversie di natura catastale, con potere di conoscere su tutte le questioni relative agli atti che precedono l’esecuzione forzata tributaria (iscrizione ipoteca) e quelle concernente gli atti che sono compiuti dopo la notifica della cartella di pagamento ma che non hanno natura esecutiva, come il c.d. fermo amministrativo. Questo ha fatto dire, a più di un commentatore, che si è concluso “… il lungo cammino d’unificazione delle controversie tributarie dinanzi ad un giudice unico…” [6].
Certamente, attraverso una tale locuzione omnicomprensiva, il legislatore ha tentato di dare un assetto definitivo alla materia sia attraverso l’assorbimento, in capo alle competenze del Giudice Tributario, di quelle competenze che prima ricadevano sotto il giudizio del tribunale ordinario, giusto art. 9 del cpc (che, però, non è stato abrogato), sia con l’elencazione degli atti impugnabili e dell’oggetto del ricorso[7]. Dimenticano, però, questi commentatori che l’art. 2 citato recita inoltre che: “Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento.[8] e che l’art. 29 del D.lg. n. 46 del 1999 (art. 29) stabilisce, altresì, come per le entrate non tributarie restano esperibili "le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi (che) si propongono nelle forme ordinarie". C. Cost. n. 239/97 e già C. Cost. n. 202/2000; Cass. SS UU n. 15563/02 e Cass. civile Se. Trib. n. 13534/05).
Naturalmente, anche per la natura del presente contributo delimitato allo studio della giurisdizione e competenza del c.d. fermo amministrativo, non mi addentrerò nell’analisi dei vari istituti del Contenzioso tributario (e quindi dell’effettività della tutela e del giusto processo ex art. 24 e 11 Cost.) che inducono ad affermare in quasi tutti i commentatori[9], con ragioni che condivido in pieno, che ancora lontana è la dirittura d’arrivo per parlare di Processo anche nel settore tributario[10].
Evoluzione storico – sistematica
L’istituto oggetto del presente scritto, già presente[11] nel DPR 602/73 all’art. 91bis[12] (che regolava, però, e solo in sede di riscossione coattiva il fermo di veicoli a motore ed autoscafi) fu disciplinato, con la riforma della riscossione del D.Lgs. n. 46/99 e, soprattutto, con il successivo D.Lgs. n. 193/2001[13], nel nuovo art. 86 stesso DPR che nasceva con il chiaro intendo di slegarlo dall’esito dell’esecuzione coattiva (e delle tutele in ogni caso ivi presenti per il debitore), rafforzando il suo aspetto “cautelare” con chiaro intendo di impedire al debitore, e suoi coobbligati, di far “sparire” i beni mobili registrati[14] su cui soddisfare il credito incardinato nel ruolo. La norma assicurava al creditore (in quella declinazione era la direzione regionale delle entrate), ormai svincolato dalle norme dell’esecuzione coattiva, il potere di procedere al loro fermo senza essere costretti a passare davanti al giudice dell’esecuzione[15]. Con questo, descrivendo il procedimento d’iscrizione del provvedimento nei registri mobiliari, o meglio apprestando un vincolo d’indisponibilità[16], con relativa sanzione in caso di mancato rispetto.  
Nella successiva riforma dell’istituto, (vedi nota n. 12), intervenuta con il D.Lgs. N. 193 del 27/4/01 che ha introdotto rilevanti modifiche[17] sostanziali all’art. 86 del DPR n. 602/73, la competenza per l’adozione, che è divenuta facoltativa, è passata al concessionario, oggi Equitalia, (il c.d. e famigerato esattore che, nella storia, è stato anche soggetto privato ed oggi sono società per azioni, sempre di diritto privato ma a valenza pubblica, perché demandata, art 2 D.Lgs. n. 112/99, di “..pubbliche funzioni…” e con determinati requisiti tecnici e organizzativi che, dagli ultimi sviluppi di politica finanziaria art. 3 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, si tende a far rientrare nell’alveo del potere statale ) con il chiaro intendo di recidere, definitivamente, ogni legame con l’esecuzione perché non più legata, il suo utilizzo, al “..mancato reperimento del bene..[18]” .
Legame che, però, è inscindibile in quanto strumento funzionale[19] creato allo scopo inderogabile della riscossione[20], vale a dire assicurare alle casse dello Stato (e degli altri enti cui si è esteso lo strumento coattivo a mezzo ruolo) entrate certe e regolari. Per cui non è possibile l’esistenza di un fermo amministrativo a cui poi non segua un’esecuzione coattiva[21]. Cosa, questa,  in un primo momento non chiara agli agenti della riscossione che, soprattutto per quanto riguarda le c.d. ganasce fiscali, avevano preso troppo alla lettera la possibilità di svincolare l’utilizzo di tale strumento sia dal titolo che dalla sua funzione ontologica. Come conseguenza dell’intervento di numerose sentenze che bloccavano [22]tali operazioni (sia perché mai emanato il decreto Ministeriale previsto dalla norma al comma 4, sia, soprattutto, per le lamentele, anche mediate dai canali informativi, dei cittadini che si vedevano puniti con i fermi delle autovetture anche per crediti esigui o, addirittura, per imposte non dovute o crediti inesistenti) è dovuto prima intervenire la Direzione delle Entrate (dapprima con la circolare n. 221 del 24.11.99 a cui è seguita la risoluzione n. 64 del 1.3.2002, interpretative del potere del concessionario, e il successivo Decreto del Direttore delle Entrate del 31.3.2003 con cui si ordinava ai concessionari di indicare, nelle cartelle, come il mancato pagamento nei termini comportasse il possibile fermo e, per finire, con la nota n. 57413 del 9.4.2003 in cui, per la prima volta,  si parla di preavviso di fermo ulteriore da inviare al debitore moroso) con la risoluzione n. 92/E del 22.7.2004 con cui invitava i concessionari[23] dal sospendere l’utilizzo di tale strumento e, dopo l’intervento interpretativo del legislatore[24] sul comma 4 dell’art. 86 DPR n. 602/73, con successiva risoluzione, la n. 2/E/9.1.06,  con cui consigliava i concessionari ad inviare, prima di procedere al fermo, un  preavviso[25] con cui invitare il contribuente moroso al pagamento entro 20 gg. , pena l’automatica iscrizione del provvedimento nei pubblici registri.
Analisi dell’Istituto
Da quanto sopra ricostruito[26] da un punto di vista storico-sistematico e dalla lettura ai lavori delle commissioni parlamentari che hanno portato all’emanazione della L.D. prima e dei successivi D.Lgs. n. 46 e 193 del 2001[27], è chiaro l’intento di creare, con un tale istituto ibrido (e in seguito dirò perché), uno strumento agile ed utile al lavoro dell’agente della riscossione attraverso il  riconoscimento, in capo a quest’ultimo, di un ampio potere discrezionale con cui bloccare, rendendoli indisponibili all’utilizzatore, tutti i beni comunque registrati del contribuente moroso, e suoi coobbligati, al fine di salvaguardare, assicurandone così l’esito positivo, la successiva escussione coattiva.
Si è definito ibrido tale istituto perché (questa sua natura è all’origine dei tanti contrasti dottrinari e giurisprudenziali sulla giurisdizione) l’habitu vestis[28] non rispecchia la funzione[29], sopra più volte evidenziata e per cui è stato creato dal nostro Legislatore : preservare i beni su cui soddisfare il credito.
Il nomen juris ha fatto cadere in errore non pochi, pur attenti, commentatori e non poca giurisprudenza, soprattutto il Consiglio di Stato[30], inducendoli a non vederne, invece, il funzionale collegamento all’escussione coattiva, vale a dire all’esecuzione tributaria, se non altro perché con la novella del 1999, ancor di più, l’istituto veniva inserito proprio negli atti della riscossione e, precisamente, al capo III denominato “ Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati” subito dopo il capo II che recita dell’ “Espropriazione forzata”.
Dell’atto amministrativo[31] troviamo certamente tracce nell’essere manifestazione (..provvedimento che lo dispone..[32]) del potere discrezionale (..può..[33]) dell’agente della riscossione, soggetto[34] a cui la legge riconosce un potere[35] preminente rispetto ad altri creditori, perché esecutore di funzioni pubbliche (rectius sociali, perché creato al fine di assicurare entrate costanti e certe alle casse dello Stato per i suoi scopi solidali), ma senza attribuzione di poteri di natura amministrativo – tributari propri dell’amministrazione[36] da cui rimane autonomo e differenziato[37]. Si tralascia volutamente tutta la complessa problematica del rapporto fra il potere amministrativo d’imposizione e l’esercizio del diritto di credito non sempre coincidente per come magistralmente analizzato dal G.A. Micheli nel suo Corso di Diritto Tributario ( pp. 158 e ss)-a cui si rimanda e i conseguenti problemi a questo connesso, come la legittimazione passiva ecc.. Così come ne troviamo tracce nel fatto che ad una sua eventuale violazione conseguono non sanzioni civili ma amministrative e che, infine, per la sua estinzione è necessario un atto di revoca [38].
Ma di questo se ne discosta sia per la sopra evidenziata collocazione sistematica dell’istituto che lo trasforma in semplice strumento dell’esecuzione e non autonoma manifestazione della volontà dell’ente (ed abbiamo sopra accennato come nessun potere ricadente nella sfera del Diritto Amministrativo può riconoscersi al concessionario), sia perché non riguarda né il tributo né la materia, nell’eccezione più larga utilizzabile, del pubblico servizio.
Nella teoria del Diritto Civile, invece, troviamo l’istituto del Sequestro Conservativo, strumento che più si avvicina al fermo  [39] definito come “..una misura preventiva e cautelare..[40]” a tutela delle ragioni del creditore titolato per conservare e preservare il patrimonio del debitore al fine di assicurare un esito satisfattivo alla conseguente e successiva escussione coattiva, che trova regolamentazione nel codice di procedura civile[41].  Come si vede funzionalmente simile in tutto e per tutto agli scopi che il legislatore prevedeva con l’istituto ex art. 86 DPR 602/73 da cui si differenzia, però, sia  perché per la sua emissione è prevista la condizione del periculum in mora e sia per il fatto che perde d’efficacia se non eseguito, con le forme del pignoramento, entro i termini di 60 gg..
Lo strumento del fermo così come venutosi a realizzarsi dopo la novella del 1999 e succ. mod. è invece improntato ad un chiaro e pacifico, per come messo in evidenza, intento di disarticolarlo dalle norme poste a tutela del debitore proprie dell’esecuzione forzata e dal controllo giurisdizionale. Ma, nonostante gli sforzi del legislatore, resta un atto preordinato all’espropriazione forzata, il cui percorso nasce dall’iscrizione a ruolo, prosegue con la cartella di pagamento e può collegarsi all’iscrizione del fermo per sottrarre il bene sia alla circolazione naturale che a quella giuridica.
 
Nel Diritto Tributario, al contrario dell’istituto del Diritto Civile, non troviamo alcuna sua definizione ma solo i modi e le forme della sua attuazione “ Decorso inutilmente il termine..(60gg)…il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore…mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari …”. Ed è  poi semplicemente richiamato nelle norme sul processo tributario[42].
Ma se è alla funzione che accentuiamo l’attenzione, cioè al fatto che è semplicemente uno strumento (e non a caso è regolato tra gli istituti della riscossione, come sopra detto, cioè dell’insieme di norme per rendere effettivo l’adempimento della prestazione pecuniaria, la c.d. esecuzione tributaria) creato per rendere effettivo e certo il compito a cui la legge demanda l’esistenza stessa del Concessionario (e prima l’agenzia delle entrate) allora, credo, sia tutto chiaro.
Nasce e permane nell’ordinamento tributario in quanto strumento avente natura sostanzialmente cautelare, perché rende indisponibile, mediante un vincolo stabilito dalla legge e attraverso l’iscrizione dell’atto proveniente dal soggetto incaricato alla riscossione (solo e perchè la legge gli riconosce funzioni pubbliche), a cui è strettamente funzionale per la realizzazione della pretesa[43]. In altre parole, la legge riconosce al concessionario un tale ampio e discrezionale potere svincolato dal controllo[44] giurisdizionale solo perché estremamente interessato a che le entrate siano costanti e certe. In buona sostanza non esisterebbe l’istituto del fermo ex art. 86 DPR n. 546/92 se non in funzione dell’escussione coattiva del credito e al conseguente incameramento delle somme dovute dal debitore.
Il preavviso di fermo : natura e tutela
 
Diviene necessario inquadrare tale ulteriore figura, perché è stata ed è tuttora autonomo oggetto d’impugnativa.
 
Dal quadro storico – sistematico sopra ricordato, si è visto che nasce come “consiglio” fornito ai concessionari da parte dell’Agenzia delle Entrate (ribadita con la recente risoluzione n. 2/E del 9.01.06[45]). E’, nelle intenzioni dell’Agenzia delle Entrate, una semplice “comunicazione” con cui il concessionario porta a conoscenza del contribuente come il mancato pagamento delle somme, per come ormai consolidatesi per l’esecutività del ruolo, di cui il debitore dovrebbe già essere a conoscenza per il precedente invio della cartella esattoriale e/o dell’avviso di cui all’art. 50 DPR N. 602/73 (ex messa in mora), entro e non oltre 20 giorni dalla sua ricezione, comporterà l’automatica iscrizione del provvedimento di fermo dei beni iscritti nei pubblici registri direttamente riconducibili al debitore e/o ai suoi coobbligati.
 
Nella prassi, invece, è diventate equivalente al fermo stesso.
Dal punto di vista giuridico, stante la sua natura di semplice “comunicazione”[46] ne discenderebbe che nessun danno può provocare nella sfera giuridica del contribuente, anche se, l’avergli attribuito automaticamente, allo scadere degli ulteriori 20 giorni, il valore di comunicazione d’iscrizione di fermo[47], è giocoforza cadere nell’errore[48] di riconoscere alla sua ricezione l’equivalenza di comunicazione del fermo stesso il quale è l’unico atto, riconosciuto dalla legge, foriero di produrre modifiche nella sfera giuridica del contribuente.
 
Ma, parte della dottrina e qualche giurisprudenza[49] ne hanno riconosciuta l’autonoma possibilità d’impugnativa. Non si condivide tale tesi , a voler tacere d’altro, per il semplice fatto che neanche il c.d. fermo è atto automatico, tant’è che il concessionario può utilizzarlo o meno, visto che il legislatore ha lasciato il suo utilizzo alla sua discrezionalità totale. Così come strutturato, peraltro, è anche disarticolato dal successivo inizio del pignoramento. Non si vede, pertanto, dove ancorare il giudizio per l’accertamento che estrinsechi una chiara volontà del creditore di procedere ad escussione, quindi, significativa del periculum in mora, conditio sine qua non per l’emanando provvedimento di sospensiva.
Il fermo è l’atto con cui si crea il vincolo d’indisponibilità e conseguenti sanzioni nei confronti del trasgressore. Il c.d. preavviso, anche se dopo 20 gg. ha valore di comunicazione d’iscrizione di fermo(ma non di avvenuta iscrizione del fermo); è una semplice lettera a cui potrebbe anche non seguire alcunché.
La giurisdizione
Com’è noto, vige una giurisdizione “speciale e generale” esercitata dalle Commissioni tributarie, alle quali è affidato l’esame di tutte le controversie di natura fiscale.
Ma le questioni attinenti alla giurisdizione, è bene ricordare, sono questioni che attengono al concretizzarsi nella vita di tutti i giorni dell’Ordinamento, come magistralmente affermato dal Satta[50]. In estrema sintesi, il momento determinante della giurisdizione è quello della domanda ( art. 5 cpc) e la decisione è determinata dall’oggetto della domanda ( art. 386 cpc) o meglio dalla quaestio collegata al diritto soggettivo e all’illecito a questo collegato[51].
Diviene essenziale, quindi, conoscere del contenuto della domanda : jus persequendi judicio quod sibi debetur[52].
 
Dalla ricostruzione appena sopra accennata dell’istituto, appare pacifica la sua natura funzionale ed intrinsecamente necessitata all’esecuzione tributaria. Opportuno ricordare come anche il legislatore, nel momento in cui ha attribuito all’esattore tributario “strumenti” idonei a ricercare e conservare i cespiti del patrimonio del debitore e utili a garantirgli, in sede esecutiva, la soddisfazione del credito (riconoscendogli una posizione di preminenza  sugli altri creditori e lo stesso debitore, da tutelare per la sua funzione c.d. solidale) ha, nello stesso tempo [53]e in ragione della tutela dei principi anch’essi costituzionalmente garantiti del diritto alla difesa, attenuato tali poteri con la possibilità d’esperire, a titolo esecutivo realizzatosi (cartella esattoriale contro di cui non si è potuto o voluto esperire i ricorsi), gli ordinari rimedi ex art. 615 e collegati rimedi cautelari (669-bis Cpc) attraverso cui è possibile sospendere il ruolo (titolo esecutivo) sempre che “…ricorrono fondati motivi.” (art. 60 DPR n. 602/73). Ne consegue, logicamente, come la Giurisdizione deve necessariamente appartenere (C. Cost n. 439/99, Cass. civile n. 13534/05) al Giudice che sarebbe “…competente a conoscere la controversia…” (art. 29 su cit.) che è, quindi, suddivisa tra quell’ordinaria, piuttosto che in luogo di quell’amministrativa (così afferma Cass. SS UU. n. 1162/2000 , Cass. Civile sez. I 13 luglio 2000, n. 489 e ultima,Cass. SS UU ord. n. 875 del 17/01/2007 , la più recente a proposito del c.d. fermo amministrativo [54]) e/o tributaria (Corte cost. n. 318/95 e n. 372/97, quest’ultima rilevante perchè concernente i provvedimenti cautelari d’urgenza).
 
Tale situazione, si ritiene,  non ha subito alterazioni dalle ultime modifiche legislative (L. 248/06 c.d. Bersani-Visco). Sia perché è ormai pacifico, sia in dottrina[55] che in giurisprudenza[56], come l’elencazione contenuta nell’art. 19 del DPR n. 546/92 non ha alcun valore per l’impugnabilità o meno dell’atto davanti alle CTP perché unico criterio distintivo è rimesso alla natura impositiva della pretesa che sottende l’atto stesso, sia  per la formulazione dell’articolato citato[57]. L’aver elencato con i due nuovi commi altri atti impugnabili, sembrerebbe richiamare ai solo vizi degli stessi (atti) e non altro[58], introducendo, semmai, un mostro giuridico che impone di impugnare davanti alla CTP uno strumento cautelare, per chiederne la cancellazione se viziato, permanendo, comunque, e per le ragioni sopra accennate e più oltre analiticamente esposte, tutte le problematiche relative alla pretesa ad esso collegata.
 
Ma allora, perché il legislatore ha sentito la necessità di un tale intervento.
Proprio per la scarsa o nulla attenzione che rivolge all’Istituto del Processo nel settore tributario.
Più che palestra di civiltà e diritto in cui trovare la giusta mediazione tre le istanze di tutela del cittadino – contribuente e la altrettanto costituzionalmente ed ontologicamente importante funzione sociale di salvaguardia delle entrate dello Stato (e degli Enti via via ricompresi), lo continua ad intendere quale  semplice strumento a salvaguardia delle proprie casse. Prima dell’entrata in vigore del DL 46/99, la giurisprudenza ammetteva proprio il 700 come rimedio cautelare contro la riscossione d’entrate non tributarie mediante ruolo. Poi è entrato in vigore l’art. 29 del DL 46/99 e, in un primo momento, è sembrata tramontata l’era del rimedio ex 700 cpc. Negli ultimi tempi, invece, riaperta la diga, mediante il riconoscimento della giurisdizione in capo al G.O. il legislatore prontamente tenta di intervenire a gamba tesa con i due commi citati. Ma in maniera goffa e impropria, per come evidenziato, e in totale disprezzo della giurisprudenza consolidatasi in tema di giurisdizione sul fermo amministrativo (cfr Cass. Sez. Un. ord. n. 2053 del 31/1/2006)[59].
 
Alla luce delle questioni sin qui esposte e per la coerenza stessa dell’intero sistema del riparto della giurisdizione per come sin qui venutosi a costruire[60], siamo necessitati a concordare con quanti [61]richiamano la qualità della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, qualche elemento qualificante della stessa..
 
In buona sostanza al Giudice Ordinario, (così Giudice di pace di Bari Sent. n. 1825/07[62], Trib. di Vibo Valentia Ordinanza del 26 giugno 2006[63] e, infine, Cass. SS UU n. 2053/06), si può chiedere la sospensione del vincolo d’indisponibilità realizzatosi attraverso l’iscrizione del provvedimento del fermo dei beni mobili registrati (atto comunque risultante dalla definitività dell’accertamento) nei pubblici registri, giusto coordinamento dell’art. 2 D.Lgs. 546/92 con gli artt. 57-59 DPR n. 602/73, che hanno lasciato in capo, ai giudici tributari, solo le controversie e per somme tributarie, relative agli atti esecutivi ex 617 cpc., perché nulla dice, l’art. 2 D.Lgs 546/92, sulle eventuali controversie che investono invece il diritto all’esecuzione sorto sulla base di un credito tributario ormai formatosi. Il legislatore, si è limitato a prevedere solo le cause che investono il rapporto impositivo e le connesse posizioni (Cass. SS. UU. N. 15563/02), vale a dire “…le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria…”.
 
Giusto richiamo art. 29 D.Lgs n. 46/99, la Giurisdizione appartiene (C. Cost n. 439/99, Cass. civile n. 13534/05) al Giudice che sarebbe “…competente a conoscere la controversia…” che è, quindi, suddivisa tra quell’ordinaria ogni qualvolta la controversia non abbia ad oggetto il rapporto d’imposta (piuttosto che in luogo di quell’amministrativa) o tributaria.
Il rimedio esperibile, [64] a maggior ragione se le pretese cristallizzate nel titolo esecutivo erano di natura non tributaria, è quel previsto dall’art. 615 cpc con cui si contesta il diritto a procedere ad esecuzione e non solo per denunciare fatti estintivi (e/o impeditivi) sorti dopo la creazione del titolo esecutivo. Questo perché “….il silenzio di detto art. 2, sull’opposizione ex art. 615 cpc, è di per sé sufficiente a determinare la giurisdizione del giudice ordinario, traducendosi nella mancanza di deroga ai comuni criteri di collegamento.”   (Cass. SS. UU. N. 15563/02). Tale controversia deve essere a lui condotta (Cass. SS UU n. 2090/2002), proprio perchè a lui è chiesto di assicurare tutela ai diritti soggettivi (Cort. Cost. sent. N. 275/01).
Nel momento in cui si è messa in discussione il diritto a procedere all’esecuzione (con domanda configurabile quale opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc) è questo il giudice (art. 103-113 Cost.) cui rimettere la risoluzione di tutte le questioni a queste collegate (che per sua stessa natura è limitata e condizionata[65] alla tutela dei diritti soggettivi), proprio perché giudice munito di giurisdizione sulla domanda stessa (Cass. N. 6420/2004).
In conclusione il Giudice Ordinario, presso cui deve essere incardinata la controversia con cui ci si lamenta del danno arrecato alla propria sfera giuridica dall’illecita iscrizione del vincolo d’indisponibilità sui propri beni iscritti nei pubblici registri e/o a cui si chiede la sospenzione d’efficacia del c.d. fermo attraverso un procedimento d’urgenza[66], può e deve conoscere dell’atto impositivo e, se valutato illegittimo e/o inesistente, dichiararne la sua inefficacia con conseguente sospensione ( in caso di rimedio cautelare ex 700 cpc) o inefficacia (nel caso di richiesta ex art. 615 cpc ) dell’atto esecutivo o del funzionalmente collegato strumento del c.d. fermo dei beni mobili registrati, per eliminare, o far cessare, la lesione del diritto soggettivo (e in ossequio ai dettami degl’artt. 24 e 113 Cost.).
Questo perché, la norma residuale prevista ex art. 59 DPR 602/73 (che consente la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni e quindi appresta una forma di tutela per “equivalente”) o l’ordinaria richiesta di risarcimento per danni ex art. 2043 e ss. c.c. non potrà mai sostituire il bene della vita che si ritiene leso da un atto contrario alla legge, con ciò negando l’effettività della tutela richiesta.
 
                                              
                                                                                              Avv. Francesco Molinari
                                                                                                                                         Socio di Avvocati & Avvocati[1]


[1] F. Molinari – " Commento a  Cassazione, SS.UU. Civ. Sent. N. 11082 dell’8 maggio 2007, dep. il 15 maggio 2007 ",  in “Iussek.com” Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet il 27 Giugno 2007 all’indirizzo http://www.amministrativo.it/notizie/visual.php?num=42498 , ed anche in Civile.it.
[2] G.A. Micheli – Corso di Diritto Tributario– Utet – pp. 236 e ss.
[3] Claudio De Stasio – Compendio di Diritto Tributario, pp 27.
[4] Eduardo Grasso – Fisco n .24/07 che giustamente osserva come: ”.troppe sono ancora le ombre presenti nel contenzioso tributario perché si possa essergli riconosciuta, a pieno titolo, la qualità di giusto processo.”. pp. 3473.
[5] Recita l’art. 2 post riforma: “Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, e comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento”.
[6] AltaLex- Articolo di Angelo Antonio Genie del 03.05.2007 – Il processo tributario: aspetti e problematiche, pp. 2.
[7] All’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo la lettera e), sono inserite le seguenti:
e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;
e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni”.
[8] Art. 2 DPR n. 546/92 Processo Tributario.
[9] Per ultimo E. Grassi – in Fisco n. 2 4/2007 fasc. 1 pp. 3473 e ss.
[10] Per quanto mi riguarda, come ho affermato in altro mio lavoro che attende la pubblicazione ” Il Processo quale indicatore di Democrazia” …. è arrivato il momento (…) di procedere ad uno “ …scuotimento dei pesi..” della nostra società, come la ormai leggendaria seisachtheia di Solone che nella Grecia Antica fu il vero architrave della democrazia ateniese(….) perché, la vera riforma della giustizia, affinché si possa parlare di democrazia compiuta e di una completa attuazione della Carta Costituzionale, è nel prevedere un solo processo con giudicanti indipendenti e separati dall’amministrazione dello Stato in cui posto di rilievo deve aver il popolo – demos e fulcro il contraddittorio.”.
[11] E tracce di un istituto similare, anche se relativo ai tributi c.d. locali, lo possiamo trovare nel R.D. n, 639 del 1910, mentre non deve essere confuso con il completamente differente istituto, tranne che nel nomen juris, del c.d. fermo amministrativo in materia di contabilità di Stato ex art. 69 R.D. n. 2440 del 1932.
[12] Introdotto a norma dell’art. 5 D.L. n. 669/96 che chiaramente ricalcava, differenziandosene perché non prevedeva il presupposto del fumus bonis juris, l’istituto del sequestro conservativo proprio del processo civile, infatti, richiedeva il previo esperimento dell’esecuzione forzata
[13] Che ha interamente riscritto il primo comma dell’art. 86, attribuendo la facoltà di utilizzare lo strumento ai concessionari e svincolandole l’uso dal pignoramento e, quindi, dall’infruttuosità con l’ulteriore handicap per il contribuente del solo diritto a conoscerne solo dopo l’avvenuta iscrizione.
[14] La legge delega 28/9/98 n. 337 con cui si è dato mandato al Governo per l’emanazione dei successivi e conseguenti D.Lgs n. 37 e 46 del 1999 ( riforma riscossione), è stata emanata con lo specifico intendo di riordinare il procedimento esecutivo per “…conseguire un miglioramento dei risultati della riscossione mediante ruolo e di rendere più efficiente ed efficace l’attività del concessionario.”.
[15] Realizzando, così, pienamente la c.d. “autotutela decisoria ed esecutiva ”, cioè riconoscendo alla Pubblica Amministrazione, che agisca quale "pubblica autorità” il potere di farsi giustizia da sé, ossia di tutelare essa stessa i propri diritti. Che non vuol dire, però, venir meno del controllo giurisdizionale. Come esattamente illustrato da G. Costantino in “ Il nodo della tutela giurisdizionale per la riscossione dei crediti non tributari” in Fisco Dossier Mensile n. 3 del 1999, pp 11 e ss.
[16] Così S. Sardella – in Fisco n. 24/2007 pp. 3530 e ss.
[17] Genise – “ Il fermo amministrativo dei beni mobili registrati” articolo del 07/06/2007 in Diritto. it, https://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/24128.html
[18] Vecchio art. 86 DPR n. 602/73
[19] CassSS UU Ordinanza N. 875 DEL 17/01/2007
[20]  F. Molinari, " Esecuzione Tributaria. I possibili rimedi residuali in fase esecutiva e cautelare Giurisdizione e Competenza (anche alla luce della L. n. 248/2006 – c.d. Decreto Bersani-Visco)", in “Filodiritto.com” Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet il 19/6/2007 all’indirizzo
[21] Vedi Circ. n. 41/E/17.09.04 dell’Agenzia delle Entrate a cui è chiara e pacifica la natura cautelare dello strumento.
[22] Per tutte Consiglio di Stato ordinanza n. 3259 del 13/7/04 .
[23] E tralasciamo l’analisi della natura di un tale “invito” , cioè della legittima e del potere di emanarlo.
[24] Art. 3 comma 41 del D.L. n. 203, convertito nella L. n. 248 del 2005
[25] La cui natura, per stessa ammissione dell’Agenzia, è quella di una semplice comunicazione.
[26] Certamente in modo sintetico e senza la presunzione di completezza, peraltro non consentita dalla natura di questo scritto e, a tal proposito si rimanda a : F. Garri, voce Fermo amministrativo, in “ Enc. Giur. Treccani”, Roma 1988;.
[27] In tali illuminanti scritti ricaviamo come l’intento del Legislatore fosse evidente : fornire l’esattore di strumenti agili e soprattutto efficacia e slegati dalle “pastoie” del procedimento civile per assicurare un flusso di denaro certo e continuo.
[28]Tommaseo B. “Dizionario della Lingua Italiana” Ed. Rizzoli , nel senso che l’aver il legislatore parlato di ….iscrizione del provvedimento…con cui si dispone il fermo, non indica la natura e funzione dell’atto, semplicemente perché come cultura popolare insegna : l’abito non fa il monaco
[29] Cass. SS.UU. Civili n. 2053 del 31/01/06 con cui chiaramente si evidenzia come “..il fermo amministrativo.. è atto funzionale all’espropriazione forzata….” Ribadita dalla recentissima Cass. SS. UU. Ordinanza n. 14701 del 23.06.06
[30] Fra le più recenti troviamo l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 2032 del 14.3.2006 e , soprattutto, per la pervicacia, l’ordinanza n. 4581 del 18.07.06.
[31] Così, in estrema sintesi, tra gli altri A. Genise cit. e, per tutta la giurisprudenza, la recente Ordinanza del CDS. N. 4581 del 18.7.06.
[32] Comma 2 art. 86 DPR n. 602/73
[33] Comma 1 art. 86 DPR 602/73
[34] soggetto privato ed oggi sono società per azioni, sempre di diritto privato ma a valenza pubblica, perché demandata, art 2 D.Lgs. n. 112/99, di “..pubbliche funzioni…” e con determinati requisiti tecnici e organizzativi che, dagli ultimi sviluppi di politica finanziaria art. 3 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, si tende a far rientrare nell’alveo del potere statale)
[35] E questo non vuol dire che è svincolato da ogni controllo ma è la legge che ne individua limiti e condizioni nel suo spiegarsi nel mondo giuridico. In un certo senso vi è un controllo propedeutico all’emanazione dell’atto che lo legittima e dovrebbe, nell’intento del legislatore, assicurarne la liceità.
[36] Così sapientemente afferma il Consiglio di Stato Sez. V, Sent. n. 4689 del 13.09.05, riconoscendo la giurisdizione della G.O. , afferma che il poter esecutivo del concessionario è un poter inquadrabile nello jus erigendi ordinariamente riconosciuto al creditore ordinario.
[37] Alcuni commentatori, invece, continuano a riconoscergli un potere delegato. Analisi ermeneutica ormai vecchia e non adeguata alla maggioritaria dottrina, fra tutti G.A. Micheli, A. Fantozzi (ed altri con cui mi scuso per la mancata citazione). Questo ragionamento, le cui premesse sono errate, conduceva all’affermazione che, proprio perché potere delegato da parte dell’ente impositore, il disconoscerne la natura amministrativa, al provvedimento di fermo, emanazione del suo potere discrezionale, equivaleva a disconoscere, cosa impossibile perché tutelato da norme costituzionali, il potere impositivo all’ente delegante.
[38] Così il Consiglio di Stato ordinanza n. 4581/06 che definisce, testualmente il fermo amministrativo come “un provvedimento amministrativo di autotutela, in funzione dell’interesse pubblico sotteso alla soddisfazione del credito tributario, attribuito al concessionario della riscossione che, sotto tale profilo è esercente privato di una pubblica funzione: atto ablatorio discrezionale, che deve essere congruamente motivato sia sull’interesse pubblico prevalente sia in relazione all’entità del credito rispetto al sacrificio imposto”.
[39] Art. 2905 C.C. “ il creditore può chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore,secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile “(669bis ss)
[40] Torrente – Manuale di Diritto Privato – Giuffré – pp. 480 e ss..
[41] Art. da 670 a 687 , anch’essi recentemente oggetto di riforma (L. n.. 80 del 15/5/2005)
[42] art. 19 comma e-ter) del DPR n. 546/92.
[43] CASS SS UU ORD. N. 875 DEL 17/01/2007 che ha ribadito la giurisdizione dell’ A.G.O..
[44] Nei limiti e con le condizioni di cui alla precedente nota
[45] Peraltro non si capisce perché limitato alle autovetture o meglio storicamente sappiamo che nasce in risposta alle trasmissioni televisive e ondate giornalistiche contro le c.d. ganasce fiscali..
[46] Così trib. Napoli 4.01.07
[47] Così la citata risoluzione n. 2/E/3.01.06.
[48] Vedi scritto del Genise richiamato in nota 16).
[49] Giudice di Pace, Caserta, Sez. I^, 24 aprile 2006) e Tribunale Roma, sez. feriale, ordinanza 08.08.2006.
[50] Satta – Diritto Processuale Civile – Cedam, pp. 12 e ss. Il quale afferma come il problema della giurisdizione : “ ..è postulazione di giudizio, quindi processo actus trium personarum (…) attuazione del diritto nel caso concreto”.
[51] E. Fazzari – Istituzioni di Diritto Processuale- in cui ci illumina su come nel processo, in realtà, quando si parla di “..oggetto …ci si riferisce alla constatazione che tutto un insieme di atti del processo, atti di parte, di giudice, ecc., operano intorno al thema disputandum costituito dall’esistenza del dovere, del diritto e dalla loro violazione..”, che per la varietà di quaestio ad essi collegabili, lo portano ad affermare che intorno all’oggetto degli atti processuali:”…è possibile l’analisi,ma non anche una sintesi teoricamente fondata..”-Cedam – pp. 307 e ss. Di diverso avviso, invece, la c.d. teoria statica del Chiovenda per come esposta in  –Principi – pp. 379 e ss
[52] Satta – Diritto Processuale Civile – Cedam, pp. 153 e ss. Nel quale chiarisce come la domanda è sia “… una manifestazione del diritto che invoca la sua tutela ..(che)..atto del processo,introduttivo e costitutivo del processo”
[53] Art. 29 D.Lgs n. 46/99
[54] CASS SS UU ORD. N. 875 DEL 17/01/2007 :”Il provvedimento di fermo amministrativo dei beni mobili registrati (nella specie, un’autovettura) emesso dal un concessionario del servizio riscossione tributi ex art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 è un atto funzionale all’espropriazione forzata attraverso il quale si realizza il credito dell’amministrazione, e pertanto la tutela giurisdizionale nei confronti dello stesso si realizza dinanzi al giudice ordinario con le forme dell’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi (come già affermato dalla Corte con ord. n. 14710 del 2006 e dal Consiglio di stato, con sentenza n. 4689/2005)”,
[55] non ultimo si veda l’acuto richiamo sia ai principi che ai precedenti, esposti nello scritto di E. A. Sepe in “ I nuovi approdi della giustizia tributaria” in il Fisco n.25/07 pp. 8772 e ss..
[56] Cass. SS. UU. N. 1677/2005.
[57]dell’art. 19, comma 1, lett. e-ter) del D.Lgs. n. 546/1992, come da ultimo modificata dalla legge 248/2006, di conversione del D.L. 223/2006 (c.d. Decreto Visco-Bersani)
[58] Non quelli della cartella né quelli dell’atto impositivo, stante gli ordinari mezzi impugnativi previsti davanti alle CTP, sempre che il fermo non sia il primo atto con cui il contribuente sia venuto a conoscenza della pretesa tributaria. Restano, quindi, i vizi propri dell’atto, per esempio per errore nell’individuazione del bene o per sopravvenuta inefficacia esecutiva del titolo ecc.,
[59] Per come evidenziato da F. Marascio in Nota a Sent. Trib. Roma in Altalex, 6 ottobre 2006.
[60] Almeno fino a quando non avranno dispiegato tutta la loro dirompente novità le Sent. n. 77 del 12.03.07 Cort. Cost. e n. 4109/2007 Cass. SS. UU. che, finalmente, sembrano far intravedere una prima breccia, con l’introduzione del c.d. principio della comunicabilità tra i giudici o traslatio iudicii,, per il superamento degli steccati (103 cost.) nei cui confini,tra interessi legittimi, diritti soggettivi ed interessi diffusi, si è voluto confinare la richiesta di tutela dei cittadini. Il cui unico anelito è quello di un Giudice indipendente che somministri giustizia in modo imparziale e in tempi rapidi.
[61] M. Nigro “ Giustizia amministrativa” pp. 146 e ss. , e S. Sardella sopra indicato in nota 15).
[63] “… Le entrate non tributarie e quelle tributarie di cui all’art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, possono formare oggetto di opposizione all’esecuzione e a gli atti esecutivi, nonché di tutela cautelare dinanzi all’ A.G.O….”
[64] Permane, pertanto, quella divisione della giurisdizione che nella pratica si era fin qui realizzatasi che si concretizzava nel principio pratico per cui, se il credito per il quale il fermo è disposto ha natura tributaria, la Giurisdizione è delle CTP, nel caso, invece, di credito ordinario, spetterà all’A.G.O.. Mai a quella amministrativa per come sopra detto stante la natura funzionale all’esecuzione dell’istituto.
[65] Condizione : Lesione (in atto o che teme in concreto di subire) di un diritto soggettivo da parte di un atto impositivo illegittimo ab origine perché, per esempio, inesistente. –
      Limiti : pronuncia solo sull’inefficacia incidenter tantum  (cioè sulla sua non produzione di effetti nel mondo giuridico) dell’atto impositivo ritenuto, per qualsiasi motivo, illegittimo con conseguente annullamento dell’esecuzione iniziata o emanazione di provvedimento cautelare necessario a far cessare la minaccia (certa) di lesione.
[66] Che, trova ratio nell’assoluto ingiustizia della pretesa tributaria o dello strumento del fermo in oggetto e soddisfi il requisito minimo dei gravi motivi

Molinari Francesco

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