Errore vizio della Volonta’, errore ostativo e invalidita’ del contratto (*)

Redazione 28/10/03
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Massimo Franzoni,

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SOMMARIO: 1. L’errore vizio della volontà: i diversi significati di errore. – 4. L’errore incidente? – 5. L’errore essenziale nell’art. 1429 c.c. – 5.1. L’essenzialità nell’errore ostativo. – 5.2. L’errore di fatto sui motivi negli atti a titolo oneroso e negli atti a titolo gratuito. – 6. L’art. 1429, n. 1, c.c.: errore «sulla natura o sull’oggetto del contratto». – 7. L’art. 1429, n. 2, c.c.: errore «sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso». – 7.1. L’errore sopra una qualità dell’oggetto della prestazione. – 7.2. L’errore sul valore o sul prezzo della prestazione. – 7.3. L’errore e l’inadempimento. – 8. L’art. 1429, n. 3, c.c.: errore «sull’identità o su qualità determinanti dell’altro contraente». – 9. L’art. 1429, n. 4, c.c.: errore di diritto. – 9.1. La ragione principale o unica del contratto. – 9.2. I problemi: errore di fatto ed errore di diritto. – 9.2.1. L’errore di fatto e di diritto in alcuni contratti: la transazione. – 9.2.2. L’errore di diritto nell’arbitrato irrituale. – 9.3. L’errore di diritto ed il principio dell’ignorantia legis non excusat. – 10. L’errore di calcolo. – 10.1. … e falsa demonstratio. – 11. L’errore riconoscibile. – 11.1. La valutazione della riconoscibilità. – 11.1.1. La riconoscibilità e la conoscenza effettiva. – 11.1.2. La prova della riconoscibilità. – 11.2. La riconoscibilità e l’errore ostativo. – 12. L’errore comune e l’errore bilaterale reciproco. – 13. L’errore nella dichiarazione o nella trasmissione della volontà.

1. L’errore vizio della volontà: i diversi significati di errore

L’errore per assumere rilievo ai sensi dell’art. 1427 c.c. deve essere essenziale , quindi cadere su uno degli elementi previsti nel successivo art. 1429 c.c., al momento del consenso , oltre che riconoscibile dall’altro contraente. Per di più deve riguardare circostanze che consentano un corretto e compiuto apprezzamento . Sicché non è tale il malinteso in cui cade la parte su questioni che implicano giudizi di valore, come tali non esattamente apprezzabili: non sempre possono costituire errore la collocazione storica di un reperto archeologico o l’attribuzione di paternità di un quadro d’epoca e neppure la previsione futura di reddito, il c.d. errore di previsione . Naturalmente l’errore di previsione va diversamente apprezzato, quando proprio questo sia stato indotto dall’altra parte o da un terzo e si configuri come raggiro o artificio doloso . Resta il fatto che lo sbaglio che connota l’errore rilevante è quello commesso al momento in cui la volontà si forma ed attiene a fatti esistenti a quella data. L’errore di previsione, invece, riguarda valutazioni su fatti o circostanze che possono verificarsi in futuro, ma che possono influire soltanto come motivo della conclusione del contratto , altrimenti possono assumere rilievo quale presupposizione del contratto .

Un delicato problema si può porre nel caso in cui l’errore di previsione sia determinato dalla falsa rappresentazione di circostanze di fatto esistenti al momento della conclusione del contratto. Ad esempio l’acquirente paga un certo prezzo per un pacchetto azionario, poiché dai bilanci risulta una solida situazione finanziaria che lascia ben sperare sull’incameramento di cospicui dividendi, mentre successivamente scopre che quei bilanci erano falsi; il compratore acquista ad un certo prezzo un pacchetto azionario, erroneamente confidando che la società fosse titolare di un prestigioso marchio, mentre questo era invalido o si era volgarizzato. In questi casi si è tentato di ricondurre il siffatto errore di previsione in un errore sull’oggetto o su una qualità della prestazione: l’errata previsione sarebbe espressiva di una delle figure dell’art. 1429 c.c. . Senonché la difficoltà sistematica di questo ragionamento consiste nel fatto che, negli esempi fatti, le circostanze sulle quali il dichiarante cade in errore sono estrinseche al contratto: il patrimonio della società è estraneo all’oggetto del contratto di vendita delle azioni, salvo che non vi siano garanzie specifiche, nel qual caso in sede di vizio funzionale assumeranno rilievo; così come il marchio è estraneo all’oggetto del contratto, all’oggetto dell’obbligazione o ad una qualità delle azioni compravendute . Per annullare questi contratti occorre la prova del dolo che ha un ambito di efficacia non sempre coincidente con quello dell’art. 1429 c.c.

La dottrina non più recente aveva introdotto la figura dell’errore proprio, causa di annullabilità, in contrapposizione all’errore improprio, causa di nullità per mancanza assoluta di volontà. La lettura più moderna del sistema del codice e l’abbandono del dogma della volontà suggerisce di desistere da questa partizione di fonte extranormativa. Salvo che a questa non si voglia attribuire un significato meramente descrittivo, utile per segnalare i casi in cui a causa di un errore si sia ad esempio alienato un bene incommerciabile o un bene illecito o un bene diverso da quello contrattato ; oppure ancora per indicare le ipotesi in cui a fronte di una proposta vi è un’accettazione dal contenuto difforme. In definitiva la predetta partizione può essere utile per descrivere la fonte di un vizio di nullità o di inesistenza, quando questo sia frutto di una falsa rappresentazione della realtà .

In altri casi l’errore viene aggettivato, errore motivo ed errore ostativo, oppure specificato ulteriormente: errore di fatto ed errore di diritto. Qui il significato dell’errore si qualifica sulla base della disciplina normativa, sicché occorrerà in seguito soffermarvisi ulteriormente.

4. L’errore incidente?

Seppure si possa logicamente distinguere tra errore incidente ed errore determinante , allo stesso modo in cui si fa per il dolo, tale distinzione è priva di concreti effetti nella vicenda giuridica. Questo vizio del consenso deve essere essenziale e riconoscibile, ed aver determinato la conclusione del contratto o la perfezione dell’atto, altrimenti è giuridicamente irrilevante, ai fini dell’annullamento 41. Irrilevante è stato considerato anche dal diverso punto di vista del risarcimento del danno, posto che la mancanza di disciplina dell’errore incidente impedisce di valutarlo quale causa di lesione dell’autonomia contrattuale 42, ma questa conclusione impone una ulteriore riflessione.

Invero, se è certo che l’art. 1440 c.c. sia norma speciale, pertanto inapplicabile per analogia, dato il divieto dell’art. 14 disp. prel. c.c., tuttavia non è questa la sola soluzione al problema. La lesione può misurarsi sulla base del­ l’atto di autonomia compiuto, ma può anche valutarsi sulla base della lesione patrimoniale che uno dei contraenti subisce per effetto di quell’atto di autonomia. In questo secondo caso la norma da applicare con l’impiego dell’analogia non sarebbe l’art. 1440 c.c., bensì l’art. 2043 c.c. che, nelle applicazioni più recenti, diviene lo strumento per la protezione delle posizioni contrattuali illecitamente violate.

Del resto la domanda di risarcimento del danno non necessariamente presuppone l’accertamento costitutivo del­ l’annullamento dell’atto: la parte è libera di agire soltanto per l’annullamento, oppure di lasciare fermo il contratto e chiedere il solo risarcimento, tanto nel­ l’ipotesi del dolo determinante, quanto nell’ipotesi del dolo incidente. Se questo è vero, ciò significa che la domanda di risarcimento è autonoma da quella di annullamento, sicché si può fondare anche sulla clausola generale di ingiustizia del danno, senza per questo dover applicare analogicamente l’art. 1440 c.c.

Senonché l’errore rilevante è dovuto esclusivamente all’attività della parte che subisce il pregiudizio e non a quella dell’altra, sicché verrebbe a mancare l’illecito dell’art. 2043 c.c. e con esso la possibilità di attribuire pregio anche soltanto descrittivo all’errore incidente .

5. L’errore essenziale nell’art. 1429 c.c.

La disciplina sulla rilevanza dell’errore dell’art. 1428 c.c. rappresenta un punto di equilibrio nella tutela degli interessi dell’errante e dell’altra parte. Il risultato è di garantire con ciò la sicurezza dei traffici, mediante la salvaguardia dell’atto di scambio in sé. Questo punto di equilibrio è realizzato richiedendo che l’errore sia assistito dai requisiti della essenzialità e della riconoscibilità, negli atti a titolo oneroso. Questi caratteri dell’errore sono comuni tanto all’errore motivo, quanto all’errore ostativo, sicché l’essenzialità non distingue più come in passato tra l’una e l’altra specie di errore .

Il concetto di essenzialità desumibile dai casi indicati nell’art. 1429 c.c. diviene sinonimo di errore rilevante, in quanto abbia determinato il consenso . Con ciò, si possono escludere le false rappresentazioni della realtà, che riguardano aspetti inessenziali dell’accordo, o le mere aspirazioni del dichiarante : queste attengono ai motivi del contratto e non alla causa o al suo contenuto . È invece essenziale l’errore anche quando cade su un elemento accidentale del contratto: come la condizione, il termine o l’onere. Questi, infatti, una volta inseriti nel regolamento contrattuale, non si distinguono dalle altre clausole che individuano l’oggetto del contratto, la natura o l’oggetto della prestazione .

Sul piano logico si impone, dunque, un duplice accertamento: l’uno sull’essenzialità in astratto dell’errore, da compiersi confrontando il fatto concreto ed una delle fattispecie dell’art. 1429 c.c.; l’altro sull’essenzialità in concreto, da compiersi con riguardo alla determinazione del consenso. Proprio quest’ultimo può escludere gli aspetti inessenziali dell’accordo, ai quali si è fatto cenno in precedenza. Sul piano operazionale, l’essenzialità in concreto non si risolve nella dimostrazione degli elementi richiesti dalle figure dell’art. 1429 c.c.; si ha con la prova del collegamento tra questi e l’interesse della parte alla conclusione del contratto avente ad oggetto il bene o il servizio con le caratteristiche falsamente rappresentate

Gli interpreti si sono spesso interrogati sulla natura tassativa o esemplificativa dell’elenco contenuto nell’art. 1429 c.c. , così come dell’ulteriore problema, a questo collegato, della possibilità di sussumere per astrazione in una unica categoria le quattro figure . Vi è poi una parte ulteriore di autori che ignorano questi problemi e incentrano le loro analisi sulle singole figure, seguendo fedelmente il dettato normativo . È questo un modo di rispondere implicitamente ai problemi posti in precedenza, attribuendo all’elenco natura tassativa ed escludendo che si possa costruire una regola comune e sovraordinata alle figure dell’art. 1429 c.c.

Orbene se si muove dall’elenco dell’art. 1429 c.c. per escludere rilevanza a circostanze giudicate ininfluenti sembra difficile non attribuire tassatività a quell’elenco. Del resto, per riempire gli spazi vuoti lasciati dall’elencazione, ammesso e non concesso che effettivamente vi siano spazi vuoti da riempire, occorrerebbe una regola generale sulla base della quale poterlo fare, mentre la regola manca . Probabilmente la soluzione più soddisfacente è quella di interpretare l’art. 1429 c.c. allo stesso modo in cui si interpreta l’elenco delle clausole vessatorie nell’art. 1341, 2° co., c.c.: l’elenco è tassativo, ma le singole figure sono passibili di interpretazione estensiva . Ciò porta ad avvalorare la soluzione degli interpreti che risolvono il problema della rilevanza dell’errore, sotto il profilo dell’essenzialità, nell’esame delle singole figure.

5.1. L’essenzialità nell’errore ostativo

L’art. 1433 c.c. estende all’errore ostativo la disciplina propria dell’errore vizio degli artt. 1429 e 1430 c.c. Senonché nell’errore ostativo la falsa rappresentazione della realtà non riguarda la formazione del volere, anzi la volontà deve essere già formata senza vizi, ma soltanto la sua trasmissione. Infatti l’errore ostativo è prodotto dalla dichiarazione o dalla trasmissione della volontà, l’equivoco è ingenerato dall’uso del linguaggio e questo è causa di una divergenza tra volontà e dichiarazione. Pertanto l’essenzialità qui dipende dal fatto che la divergenza, tra il dichiarato o il trasmesso ed il voluto, riguardi una delle figure disciplinate nei precitati articoli . Non è azzardato affermare che, poiché l’errore ostativo riguarda sempre uno sbaglio sull’identità, «esso è per definizione un errore essenziale» .

5.2. L’errore di fatto sui motivi negli atti a titolo oneroso e negli atti a titolo gratuito

L’errore di fatto sui motivi è irrilevante posto che non attiene all’atto di autonomia compiuto, bensì riguarda le ragioni di uno dei contraenti, le quali, nel conflitto con le ragioni dell’altro sono destinate a soccombere. . Salvo che le ragioni soggettive di uno dei contraenti siano entrate direttamente nel regolamento contrattuale. Nel qual caso occorre valutare di volta in volta il modo in cui il motivo può assumere rilievo, per stabilire quale sia la disciplina più correttamente applicabile: la condizione, la presupposizione o l’errore di diritto . Altrimenti l’ordine che l’imprenditore faccia di una certa partita di merci, ignorando che analogo ordine era già stato effettuato da un suo dipendente, è irrilevante, sebbene quella fornitura costituirà un danno dovuto alla incapienza dei locali destinati al ricovero di quelle merci; l’acquisto del regalo di nozze fatto dall’invitato, il quale ignorava che il matrimonio non si sarebbe più celebrato, non può essere invalidato; così come la locazione di una villa in una località di villeggiatura montana conclusa da un villeggiante, che non potrà soggiornarvi per ragioni di salute, non può essere annullato .

L’irrilevanza dell’errore di fatto sui motivi è stato variamente giustificato. C’è chi ha sostenuto che questo sia espressione della tutela dell’altrui affidamento; altri hanno ritenuto che sia una forma di tutela della sicurezza dei traffici. Certo è che chi erra nella valutazione di elementi estranei al contenuto o alla natura dell’atto deve sopportarne il rischio. Qui l’errore, ancorché determinate del consenso, tuttavia non è mai essenziale, poiché non cade su di un elemento intrinseco del contratto (art. 1429 c.c.), ma solo su uno estrinseco (l’ignoranza della solerzia del proprio dipendente, il rinvio delle nozze, le ragioni di salute). Dunque l’irrilevanza di questo errore ben può presentarsi anche come un criterio di governo del rischio contrattuale

L’errore di fatto sui motivi è invece rilevante nel testamento e nella donazione, in forza degli artt. 624, 2° co., e 787 c.c., nei quali la tutela del dichiarante prevale su quella dell’altrui affidamento . La liberalità, dunque, disciplina l’errore anche a prescindere dalla rigorosità dei criteri della essenzialità e della riconoscibilità degli atti a titolo oneroso. Per gli atti di liberalità, peraltro, è richiesto che l’errore risulti dall’atto e sia stata l’unica ragione dell’atto. Questa disciplina, ritenuta applicabile a tutti gli atti a titolo gratuito, non esclude completamente l’applicazione dell’art. 1427 c.c., che potrà operare, ad esempio, nell’ipotesi di errore sulla persona del beneficiario(continua ).

(*) Queste pagine,e le altre che seguiranno a loro completamento sono sezione di un capitolo del volume collettaneo (G.Ferri,A.Dj Maio,M.Franzoni,L’invalidità del contratto, Torino,2003,459),compreso nel Trattato di diritto privato diritto da Mario Bessone e in corso di pubblicazione presso l’editore Giappichelli

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