Emergenza coronavirus: la riunione assembleare in luogo fisico

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Secondo una decisione risalente nel tempo la possibilità di scegliere il luogo in cui si deve svolgere l’assemblea non è assoluto ed indiscriminato, ma è limitato dalle circostanze oggettive che riguardano l’idoneità del luogo scelto per le riunioni sotto il profilo ambientale: infatti questo luogo deve dare pieno affidamento per la partecipazione di tutti i condomini, nonché per il corretto ed ordinato svolgimento della discussione (Trib. Roma, 28 dicembre 1964).

Così, ad esempio, si è affermato che la sede di un partito politico, purché sufficientemente ampia, costituisce di per sé un luogo idoneo ad ospitare un’assemblea di condominio, qualora ad essa abbiano accesso, durante lo svolgimento dell’assemblea, soltanto i condomini che a questa devono partecipare (non potendosi, peraltro, pensare a pregiudiziali politiche nella trattazione di semplici affari amministrativi: Cass. civ., 26/06/1958, n. 2284).

Al contrario l’appartamento di un condomino (che potrebbe non essere in buoni rapporti con gli altri partecipanti al condominio) non sembra una soluzione valida.

Naturalmente i problemi non si pongono se il condominio è dotato di una sala riunioni o di un locale, comunque, agibile (si pensi all’anticamera del garage o all’androne particolarmente ampio ove poter collocare le sedie anche per i più anziani). In tal caso, l’amministratore dovrà tenere conto del luogo più vicino e comodo per tutti i condomini.

I limiti nella scelta del luogo della riunione

L’amministratore ha certamente il potere di scegliere la sede che, in rapporto alle contingenti esigenze del momento, gli appare più opportuna ma tale potere discrezionale incontra un duplice limite: in primo luogo il limite territoriale, costituito dalla necessità di scegliere una sede entro i confini della città in cui sorge l’edificio in condominio; un secondo limite è costituito poi dalla necessità che il luogo di riunione sia idoneo, per ragioni fisiche e morali, a consentire la presenza di tutti i condomini e l’ordinato svolgimento delle discussioni” (Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1999, n. 14461; nello stesso senso: Trib. Treviso, 29/06/2016; Trib. Imperia, 20 marzo 2000).

In altre parole il fatto che la legge non regoli esplicitamente il luogo dell’assemblea non può significare che la scelta dello stesso sia insindacabilmente rimessa a chi ha il potere di convocarla, dovendosi rinvenire nell’ordinamento e nel principio di ragionevolezza un criterio, obiettivo e, per quanto possibile, sicuro, che (in assenza di un’apposita norma regolamentare o di uno specifico accordo tra tutti gli interessati) debba, comunque, presiedere alla scelta stessa; (App. Firenze, 6 settembre 2005, n. 1249).

In ogni caso il giudice può imporre di tenere le assemblee condominiali in un luogo diverso da quello prescelto dall’amministratore qualora lo svolgimento delle assemblee condominiali in un determinato luogo possa pregiudicare i diritti di singoli condomini (cfr. ex pluribs, Trib. Milano, 25 gennaio 1993 che ha imposto all’amministratore di scegliere un luogo diverso per lo svolgimento delle assemblee, in modo da rendere possibile o semplicemente più agevole il diritto di partecipazione assembleare ai singoli condomini).

La riunione quindi deve comunque avvenire entro il confine della città dove si trova l’edificio condominiale e non in un Comune diverso, specie quando il condominio sia costituito da soggetti residenti (Trib. Treviso 29 giugno 2016).

Naturalmente quando le assemblee riguardano località di villeggiatura è comprensibile che le riunioni si svolgano in loco e durante il periodo di vacanza, nel quale si può raggiungere la più alta concentrazione di partecipanti.

A tale proposito, però, si ricorda che è stata considerata legittima la convocazione dell’assemblea condominiale fuori del comune di ubicazione dell’edificio, sito in zona di villeggiatura e costituito da non residenti per oltre la metà, in quanto ciò agevola la partecipazione alla formazione della volontà collegiale, corrispondendo, così, alle obiettive esigenze e agli interessi della maggioranza dei condomini (Trib. Sciacca 18 ottobre 2007).

Secondo una parte della giurisprudenza, poi, tutte le volte che i condomini non residenti sono oltre la metà dell’intero edificio, è legittima la convocazione fuori dal Comune del condominio (App. Cagliari 28 maggio 2015).

Da notare, però, che se l’assemblea si svolge in un luogo diverso da quello indicato nell’avviso di convocazione o nel regolamento, il condomino che cade in errore e non partecipa alla riunione deve essere considerato, a tutti gli effetti, non convocato. In tal caso il condomino “danneggiato” può impugnare la deliberazione assembleare lamentando la mancata regolarità della convocazione.

Il divieto di riunire le assemblee di condominio

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 13 marzo 2020, nella risposta 1 alle  FAQ sul coronavirus (sezione Riunioni) ha precisato come le assemblee condominiali siano vietate, suggerendo di ricorrere, nel rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere, alle riunioni assembleari con modalità a distanza. Del resto il DL 19/2020 contenente misure per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus Covid-19 aveva stabilito, tra l’altro, il divieto delle riunioni o degli assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Tale limitazione è stata confermata anche nel DPCM 26 aprile 2020 (GU n.108 del 27-4-2020) relativo la c.d. fase 2 (operativo dal 4 maggio al 17 maggio). La normativa anti – contagio (che non ha introdotto una disposizione idonea a legittimare il ricorso ai c.d. strumenti di comunicazione a distanza o di videoconferenza anche per le riunioni in ambito condominiale) ha impedito la convocazioni delle assemblee, rendendo radicalmente nulle le eventuali delibere assunte in spregio al divieto di assembramento.

La (rischiosa) possibilità di riunire assemblee condominiali

Il DL n° 33 del 16 maggio 2020 all’articolo, comma 10 prevede che le riunioni si svolgano garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.

L’ambigua norma sembra che riguardi anche il mondo condominiale, tesi avvalorata dal fatto che secondo l’articolo 5 dell’ordinanza contingibile e urgente del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia in data 17 maggio 2020, sono consentite le riunioni private che, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo sono indicate nelle assemblee condominiali e societarie, consigli di associazioni, nel rispetto delle misure di contenimento previste.

Pertanto, come specifica in data 18 maggio 2020 la segreteria del Presidente della Regione Emila-Romagna, le assemblee condominiali possono tenersi, avendo cura di organizzarle in locali idonei in relazione al numero dei partecipanti.

In ogni caso l’art. 1, comma 2 del DL n° 33 del 16 maggio 2020 stabilisce che fino al 2 giugno 2020 sono vietati gli spostamenti, con mezzi di trasporto pubblici e privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente ci si trova, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; resta in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Non è quindi possibile per gli amministratori delle “seconde case” convocare riunioni assembleari, anche per evitare impugnazioni di condomini fuori regione, impossibilitati per una norma di ordine pubblico ad uscire dalla regione di residenza.

Le riaperture interregionali saranno possibili a condizione che si rispettino i dati del monitoraggio. In altre parole a partire dal 3 giugno sarà possibile o meno spostarci tra le diverse regioni senza autocertificazioni solo se lo consentiranno i dati del monitoraggio, effettuato dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di Sanità sulla base di dati registrati dalle Regioni e classificati in 21 diversi parametri. La possibilità di convocare i condomini delle “seconde case”, quindi, potrebbe essere ancora ostacolata anche dopo la data del 3 giugno.

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