È nulla l’iscrizione dell’ipoteca effettuata dall’agente della riscossione senza la preventiva comunicazione al contribuente.

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Con la Sentenza n. 19667/2014 del 18 settembre 2014 la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha statuito che l’iscrizione di ipoteca di cui all’art. 77 del D.P.R. 602/1973 non può considerarsi un atto dell’espropriazione forzata, con la conseguenza che l’agente della riscossione può procedere con l’iscrizione ipotecaria senza la preventiva notifica dell’intimazione ad adempiere prevista dall’art. 50 del richiamato D.P.R. Ciò nonostante, le Sezioni Unite arrivano ad affermare che, anche nel regime antecedente l’entrata in vigore del comma 2 bis dell’art. 77 D.P.R. 602/1973 come introdotto con D.L. 70/2011 successivamente convertito con modificazione nella Legge 106/2011, l’amministrazione prima di iscrivere ipoteca deve comunicare al contribuente che procederà alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che può essere fissato in trenta giorni – per consentirgli di esercitare il proprio diritto di difesa, mediante la presentazione di opportune osservazioni oppure per provvedere al pagamento del dovuto.

Il giudizio trae origine dall’impugnazione proposta dal contribuente avverso la comunicazione di iscrizione ipotecaria, emessa a seguito di un presunto mancato pagamento di alcune cartelle esattoriali, della quale il contribuente chiedeva la sospensione e l’annullamento.

Respinta l’istanza del contribuente in primo grado, la decisione veniva altresì confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Il contribuente si rivolgeva, pertanto, alla Suprema Corte. La causa veniva, poi, rimessa alle Sezioni Unite, attesa la necessità di risolvere la questione se l’iscrizione di ipoteca da parte del concessionario alla riscossione dovesse essere o meno preceduta dalla notifica, al debitore, di un avviso contenete l’intimazione ad adempiere.

Ciò premesso, la questione è sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite sulla scorta delle doglianze mosse dal ricorrente, il quale ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 77 del D.P.R. 602/1973, per avere il giudice di merito affermato che “la legittimità dell’iscrizione ipotecaria scaturisce dal mancato pagamento, entro i termini previsti di cartelle esattoriali non più impugnabili, mentre la comunicazione di avvenuta iscrizione non è prevista da alcuna norma, trattandosi di misura cautelare”. Il contribuente ha sostenuto, dunque, che il combinato disposto degli artt. 50 e 77 D.P.R. 602/1973 avrebbe imposto all’esattore, ai fini della legittimità dell’iscrizione ipotecaria, la comunicazione di quest’ultima al contribuente, prima che l’esattore potesse procedere con l’iscrizione.

Sul punto le Sezioni Unite esplicitano i contrastanti orientamenti susseguitisi nella giurisprudenza di legittimità.

Da una parte, si rammenta l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’ipoteca prevista dall’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, rappresentando un atto preordinato e strumentale all’esecuzione immobiliare, avrebbe dovuto soggiacere a tutte le condizioni e i limiti posti per la procedura esecutiva e, dunque, anche alla comunicazione dell’avviso di cui all’art 50 D.P.R. 602/1973 (Cass. Civ. SS. UU., n. 5771/2012).

Dall’altra parte, viene ripreso l’orientamento giurisprudenziale sulla scorta del quale, non potendo considerarsi l’iscrizione ipotecaria quale mezzo preordinato all’espropriazione forzata, l’ipoteca può essere iscritta anche in assenza della preventiva notifica dell’avviso contenete l’intimazione ad adempiere, prescritta, ai sensi dell’art. 50 D.P.R. 602/1973, per il caso in cui l’espropriazione non sia iniziata entro l’anno dalla notifica della cartella di pagamento (Cass. Civ. n. 10234/2012). In forza di tale ultimo orientamento, sul presupposto che l’iscrizione di ipoteca non rappresenti un atto iniziale dell’espropriazione immobiliare ma un atto ad essa preordinato e strumentale, la Suprema Corte ha affermato che il richiamato disposto normativo dispone che la comunicazione preventiva deve precedere l’inizio dell’espropriazione e non anche l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 del D.P.R. 602/1973 (Cass. Civ. n. 15746/2012).

Al fine di offrire una soluzione al quesito sottoposto, poi, le Sezioni unite giungono ad affermare la sostanziale equiparabilità della situazione normativa dell’iscrizione ipotecaria a quella del fermo amministrativo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 D.P.R. n. 602/1973.

A tale riguardo, già con le ordinanze n. 14831 del 2008 e n. 10672 del 2009, le Sezioni Unite hanno sostenuto che, sulla scorta del disposto dell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 come modificato dall’art. 35, comma 26 quinques del D.L. 223/2006 conv. in Legge 248/2006, il fermo doveva essere annoverato tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni Tributarie in quanto l’atto in questione non rientrava nella sfera tipica dell’espropriazione forzata, ma, piuttosto, lo stesso era da ricondursi ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria. Procedura, quest’ultima, che infatti trova la propria tipizzante disciplina nel D.P.R. 602/1973.

Pertanto, posto che le fattispecie di cui alle suindicate pronunce inerivano all’impugnazione di “preavvisi di fermo”, con le ordinanze in parola le Sezioni Unite, nel ritenere che il”preavviso” svolgesse analoga funzione dell’avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale, concludevano per la non impugnabilità di tale atto.

D’altronde, ad una siffatta conclusione non poteva ostare il fatto che il preavviso di fermo non comparisse nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, giacché tale elencazione andava interpretata in senso estensivo (in ossequio alle norme costituzionali poste a tutela del contribuente e del buon andamento della Pubblica Amministrazione), con la conseguenza che doveva propendersi per l’impugnabilità di ogni atto che portasse a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria.

Sulla scorta di tanto, con la sentenza in esame, le Sezioni Unite affermano che, attesa la riforma apportata dall’art. 35, comma 25 quinques, D.L. 223/2006 all’elenco degli atti impugnabili innanzi al giudice tributario (con l’inclusione, oltre al fermo amministrativo di beni mobili registrati, anche l’iscrizione di ipoteca di cui all’art. 77 D.P.R. 602/1973), le considerazioni sviluppate nella ricordata posizione assunta dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite in ordine al “fermo amministrativo” devono ritenersi valide anche per l’iscrizione di ipoteca.

Tutto ciò posto, le Sezioni Unite osservano che, nonostante lo stretto legame strumentale sussistente tra l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. 602/1973 ed espropriazione, appare pacifico che all’iscrizione ipotecaria non debba necessariamente fare seguito l’espropriazione forzata.

Quanto appena detto, dunque, consente di escludere ancor di più che l’iscrizione ipotecaria possa definirsi “atto dell’esecuzione”, poiché la stessa deve considerarsi un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria.

Di talché non può ritenersi applicabile alla suddetta fattispecie la regola prescritta dall’art. 50, comma 2, D.P.R. 602/1973, che impone la previa notifica dell’intimazione ad adempiere per il caso in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento.

Tuttavia le Sezioni Unite sostengono che l’inapplicabilità all’iscrizione ipotecaria della previsione di cui all’art. 50, comma 2, D.P.R. 602/2013 non significa che la stessa possa essere eseguita in mancanza di preventiva comunicazione al contribuente.

Al riguardo, invero, occorre rimarcare che l’iscrizione ipotecaria, proprio in quanto atto impugnabile innanzi al giudice tributario, presuppone una specifica comunicazione al contribuente.

A conferma di tanto si richiamano: l’art. 21 D.Lgs. 546/1992, che prescrive che gli atti impugnabili elencati nell’art. 19 del richiamato decreto legislativo debbano essere impugnati entro sessanta giorni dalla relativa notificazione; l’art. 21 bis della Legge 241/1990, che prevede un obbligo generalizzato di comunicazione dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari; l’art. 6 Statuto del Contribuente (Legge n. 212/2000), che prevede che debba essere garantita l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti al medesimo destinati.

Dal complesso delle disposizioni normative innanzi richiamate le Sezioni Unite enunciano il principio di diritto sulla scorta del quale l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 D.P.R. 602/1973, potendo incedere negativamente sul contribuente, deve essere comunicata al medesimo prima di essere eseguita a suo danno. Ciò in ragione del rispetto del diritto di difesa del contribuente, che, quale principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario, impone all’amministrazione l’obbligo di attivazione del “contraddittorio endoprocedimentale”, anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa.

Per quanto concerne il termine da fissare al contribuente, nella preventiva intimazione ad adempiere, per la presentazione di eventuali osservazioni o per il pagamento del dovuto, le Sezioni Unite ritengo che anch’esso può essere tratto dal sistema e determinarsi in trenta giorni sulla base delle prescrizioni che prevedono un termine analogo (in tal senso: art. 6, comma 5 dello Statuto del Contribuente o art. 36 ter, comma 4, D.P.R. 600/1973).

Nel quadro delineato dalle Sezioni Unite emerge, quindi, che il comma 2 bis dell’art. 77 D.P.R. 602/1973 non ha innovato soltanto la disciplina dell’iscrizione ipotecaria, dovendo attribuirsi, allo stesso, soprattutto, una reale “valenza interpretativa” della disciplina in parola.

In conclusione, in forza dei succitati principi, si trae che la violazione dell’obbligo di preventiva comunicazione al contribuente da parte dell’amministrazione determina la nullità dell’iscrizione dell’ipoteca, in quanto incombe sull’amministrazione attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente.

Tuttavia, stante la natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto obbligo conserva la propria efficacia fino a quando il giudice, accertandone l’illegittimità, non abbia ordinato la relativa cancellazione.

Resta salva, in ogni caso, la possibilità per il contribuente di agire per l’accertamento della responsabilità dell’amministrazione e per il conseguente risarcimento del danno.

Avv. Buongiorno Mariangela

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