E’ lecita l’installazione di telecamere per controllare gli accessi al condominio per prevenire furti, violazioni di domicilio e atti di vandalismo

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Avv. Pier Paolo Muià  – Dott.ssa Maria Muià

Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 11.12.2019 resa nella causa C-708/18

Riferimenti normativi: art 267 TFUE; art 6, paragrafo 1, lettera e), art 7, lettera f), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995; art 8 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

Precedenti giurisprudenziali: sentenza dell’11 dicembre 2014, Ryneš, C‑212/13, EU:C:2014:2428, punto 25; sentenza del 4 maggio 2017, Rīgas satiksme, C‑13/16, EU:C:2017:336, punto 28.

Fatto

Il Tribunale di Bucarest aveva proposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea una domanda di pronuncia pregiudiziale sorta durante la discussione di una causa proposta dinnanzi al Tribunale rumeno.

In particolare nella causa nazionale, il proprietario di un appartamento si era rivolto al Giudice rumeno per chiedergli di ordinare all’associazione di comproprietari dell’immobile, dove sorgeva l’appartamento di parte attrice, la rimozione delle telecamere istallate nelle parti comuni dell’immobile, ritenendo leso il suo diritto al rispetto della vita privata.

In occasione di un’assemblea condominiale, infatti, tutti i condomini, eccetto parte attrice, avevano votato favorevolmente all’installazione nell’immobile condominiale di tre telecamere di sorveglianza, che, a seguito della delibera assembleare, erano state installate nell’atrio, nell’ascensore ed una in modo da riprendere la facciata dell’immobile.

Dinanzi al Giudice di prime cure, parte attrice aveva sostenuto l’illegittimità dell’istallazione del sistema di videosorveglianza, attraverso il quale veniva leso il diritto al rispetto della vita privata, tutelata sia dal diritto primario che dal diritto derivato dell’Unione. Aveva, inoltre, rappresentato che l’associazione dei comproprietari aveva assunto la funzione di responsabile del trattamento dei dati personali senza seguire la procedura di registrazione prevista dalla legge.

Convenuta in giudizio, l’associazione dei comproprietari aveva rappresentato al Giudice i motivi che avevano spinto i condomini a deliberare l’installazione di un sistema di videosorveglianza, ovverosia quello di prevenzione di reati. Lo scopo dell’installazione, infatti, era quella di controllare il più efficacemente possibile i movimenti in entrata e in uscita nell’immobile, a motivo del fatto che l’ascensore era stato oggetto di atti vandalici in numerose occasioni e che vari appartamenti nonché le parti comuni erano stati oggetto di effrazioni e furti. L’associazione dei comproprietari aveva, altresì, dichiarato davanti al Giudice di aver comunicato a parte attrice, attraverso la trasmissione del verbale delle operazioni, la cancellazione e disconnessione del disco rigido del sistema, nonché la disinstallazione delle tre telecamere di sorveglianza.

Parte attrice aveva risposto a quest’ultima affermazione, osservando che le tre telecamere di sorveglianza erano ancora al loro posto.

Il giudice nazionale nel trattare la causa posta alla sua cognizione, dopo aver rilevato che la normativa nazionale in materia di trattamento di privacy stabiliva che, in via generale, un trattamento di dati personali, come la registrazione di immagini mediante un sistema di videosorveglianza, poteva essere effettuato soltanto se la persona interessata aveva dato esplicitamente e inequivocabilmente il proprio consenso, aveva poi sostenuto l’esistenza di una serie di eccezioni a tale regola, tra le quali quella relativa al caso in cui il trattamento di dati personali sia necessario per la tutela della vita, dell’integrità fisica o della salute della persona interessata o di un’altra persona minacciata.

Il Giudice del rinvio aveva ricordato, poi, il principio sancito nella carta dei diritti secondo cui deve esistere un rapporto di proporzionalità tra l’obiettivo perseguito mediante l’ingerenza nei diritti e nelle libertà dei cittadini e i mezzi utilizzati, secondo detto giudice, il sistema di videosorveglianza in discussione dinanzi ad esso non sembrava essere stato utilizzato con modalità o per uno scopo che non corrispondesse all’obiettivo dichiarato dall’associazione dei comproprietari, ossia quello di tutelare la vita, l’integrità fisica e la salute delle persone interessate, vale a dire i comproprietari dell’immobile nel quale detto sistema è stato installato.

Alla luce di tali circostanze, il Tribunale di Bucarest aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia europea le questioni pregiudiziali relative all’interpretazione della normativa comunitaria relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.

In particolare ciò su cui il Giudice nazionale chiedeva alla Corte Europea di pronunciarsi era se le norme comunitarie in materia di trattamento dei dati personali debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni nazionali, le quali autorizzino la messa in opera di un sistema di videosorveglianza installato, nel caso di specie, nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo, al fine di perseguire legittimi interessi consistenti nell’assicurare la sicurezza e la tutela delle persone e dei beni, senza il consenso delle persone interessate.

La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

La Corte Europea si è espressa sulla domanda pregiudiziale proposta dal Giudice rumeno dichiarando che le disposizioni comunitarie in materia di privacy devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a disposizioni nazionali, le quali autorizzino la messa in opera di un sistema di videosorveglianza (come quello previsto nel caso di specie, installato cioè nelle parti comuni di un immobile ad uso abitativo, al fine di perseguire legittimi interessi consistenti nel garantire la sicurezza e la tutela delle persone e dei beni, senza il consenso delle persone interessate) purché il trattamento di dati personali effettuato mediante il sistema di videosorveglianza soddisfi le condizioni enunciate nella direttiva europea 95/46.

Ed in particolare, come prima condizione, il responsabile del trattamento di dati personali o il terzo cui i dati vengono comunicati deve perseguire un legittimo interesse che giustifichi tale trattamento. Questo interesse deve essere esistente e attuale alla data del trattamento e non deve in quel momento presentare carattere ipotetico.

Nel caso di specie, la condizione attinente al sussistere di un interesse esistente e attuale è soddisfatta, in quanto il giudice del rinvio osserva che prima della messa in opera del sistema di videosorveglianza si erano verificati furti, violazioni di domicilio e atti di vandalismo, e ciò malgrado l’installazione, nell’atrio dell’immobile, di un sistema di sicurezza composto da un citofono e da una carta magnetica.

Come seconda condizione, le deroghe e le restrizioni al principio della tutela dei dati personali devono aver luogo nei limiti dello stretto necessario. Tale condizione deve essere esaminata unitamente al principio della «minimizzazione dei dati», secondo il quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e per le quali vengono successivamente trattati.

Nel caso di specie è onere del giudice del rinvio verificare che il legittimo interesse (garantire la sicurezza dei beni e delle persone e prevenire la realizzazione di illeciti) del trattamento dei dati perseguito mediante la videosorveglianza non possa ragionevolmente essere raggiunto in modo altrettanto efficace mediante altri mezzi meno pregiudizievoli per le libertà e i diritti fondamentali delle persone interessate, in particolare per i diritti al rispetto della vita privata e alla tutela dei dati personali.

Ed in fine la terza condizione è relativa all’esistenza di diritti e di libertà fondamentali della persona interessata dalla tutela dei dati, i quali prevarrebbero sul legittimo interesse perseguito dal responsabile del trattamento dei dati ovvero dal terzo o dai terzi cui i dati vengono comunicati. In questo caso occorre effettuare una ponderazione degli opposti diritti e interessi in gioco sulla base delle circostanze concrete dello specifico caso in questione, nell’ambito della quale si deve tener conto dell’importanza dei diritti della persona interessata risultanti dalla Carte dei Diritti Europea.

Da ciò consegue, secondo la Corte europea, che uno Stato membro non possa escludere in modo categorico e generalizzato la possibilità che talune categorie di dati personali siano oggetto di trattamento, senza consentire di effettuare una ponderazione degli opposti diritti e interessi in gioco in uno specifico caso.

Nel caso di specie, le ragionevoli aspettative della persona interessata a che i propri dati personali non vengano trattati devono essere messi in bilanciamento con l’importanza, per l’insieme dei comproprietari dell’immobile in questione, del legittimo interesse perseguito nella specie mediante il sistema di videosorveglianza, là dove quest’ultimo miri essenzialmente a garantire la tutela dei beni, della salute e della vita dei suddetti comproprietari.

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