Divorzio breve, nuovo assegno divorzile, unioni civili e convivenze

Redazione 16/10/17
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Il c.d. divorzio breve

L’art. 1 della l. n. 55/2015 tocca esclusivamente la fattispecie di divorzio, statisticamente prevalente, disciplinata dall’art. 3 l. n. 898/1970, ossia quella in cui il divorzio viene richiesto a motivo della separazione.
Il legislatore è intervenuto sulla menzionata norma esclusivamente riducendo la distanza temporale tra la separazione e la domanda di divorzio, senza toccare i presupposti dell’istituto del divorzio. Pertanto la disciplina lascia sopravvivere la separazione, propriamente la previa pronuncia con sentenza passata in giudicato della separazione giudiziale ovvero l’omologazione della separazione consensuale (non anche
la separazione di fatto), quale passaggio imprescindibile per poter proporre una domanda di divorzio congiunto, consensuale o giudiziale.

Ciò è rimarcato esplicitamente all’art. 3 della legge introdotta, ove viene individuato nel “procedimento di separazione…il presupposto” per l’applicazione degli artt. 1 e 2 del medesimo testo(19).
Del resto, come si è già accennato, in sede di definitiva approvazione del disegno legge ad opera del Senato è stato espunto il secondo comma dell’art. 1, che prevedeva l’introduzione di un art. 3 bis alla l. 898/1970, in
virtù del quale si stabiliva che il divorzio poteva essere chiesto senza la separazione, purché ciò avvenisse con una domanda congiunta all’autorità giudiziaria (c.d. divorzio diretto)(20).

 

Le unioni civili

In molti sistemi si è giunti al riconoscimento del same sex marriage, dopo aver previsto per alcuni anni le unioni registrate. Possiamo schematizzare così le seguenti forme di tutela delle unioni omosessuali:
• unione registrata (registrazione formale dell’unione, che conferisce
uno status che può essere virtualmente equivalente, salvo piccole eccezioni,
al matrimonio);
• convivenza di fatto (tutela minimale, circoscritta all’affermazione di
specifici diritti);
• estensione del matrimonio alle coppie omosessuali.
La tutela delle coppie omosessuali è caratterizzata nella maggior parte dei paesi europei da previsioni legislative che introducono istituti riconducibili alla c.d. “unione registrata”. In tutti i casi il riconoscimento del matrimonio omosessuale è conseguenza di legislazioni che prevedevano forme di tutela per le coppie omosessuali: i paesi scandinavi, giunti di recente al matrimonio omosessuale, sono stati i primi ad aver introdotto forme di tutela analoghe(73).
Nel nostro Paese il tema sulle unioni same sex era diventato particolarmente urgente anche alla stregua di una esperienza comparata che negli ultimi anni ha registrato una intensa attività di regolamentazione
delle unioni tra persone dello stesso sesso e che si è articolata secondo modelli normativi e istituti molto eterogenei, in qualche caso variamente e parzialmente ricalcati sul prototipo ‘‘familiare’’ (dai Pacs francesi al LebensPartnerSchaft tedesco, alle legislazioni sulla registered partnership nei Paesi scandinavi), ovvero con una diretta e completa estensione dell’istituto matrimoniale anche al campo delle relazioni omosessuali.

 

Dal “divorzio imposto” al matrimonio “risolutivamente condizionato”

In Italia, il divorzio si atteggia soltanto come rimedio al fallimento coniugale, ed è quindi ammissibile soltanto quando “[…] la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita […]” per una delle cause enumerate all’art. 3 della legge. L’art. 3 della legge 74/1987 aveva aggiunto come causa di divorzio il passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione di attribuzione di
sesso, come previsto dall’art. 4 della legge n. 164/1982, complicando ulteriormente, fra l’altro, un problema interpretativo che parte della giurisprudenza e della dottrina(244) aveva rilevato nella formulazione originaria di questo articolo. Esso affermava “La rettificazione di attribuzione di sesso non ha effetto retroattivo. Essa provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio (243) Corte Cost., sent. n. 282 del 2002.

Secondo una parte della dottrina(246), il verbo “provoca” indica uno scioglimento automatico del matrimonio in seguito all’accertamento del nuovo sesso, ledendo il diritto alla difesa del coniuge e degli eventuali figli, impossibilitati a partecipare al giudizio.

I contributi sono tratti da

 

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