Distanze tra edifici e riqualificazione urbanistico-edilizia

Redazione 02/11/18
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a cura di Paola Minetti

Il tema delle distanze tra edifici è già stato affrontato numerose volte e l’argomento parrebbe, ormai, analizzato sotto ogni punto di vista; tuttavia, scorrendo la giurisprudenza amministrativa e civile degli ultimi anni si trova ancora qualcosa di nuovo; le letture paiono essere diverse dal passato e vi è un avvicinamento tra gli orientamenti della Cassazione e del Consiglio di Stato, tanto che vale la pena riaprire il tema.

La premialità costruttiva

Le “riletture” sull’argomento delle distanze tra edifici sono in relazione al concetto di ristrutturazione, che si accompagna, nelle normative più recenti, comunali e regionali, ad una premialità costruttiva nel caso in cui l’intervento apporti delle migliorie energetiche, impiantistiche, sismiche e simili.
Le premialità permettono di apportare una volumetria aggiuntiva (con percentuali in misura variabile da normativa a normativa), consentendo di rimanere nell’ambito dell’intervento di ristrutturazione, ma, in realtà, creando una volumetria diversa da quella precedente.
Questo ampliamento del concetto di ristrutturazione, avvenuto in materia edilizia ed urbanistica, negli ultimi 5 anni, ad opera di innovazioni legislative finalizzate a consentire e stimolare la riqualificazione urbana e l’ammodernamento degli edifici italiani, che, notoriamente, sono vecchi e vetusti, non è stato recepito sul piano civilistico, dove le volumetrie aggiuntive determinano una nuova costruzione.
Tale assioma comporta l’applicazione, ex novo, dei parametri fissati dal d.m. 1444 del 1968, con problematiche di conflittualità non indifferenti sul piano della tutela del diritto di proprietà, soprattutto per gli interventi di rigenerazione e riqualificazione che si inseriscono in un contesto urbano già edificato.
Il legislatore nazionale ha inserito, con la l. 98 del 2013, nel d.P.R. 380 del 2001, l’articolo 2-bis, che consente al legislatore regionale di derogare alle distanze tra edifici (attraverso lo strumento del permesso in deroga) del d.m. 1444 citato, nei casi espressamente previsti, previa normativa regionale.

Le disposizioni normative in materia

La Corte costituzionale però ha bocciato le leggi regionali che avevano recepito tale deroga (Regioni Liguria, Marche e Veneto) dando una lettura dell’articolo restrittiva e ritenendo la deroga de qua applicabile solo nel caso di interesse urbanistico che si concretizzi in uno “strumento funzionale ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio”.
Tale interpretazione dell’articolo 2-bis citato è limitata nell’applicazione alla materia urbanistica, come è tradizione, per cui solo ai casi di rigenerazione riguardante una intera porzione di territorio. Si tratta di una lettura non evolutiva delle norme che opera, ancora una volta, una netta separazione dell’urbanistica dall’edilizia, confinata negli interventi stabiliti dal d.P.R. 38072001 ma con i limiti previsti dal d.m. già richiamato, inderogabile e in applicazione dei principi della legge del 1942 (articolo 41-quinquies).
Se si vuole, invece, dare una lettura ampia della riqualificazione del territorio non si possono fare distinzioni rigide tra l’assetto di una porzione (urbanistica) e la rigenerazione di un edificio (edilizia), che potrebbe comportare anche la rigenerazione di una porzione di abitato. L’interazione tra le due materie è inevitabile e costante.
La ricongiunzione tra le diverse visioni viene fatta, ad avviso della scrivente, nella legislazione regionale dell’Emilia-Romagna, con la l.r. 24 del 2017, che propone un punto di vista completamente diverso dal passato, unendo le materie edilizia ed urbanistica in un unico concetto di governo del territorio, non solo formalmente e nominalmente, ma nei fatti (anzi, nelle disposizioni normative).
L’angolazione per trattare l’argomento distanze, quindi, avrà inizio dalla nuova legge regionale sulla tutela ed uso del territorio della Regione Emilia-Romagna, n. 24 del 2017, in vigore dal 1° gennaio 2018. Prima di entrare nel merito ricordo la posizione della Corte costituzionale che dispone la necessità di fissare con legge statale il principio della distanza minima tra fabbricati, fatta salva la derogabilità in presenza di determinate condizioni riferibili all’assetto del territorio (sentenze n. 232 del 2005, n. 185 del 2016 e n. 50 del 201721).
La stessa legge statale che ha introdotto l’articolo 2-bis, sopra ricordato, del d.P.R. 380 del 2001, ha consentito alle regioni di dettare diverse disposizioni in tema di distanze, proprio in caso di revisione degli strumenti urbanistici e in funzione di un assetto complessivo ed unitario di specifiche aree territoriali.
La l.r. Emilia-Romagna sul governo del territorio titola l’articolo 10 “Deroghe al d.m. 1444 del 1968” inserendolo nella sezione dedicata al regime differenziato del riuso e della rigenerazione rispetto alla nuova costruzione, nel capo II del titolo II, dedicato alle disposizioni generali sul consumo ed uso del territorio. Quindi la deroga alle distanze diviene un incentivo che può essere adoperato per:
1) gli interventi di recupero, riuso e rigenerazione urbana richiamati dall’articolo 7 (comma 4) della medesima legge, che identifica gli interventi di:
a) qualificazione edilizia;
b) ristrutturazione urbanistica;
c) addensamento o sostituzione urbana.
2) ovvero per gli interventi di recupero funzionale, di accorpamento o di ogni altra trasformazione espressamente qualificata di interesse pubblico dalla disciplina statale e regionale vigente.

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