Diritti reali: le ipotesi di tipicità

Redazione 19/02/19
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I diritti reali costituiscono un numerus clausus: è infatti preclusa ai privati la possibilità di creare diritti reali diversi da quelli espressamente disciplinati dalla legge. Contestualmente, essi sono connotati dal carattere della tipicità, essendo di regola precluso all’autonomia dei privati di modificare la disciplina legale dei singoli diritti reali.

La scelta del legislatore ricadere sulla tipicità

Le ragioni di tale rigidità sono rinvenibili nella volontà di evitare che un bene sia gravato da vincoli ulteriori rispetto a quelli ammessi dalla legge, così riducendo la possibilità di modificarne la destinazione economica, e nella volontà di assicurare una maggiore tutela dei terzi: l’atipicità aprirebbe la strada all’incertezza, in quanto i terzi non potrebbero essere in grado di conoscere esattamente i vincoli gravanti sul bene. Benché non vi sia una norma che espressamente sancisce il principio di tipicità dei diritti reali, lo stesso appare desumibile da alcune norme codicistiche quali, ad esempio, l’art. 2643 c.c. che tipicizza gli atti soggetti a trascrizione, sicché eventuali diritti reali atipici non potrebbero essere trascritti, con grave detrimento per la sicurezza dei traffici giuridici; l’art. 1322 c.c., che prevede l’atipicità solo in materia contrattuale; infine, l’art. 1372 c.c., in quanto ammettere la possibilità di creare diritti reali atipici significherebbe anche incidere sul principio di relatività degli effetti del contratto: in forza del diritto di sequela, infatti, il vincolo derivante dal diritto reale non grava esclusivamente sul soggetto che contrattualmente lo costituisce ma, seguendo il bene in tutti i suoi trasferimenti, finisce per gravare anche sui successivi aventi causa.

È necessario, peraltro, distinguere la problematica del numerus clausus da quella della tipicità: pur essendo i due aspetti strettamente collegati, il numero chiuso riguarda l’esclusività della fonte, cosicché è possibile affermare che i diritti reali sono solo quelli normativamente previsti, essendo impedito ai privati di costituirne di nuovi su base consensuale; la tipicità, invece, attiene alla determinazione del contenuto dei diritti in parola e conseguentemente alla loro disciplina.

Ciò posto, occorre rilevare che, se la tipicità e il numero chiuso certamente precludono all’autonomia privata di creare nuove figure di diritti reali, dottrina e giurisprudenza ammettono la possibilità di modellare il contenuto dei diritti reali previsti dalla legge, integrandolo od aggiornandolo, senza tuttavia incidere sui caratteri fondamentali della disciplina tipica. Ferma la vigenza dei principi in esame, cioè, l’autonomia contrattuale potrebbe esplicarsi in senso integrativo o derogatorio dei diritti reali tipizzati, senza la possibilità di travalicare i caratteri fondamentali degli stessi: all’interprete si porrebbe il problema, da risolvere inevitabilmente caso per caso, dell’individuazione dei limiti entro i quali le parti possano derogare alla disciplina legale, o integrarla.

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