Dipendenti Enti locali: per la progressione verticale non si può derogare ai criteri stabiliti per legge operanti secondo criteri di priorità.

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Per progressione verticale s’intende il passaggio del dipendente, inteso quale avanzamento di carriera, tra aree diverse ovvero – nel caso degli impiegati delle Regioni e degli Enti locali – tra categorie, con accesso a quella immediatamente superiore.

Generalmente l’anzidetto transito avviene tramite concorso pubblico, pertanto, con l’accesso di personale dall’esterno oppure sulla scorta di procedure selettive, riservate al personale già impiegato presso l’Ente locale (selezioni interne).

Ai fini della valutazione dei titoli relativi alle procedure selettive per la progressione verticale, siano esse pubblici concorsi con riserva di posti ovvero procedure interne, la norma di riferimento è quella contenuta nell’art. 5 del D.P.R. 09/05/1994 n. 487, per come modificato dalla legge 15 maggio 1997, n. 127 e, successivamente, dalla legge 16 giugno 1998, n. 191.

In particolare, l’art. 5, comma IV, del menzionato D.P.R., prevede che: “Le categorie di cittadini che nei pubblici concorsi hanno preferenza a parità di merito e a parità di titoli sono appresso elencate. A parità di merito i titoli di preferenza sono: 1) gli insigniti di medaglia al valor militare; 2) i mutilati ed invalidi di guerra ex combattenti; 3) i mutilati ed invalidi per fatto di guerra; 4) i mutilati ed invalidi per servizio nel settore pubblico e privato; 5) gli orfani di guerra; 6) gli orfani dei caduti per fatto di guerra; 7) gli orfani dei caduti per servizio nel settore pubblico e privato; 8) i feriti in combattimento; 9) gli insigniti di croce di guerra o di altra attestazione speciale di merito di guerra, nonché i capi di famiglia numerosa; 10) i figli dei mutilati e degli invalidi di guerra ex combattenti; 11) i figli dei mutilati e degli invalidi per fatto di guerra; 12) i figli dei mutilati e degli invalidi per servizio nel settore pubblico e privato; 13) i genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti di guerra; 14) i genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti per fatto di guerra; 15) i genitori vedovi non risposati, i coniugi non risposati e le sorelle ed i fratelli vedovi o non sposati dei caduti per servizio nel settore pubblico o privato; 16) coloro che abbiano prestato servizio militare come combattenti; 17) coloro che abbiano prestato lodevole servizio a qualunque titolo, per non meno di un anno nell’amministrazione che ha indetto il concorso; 18) i coniugati e i non coniugati con riguardo al numero dei figli a carico; 19) gli invalidi ed i mutilati civili; 20) militari volontari delle Forze armate congedati senza demerito al termine della ferma o rafferma”.

Il successivo comma V, dispone poi che: “A parità di merito e di titoli la preferenza è determinata: a) dal numero dei figli a carico, indipendentemente dal fatto che il candidato sia coniugato o meno; b) dall’aver prestato lodevole servizio nelle amministrazioni pubbliche; c) dalla maggiore età”.

Ciò posto, con la sentenza n. 618, del 12 febbraio 2016, il Consiglio di Stato, ha ritenuto che gli anzidetti titoli di preferenza, quali quelli indicati dal IV comma dell’art. 5, debbano necessariamente essere valutati in ordine di priorità, pertanto, il criterio dettato dal successivo comma V, quello della minore età, ha natura residuale, sicché lo stesso deve essere preso in considerazione solo dopo l’eventuale parità del merito e dei titoli di preferenza di cui al precedente comma IV.

L’anzidetto principio è stato espresso in un giudizio nel quale un dipendente comunale impugnava dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, l’avviso di procedura per la progressione verticale a venticinque posti del profilo di responsabile contabile, Cat. D1, la determinazione del Direttore del Servizio Centrale Risorse Umane, quella del Dirigente del Settore Gestione Risorse Umane di approvazione della graduatoria, nella quale il ricorrente risultava collocato – pari merito con un altro candidato – al 26° posto e, pertanto, primo degli esclusi, nonché il provvedimento del Direttore Centrale delle Risorse Umane che aveva rigettato il ricorso in via amministrativa.

Si lagnava il ricorrente della circostanza per cui il Comune, con riferimento al sistema di valutazione dei candidati, aveva previsto solo l’utilizzabilità del criterio dell’età, con preferenza per il candidato più giovane.

La domanda, respinta in primo grado, veniva riproposta nel conseguente gravame, dinnanzi al Consiglio di Stato, V sezione giurisdizionale, nel corso del quale si evidenziava la fallacità della sentenza impugnata, in virtù della violazione dell’articolo 21, comma 1, del “Regolamento Assunzioni” adottato dal Comune resistente.

Considerava la stesso che alcun rilevo poteva avere la sua anzianità, maggiore rispetto a quella della controinteressata che, seppur a parità di punteggio, lo precedeva al 25° posto in ragione dell’erronea valutazione del criterio relativo alla più giovane età.

L’Ente locale resisteva in giudizio eccependo la circostanza per la quale, le norme del D.P.R. n. 487/1994 non risulterebbero applicabili ad una procedura concorsuale interna, come quella espletata dal Comune, a differenza di quanto avviene nei concorsi pubblici con accesso esterno.

Comunque, a dire dello stesso, l’art. 3, VII co. L. n. 127/1997, avrebbe modificato l’art. 5, V co. D.P.R. n. 487/1994, in merito ai criteri di preferenza, stabilendo la prevalenza del criterio relativo alla minore età del candidato.

Di contrario avviso, tuttavia, il Supremo Collegio, il quale compie un puntuale ricognizione dell’evoluzione legislativa in siffatta materia.

Ed invero ritiene la Corte che: “l’Amministrazione avrebbe dovuto applicare la normativa legislativa statale e quella regolamentare comunale, secondo la quale il criterio dell’età è residuale, rispetto ai criteri di preferenza di carattere generale”.

Non è, infatti, condivisibile l’assunto del Comune relativo alla abrogazione del dell’art. 5, comma V, del D.P.R. 487/1994, a tal proposito: “per la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio (Cons. St., Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5234), l’art. 5, comma 5, del D.P.R. n. 487 del 1994, si deve intendere solo parzialmente abrogato (per incompatibilità sopravvenuta) dall’art. 3, comma 7, L. n. 127 del 1997, modificato dall’art. 2, L. n. 191 del 1998, nella misura in cui introduce un criterio opposto rispetto alla disciplina previgente della prevalenza del candidato di minore e non più di maggiore età”.

Anche la Corte Costituzionale, nell’ordinanza n. 268/2001, propenderebbe per una siffatta impostazione, laddove tra i criteri di preferenza, solo a parità di altri titoli, questa deve essere accordata al candidato con più giovane d’età.

Conclude, quindi, affermando che: “nei concorsi pubblici, i titoli di preferenza di cui all’art. 5, c. 4, del D.P.R. n. 487 del 1994 (nella specie, figli a carico) devono essere valutati prima del criterio della minore età, ex art. 3, L. n. 127 del 1997. Quest’ultimo rappresenta un elemento preferenziale nel reclutamento nel pubblico impiego soltanto in via residuale, ossia nei casi di parità dopo la valutazione del merito e dei titoli di preferenza indicati nel citato c. 4 dell’art. 5”.

In tal senso depone anche il regolamento comunale e, in particolare, il richiamato art. 21, secondo il quale, in conformità con la disciplina nazionale: “a parità di punteggio ed in assenza dei titoli di preferenza, il criterio da applicare in caso di pari punteggio in un concorso sia quello della minore età”.

Pertanto, i criteri indicati dalla normativa richiamata, per la valutazione dei titoli, operano in via gradata, secondo un ordine di priorità, pertanto, solo allorquando vi sia una sostanziale parità di merito e di titoli, per come analiticamente indicati dall’art. 5, comma IV, D.P.R. 09/05/1994 n. 487, può utilmente farsi riferimento ai successivi criteri – in ordine di preminenza – relativi al numero dei figli a carico, all’aver prestato lodevole servizio nelle amministrazioni pubbliche e, infine, nella persistenza della parità, quello residuale della minore età anagrafica, in ragione della modifica apportata al predetto comma, dall’art. 3, comma 7, L. 15 maggio 1997, n. 127, come modificato dall’art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191, che ha previsto come, a parità di punteggio, sia preferito il candidato più giovane di età.

Avv. Paolo Accoti

www.paoloaccoti.it

Avv. Accoti Paolo

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