Delitti informatici

Redazione 23/11/18
Scarica PDF Stampa
Con l’avvento del Web si spostata l’attenzione sull’espansione dei delitti contro l’onore commessi a mezzo informatico, in particolare tramite social network. Difatti, detto contesto conferisce a tali reati una maggiore carica lesiva, connessa alla diffusività del mezzo informatico: la comunicazione mediante l’impiego dei social network, testate online, newsletter e mailing list, infatti, permette con un’unica azione di raggiunge un numero elevato di utenti, con una sorte di diffusione istantanea pressoché illimitata.

Il bene costituzionalmente tutelato: l’onere

A tal proprio, considerata la porta di Internet l’aggressione all’onore e alla reputazione può essere realizzata con l’impiego di qualsiasi mezzo di comunicazione. In questo senso, primo tra tutti: l’onore che è un bene giuridico intrinseco della persona e trova tutela negli artt. 2 e 3 della Costituzione.

Tale diritto deve essere controbilanciato con quello previsto dall’art.21 della Costituzione, che riconosce ad ogni cittadino il diritto di manifestare la propria opinione; al secondo comma del presente articolo viene sancita la libertà di stampa quale garanzia fondamentale della libera espressione, in linea con quanto stabilito, nelle fonti sovranazionali, dall’art.10 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e dall’art.11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

A seguito dell’operata riforma della l. 547 del 1993, sono state introdotte nel codice penale alcune nuove figure di reato: l’accesso abusivo al sistema informatico (615ter c.p.) o la detenzione o diffusione di codici di accesso a sistemi informatici (615quater c.p.). In alcuni casi le stesse fattispecie sono state ulteriormente novellate, tenendo conto delle modalità ordinarie di realizzazione del reato evidenziate dalla prassi: è quanto accaduto in relazione al delitto di frode informatica di cui all’art.640ter c.p., oggi aggravata dal furto o dall’indebito utilizzo dell’identità digitale (l.119 del 2013).

Relativamente al delitto di diffamazione perpetrato a mezzo web, tuttavia, il legislatore non ha ritenuto di apportare specifici interventi. Tale scelta ha determinato significative frizioni con il divieto di analogia in malam partem: in forza di quanto previsto dagli articoli 25, co.2, Cost., 12 e 14 preleggi, nonchè 1 e 199 c.p., non può essere estesa ai reati a mezzo informatico la disciplina prevista per la carta stampata. Il giornale telematico, infatti, non rispecchia le condizioni essenziali ai fini della sussistenza del prodotto “stampa”, in base a quanto definito dall’art. 1 l. n.47 del 1948, mancando di un’attività di riproduzione tipografica destinata alla pubblicazione.

La problematica legata al locus commissi delicti

In senso più ampio, la diffamazione a mezzo informatico presenta significative peculiarità con riferimento all’estensione della responsabilità sancita dagli articoli 57 e 57bis c.p., alla definizione della competenza territoriale (locus commissi delicti) ed alla materiale possibilità di apprendere e sequestrare gli strumenti di commissione del reato. Nel cyberspazio, infatti, i criteri tradizionali per collocare le condotte nello spazio e nel tempo entrano in crisi, in quanto viene in considerazione una dimensione smaterializzata ed una complessiva delocalizzazione delle risorse e dei contenuti.

 

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento