Definizione “patrimonio culturale” in diritto internazionale

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La definizione di patrimonio culturale nel diritto internazionale: evoluzione e prospettive future
Consigliamo il volume in materia: Codice dei beni culturali

Indice

1. Il concetto e la definizione di patrimonio culturale nel diritto internazionale


Il diritto internazionale ha riconosciuto l’importanza del patrimonio culturale recentemente. Dal punto di vista storico le prime forme di tutela del patrimonio culturale avevano a che fare con la tutela dei beni culturali. In particolare, la protezione dei beni culturali si sviluppa intorno al concetto di spoliazione[1]: innumerevoli conflitti hanno causato le spoliazioni dei beni dei vinti sin dall’antichità e ciò non era affatto slegato dalla distruzione dei beni dei nemici. In altre parole, la guerra portava distruzione e bottino di esseri umani e di tutto ciò che era dei vinti. Nel diritto bellico antico il controllo di un territorio decretava la vittoria e di conseguenza la gestione totale e senza limitazioni di ciò che si trovava all’interno del territorio: se nel bottino di guerra ci fossero stati dei beni (che oggi consideriamo) culturali tutto era lecito e non avrebbe creato particolari problemi. Come è comprensibile quindi la guerra ha avuto un effetto diretto sul patrimonio culturale. Poi per molti secoli si assistette al germogliare di disposizioni locali per la tutela delle bellezze.
La materia dei beni culturali si considera legata allo sviluppo del potere statale e le definizioni che oggi abbiamo sono il frutto dell’evoluzione storica e giuridica della società umana. Non è una sorpresa, perciò, che tra le prime forme di protezione e tutela dei beni culturali ci si indirizzasse prevalentemente verso i monumenti e le opere d’arte e l’Italia ha rappresentato sin dal XII secolo un luogo di elaborazione del concetto di tutela di beni storici e artistici[2].
Oggi possiamo contare su una materia strutturata e segnata soprattutto dalla dirompente evoluzione che si è verificata negli ultimi tre secoli. Le guerre napoleoniche in particolare sono state determinanti per far comprendere all’intera Europa che si potesse parlare di patrimonio culturale. Eppure il culmine delle barbarie venne raggiunto con le due guerre mondiali. Già durante il secondo conflitto la comunità internazionale capì la necessità di dare una tutela ampia e universale alla cultura, ripudiando la guerra e per costruire la pace[3]. Con la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ed il conseguente proliferare delle organizzazioni internazionali onusiane il diritto internazionale ha conosciuto un ritmo frenetico per produzione di testi, memoranda, raccomandazioni, risoluzioni e trattati[4]. Ma il concetto di cosa proteggere, riconoscere, tutelare e salvaguardare non è stato individuato in un momento preciso: anzi, possiamo dire che forse oggi la tutela non è del tutto completa.
I giuristi hanno trovato molte difficoltà nel definire il concetto di patrimonio culturale. Difficoltà non solo dal punto di vista legale ma anche politiche: tale concetto è facilmente manipolabile per varie ragioni. Ci sono poi pochi dubbi sul fatto che quando si parla di patrimonio culturale si toccano indiscutibilmente altre materie: l’economia, la finanza, i diritti umani, la tutela ambientale, la sostenibilità, il turismo, lo sviluppo di nuove tecnologie. Perciò dare una visione internazionale comune è un obiettivo difficile.
L’espressione più corretta a cui si fa ricorso oggi nella materia in questione è “patrimonio culturale”, in inglese cultural heritage. È un concetto ampio, generico e che può coprire un insieme quasi infinito dell’espressione della creatività umana: monumenti, tradizioni, reperti archeologici sottomarini e non, musei, opere d’arte, etc. E poi si aggiungano le categorie elaborate nel tempo (patrimonio culturale mobile, patrimonio culturale immobile, patrimonio culturale subacqueo, patrimonio culturale immateriale), l’accettazione di una rilevanza culturale delle forme di espressioni della creatività umana (quella a livello locale/regionale/della comunità e quella per l’intera umanità) e la multidimensione del patrimonio culturale (pensiamo ad un edificio religioso che è sia un luogo di preghiera che un’attrazione turistica).
Ciò che oggi identifichiamo come patrimonio culturale come detto è stato sviluppato nel tempo. Negli anni la comunità internazionale ha esteso la portata di ciò che debba essere inteso per patrimonio culturale. Oggi possiamo contare su diversi strumenti del diritto internazionale moderno, sia a livello globale che a livello regionale, e che riguardano anche i diritti umani, il diritto internazionale umanitario o la lotta al traffico illecito di beni culturali. Il punto centrale di tale evoluzione però è capire come il concetto di cultural heritage sia stato adottato e abbia sostituito quello di cultural property. Tra i primi trattati infatti elaborati dalla comunità internazionale troviamo la Convenzione dell’Aia del 1954[5] che contiene all’articolo 1 la definizione di cultural property. La definizione di cultural heritage invece appare solamente nel 1972, all’articolo 1 della Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità[6].
Questo cambiamento, apparentemente di poco conto ed in un lasso di tempo piuttosto breve, è dovuto ai contatti degli Stati della comunità internazionale e all’incontro tra regimi giuridici[7]. Basti guardare agli ultimi 60 anni per comprendere lo sviluppo raggiunto: i soli trattati sul patrimonio culturale hanno per oggetto argomenti tanto complessi quanto connessi[8]. In effetti, il preponderante uso di cultural heritage rispetto a cultural property richiama ad un linguaggio non solamente più inclusivo ma anche più usato per vari motivi. In particolare, cultural heritage richiama allo sviluppo sostenibile, al patrimonio culturale immateriale, al concetto di patrimonio non come proprietà (e a tutti i problemi che tale termine si porta dietro) ma come combinazione di elementi culturali dagli elementi sia materiali che immateriali, infine, all’idea di lascito alle generazioni future.
Dopo la Convenzione del 1972, è la Convenzione UNESCO del 2003[9] che segna un punto di svolta: gli elementi immateriali del patrimonio culturale vengono finalmente e ufficialmente riconosciuti a livello internazionale. In altre parole, una tutela onnicomprensiva: accanto ai monumenti, le tradizioni.
Da questo quadro è facile capire anche il perché cultural heritage abbia preso il posto di cultural property: il primo è espressione di ciò che non include il secondo. In altre parole, cultural heritage differisce intrinsecamente da cultural property e dalle espressioni simili di cultural treasures, cultural objects e works of art. Questo percorso però merita un approfondimento storico sui trattati elaborati dalla comunità internazionale.


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2. La definizione di patrimonio culturale nei principali trattati internazionali


Come detto nel tempo la comunità internazionale ha assunto una posizione propositiva e inclusiva del concetto e di conseguenza della definizione di patrimonio culturale. Procedo pertanto con l’analisi dei trattati internazionali che hanno scandito il passaggio da cultural property a cultural heritage. I principali trattati sono:

  • La Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato
  • La Convenzione UNESCO del 1970 sui mezzi che proibiscono e prevengono l’importazione illecita, l’esportazione e il trasferimento di proprietà dei beni culturali
  • La Convenzione UNESCO del 1972 riguardante la protezione del patrimonio culturale e naturale (generalmente nota come Convenzione sul patrimonio dell’umanità)
  • La Convenzione UNIDROIT del 1995 sui beni culturali rubati o illecitamente esportati
  • La Convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo
  • La Convenzione UNESCO del 2003 sulla tutela del patrimonio culturale immateriale.

La Convenzione dell’Aia del 1954 prevede all’articolo 1 la definizione di beni culturali. Qui il termine che viene usato è ‘cultural property[10].
La Convenzione UNESCO del 1970 ricorre anch’essa al termine ‘cultural property’ e ne indica le categorie all’articolo 1[11].
La Convenzione UNESCO del 1972 apre ad una nuova concezione di patrimonio. ‘Cultural heritage’ e ‘natural heritage’ vengono rispettivamente indicati negli articoli 1[12] e 2[13].
La Convenzione UNIDROIT del 1995 si concentra sui ‘cultural objects’. Tale scelta tuttavia non deve essere considerata errata perché come chiaramente indicato già nel titolo e discusso nei lavori preparatori[14], l’oggetto della convenzione in questione sono i beni rubati o illegalmente esportati, necessariamente mobili.  L’articolo 2 riporta brevemente e rinvia all’Allegato della Convenzione UNIDROIT la definizione di beni culturali[15].
La Convenzione UNESCO del 2001 individua il patrimonio culturale subacqueo, ‘underwater cultural heritage’, all’articolo 1[16]. In tal caso si può parlare di una sotto-categoria di ‘cultural heritage’.
La Convenzione UNESCO del 2003 identifica il patrimonio culturale immateriale, ‘intangible cultural heritage’ ed è nell’articolo 2 che viene data una lunga definizione[17].

3. Considerazioni e possibili sviluppi


Abbiamo visto il concetto di patrimonio culturale declinato in molte forme. Oggi non esiste una sola precisa definizione di patrimonio culturale. Di seguito alcune considerazioni personali.
La nozione di patrimonio culturale dovrebbe essere modernizzata e adattata alle attuali realtà globali. La concezione dei beni del patrimonio culturale si è evoluta nel corso del XX secolo. La protezione iniziale dedicata a beni mobili e immobili specifici e tangibili era frammentaria e mutevole. Si riferiva ad esempio a «edifici dedicati alla religione, all’arte, alla scienza, (…) monumenti storici», oppure a «comuni, (…) istituzioni dedicate alla religione, alla carità e all’educazione, alle arti e alla scienza»[18].
La nozione di “bene culturale” è stata introdotta nel 1954 dalla Convenzione dell’Aia e successivamente ha ampliato il suo campo d’azione verso la protezione del “patrimonio culturale”, inteso sia come patrimonio materiale che immateriale. Tuttavia, è sempre dipeso dalla volontà degli Stati di qualificazione e, tra l’altro, di protezione.
Credo che l’identificazione di ciò che è patrimonio culturale e il regime giuridico dovrebbero essere definiti in modo più inclusivo. Uno dei prossimi passi necessari è andare oltre l’occidentalismo e aprire sistematicamente le regole internazionali del patrimonio culturale ad altre realtà.
Tale nuovo approccio consentirebbe alla protezione internazionale di raggiungere una rappresentatività più ampia, in quanto rispetterebbe l’attaccamento non occidentale alla cultura. La versione della cultura si basa principalmente su quella del “patrimonio”, ma questa non è rappresentativa di ogni identità e pratica culturale. La Lista del Patrimonio Mondiale è stata criticata per non essere rappresentativa della diversità delle culture e per essere troppo focalizzata sulle culture occidentali ed europee. Una nuova politica su come tutelare efficacemente il patrimonio culturale e la protezione del patrimonio immateriale da parte della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale hanno risolto solo parzialmente questo problema consentendo ad alcuni paesi di avere più beni culturali riconosciuti e protetti a livello internazionale. Per evitare di far gravare sui Governi tutto l’onere di tali scelte strategiche di decidere cosa proteggere – e lasciare questa delicata questione esclusivamente a considerazioni politiche -, sarebbe necessario sia l’aiuto di esperti che la partecipazione delle comunità culturali. La partecipazione deve quindi essere rafforzata per consentire una migliore rappresentanza di tutti i continenti nelle liste del patrimonio (ad esempio quella del Patrimonio Mondiale) e di tutte le comunità culturali all’interno dello stato. Le comunità culturali dovrebbero essere consultate sulla definizione di ciò che richiede protezione.
Un’immensa mole di lavoro quindi che coinvolge esperti, comunità locali e attori statali perché sia riconosciuta una valida tutela di tutto ciò che è patrimonio culturale.

Bibliografia e sitografia


Silvia Borelli and Federico Lenzerini (2012) Cultural Heritage, Cultural Rights, Cultural Diversity : New Developments in International Law. Leiden: Brill | Nijhoff (Studies in Intercultural Human Rights). 
Francioni, F. and Gordley, J. (eds) (2013) Enforcing international cultural heritage law. First edn. Oxford: Oxford University Press (Cultural heritage law and policy).
Ferrazzi, S. (2020) “The Notion of ‘cultural Heritage’ in the International Field: Behind Origin and Evolution of a Concept,” International Journal for the Semiotics of Law – Revue internationale de Sémiotique juridique, 34(3), pp. 743–768. 
Vecco, M. (2010) “A Definition of Cultural Heritage: From the Tangible to the Intangible,” Journal of Cultural Heritage, 11(3), pp. 321–324.
Abdulla, A. et al. (2014) “Marine World Heritage: Creating a Globally More Balanced and Representative List,” Aquatic Conservation: Marine and Freshwater Ecosystems, 24(S2), pp. 59–74.
Gfeller, A. E. (2015) “Anthropologizing and Indigenizing Heritage: The Origins of the Unesco Global Strategy for a Representative, Balanced and Credible World Heritage List,” Journal of Social Archaeology, 15(3), pp. 366–386.
 
Sitografia consultata
United Nations Treaty Collection.
Legal Affairs | UNESCO.
The reverse side of the medal | Max-Planck-Gesellschaft (mpg.de).
UNESCO’s World Heritage Convention at 40 : Challenging the Economic and Political Order of International Heritage Conservation | Current Anthropology: Vol 54, No 4 (uchicago.edu).

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Note

  1. [1]

    Dal latino spoliatio, in inglese l’espressione si traduce con spoils of war.

  2. [2]

    Tra i primi documenti relativi alla protezione dei monumenti ad esempio e del decoro delle città in epoca medievale si possono ricordare la deliberazione del Senato di Roma del 25 marzo 1126 sulla tutela della Colonna Traiana e il Constituto del Comune di Siena del 1309-1310, in cui si dice che chi governa deve “occuparsi massimamente (…) della bellezza della città”. Una delle prime normative con misure dirette a limitare o vietare l’esportazione dei beni culturali è una deliberazione del granduca di Toscana del 24 ottobre 1602. La deliberazione subordinava a una licenza l’esportazione dalla città di Firenze di opere di pittori non viventi e proibiva del tutto l’esportazione delle opere di diciannove maestri. Con un editto del 1754 il divieto fu esteso a tutto il Granducato e ad altre categorie di beni culturali. Disposizioni che limitavano il commercio o l’esportazione di beni artistici si diffusero anche nel Regno di Napoli e nella Repubblica di Venezia.

  3. [3]

    Questo concetto è cristallizzato nel preambolo della Carta dell’UNESCO del 1945: “Poiché le guerre iniziano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace.”.

  4. [4]

    Questo non significa che prima dell’ONU non ci fossero trattati internazionali e regole sulla tutela dei beni culturali: ad esempio, si vedano i Regolamenti dell’Aia del 1907 (Regolamenti allegati alla Convenzione dell’Aia IV) dove all’articolo 27 si parla di protezione di “edifici dedicati alla religione, all’arte, alla scienza o a scopi benefici, monumenti storici”.

  5. [5]

    1954 Convention for the protection of cultural property in the event of armed conflict.

  6. [6]

    1972 Convention concerning the protection of the world cultural and natural heritage.

  7. [7]

    Francioni, F. and Gordley, J. (eds) (2013) Enforcing international cultural heritage law. First edn. Oxford: Oxford University Press (Cultural heritage law and policy), pp. 12-16.

  8. [8]

    Giusto per citare qualche strumento internazionale di vario tipo: 1970 Convention on the means of prohibiting and preventing the illicit import, export and transfer or ownership of cultural property; 1986 Berne Convention for the protection of literary and artistic works; 1992 Valletta Convention for the protection of archaeological heritage of Europe; 1995 UNIDROIT Convention on stolen or illegally exported cultural objects; 2001 Convention on the protection of underwater cultural heritage.

  9. [9]

    2003 Convention for the safeguarding of the intangible cultural heritage.

  10. [10]

    For the purposes of the present Convention, the term `cultural property’ shall cover, irrespective of origin or ownership: (a) movable or immovable property of great importance to the cultural heritage of every people, such as monuments of architecture, art or history, whether religious or secular; archaeological sites; groups of buildings which, as a whole, are of historical or artistic interest; works of art; manuscripts, books and other objects of artistic, historical or archaeological interest; as well as scientific collections and important collections of books or archives or of reproductions of the property defined above; (b) buildings whose main and effective purpose is to preserve or exhibit the movable cultural property defined in sub-paragraph (a) such as museums, large libraries and depositories of archives, and refuges intended to shelter, in the event of armed conflict, the movable cultural property defined in sub-paragraph (a); (c) centers containing a large amount of cultural property as defined in sub-paragraphs (a) and (b), to be known as `centers containing monuments’.”.

  11. [11]

    For the purposes of this Convention, the term “cultural property” means property which, on religious or secular grounds, is specifically designated by each State as being of importance for archaeology, prehistory, history, literature, art or science and which belongs to the following categories: 
    (a) Rare collections and specimens of fauna, flora, minerals and anatomy, and objects of palaeontological interest; 
    (b) Property relating to history, including the history of science and technology and military and social history, to the life of national leaders, thinkers, scientists and artist and to events of national importance; 
    (c) Products of archaeological excavations (including regular and clandestine) or of archaeological discoveries ; 
    (d) Elements of artistic or historical monuments or archaeological sites which have been dismembered; 
    (e) Antiquities more than one hundred years old, such as inscriptions, coins and engraved seals; 
    (f) Objects of ethnological interest; 
    (g) Property of artistic interest, such as: 
    (i) pictures, paintings and drawings produced entirely by hand on any support and in any material (excluding industrial designs and manu-factured articles decorated by hand); 
    (ii) original works of statuary art and sculpture in any material;
    (iii) original engravings, prints and lithographs ; 
    (iv) original artistic assemblages and montages in any material; 
    (h) Rare manuscripts and incunabula, old books, documents and publications of special interest (historical, artistic, scientific, literary, etc.) singly or in collections ; 
    (i) Postage, revenue and similar stamps, singly or in collections; 
    (j) Archives, including sound, photographic and cinematographic archives; 
    (k) Articles of furniture more than one hundred years old and old musical instruments.
    ”.

  12. [12]

    For the purposes of this Convention, the following shall be considered as “cultural heritage”:
    monuments: architectural works, works of monumental sculpture and painting, elements or structures of an archaeological nature, inscriptions, cave dwellings and combinations of features, which are of outstanding universal value from the point of view of history, art or science;
    groups of buildings: groups of separate or connected buildings which, because of their architecture, their homogeneity or their place in the landscape, are of outstanding universal value from the point of view of history, art or science;
    sitesworks of man or the combined works of nature and man, and areas including archaeological sites which are of outstanding universal value from the historical, aesthetic, ethnological or anthropological point of view.”.

  13. [13]

    For the purposes of this Convention, the following shall be considered as “natural heritage”:
    natural featuresconsisting of physical and biological formations or groups of such formations, which are of outstanding universal value from the aesthetic or scientific point of view;
    geological and physiographical formationsand precisely delineated areas which constitute the habitat of threatened species of animals and plants of outstanding universal value from the point of view of science or conservation;
    natural sitesor precisely delineated natural areas of outstanding universal value from the point of view of science, conservation or natural beauty.”.

  14. [14]

    Come spiegato nell’Explanatory Report della Convenzione UNIDROIT del 1995, è interessante notare che la scelta è ricaduta su ‘cultural objects’ perché ‘cultural property’ era un concetto relativamente nuovo negli Stati con un sistema giuridico di common law.

  15. [15]

    For the purposes of this Convention, cultural objects are those which, on religious or secular grounds, are of importance for archaeology, prehistory, history, literature, art or science and belong to one of the categories listed in the Annex to this Convention.”. L’Allegato precisa le categorie di beni culturali: “(a) Rare collections and specimens of fauna, flora, minerals and anatomy, and objects of palaeontological interest;
    (b) property relating to history, including the history of science and technology and military and social history, to the life of national leaders, thinkers, scientists and artists and to events of national importance;
    (c) products of archaeological excavations (including regular and clandestine) or of archaeological discoveries;
    (d) elements of artistic or historical monuments or archaeological sites which have been dismembered;
    (e) antiquities more than one hundred years old, such as inscriptions, coins and engraved seals;
    (f) objects of ethnological interest;
    (g) property of artistic interest, such as:
    (i) pictures, paintings and drawings produced entirely by hand on any support and in
    any material (excluding industrial designs and manufactured articles decorated by hand);
    (ii) original works of statuary art and sculpture in any material;
    (iii) original engravings, prints and lithographs;
    (iv) original artistic assemblages and montages in any material;
    (h) rare manuscripts and incunabula, old books, documents and publications of special interest (historical, artistic, scientific, literary, etc.) singly or in collections;
    (i) postage, revenue and similar stamps, singly or in collections;
    (j) archives, including sound, photographic and cinematographic archives;
    (k) articles of furniture more than one hundred years old and old musical instruments.”.

  16. [16]

    For the purposes of this Convention: 
    1. (a) “Underwater cultural heritage” means all traces of human existence having a cultural, historical or archaeological character which have been partially or totally under water, periodically or continuously, for at least 100 years such as: 
    (i) sites, structures, buildings, artefacts and human remains, together with their archaeological and natural context; 
    (ii) vessels, aircraft, other vehicles or any part thereof, their cargo or other contents, together with their archaeological and natural context; and 
    (iii) objects of prehistoric character.
    (b) Pipelines and cables placed on the seabed shall not be considered as underwater cultural heritage. 
    (c) Installations other than pipelines and cables, placed on the seabed and still in use, shall not be considered as underwater cultural heritage.
    ”.

  17. [17]

    For the purposes of this Convention,
    1. The “intangible cultural heritage” means the practices, representations, expressions, knowledge, skills – as well as the instruments, objects, artefacts and cultural spaces associated therewith – that communities, groups and, in some cases, individuals recognize as part of their cultural heritage. This intangible cultural heritage, transmitted from generation to generation, is constantly recreated by communities and groups in response to their environment, their interaction with nature and their history, and provides them with a sense of identity and continuity, thus promoting respect for cultural diversity and human creativity. For the purposes of this Convention, consideration will be given solely to such intangible cultural heritage as is compatible with existing international human rights instruments, as well as with the requirements of mutual respect among communities, groups and individuals, and of sustainable development.

    2. The “intangible cultural heritage”, as defined in paragraph 1 above, is manifested inter alia in the following domains:
    (a) oral traditions and expressions, including language as a vehicle of the intangible cultural heritage;
    (b) performing arts;
    (c) social practices, rituals and festive events;

    (d) knowledge and practices concerning nature and the universe;
    (e) traditional craftsmanship.
    ”.

  18. [18]

    Cfr. artt. 27 e 56 del Regolamento relativo alle leggi e agli usi della guerra terrestre, Allegato alla Convenzione (IV), L’Aia, 18 ottobre 1907.

Lorenzo Venezia

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