Decesso dell’impiegato pubblico e sorti del procedimento disciplinare

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Il periodo di sospensione cautelare dal servizio adottata nei confronti dell’impiegato pubblico, seguito da una sentenza penale di condanna e durante il quale non sia stato instaurato un procedimento disciplinare, deve essere riconosciuto sia agli effetti giuridici sia a quelli economici.

Inoltre, gli effetti prodottisi in virtù del provvedimento di sospensione cautelare sono per loro natura provvisori e lo svolgimento del procedimento disciplinare non è impedito dalla cessazione dal servizio o dal decesso del dipendente.

L’art. 97, comma 1, T.U. impiegati civili dello Stato (n. 3/1957), che prevede la revoca della sospensione cautelare dal servizio quando il procedimento penale si concluda con una sentenza definitiva di proscioglimento o di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’impiegato non lo ha commesso, non è applicabile nell’ipotesi in cui il giudizio penale si estingua per la morte dell’imputato.

Deve ritenersi, quindi, che in caso di morte del dipendente pubblico, in precedenza sospeso dal servizio, l’attivazione del procedimento disciplinare sia possibile, anche se dipenda dall’emersione di un interesse alla verifica della rilevanza disciplinare dei fatti.

In sostanza, l’amministrazione non è tenuta ad attivare il procedimento disciplinare, ma lo deve fare se gli eredi del dipendente deceduto manifestano il loro interesse al definitivo accertamento disciplinare dei fatti.

In assenza di un tale interesse, l’apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare avverrebbero senza contraddittorio e senza alcun concreto scopo.

Cassano Giuseppe

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