Danno da perdita parentale: onere probatorio a carico della struttura sanitaria

Danno da perdita del rapporto parentale di membri della famiglia nucleare: spetta alla struttura sanitaria provare l’assenza del rapporto affettivo.

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Tribunale di Civitavecchia – Sentenza del 05-02-2025

ORDINANZA_TRIBUNALE_DI_CIVITAVECCHIA_-_N._R.G._00000416_2023_DEPOSITO_MINUTA_04_02_2025__PUBBLICAZIONE_05_02_2025.pdf 524 KB

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Indice

1. I fatti: il danno da perdita parentale


Un signore accedeva al Pronto soccorso di un ospedale laziale lamentando difficoltà respiratorie ed un vasto rush cutaneo con orticaria e prurito su tutto il corpo. Pertanto, il paziente veniva tenuto in osservazione per due giorni e all’esito degli accertamenti compiuti veniva disposto il suo trasferimento all’ospedale Gemelli di Roma con la diagnosi del sospetto di una grave malattia molto rara.
Nonostante tale diagnosi e il peggioramento delle condizioni, la seconda struttura sanitaria non provvedeva al ricovero del paziente, né al suo trasferimento in altra struttura in grado di gestire l’eventuale ipotizzata malattia rara, ma lo rimandava nuovamente presso la prima struttura sanitaria.
Il paziente però decideva di non restare dentro la predetta struttura sanitaria locale e tornava casa, ma era costretto a ivi recarsi nuovamente qualche giorno dopo a causa del peggioramento delle condizioni di salute.
L’ospedale locale lo tratteneva in osservazione e dopo un giorno disponeva nuovamente il suo trasferimento al Gemelli di Roma, dove il paziente veniva accettato dal Pronto Soccorso e dopo 5 giorni veniva trasferito al reparto di terapia intensiva con la diagnosi di affezione dalla grave e rara patologia di cui all’inizio si era sospettata la presenza.
Il giorno dopo il trasferimento in detto reparto, però, il paziente decedeva.
La coniuge e i figli del paziente deceduto adivano il tribunale di Civitavecchia per chiedere il risarcimento dei danni subiti dal congiunto nonché quelli subiti in proprio per la perdita del rapporto parentale, addebitando ad entrambe le strutture sanitarie coinvolte la responsabilità per aver sottovalutato la grave situazione clinica del proprio congiunto e per non avergli quindi approntato tempestivamente le necessarie cure. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

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2. Le valutazioni del Tribunale


Sulla base delle risultanze della CTU svolta nel corso del giudizio, è emersa la sussistenza del nesso di causalità tra le condotte poste in essere dai medici della seconda struttura sanitaria e la perdita di chances di sopravvivenza del paziente.
In considerazione di ciò, il giudice ha ritenuto che, per quanto concerne la domanda promossa dagli attori iure proprio, il relativo evento lesivo (subito dai congiunti) vada identificato e parametrato in termini di danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale, che rientra nella domanda di risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio del prossimo congiunto.  
Correttamente inquadrato il danno subito direttamente dai congiunti della vittima, il giudice ha ritenuto che questi ultimi non possono ottenere il risarcimento integrale del pregiudizio derivante dalla perdita della persona congiunta, bensì un ristoro correlato alla perdita della chance di poter ancora convivere con quest’ultima.
Tuttavia, per poter ottenere il risarcimento di tale ultima tipologia di danno, devono ricorrere i presupposti per il risarcimento iure proprio del danno da perdita del rapporto parentale.
A tal proposito, il giudice ha ricordato che, qualora la liquidazione del danno viene richiesta da soggetti appartenenti alla famiglia nucleare (genitori, figli, fratelli o sorelle, coniuge), può presumersi la sussistenza di un intenso vincolo affettivo e di un progetto di vita comune, tale da cagionare quella sofferenza e quell’alterazione dell’esistenza che normalmente si accompagnano alla perdita di una persona tanto cara. Quando invece il risarcimento è richiesto da soggetti diversi da quelli appartenenti alla famiglia nucleare, deve essere provata l’esistenza di un
saldo vincolo affettivo, che consenta di presumere il pregiudizio non patrimoniale patito in conseguenza della scomparsa del congiunto.

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, secondo il Tribunale, la prima struttura sanitaria dove si era recato il paziente non ha tenuto una condotta inadempiente, avendo formulato molto precocemente la diagnosi corretta della sospetta malattia rara ed avendo fornito subito le prime cure mediche di supporto nonché avendo disposto il trasferimento alla seconda struttura sanitaria, in quanto non potevano gestire un paziente con una siffatta malattia, che avrebbe potuto fornire un’assistenza migliore.
Invece, il comportamento posto in essere dai sanitari della seconda struttura è stato imprudente e non diligente. Infatti, a fronte del sospetto di malattia in questione, i medici, in base alle linee guida e alle raccomandazioni previste per la patologia, avrebbero dovuto ricoverare il paziente ed ad avrebbero dovuto tenerlo in osservazione.
Tuttavia, secondo il giudice, detta condotta che i sanitari avrebbero dovuto tenere, comunque non avrebbe evitato con certezza la morte del paziente, proprio in ragione della gravità della patologia di cui era affetto. Infatti, in virtù della rarità della malattia e non essendoci una terapia specifica riconosciuta come in gradi di modificare la prognosi infausta, non è possibile stabilire il nesso di causalità tra le condotte omissive dei sanitari e il decesso del paziente.
Le predette condotte omissive, invece, hanno determinato la riduzione delle possibilità di sopravvivenza del paziente nella misura del 25%.
In considerazione di ciò, il giudice ha condannato la seconda struttura sanitaria al risarcimento del danno da perdita di chance di sopravvivenza subito dal paziente, quantificandola in via equitativa.
Per quanto concerne la liquidazione di detta voce di danno, il giudice ha ritenuto di disancorare la valutazione equitativa ai parametri di liquidazione del danno biologico e per la perdita della vita e ha condannato la struttura sanitaria a pagare l’importo di €. 80.000 per la perdita di chance, in misura prossima all’importo massimo che è stato liquidato ai congiunti per la perdita di chance di mantenere il rapporto parentale.
Per quanto concerne il danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale, il giudice ha ritenuto che nel giudizio è rimasto incontestato (oltre che documentato) che gli attori fossero la moglie e i figli della vittima.
In applicazione dei sopra richiamati principi, il giudice ha ritenuto che tale rapporto di parentela così stretto fa presumere la sussistenza di un rapporto affettivo tra la vittima primaria e i congiunti.
Pertanto, nel caso di specie, non spettava al coniuge e ai figli della vittima provare ulteriormente
di avere sofferto per la morte del prossimo congiunto, desumibile in via presuntiva in relazione allo stretto rapporto parentale, ma sarebbe stato onere delle controparti provare che, nonostante il rapporto di parentela, la morte del loro prossimo congiunto aveva lasciato indifferenti i parenti superstiti.
Tuttavia, le controparti non hanno assolto detto onere.
Infatti, nel giudizio non è emerso alcun elemento, nemmeno indiziario, in ordine alla insussistenza dell’effettività del rapporto affettivo tra la vittima e gli attori suoi congiunti.
Conseguentemente il giudice ha condannato la seconda struttura sanitaria anche al risarcimento del danno per la perdita di chance di mantenere il rapporto parentale, liquidando l’importo in via equitativa.

Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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