Raggruppamento di imprese: l’indicazione delle quote di partecipazione ai lavori è un requisito di ammissione alla gara

Lazzini Sonia 06/01/11
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L’indicazione delle quote di partecipazione ai lavori costituisce per il raggruppamento di imprese un requisito di ammissione alla gara. Vediamo perché.

Per approfondire questo tema puoi leggere anche “Il contenzioso su appalti e contratti pubblici” di Elio Guarnaccia.

Il contenzioso su appalti e contratti pubblici

Il testo intende fornire un quadro completo di tutti i rimedi, giurisdizionali e non, alle controversie nascenti in materia di appalti pubblici, sia nel corso di svolgimento della procedura di gara e fino all’aggiudicazione, sia nella successiva fase di esecuzione del contratto di appalto. In primis, dopo un excursus sull’evoluzione degli ultimi anni, utile a comprenderne pienamente la ratio, viene affrontato approfonditamente il rito processuale speciale, disciplinato dal Libro IV, Titolo V del Codice del processo amministrativo, con particolare attenzione alla fase cautelare. Vi è poi un focus sul rito “super accelerato”, da ultimo dichiarato conforme alle direttive europee da una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 14 febbraio 2019.Alle controversie sorte in fase di esecuzione dei contratti di appalto è dedicato uno specifico capitolo, che rassegna le principali pronunce del Giudice Ordinario con riferimento alle patologie più frequenti (ritardi nell’esecuzione, varianti, riserve).Infine, quanto alla tutela stragiudiziale, il testo tratta i rimedi previsti dal Codice dei Contratti Pubblici, quali l’accordo bonario, la transazione e l’arbitrato e infine approfondisce il ruolo dell’ANAC, declinato attraverso i pareri di precontenzioso, i poteri di impugnazione diretta, e l’attività di vigilanza.Più schematicamente, i principali argomenti affrontati sono:• il rito speciale dinanzi a TAR e Consiglio di Stato, delineato dagli artt. 119 e 120 del Codice del processo amministrativo;• il processo cautelare;• il rito super accelerato ex art. 120 comma 2 bis;• il contenzioso nascente dalla fase di esecuzione del contratto di appalto;• i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie: accordo bonario, transazione, arbitrato;• poteri e strumenti di risoluzione stragiudiziale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.Elio Guarnaccia, Avvocato amministrativista del Foro di Catania, Cassazionista. Si occupa tra l’altro di consulenza, contenzioso e procedure arbitrali nel settore degli appalti e dei contratti pubblici. È commissario di gara nelle procedure di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in qualità di esperto giuridico selezionato da UREGA Sicilia e dall’ANAC.È autore di numerosi saggi e articoli nei campi del diritto amministrativo e del diritto dell’informatica, nonché di diverse monografie in materia di appalti pubblici, processo amministrativo, amministrazione digitale. Nelle materie di propria competenza ha sviluppato un’intensa attività didattica e di formazione per pubbliche amministrazioni e imprese. In ambito universitario, ha all’attivo vari incarichi di docenza nella specifica materia degli appalti pubblici.

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Il dibattito giurisprudenziale sulla necessità di indicare le quote di partecipazione ai lavori

Poiché il sopra citato art. 37, comma 13, stabilisce che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, è evidente che deve sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e che vi è la necessità che anche la quota di partecipazione ai lavori debba essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento all’atto della partecipazione alla gara.

L’indicazione delle quote di partecipazione – e., conseguentemente dei lavori – si rivela dunque requisito di ammissione alla gara e deve quindi provvedersi a tale incombente nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto (Cons. St., sez. V, 28 settembre 2009 , n. 5817 ; Sez. V, 7.5.2008, n. 2079; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 27 febbraio 2010 , n. 3118; TAR Calabria, Reggio C., 28 marzo 2008, n. 127).

§ 14 Più in dettaglio, con la citata sentenza n. 2079/2008 questo Consiglio ha osservato che – a differenza di quanto prospettato con gli atti d’appello – in base al citato art. 37, comma 13, con statuizione peraltro ricognitiva dei principi già desumibili dall’art. 13 della legge Merloni, n. 109/1994 e dall’art. 19, commi 3 e 4, della legge n. 55 del 1990, il legislatore ha ritenuto sussistere una perfetta simmetria tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e, ancor prima, che la quota di “ partecipazione “ deve essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento nel momento, appunto, della partecipazione alla gara e non in quello, successivo, dell’esecuzione del contratto aggiudicato.

L’interpretazione suddetta, oltre a risultare doverosa alla stregua del criterio letterale, è altresì imposta a livello sistematico : di qui, la condivisibile definizione di “ implicito “ fornita dal TAR in ordine al principio di preventiva ed espressa indicazione dei lavori da eseguire .

La definizione delle quote di partecipazione ad un’a.t.i. non riguarda, infatti, la fase esecutiva del rapporto contrattuale (come insistentemente affermato negli atti d’appello, soprattutto quello dell’appellante RTI RICORRENTE 2), ma la sua fase prodromica; cosicché è nella proposta contrattuale della partecipante al procedimento di gara, che deve risultare esplicitata l’identità del soggetto contraente ossia, nel caso appunto di partecipazione in associazione temporanea, le quote attribuite a ciascun componente.

D’altronde, la funzione della disposizione sta nell’evidente finalità di escludere fin dalla fase di svolgimento della gara e non nel successivo momento esecutivo partecipazioni fittizie o di comodo, come spesso avveniva nella comune esperienza prima dell’entrata in vigore dell’art. 13 della l. n. 109/1994 (cfr. **********, 31 marzo 2006, n. 116).

Con le stessa decisione questo Consiglio ha affermato l’inderogabilità e non alternatività del principio di necessaria preventiva indicazione della quota di partecipazione al raggruppamento e quindi dei lavori, allorché, ad esempio, l’a.t.i., ai fini dell’ammissione, abbia esplicitato le diverse categorie SOA dei componenti il raggruppamento.

L’obbligo di dichiarare la quota di partecipazione all’a.t.i. in sede di presentazione dell’offerta – e ciò affinché una corrispondente articolazione dell’obbligazione dell’appaltatore risulti sancita nel contratto – è stata introdotta dal legislatore proprio per evitare, come detto sopra, partecipazioni apparenti effettuate solo allo scopo di far aggiudicare contratti a soggetti privi delle necessarie qualificazioni e quindi ad evitare che alla spendita delle quote partecipative non corrisponda quella dei requisiti di qualificazione e non corrisponda un identico impegno in sede di esecuzione dei lavori.

L’intento antielusivo di una partecipazione con finalità esclusivamente antilucrative e parassitarie, che potrebbe condurre a fenomeni di assenza totale di concreta esecuzione di quote dei lavori trova d’altronde riscontro in altre disposizioni del codice, come quella di cui al medesimo articolo 37, comma 9, del Codice, il quale vieta in modo assoluto l’associazione in partecipazione, la quale costituisce il tipo negoziale attraverso il quale si può realizzare un meccanismo partecipativo assenteista e irresponsabile, essendo riconosciuto alle parti del contratto la facoltà di determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella della partecipazione agli utili ovvero di escludere del tutto la partecipazione alle perdite, realizzandosi, così, una sorta di “ cointeressenza impropria “ (cfr., sul punto, Cass. , sez. I, 1 ottobre 2008 , n. 24376; v. anche Cass. n. 503/1996, n. 4473/1993, n. 5759/1985, n. 197/1982, n. 6750/1981).

Di qui la conseguenza che non è la indicazione dei requisiti di qualificazione ma la formale determinazione delle quote di partecipazione (e il corrispondente impegno contrattuale) a far sorgere il vincolo ad eseguire l’appalto in un determinato e non modificabile assetto, con conseguente impossibilità di stabilire l’ equipollenza tra la spendita dei requisiti di qualificazione e la formale indicazione, ad opera dei relativi componenti, delle quote di partecipazione al raggruppamento.

§ 15 In sintesi e per concludere sul punto, dal combinato disposto dei commi 2 e 13 dell’articolo 37 del Codice consegue che prima, in sede di domanda di partecipazione, deve essere formulata almeno l’indicazione delle quote partecipative al raggruppamento, dalle quali desumere la quota parte dei lavori da eseguire da ciascun associato, dovendo sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento, l’indicazione delle quote di partecipazione rivelandosi dunque requisito di ammissione alla gara e non contenuto di obbligazione da far valere in sede di esecuzione del contratto (Cons. St., sez. V, n. 5817/2009). Sulla base delle predette indicazioni preventive e formali, avverrà la verifica della sussistenza della qualificazione SOA.

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La sentenza del Consiglio di Stato  numero 8253 del 27 novembre 2010

N. 08253/2010 REG.SEN.

N. 01104/2009 REG.RIC.

N. 01354/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1104 del 2009, proposto da:

Costr. Ricorrente-Ricorrente 2 in Pr. e Q.Le Cap.Mandataria R.T.I., Rti Ricorrente 3 e C. S.r.l., Rti – Ricorrente 4 S.p.A., Rti – Eredi Ricorrente 5 Impianti S.r.l., Rti – Impresa Francesco di Ricorrente 6, Rti – Consorzio RICORRENTE 7., Rti – Italiana Ricorrente 7, rappresentati e difesi dagli avv. *****************, *****************, con domicilio eletto presso ***************** in Roma, via G. Mercalli 13;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affari Regionali, Struttura di Missione Celebrazioni 150 Anni Unita’ Italia, Ministero Per Gli Affari Regionali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali, Ministero Per Le Infrastrutture e Trasporti, Commiss.Delegato Per il “Grande Evento” Dpcm 23/11/07, Fondazione Teatro di San Carlo, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Sottosegretario di Stato Alla Pcm con Delega al Turismo, Comitato “150 Anni dell’Unita’ D’Italia”, Controinteressata 3 Ingegneria e Costruzioni Generali S.p.A., Controinteressata 4 S.r.l. Impianti Tecnologici, ***************, Controinteressata 2 Organizzazione Manutenzione Engiineering S.p.A.; Controinteressata Pacifico Costruzioni S.p.A., *********, rappresentati e difesi dagli avv. ***************, **************, con domicilio eletto presso ************** in Roma, via degli Avignonesi, 5;

e con l’intervento di

ad opponendum:

**********-;

sul ricorso numero di registro generale 1354 del 2009, proposto da:

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Struttura di Missione Celebrazioni 150 Anni Unita’ Italia, Commiss.Delegato Per il “Grande Evento” Dpcm 23/11/07, Ministero Per Gli Affari Regionali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Controinteressata Pacifico Costruzioni S.p.A., *********, rappresentati e difesi dagli avv. ***************, **************, con domicilio eletto presso ************** in Roma, via degli Avignonesi, 5; Controinteressata 2 Organizzazione Manutenzione Engiineering S.p.A., Controinteressata 3 Ingegneria e Costruzioni S.p.A., Controinteressata 4 S.r.l. Impianti Tecnologici, Controinteressata 5 S.p.A., Costruz.Ricorrente-Ricorrente 2 in Pr. e Q.Le Cap.Mandataria R.T.I, Rti – Ricorrente 3 e C. S.r.l., Rti – Ricorrente 4 S.p.A., Rti – Eredi Ricorrente 5 Impianti S.r.l., Rti – Impresa Francesco di Ricorrente 6, Rti – Itl Italiana Ricorrente 7;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1104 del 2009:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 12549/2008, resa tra le parti, concernente APPALTO PROGETTAZIONE LAVORI DI RESTAURO TEATRO SAN CARLO

quanto al ricorso n. 1354 del 2009:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 12549/2008, resa tra le parti, concernente APPALTO PROGETTAZIONE LAVORI DI RESTAURO TEATRO SAN CARLO

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2010 il Cons. ************* e uditi per le parti gli avvocati **************** in sostituzione di ***************** e ************* (Avv.St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A – Con ricorso al TAR Lazio, sede di Roma, nrg. 8863/2008, l’impresa PA.CO. *************************** ed altre società componenti la costituenda ATI avente quale capogruppo designata la stessa PA.CO. hanno impugnato il provvedimento di aggiudicazione definitiva, in favore dell’ATI con capogruppo RICORRENTE 2 s.r.l., dell’appalto avente ad oggetto la “progettazione ed esecuzione dei lavori di restauro, ristrutturazione architettonica ed impiantistica per incrementare la produttività del Teatro San Carlo di Napoli”, di cui al bando pubblicato sulla GUCE del 6 giugno 2008 e di tutti gli atti presupposti e consequenziali (verbali di gara, contratto di appalto, provvedimento di indizione della gara, bando del 6 giugno 2008 e normativa concorsuale ad esso allegata, D.P.C.M. del 24 luglio 2007, l D.P.C.M. 23 novembre 2007, O.P.C.M. 23 novembre 2007 n. 3632 (recante disposizioni per lo svolgimento del grande evento relativo al 150° anniversario dell’Unità d’Italia), D.P.C.M. 22 gennaio 2008 , O.P.C.M. 19 marzo 2008 n. 3663 , inerenti l’organizzazione per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

B – Il Tribunale Amministrativo, dopo l’esposizione dei tredici motivi che assistevano il ricorso ha ritenuto fondato – con relativo assorbimento degli altri – quello secondo cui l’ATI aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa a causa del mancato possesso, in capo ad uno dei mandanti, il Consorzio ITL, dei requisiti di partecipazione relativi alla categoria scorporabile OG11, classifica VIII, ovvero, il 10% dell’importo a base d’asta dei corrispondenti lavori, pari a € 21.016.100,00.

Conseguentemente, lo stesso Tribunale ha in parte accolto la domanda risarcitoria formulata dalla soc. ******, per un importo di circa 1.089.000 euro, pari alla misura del 5% dell’offerta economica presentata dalla ricorrente ATI per la parte dei lavori ormai eseguiti, disponendo il risarcimento in forma specifica mediante sub ingresso nelle lavorazioni ancora da eseguire.

Avverso la predetta sentenza hanno proposto due distinti appelli sia l’amministrazione statale che l’aggiudicataria contro interessata in primo grado.

C – L’Avvocatura dello Stato, in sintesi, lamenta – con il ricorso in appello n.r.g. 200901134 – che la sentenza di primo grado andrebbe riformata anzitutto per non avere dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri per gli affari regionali, dell’economia e delle finanze, dell’istruzione, Università e ricerca, per i beni e le attività culturali e delle infrastrutture e dei trasporti, non avendo gli stessi emanato nessuno degli atti impugnati con l’originario ricorso ed essendo rimasti completamente estranei alla procedura concorsuale in esame.

D – . Quanto al merito della decisione del TAR, si censura il percorso argomentativo svolto dallo stesso sulla base di un’errata interpretazione delle ncontrointeressata 2 regolatrici del procedimento di aggiudicazione.

In particolare, il ragionamento del TAR non troverebbe alcun appiglio letterale o sistematico nelle ncontrointeressata 2 primarie, in quanto il terzo comma dell’art. 37 del Codice dei contratti pubblici, nel dettare una regola specifica degli appalti di lavori (quale appunto è quello in esame), stabilisce che, ai fini dell’ammissione di un raggruppamento temporaneo, è necessario che i singoli imprenditori che vi partecipano posseggano i requisiti economico – finanziari e tecnico — organizzativi di cui all’art. 95 del regolamento di attuazione della L. n. 109 del 1994, cioè il DPR n. 554 del 1999.

Soltanto il comma successivo dello stesso articolo 37 espliciterebbe la regola di necessaria indicazione preventiva delle quote dei lavori eseguendi da ciascuna partecipante all’ATI, di cui il TAR ha fatto applicazione nel caso di specie, dettandola, tuttavia, esclusivamente per l’ipotesi degli appalti di servizi e forniture, qui non ricorrente.

Tale conclusione non sarebbe smentita dal disposto del comma tredicesimo. utilizzato dal TAR a sostegno della sua tesi, in quanto la citata disposizione, nello stabilire che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella misura corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, individua un preciso obbligo riferito alla sola fase dell’esecuzione del contratto d’appalto e non anche alla fase di partecipazione alla gara.

Sarebbe bastata, dunque, la semplice verifica dei requisiti tecnici ed economici in capo alle partecipanti, che in effetti v’è stata con esito positivo.

E – Lamenta, ancora, l’amministrazione appellante che, nell’argomentare la sua decisione, il TAR non abbia considerato le specifiche caratteristiche deIl’A.T.I. Ricorrente 2, che costituiva un’A.T.I. di tipo misto, fattispecie contemplata dal comma 6 dell’art. 37, nel quale ad un RTI verticale si affianca un subraggruppamento orizzontale, per il quale la verifica dei requisiti avviene, secondo quanto specificato dal Consiglio di Stato. secondo le regole dettate per i raggruppamenti orizzontali, ai sensi dell’art. 95, comma 2, del Regolamento n. 554 del 1999, secondo cui i requisiti finanziari e tecnico organizzativi richiesti nel bando di gara per le imprese singole devono essere posseduti dalla mandataria o da una impresa consorziata nelle misure minime del 40%, mentre la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’ intero raggruppamento.

F – Quanto, poi, alle statuizioni sulle domande risarcitorie, sarebbe viziato anche il capo della sentenza con cui il TAR, nell’adottare le statuizioni consequenziali all’annullamento dell’ aggiudicazione, ha erroneamente ritenuto che l’individuazione di più fasi nella tempistica di realizzazione degli interventi di ristrutturazione del Teatro lasciasse spazio per disporre un, sia pur parziale, risarcimento in forma specifica in favore della ricorrente.

Tale statuizione sarebbe, in primo luogo, viziata dalla carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, come stabilito con sent. n. 9/2008 dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in adesione all’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 10443/2008).

In ogni caso, la reintegrazione parziale in forma specifica sarebbe concretamente impossibile, trattandosi, nella specie, di appalto integrato, per il quale non sarebbe neppure concepibile che un’idea progettuale organizzata e programmata da un’impresa di concerto con i propri tecnici, possa essere coerentemente proseguita da altra ditta, che, per gli stessi lavori, aveva ideato, progettato e pianificato soluzioni differenti.

G – Anche il RTI RICORRENTE 2 ha proposto – con ricorso n.r.g. 200901104 – autonomo appello contro la stessa sentenza, sollevando i seguenti, articolatissimi e sviluppati in 47 pagine , profili di censura.

Dopo un’ampia ricostruzione del quadro delle ncontrointeressata 2 primarie e secondarie disciplinanti i raggruppamenti di tipo verticale, orizzontale e misto (quale è quello aggiudicatario) ed i relativi regimi di partecipazione, di qualificazione e di assunzione delle quote lavori nelle gare d’appalto, l’appellante raggruppamento lamenta che sarebbe del tutto erroneo in diritto il principio enunciato dal TAR Lazio nel punto n. 2 della sentenza impugnata, poiché non si rinviene nell’ordinamento una regola in forza della quale, in ambito di RTI orizzontali, i requisiti di qualificazione devono essere posseduti in proporzione alla quota di lavori assunti e dichiarati da ciascuna impresa; a ciò si aggiunge che la verifica demandata alle commissioni giudicatrici in ordine al possesso del requisiti di qualificazione sarebbe incentrata sulla percentuale di requisiti apportate da ciascuna impresa riunita e sul conseguente raggiungimento del totale richiesto all’impresa singola, senza nulla aver a che fare con la suddivisione interna del lavori.

H – Si lamenta, altresì, la violazione, sotto ulteriore profilo, degli artt. 74 e 95 del D.P.R. n. 554 del 1999 e dell’art. 37 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 263 (rectius: 163) , in relazione al punto 3 della motivazione della decisione di primo grado.

In particolare, si assume che il passaggio motivazionale in cui la sentenza del TAR afferma che le imprese componenti il raggruppamento Ricorrente 2 avrebbero ricusato di esplicitare le quote da ciascuna di esse assunte quanto all’esecuzione dei lavori, essendosi indicate esclusivamente le quote di partecipazione nell’ambito del raggruppamento stesso – con l’asserita conseguenza che non sarebbe dato individuare, per taluna di esse, la necessaria corrispondenza fra quote di partecipazione all’ATI, quote di lavori assunte rispetto all’appalto e qualificazioni SOA vantate rispetto alle corrispondenti categorie di lavori – sarebbe in contrasto con i principi di non necessità di corrispondenza fra quote di partecipazione al raggruppamento e quote di esecuzione lavori.

Conseguentemente, (terzo motivo d’appello), del pari errata sarebbe l’altra affermazione del Tar secondo la quale “ dall’esame dell’offerta Ricorrente 2 risulterebbe che nessuna delle categorie oggetto dell’appalto (OG2, OG11 e OS2) raggiungerebbe il 100% ‘di realizzazione ad opera delle imprese che hanno dichiarato di concorrere, sia pure in forma orizzontale, all’esecuzione di esse”; e che il Consorzio ITL, uno dei mandanti del Raggruppamento Ricorrente 2, non risulterebbe adeguatamente qualificato in relazione alla categoria OG11.

Così ragionando, il Giudice di prime cure avrebbe, ancora una volta, indebitamente confuso tra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di esecuzione delle singole categorie di lavori, giungendo all’abncontrointeressata 2 conclusione secondo cui il raggruppamento appellante non eseguirebbe il 100% dl ognuna delle categorie di lavori; conclusione di cui l’appellante evidenzia l’intrinseca contraddittorietà, oltre che la infondatezza.

I – Ugualmente erronea sarebbe, poi, l’altra asserzione del Tribunale Amministrativo, secondo la quale la Commissione giudicatrice avrebbe “adattato” l’offerta del Raggruppamento Ricorrente 2 qualificando il Consorzio ITL come cooptato, al fine di ‘consentire (comunque) l’ammissione alla procedura della predetta ATI, in tal modo recependo passivamente le prospettazioni dell’Avvocatura e non considerando, invece, che ITL era vera e propria mandante.

Sempre sul piano procedimentale, si lamenta, ancora (quarto motivo d’appello), che, al di là della fondatezza giuridica del ragionamento seguito dal TAR, quest’ultimo avrebbe tratto la regola della necessaria corrispondenza tra quota di partecipazione al RTI e requisiti di qualificazione non già dall’ordinamento, o dalla lex specialis di gara, ma da un convincimento espresso da una parte soltanto della giurisprudenza, ciò che avrebbe comportato l’attribuzione indebita di forza ‘eterointegratrice non ad una norma, ma ad un principio, definito, appunto, “implicito “ dallo stesso Giudice di primo grado.

L – Quanto, infine, alla pronuncia risarcitoria, l’impresa appellante, in disparte il difetto di giurisdizione del G. A. sulle controversie inerenti la sorte del contratto ormai stipulato, osserva che, in ogni caso, neppure in via teorica sussisterebbe la fattibilità di un subentro in corso d’opera della Pa.Co., come erroneamente statuito dal Giudice di primo grado.

L’appellato, infatti, si troverebbe a dover completare l’opera sulla base di elaborati progettuali redatti dalla Ricorrente 2, frutto di scelte tecniche ed operative caratterizzate da aspetti di assoluta originalità, grazie alle quali la Stazione appaltante ne ha decretato l’aggiudicazione, ma rispetto alle quali l’ATI Pa.Co. è del tutto estranea; pertanto, con riguardo alla progettazione dei numerosi impianti necessari al corretto funzionamento dell’opera, sarebbero ben prevedibili i gravi disagi cui si andrebbe incontro sostituendo l’autore degli elaborati progettuali con un soggetto che non vi ha partecipato.

M – Si è costituito in entrambi i giudizi il RTI PA.CO, contestando la fondatezza degli appelli e formulando, con appello incidentale improprio, censure alla sentenza del TAR con riferimento alle statuizioni relative alla domanda risarcitoria.

In particolare, viene censurata la parte della sentenza che ha ridotto l’importo del risarcimento relativo al lucro cessante al 5% del valore dell’appalto come risultante dall’offerta del partecipante alla gara.

Si lamenta, al riguardo, che il criterio dell’aliunde perceptum — di cui il T.A.R. ha fatto applicazione — costituisce una circostanza impeditiva del diritto al risarcimento, la cui prova spetta al debitore evocato in giudizio, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione.

Nella fattispecie, quindi, la prova della mancata possibilità, per le imprese componenti l’A.T.I. ********************, di reimpiegare in altre commesse i mezzi e le maestranze riservati per l’esecuzione dell’appalto controverso avrebbe dovuto essere fornita dalla Struttura di Missione intimata nel giudizio di primo grado e non dalle appellanti incidentali.

Ne discenderebbe l’illegittimità, nella parte contestata, della sentenza impugnata, dal momento che l’onere probatorio prefigurato dal T.A.R. anzitutto non trova corrispondenza nella normativa di riferimento sul criterio di liquidazione del lucro cessante del 10% dell’importo dell’offerta netta, che anzi contempla un parametro di computo insuscettibile di “correttivi” di sorta; in secondo luogo, non attiene a circostanze di per sè idonee a comportare la riduzione del lucro cessante subito dalle imprese componenti l’A.T.I. ****** e, comunque, avrebbe dovuto essere assolto dalla stazione appaltante.

Peraltro, nel caso in esame, risulta dalla lettura degli atti di gara e della perizia giurata versata nel giudizio di primo grado, come è confermato nella perizia integrativa allegata all’atto d’appello incidentale, l’utile indicato nell’analisi dei prezzi allegata all’offerta economica dell’A.T.I. ******** sarebbe pari proprio al 10 % dell’importo di euro 50.014.879,07 offerto dall’appellante incidentale in virtù del ribasso del 4,197 % sul prezzo a base d’asta; e quindi corrisponderebbe in toto alla quantificazione del lucro cessante operata innanzi al T.A.R..

Il risarcimento per lucro cessante spettante alle appellanti incidentali dovrebbe, pertanto, essere commisurato al 10 % dell’offerta economica avanzata in sede di gara, a nulla rilevando, sul punto, la sopravvenuta impossibilità, per le medesime imprese, di utilizzare per altre commesse il personale ed i mezzi originariamente riservati per l’esecuzione dell’appalto. Per tale voce spetterebbe alle appellanti incidentali la somma di euro 5.001.487,90, alla quale andrebbero aggiunti euro 300.000,00 pari al 20% dei costi di progettazione in caso di mancato risarcimento in forma specifica per ormai avvenuta esecuzione del contratto.

N – Ugualmente errata sarebbe la sentenza del TAR nella parte in cui ha ritenuto di non liquidare alle imprese componenti 1’A.T.I. ******************** il danno emergente e la perdita di chances conseguenti al mancato affidamento ed esecuzione della prima fase dell’appalto, conclusasi pochi giorni dopo il deposito della sentenza impugnata. Infatti, anche nella prospettiva delineata dal T.A.R. — contrassegnata dalla possibilità di realizzazione, da parte dell’A.T.I. ********, dei lavori della seconda fase dell’appalto — tale circostanza non poteva comunque rimuovere né compensare il pregiudizio subìto dalla medesima A.T.I. per effetto della mancata esecuzione della precedente prima fase dei lavori; per cui, contrariamente a quanto dedotto dal TAR, tale pregiudizio doveva necessariamente formare oggetto di specifico risarcimento, ancorché calcolato pro quota sull’importo all’uopo individuato in primo grado.

Osserva ancora la PA.CO. che la disposta sospensione della sentenza impugnata, e la conseguente prosecuzione, da parte dell’A.T.I. RICORRENTE 2, dell’esecuzione dell’appalto anche con riferimento alla seconda fase dello stesso, impongono — per la parte dell’appalto medesimo che, comunque, all’esito del giudizio non fosse ristorabile in forma specifica – di aggiornare l’importo delle voci di danno in parola, che si aggiungono al lucro cessante e vanno, quindi, liquidate separatamente.

Il danno emergente subìto dall’A.T.I. ******** sarebbe pari a complessivi euro 949.036,98, così composte : a) euro 12.288,02 per spese vive affrontate per la partecipazione alla gara, b) euro 331.959,92 per spese generali ex art. 34, comma 2, lett. c) D.P.R.2 1.12.1999, n.554, sostenute per la predisposizione dell’offerta e dei relativi elaborati; c) euro 310.826,00 per costi del personale riservato per la predisposizione dell’offerta e per la installazione del cantiere; d) euro 284.744,00 per attività di consulenza alla progettazione confluita nelle proposte migliorative del progetto posto a base di gara; e) euro 9.219,04, per costi delle attrezzature e dei mezzi di cantiere messi a disposizione in vista dell’apertura del cantiere prevista immediatamente dopo l’aggiudicazione dell’appa1to.

O – Quanto alla perdita di chance, la mancata partecipazione ad altre gare comporterebbe l’obbligo della stazione appaltante di rifondere alle appellanti incidentali l’ulteriore importo di euro 2.338.134,48, calcolato prudenzialmente nella misura del 25% dell’utile atteso dall’esecuzione di tali appalti, e quantificato nel l0% del relativo importo a base d’asta.

Da ultimo, con lo stesso appello incidentale è stata richiesta anche l’ulteriore somma di euro 1.500.446,37 a titolo di risarcimento per il c.d. “danno curriculare”, ovvero la deminutio di peso imprenditoriale della società per omessa acquisizione dell’appalto rapportata ad un inferiore radicamento nel mercato, anche come possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, danno rapportabile a valori percentuali compresi fra il 1% ed il 5% dell’importo globale dell’appalto aggiudicato.

Il tutto per un importo complessivo di euro 10.089.105,73.

P – Le parti hanno illustrato le rispettive tesi con ulteriori memorie.

Alla pubblica udienza del 15 ottobre 2010 i due appelli, chiamati per la discussione congiunta, sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

§ 1 – I due appelli, in quanto proposti contro la stessa sentenza del Tar Lazio indicata in epigrafe, vanno riuniti: art. 96, co. 1, c.p.a..

Preliminarmente, il Collegio rileva l’impossibilità di dare completa attuazione al principio di sinteticità stabilito dall’art. 3, comma 2, del c.p.a., attesa la complessità giuridica e fattuale del presente contenzioso, implicante anche delicate questioni di corretta interpretazione delle ncontrointeressata 2 procedimentali in tema di gare per l’aggiudicazione di contratti pubblici di lavori.

Al fine del decidere, vale ricostruire la complessa vicenda che ha portato al contenzioso in oggetto.

1.1 – Con D.P.C.M. del 24 aprile 2007 – confermato e legittimato dall’articolo 36 del D.L. 1-10-2007, n. 159, convertito in legge n. 222/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), contemplante uno speciale programma di interventi connessi alle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità nazionale – con un’autorizzazione di spesa di 140 milioni di euro per l’anno 2007 – è stato istituito uno speciale Comitato interministeriale, al quale sono state affidate, in raccordo con le Amministrazioni regionali e locali interessate, le attività di pianificazione, preparazione ed organizzazione degli interventi e delle iniziative connesse alle celebrazioni del predetto centocinquantenario.

§ 2 – Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri , del 15 giugno 2007, è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo una apposita “Struttura di missione “ per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, con il compito di fornire supporto al Comitato interministeriale nello svolgimento delle sue attribuzioni e di assicurare gli adempimenti necessari per la realizzazione del programma degli interventi connessi alle stesse celebrazioni, definito dal medesimo Comitato.

§ 3 – In relazione alla necessità di dare avvio al programma di interventi, il Comitato dei Ministri, nella seduta del 29 febbraio 2008, inseriva tra le varie iniziative celebrative, anche quella inerente il restauro, ristrutturazione architettonica ed impiantistica del Teatro San Carlo di Napoli.

Con OPCM n. 3.700 del 5-9-2008 veniva nominato l’ing. *************** commissario delegato a porre in essere gli interventi relativi alla predetta struttura, con il limite massimo di copertura finanziaria di euro 30 Mln., incrementati di ulteriori 35 milioni di euro dall’articolo 7 della successiva OPCM (ordinanza omnibus) n. 3764 del 6-5-2009.

§ 4 Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 6.6.2008, la Struttura di Missione indiceva una procedura di gara aperta per l’affidamento della progettazione esecutiva e della realizzazione delle opere di innovazione tecnologica e di individuazione di spazi per incrementare la produttività del teatro San Carlo di Napoli.

Secondo le previsioni del bando, l’intervento era articolato in una prima fase, consistente nell’esecuzione di opere interne al teatro, quali il potenziamento degli spazi fruibili con le attività teatrali, il potenziamento e l’ammodernamento della macchina scenica ed altro; la seconda fase riguardava il completamento dell’ intervento di restauro e ristrutturazione, nonché la realizzazione, su due separati edifici, palazzo Cavalcanti e sede della ex Cirio, di nuovi spazi funzionali al Teatro medesimo.

L’importo a base d’asta era fissato in euro 54.750.249,56, di cui euro 52.206.127,02 per lavori,. euro 1.500.000,00 per oneri di progettazione e euro 1.044.122,54 per oneri di sicurezza.

La durata dei lavori, compresa tra i mesi di agosto del 2008 e di ottobre del 2010 veniva articolata in tre successivi periodi di intervento: il primo, dal 1 agosto 2008 al 15 gennaio 2009, corrispondente alla prima fase; gli altri due, rispettivamente dal 1 luglio 2009 al 31 dicembre 2009 e dal 1 luglio 2010 al 20 ottobre 2010, rientrante nella seconda fase.

§ 5 Il disciplinare allegato al bando stabiliva, per quel che interessa nella presente controversia, che i lavori da appaltare erano ripartiti secondo le seguenti i categorie: – Categoria prevalente OG2, classifica VIII (euro 27.190.027,02); – Categorie scorporate, “a qualificazione obbligatoria “: OG11, classifica VIII (euro 21.016.100,00) e OS2, classifica V (euro 4.000.000,00).

Con riguardo ai tempi, lo stesso disciplinare stabiliva che l’ultimazione dell’intervento sarebbe dovuta avvenire entro il termine massimo di 964 giorni dalla consegna dei lavori, di cui 464 giorni di attività lavorativa e 500 giorni di fermo, in connessione all’esigenza di proseguire nell’attività scenico rappresentativa già in programma.

Sempre con riguardo alla tempistica, si stabiliva altresì che gli interventi relativi al primo periodo di operatività del cantiere preordinati a “conseguire il completo restauro della sala teatrale, la funzionalità dei relativi impianti, la realizzazione di una nuova sala prove orchestra, un nuovo foyer e una zona espositiva, nonché altre strutture d’accesso e spazi direttamente dedicati al pubblico sarebbero stati da avviarsi immediatamente e da completarsi tassativamente entro il 10.01.2009,

§ 6 Quanto al procedimento, si prevedeva che l’appalto sarebbe stato aggiudicato ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs. n. 163/06, cioè al concorrente che avesse formulato l’offerta economicamente più vantaggiosa in termini di valore tecnico, tempo di esecuzione e prezzo.

Si stabiliva, inoltre (pag. 17, punto 12), che le imprese partecipanti alla gara in forma di ATI avrebbero dovuto attestare, con apposita dichiarazione ed a pena di esclusione, “il tipo di raggruppamento che vorrà essere utilizzato (orizzontale, verticale o misto), nonché le relative quote di partecipazione, con l’ulteriore avvertenza che in caso di associazione si sarebbe applicato l’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 34/2000.

§ 7 Alla gara partecipava l’A.T. I. composta da Ricorrente 2., RICORRENTE 4 S.p.A., Consorzio RICORRENTE 7., **************** 5 Impianti S.r.1., S.r.l. Ricorrente 3 & C., Impresa individuale Di Ricorrente 6 Francesco . Partecipava altresì il raggruppamento composto da ****** **************************, ******* Organizzazione Manutenzione Engineering S.p.A., I.C.G. 2 Ingegneria e Costruzioni Generali S.p,A., ********* ****** Impianti Tecnologici, AR S.r.l. e ****************

I due raggruppamenti come sopra indicati si collocavano, all’esito delle operazioni valutative, rispettivamente, al primo ed al secondo posto della graduatoria di merito, con punti 90,884 e 62,520.

§ 8 . Con ricorso al TAR Lazio, integrato da motivi aggiunti, l’A.T.I. ******************** e le imprese mandanti ad essa associate hanno chiesto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto al raggruppamento RICORRENTE 2 e il risarcimento dei danni.

A sostegno del rimedio impugnatorio le imprese ricorrenti articolavano una serie di censure inerenti l’illegittimità della mancata esclusione dell’operatore collettivo aggiudicatario, tra cui, in particolare, la circostanza che invece di indicare le quote di partecipazione alle singole categorie di lavori da eseguirsi a cura di ciascuna impresa costituente il raggruppamento, queste avevano indicato soltanto le quote percentuali di partecipazione all’intero raggruppamento e, quindi, in funzione dell’importo complessivo dei lavori, come ricavato dalla somma di tutte le categorie di opere previste nel disciplinare d’appalto (OG2, OG11 e OS2).

§ 9 Il Tribunale Amministrativo ha ritenuto fondata la riportata censura, dichiarando assorbite le altre.

Di qui, i due appelli di cui si discute, proposti dall’amministrazione appaltante e dall’ATI aggiudicataria.

9.1 – Pregiudizialmente, va respinto il motivo d’appello relativo alla mancata declaratoria, da parte del TAR, del difetto di legittimazione passiva di taluni Ministeri; questi ultimi, infatti, in quanto partecipanti al Comitato interministeriale che ha approvato – come detto – il piano degli interventi per il 150° anniversario dell’Unità Nazionale sono portatori di specifici interessi alla pronta definizione dell’intervento in questione e, quindi, alla sorte del presente giudizio.

9.2 – Va altresì respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione con riferimento alla pronuncia sulla sorte del contratto d’appalto stipulato all’esito della procedura di gara qui in contestazione.

******à ricordare, sul punto, che la più recente giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis: Cass. , sez. un., 16 giugno 2010 , n. 14503 ; n. 2906 del 2010), andando in contrario avviso ai propri orientamenti, aveva avuto già modo di stabilire che il giudice amministrativo adito per l’annullamento dell’affidamento di un appalto, può conoscere pure della domanda di privazione degli effetti del contratto conseguentemente stipulato con il concorrente prescelto in modo illegittimo in “tutte le controversie in cui la procedura di affidamento sia intervenuta dopo il dicembre 2007, data dell’entrata in vigore della (direttiva CE n, 66/2007) e, comunque, quando la tutela delle due posizioni soggettive sia consentita dall’attribuzione della cognizione di esse al giudice amministrativo nelle materie di giurisdizione esclusiva e possa essere effettiva solo attraverso la perdita di efficacia dei contratti conclusi dall’aggiudicante con l’aggiudicatario prima o dopo l’annullamento degli atti di gara, fermo restando il potere del giudice amministrativo di preferire, motivatamente ed in relazione agli interessi generali e pubblici oggetto di controversia, un’eventuale reintegrazione per equivalente, se richiesta dal ricorrente in via subordinata”.

Tutto ciò, senza considerare le novità introdotte :

– dal D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, modificativo dell’art. 244 del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244 (cd codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), nel senso di aggiungervi la previsione che “la giurisdizione esclusiva (del giudice amministrativo) si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione e alle sanzioni alternative”;

– dall’art. 133, co. 1, lett. e).1, del c.p.a..

§ 9 bis – Venendo al merito della controversia, per stabilire la fondatezza dell’appello occorre precisare che il percorso argomentativo svolto dal TAR con l’appellata sentenza può riassumersi nei seguenti passaggi:

– Il raggruppamento aggiudicatario – che aveva assunto l’impegno a costituirsi in associazione di tipo misto, con conferimento del mandato di capogruppo e funzioni di rappresentanza alla RICORRENTE 2 – aveva reso, in data 28 luglio 2008, una dichiarazione nella quale era indicato che la mandataria RICORRENTE 2 avrebbe assunto una quota dell’intero raggruppamento pari al 64,25%, mentre le mandanti RICORRENTE 4, CONSORZIO ITL, EREDI RICORRENTE 5 IMPIANTI, RICORRENTE 3 e DI RICORRENTE 6 avrebbero assunto quote del raggruppamento stesso pari, rispettivamente, al 10%, al 10%, al 5% , al 5,75% ed al 5%.

– All’esito di una interpretazione letterale e sistematica delle ncontrointeressata 2 contenute nel Codice dei contratti pubblici (art. 37) e nel regolamento n. 554 del 1999 (art. 95), risulta che le imprese partecipanti alle gare d’appalto in forma associata hanno l’obbligo di indicare già nell’offerta di gara le quote di partecipazione non soltanto al raggruppamento, costituendo o costituito, ma anche dei lavori, atteso che una dichiarazione ex post in sede di esecuzione non potrebbe assolvere allo stesso modo alle esigenze di trasparenza ed affidabilità che caratterizzano la gara.

– Se la previsione di cui al comma 13 dell’art. 37 del Codice dei contratti pubblici ha stabilito l’esigenza di un parallelismo tra quote di partecipazione vantate da ciascuna associata nell’ambito del raggruppamento e quote di esecuzione dei lavori che ciascuna di esse è tenuta obbligatoriamente ad eseguire, deve ritenersi “ implicito “ (su tale aggettivo si appuntano insistentemente molte delle censure sollevate con gli atti d’appello) il principio secondo cui soltanto se l’impresa ha già indicato nell’offerta quale sia la quota di partecipazione ai lavori la stazione appaltante potrà verificare poi che tale indicazione venga concretamente rispettata nella fase di attuazione del programma contrattuale.

– La stessa normativa primaria e secondaria enuclea due distinti, ma convergenti, profili di corrispondenza che, nel caso di offerta presentata da un raggruppamento costituito o costituendo, devono caratterizzare l’individuabilità della composizione delle attività esecutrici dell’opera rimesse ai soggetti di esso facenti parte: un primo principio, di corrispondenza fra quota di partecipazione all’ATI e quota dei lavori assunti dalla mandataria e da ciascuna mandante; secondariamente, quello fra quota dei lavori e qualificazione quale risultante dalle attestazioni SOA.

§ 10 Il TAR facendo applicazione dei sopra sintetizzati passaggi ermeneutici, si è occupato specificamente della posizione del Consorzio RICORRENTE 7., avente la qualità di associata mandante per le categorie OG2 e OG11.

Nel rammentare come la quota di partecipazione al raggruppamento assunta dal Consorzio fosse pari al 10%, per quanto indicato nella dichiarazione di partecipazione, il TAR ha rilevato come la verifica condotta dalla Commissione di gara in ordine al possesso dei corrispondenti requisiti di qualificazione avesse dato i seguenti risultati:

– premesso il concorso di ITL alla realizzazione delle opere di cui alla categoria OG11 insieme alle altre associate Eredi Ricorrente 5, RICORRENTE 4 e RICORRENTE 2, in orizzontale;

– preso atto che, in ragione della modalità attuativa del raggruppamento, il comma 2 dell’art. 95 del D.P.R. 554/1999 impone il possesso del requisito di qualificazione nella misura del 10%;

– stimata la commisurazione dell’importo percentuale da ultimo indicato, quanto alla categoria in questione, in € 2.119.002;

– valutata, da ultimo, la qualificazione per la categoria OG11, classifica III, posseduta dal Consorzio ITL (€ 1.032.913, aumentata di un quinto ai sensi del comma 2 dell’art. 3 del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, per un riveniente importo pari ad € 1.239,495);

– tutto ciò ha indotto l’organismo valutativo, come del resto ammesso anche dall’Avvocatura di Stato nella memoria difensiva del 20 ottobre 2008 (pag. 10) a considerare ITL non già quale mandante, ma quale “impresa cooptata”.

Tale valutazione avrebbe costituito – secondo l’appellata sentenza – una evidente alterazione del contenuto della dichiarazione presentata dall’ATI RICORRENTE 2 ai fini della partecipazione alla selezione de qua (nella quale, come dianzi rappresentato, ITL ha assunto la veste di “mandante”): ed il conseguente – quanto inammissibile – “adattamento” posto in essere dalla Commissione di gara, ove veicolato dall’esigenza di consentire comunque l’ammissione alla procedura della predetta ATI, rivelerebbe evidenti profili di illegittimità.

§ 11 Le conclusioni cui è pervenuta l’appellata sentenza sono sostanzialmente esatte e condivisibili, seppur necessitanti di alcune precisazioni.

Vale ricordare che l’art. 37 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture emanato con il D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nel disciplinare le modalità partecipative alle gare per l’aggiudicazione dei contratti dei raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti, stabilisce che (comma 3) “ Nel caso di lavori, i raggruppamenti temporanei e i consorzi ordinari di concorrenti sono ammessi se gli imprenditori partecipanti al raggruppamento ovvero gli imprenditori consorziati abbiano i requisiti indicati nel regolamento “.

Stabilisce, ancora, il comma 13 dello stesso articolo 37, che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo “ devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento “.

§ 12 Dal canto suo, la norma regolamentare contenuta nell’art. 95 del D.P.R. 21-12-1999 n. 554 (operante per effetto del richiamo contenuto nel citato art. 37 sino all’emanazione del nuovo regolamento sui contratti pubblici), nel disciplinare i requisiti dell’impresa singola e di quelle riunite, stabilisce, al comma 2, che “ Per le associazioni temporanee di imprese e per i consorzi ….. ………..di tipo orizzontale, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per le imprese singole devono essere posseduti dalla mandataria o da una impresa consorziata nelle misure minime del 40%; la restante percentuale è posseduta cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’intero raggruppamento. L’impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura ricorrente 5oritaria. “.

§ 13 Dalle riportate disposizioni emerge, dunque, un principio già affermato da questo Consiglio, secondo il quale, poiché il sopra citato art. 37, comma 13, stabilisce che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, è evidente che deve sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e che vi è la necessità che anche la quota di partecipazione ai lavori debba essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento all’atto della partecipazione alla gara.

L’indicazione delle quote di partecipazione – e., conseguentemente dei lavori – si rivela dunque requisito di ammissione alla gara e deve quindi provvedersi a tale incombente nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto (Cons. St., sez. V, 28 settembre 2009 , n. 5817 ; Sez. V, 7.5.2008, n. 2079; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 27 febbraio 2010 , n. 3118; TAR Calabria, Reggio C., 28 marzo 2008, n. 127).

§ 14 Più in dettaglio, con la citata sentenza n. 2079/2008 questo Consiglio ha osservato che – a differenza di quanto prospettato con gli atti d’appello – in base al citato art. 37, comma 13, con statuizione peraltro ricognitiva dei principi già desumibili dall’art. 13 della legge Merloni, n. 109/1994 e dall’art. 19, commi 3 e 4, della legge n. 55 del 1990, il legislatore ha ritenuto sussistere una perfetta simmetria tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e, ancor prima, che la quota di “ partecipazione “ deve essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento nel momento, appunto, della partecipazione alla gara e non in quello, successivo, dell’esecuzione del contratto aggiudicato.

L’interpretazione suddetta, oltre a risultare doverosa alla stregua del criterio letterale, è altresì imposta a livello sistematico : di qui, la condivisibile definizione di “ implicito “ fornita dal TAR in ordine al principio di preventiva ed espressa indicazione dei lavori da eseguire .

La definizione delle quote di partecipazione ad un’a.t.i. non riguarda, infatti, la fase esecutiva del rapporto contrattuale (come insistentemente affermato negli atti d’appello, soprattutto quello dell’appellante RTI RICORRENTE 2), ma la sua fase prodromica; cosicché è nella proposta contrattuale della partecipante al procedimento di gara, che deve risultare esplicitata l’identità del soggetto contraente ossia, nel caso appunto di partecipazione in associazione temporanea, le quote attribuite a ciascun componente.

D’altronde, la funzione della disposizione sta nell’evidente finalità di escludere fin dalla fase di svolgimento della gara e non nel successivo momento esecutivo partecipazioni fittizie o di comodo, come spesso avveniva nella comune esperienza prima dell’entrata in vigore dell’art. 13 della l. n. 109/1994 (cfr. **********, 31 marzo 2006, n. 116).

Con le stessa decisione questo Consiglio ha affermato l’inderogabilità e non alternatività del principio di necessaria preventiva indicazione della quota di partecipazione al raggruppamento e quindi dei lavori, allorché, ad esempio, l’a.t.i., ai fini dell’ammissione, abbia esplicitato le diverse categorie SOA dei componenti il raggruppamento.

L’obbligo di dichiarare la quota di partecipazione all’a.t.i. in sede di presentazione dell’offerta – e ciò affinché una corrispondente articolazione dell’obbligazione dell’appaltatore risulti sancita nel contratto – è stata introdotta dal legislatore proprio per evitare, come detto sopra, partecipazioni apparenti effettuate solo allo scopo di far aggiudicare contratti a soggetti privi delle necessarie qualificazioni e quindi ad evitare che alla spendita delle quote partecipative non corrisponda quella dei requisiti di qualificazione e non corrisponda un identico impegno in sede di esecuzione dei lavori.

L’intento antielusivo di una partecipazione con finalità esclusivamente antilucrative e parassitarie, che potrebbe condurre a fenomeni di assenza totale di concreta esecuzione di quote dei lavori trova d’altronde riscontro in altre disposizioni del codice, come quella di cui al medesimo articolo 37, comma 9, del Codice, il quale vieta in modo assoluto l’associazione in partecipazione, la quale costituisce il tipo negoziale attraverso il quale si può realizzare un meccanismo partecipativo assenteista e irresponsabile, essendo riconosciuto alle parti del contratto la facoltà di determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella della partecipazione agli utili ovvero di escludere del tutto la partecipazione alle perdite, realizzandosi, così, una sorta di “ cointeressenza impropria “ (cfr., sul punto, Cass. , sez. I, 1 ottobre 2008 , n. 24376; v. anche Cass. n. 503/1996, n. 4473/1993, n. 5759/1985, n. 197/1982, n. 6750/1981).

Di qui la conseguenza che non è la indicazione dei requisiti di qualificazione ma la formale determinazione delle quote di partecipazione (e il corrispondente impegno contrattuale) a far sorgere il vincolo ad eseguire l’appalto in un determinato e non modificabile assetto, con conseguente impossibilità di stabilire l’ equipollenza tra la spendita dei requisiti di qualificazione e la formale indicazione, ad opera dei relativi componenti, delle quote di partecipazione al raggruppamento.

§ 15 In sintesi e per concludere sul punto, dal combinato disposto dei commi 2 e 13 dell’articolo 37 del Codice consegue che prima, in sede di domanda di partecipazione, deve essere formulata almeno l’indicazione delle quote partecipative al raggruppamento, dalle quali desumere la quota parte dei lavori da eseguire da ciascun associato, dovendo sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento, l’indicazione delle quote di partecipazione rivelandosi dunque requisito di ammissione alla gara e non contenuto di obbligazione da far valere in sede di esecuzione del contratto (Cons. St., sez. V, n. 5817/2009). Sulla base delle predette indicazioni preventive e formali, avverrà la verifica della sussistenza della qualificazione SOA.

§ 16 Alla stregua delle esposte considerazioni, ciò che determinava l’esclusione del RTI appellante non è tanto la circostanza, pur addotta dal TAR, che le imprese componenti del raggruppamento RICORRENTE 2 aggiudicatario “ hanno ricusato di esplicitare le quote da ciascuna di esse assunte quanto all’esecuzione dei lavori “ (a tal fine bastando, come sopra detto, l’indicazione delle quote di partecipazione da ciascuna di esse vantate nell’ambito del raggruppamento stesso, dalla quale ricavare anche la quota di assunzione dei lavori); quanto, piuttosto, la circostanza, anch’essa rilevata dal TAR, che la qualificazione per la categoria OG11, classifica III, posseduta dal Consorzio ITL (€ 1.032.913, aumentata di un quinto ai sensi del comma 2 dell’art. 3 del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, per un riveniente importo pari ad € 1.239,495) aveva indotto l’organismo valutatore, in sede d’esame della documentazione allegata alla domanda ed all’offerta, a considerare ITL non già quale mandante, ma quale “impresa cooptata”, al fine di superare l’indubbia mancanza del requisito di qualificazione.

16.1 A tale proposito, l’appello RICORRENTE 2 censura (pagg. 38-39) la riportata affermazione del Giudice di primo grado, la quale, a detta dell’appellante, risulterebbe smentita dai

verbali di gara, in cui il Consorzio ITL non verrebbe mai qualificato come cooptato, bensì sarebbe chiaramente e correttamente individuato come impresa mandante.

Probabilmente, aggiunge parte appellante, la causa che avrebbe indotto in errore il Giudice di prime cure starebbe nella ricostruzione di parte prospettata dall’Avvocatura dello Stato, “ acriticamente recepita dal TAR “, il quale, tuttavia, avrebbe avuto tutti gli strumenti per evitare l’equivoco, se solo avesse meglio esaminato gli atti dl causa.

La prospettata illegittimità dell’ammissione alla gara dell’ATI Ricorrente 2 riposerebbe, quindi, non solo su di una errata ricostruzione della normativa vigente ed applicabile alla procedura in questione, ma anche su un evidente travisamento dei fatti.

16.2 – L’assunto sopra riportato è inaccettabile.

In primo luogo e principalmente, perché la presa d’atto di una precisa indicazione della parte (nella specie: l’amministrazione resistente in primo grado) di fatti a lei sfavorevoli – ed utilizzabile nel presente giudizio d’appello per la decisione di ricorsi riuniti anche con riferimento alla posizione di parti distinte nei giudizi di primo grado – non costituisce un “ acritico “ recepimento, trattandosi di indicazione proveniente dalla controinteressata e non dalla parte interessata a far valere una circostanza a lei favorevole; indicazione, perciò, dotata della forza probatoria tipica delle ammissioni, per le quali la giurisprudenza (cfr. Cass. n. 6687 del 1998) ha più volte affermato che le dichiarazioni ammissive di fatti sfavorevoli rese dalla parte, ancorché non equiparabili alla confessione vera e propria, possono essere tuttavia valutate quali indizi di prova, potendo il giudice, secondo il suo prudente apprezzamento, ritenerle intrinsecamente attendibili e porle, con eventuali concomitanti elementi indiziari, alla base del proprio convincimento (Cass. civ., 31 luglio 2009 , n. 17889).

In secondo luogo perché la parte appellante privata non ha indicato la fonte della prova contraria a quanto ritenuto dal TAR, essendosi limitata ad invocare, del tutto genericamente e sbrigativamente, i “ verbali di gara “, senza specificare quale (o quali) di essi evidenziasse la realtà contraria a quella apprezzata dal Tribunale e così scaricando sul Giudice un obbligo di ricerca d’ufficio tra la mole degli atti di gara che non gli compete, in base al principio dispositivo della prova.

In terzo luogo, mandante o cooptato che fosse, il Consorzio ITL non aveva comunque la qualificazione nella categoria OG11, class. IV, come assai ben chiarito a pag. 22 e 23 della sentenza appellata.

16.3 L’esattezza delle conclusioni cui è pervenuto il TAR, nonostante la non piena esattezza delle premesse iniziali (mancata indicazione della quota dei lavori, che invece era desumibile dall’indicazione della quota di partecipazione al RTI) sta nella circostanza – pur non adeguatamente sviluppata nel corpo della motivazione della sentenza appellata – che la cd. “associazione per cooptazione” in cui sarebbe stata coinvolta ITL, già contemplata dall’art. 23 del d.lgs. n. 406/1991 (di attuazione della direttiva 89/440/CEE in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici), si caratterizza per la possibilità, da parte delle imprese che intendano riunirsi in associazione temporanea e con i requisiti di partecipazione, di associare altre imprese iscritte all’ (ex) albo nazionale dei costruttori, anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori oggetto dell’appalto e che l’ammontare complessivo delle iscrizioni possedute da ciascuna di tali imprese fosse almeno pari all’importo dei lavori che sarebbero stati ad essa affidati.

La norma è stata ripresa nel comma 4 dell’art. 95 del regolamento n. 554/1999 per cui può ritenersi ancora operante l’istituto della cooptazione, il quale si caratterizza, come già anticipato, per la possibilità di far partecipare all’appalto anche imprese di modeste dimensioni, non suscettibili di raggrupparsi nelle fcontrointeressata 2 previste dai commi 2 e 3 del citato art. 95, purché l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute sia almeno pari all’importo dei lavori che sarebbero stati ad essa affidati e i lavori eseguiti dalle cooptate non superino il 20% dell’importo complessivo dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° settembre 2009, n. 5161; Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2001, n. 3129 e Id., 25 luglio 2006, n. 4655; nonché , ex plurimis, T.A.R. Salerno, sez. I, 7 luglio 2006, n. 954).

16.4 In particolare – mentre parte della giurisprudenza ritiene che la possibilità dell’impresa singola o delle imprese che intendano riunirsi in associazione temporanea, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 95 citato, di associare, nei modi di cui al comma 4, altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, sia insita nello stesso dettato normativo che impone alle imprese cooptate il solo obbligo della qualificazione e il solo limite percentuale delle opere (in termini, Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2001, n. 3129) – appare preferibile ribadire (in conformità ad un più recente e meglio argomentato orientamento: per tutte cfr. Cons. Stato n. 5161/2009 cit.) come tale possibilità sia, piuttosto, subordinata ad un’espressa dichiarazione, risultante dalla domanda di partecipazione alla gara, in assenza della quale è da ritenere sussistente la figura (di carattere generale) di associazione temporanea (orizzontale o verticale) prevista dai commi 2 e 3. E ciò sia in osservanza della par condicio fra i partecipanti alla gara (non potendosi costringere l’Amministrazione a verificare tutte le ipotesi interpretative in astratto consentite dalla normativa vigente, ai fine di ricondurvi la tipologia realizzata da taluno dei concorrenti) sia in considerazione del diverso grado di impegno, responsabilità e garanzia dei partecipanti alla riunione (che vale a differenziare significativamente, come esattamente rilevato da parte ricorrente, le due fattispecie associative in considerazione) cui si riconnette un diverso onere di dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione.

Se ne deve dedurre – non essendo, con ogni evidenza, in contestazione la evidenziata diversità giuridica delle due figure – che la controversia va risolta esaminando il tenore della “dichiarazione, risultante dalla domanda di partecipazione alla gara”, la quale (in assenza di espressa manifestazione della volontà di avvalersi della cooptazione) dovrebbe indurre, giusta il richiamato principio, a “ritenere sussistente la figura generale di associazione temporanea” (così, ancora, Cons. Stato, n. 5161/2009 cit.).

§ 17 Le esposte conclusioni in tema di preventiva indicazione della quota dei lavori da eseguirsi dalle partecipanti al raggruppamento orizzontale (ed oltretutto, ripetesi, qui ci si trova di fronte ad un raggruppamento misto) non sembrano poter essere intaccate dalle altre fonti normative invocate nei motivi d’appello a parametro della legittimità dell’operato della P. A. e della conseguente erroneità della sentenza del TAR: l’art. 13 del Codfice e gli artt. 95 e 74 del Regolamento n. 554/1994.

Quanto all’articolo 37, il comma 4 stabilisce che “ Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati. “.

Dalla citata disposizione soprattutto l’appello RICORRENTE 2 vorrebbe trarre la conclusione che l’onere di preventiva indicazione della quota parte delle prestazioni complessivamente richieste dalla stazione appaltante varrebbe solo per appalti di servizi e forniture e non pure di lavori.

Il motivo è infondato sotto ogni profilo.

In primo luogo, esso deve essere rapportato alla ricordata previsione del comma 13 dello stesso articolo, il quale non distingue fra tipi di appalto.

In secondo luogo, la norma va letta come esplicitazione riferita al settore delle forniture e dei servizi di un più generale principio di necessaria preventiva indicazione della quota parte delle prestazioni cumulativamente richieste all’aggiudicatario.

In terzo luogo, il motivo è intimamente contraddittorio con quanto esposto nello stesso appello, il quale riconosce che il contestato principio di preventiva indicazione sarebbe comunque applicabile alle fcontrointeressata 2 di raggruppamento temporaneo, come meglio si vedrà qui di seguito.

§ 18 Con una seconda serie di censure, la parte privata appellante, facendo leva sul disposto dell’art. 37, commi 1 e 2, del Codice, che distinguono fra RTI di tipo verticale ed orizzontale) ed art. 95 del DPR n. 554/1999, il quale contiene la disciplina sui requisiti di partecipazione distinguendo , appunto, i requisiti prescritti ai raggruppamenti orizzontali da quelli richiesti ai raggruppamenti verticali, assume che solo ai raggruppamenti verticali sarebbe richiesto di possedere i requisiti di qualificazione in relazione alle categorie (prevalente/scorporate) di lavori assunti, rispettivamente, dalla mandataria e dalle mandanti.

Le prestazioni che ciascuna impresa riunita in senso verticale si impegna a realizzare, quindi, costituirebbero – secondo la ricostruzione dell’appellante – l‘elemento in base al quale commisurare i requisiti di qualificazione, tenuto anche conto che tale regola si giustificherebbe in considerazione del fatto che le mandanti di un RTI verticale rispondono nei confronti della Stazione appaltante unicamente per le opere realizzate, senza vincolo di solidarietà con le altre mandanti, a differenza del regime di solidarietà previsto per i raggruppamenti orizzontali (art. 37, co. 5, primo periodo, del Codice).

Solo in tali ipotesi, dunque, sarebbe giuridicamente attendibile affermare l’esistenza di un principio – erroneamente ritenuto di carattere generale dall’appellata sentenza – di ‘corrispondenza sostanziale tra quote di qualificazione e quote di partecipazione all’*******

Infatti, se l’art. 37, commi 1 (per i lavori) e 2 (per servizi e forniture) , del Codice impone alle imprese riunite in senso verticale di assumere esclusivamente determinate categorie di lavori (alla mandataria la categoria prevalente, alle mandanti quelle scorporate); se la quota di partecipazione all’ATI costituisce un valore matematico derivante in maniera diretta da ciò che l’impresa ha

dichiarato di assumere secondo la proporzione indicata nello stesso bando tra l’importo della categoria prevalente o delle scorporate e l’intero importo dell’appalto, è naturale, allora, che vi sia corrispondenza tra la quota dl qualificazione e la quota di partecipazione ad un’ATI verticale.

Diverso – sempre secondo la tesi dell’appellante – sarebbe il discorso con riguardo ai raggruppamenti orizzontali o misti (come quello in esame), per i quali i requisiti di qualificazione non vengono richiesti in base a ciò che verrà concretamente eseguito da ciascuna singola impresa, ma in misura percentuale rispetto a ciò che è richiesto all’intero raggruppamento.

A tal riguardo, si rileva dall’appellante come i requisiti richiesti all’impresa mandataria di un raggruppamento orizzontale sarebbero calcolabili in tre distinte ed alternative modalità, desumibili dalle prescrizioni dell’art. 95 del Regolamento n. 554: 1) possesso di una qualifica per una classifica adeguata almeno al 40% dell’importo complessivo del lavori; 2) se la classifica della categoria prevalente non copre l’intero importo, la qualificazione deve riguardare anche tutte le singole categorie scorporabili, con classifica sempre pari almeno al 40% dei relativi importi; 3) qualora risulti mancante il possesso della qualifica in talune delle categorie scorporate, l’importo della classifica della categoria prevalente deve comprendere anche tale requisito. Allo stesso modo si calcolerebbero i requisiti richiesti alle imprese mandanti, con l’unica differenza che la misura percentuale minima è pari al 10%.

In caso di raggruppamenti orizzontali, dunque, l’essenza giuridica del fenomeno starebbe nel fatto che — ai fini della partecipazione alla gara — ciascuna impresa riunita apporta all’intero raggruppamento i propri requisiti di qualificazione, al fine di raggiungere il totale richiesto all’impresa singola.

Sarebbe del tutto irrilevante, in altri termini, la specifica suddivisione delle prestazioni all’interno del raggruppamento orizzontale: in primo luogo, perché non v’è alcuna disposizione che impone alle imprese di realizzare lavori in misura proporzionale alla quantità di requisiti spesi nell’ambito del raggruppamento ai fini del raggiungimento del totale richiesto per la partecipazione alla gara; in secondo luogo, perché tutte le imprese partecipanti al raggruppa,mento orizzontale sono solidalmente responsabili nei confronti della stazione appaltante, la quale è adeguatamente garantita una volta che, attraverso il cumulo dei requisiti posseduti da ciascuna impresa (e nel rispetto delle proporzioni richieste dall’art. 95, comma 2, del Regolamento n. 554), sia raggiunto il totale richiesto all’impresa singola.

§ 19 Le articolate e talvolta non pienamente perspicue argomentazioni dell’appellante non sono condivisibili.

In primo luogo, il più volte citato articolo 37, comma 13, del Codice – il quale, ripetesi, ha natura procedimentale e non contrattuale – non opera alcuna distinzione fra RTI di tipo orizzontale o verticale.

In secondo luogo, è vero che i commi 2 e 3 del DPR n. 554 del 1999 distinguono, rispettivamente, fra RTI di tipo orizzontale e verticale, ma solo al fine di determinare – attraverso il riferimento ai “ requisiti “ di qualificazione – la quota o natura dei lavori che debbono essere eseguiti dalla mandataria e dalle mandanti e non anche per introdurre un regime differenziato (rispetto ai raggruppamenti verticali) di preventiva indicazione della quota parte dei lavori che saranno eseguiti dalle varie partecipanti al raggruppamento.

Tale quota, per i raggruppamenti orizzontali deve essere, quanto alla mandataria, non inferiore al 40% dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per le imprese singole, mentre la restante percentuale deve essere posseduta cumulativamente dalle mandanti, ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’intero raggruppamento, fermo restando che l’impresa mandataria in ogni caso deve possedere i predetti requisiti in misura ricorrente 5oritaria.

Per i raggruppa,menti di tipo verticale, invece, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi debbono essere posseduti dalla mandataria capogruppo nella categoria prevalente; mentre nelle categorie scorporate ciascuna mandante deve possedere i requisiti previsti per l’importo dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l’impresa singola.

I requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non assunte da imprese mandanti sono posseduti dalla impresa mandataria con riferimento alla categoria prevalente.

Da alcuna disposizione dell’articolo 95 citato emerge dunque un criterio distintivo – ai fini dell’onere della preventiva indicazione dei lavori che saranno assunti dalle varie partecipanti al gruppo – che faccia leva sulle due tipologie di raggruppamenti, essendo semmai vero il contrario di quanto assunto dall’appellante: cioè che proprio per i RTI di tipo orizzontale, essendo il criterio di riparto fra mandataria e mandanti di tipo quantitativo e non qualitativo (come invece per i RTI di tipo verticale) l’onere di preventiva specificazione della quota parte delle lavorazioni che saranno eseguite dalle varie partecipanti al raggruppamento appare tanto più necessario.

§ 20 A tale ultimo proposito, questo Consiglio ha avuto modo di precisare, con sintetica ma significativa argomentazione, che, proprio sulla base del “ principio di corrispondenza sostanziale già in fase di offerta tra quote di qualificazione, quote di partecipazione all’a.t.i. e quote di esecuzione “, la percentuale “ricorrente 5oritaria” prevista dall’articolo 95 del Regolamento debba essere individuata in rapporto alla misura in cui le imprese “spendono” in concreto la rispettiva classifica all’interno del raggruppamento. Ciò anche perché in caso diverso, come rilevato dal consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici nella determinazione 18 luglio 2001 n. 15/2001, “si creerebbe un vincolo restrittivo al mercato, in contrasto con il principio della libertà di determinazione delle imprese in sede associativa, in quanto sarebbero privilegiate comunque le imprese di ricorrente 5ori dimensioni”.

Con la stessa pronuncia si è ultericontrointeressata 2nte evidenziato come una diffcontrointeressata 2 interpretazione della norma regolamentare condurrebbe a rafforzare sempre più le grandi imprese, impedendo alle altre di assumere il ruolo di mandatarie, se non associandosi con imprese minori e con minori requisiti (Cons. St., , sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6363).

§ 21 Alla luce delle esposte considerazioni si manifesta infondato anche l’altro motivo d’appello di RICORRENTE 2, secondo il quale il TAR, da un lato, avrebbe travisato i fatti ritenendo che le percentuali di partecipazione ai raggruppamento dovessero essere corrispondenti alle quote di lavori assunti da ciascuna impresa in relazione alle singole categorie di opere, e, dall’altro lato, avrebbe “ perseverato nell’errore “, traendo dal primo “ l’assurda conclusione “ secondo cui le imprese riunite nel RTI Ricorrente 2 non avrebbero assunto l’obbligo dl eseguire il 100% di ciascuna delle categorie dl opere rientranti nell’oggetto dell’appalto.

E’ da rilevare, invece, l’assoluta esattezza e correttezza del ragionamento seguito dal Giudice di primo grado sol che si pongano a raffronto le tabelle esposte, rispettivamente, a pag. 36 dell’appello e a pag. 22 della sentenza, dalle quali emerge con immediata evidenza che in nessuna delle categorie di cui si componeva l’appalto il raggruppamento raggiungeva il 100%, tale percentuale raggiungendosi soltanto con un’illegittima sommatoria della partecipazione globale al RTI, la quale, per quanto sopra detto, è cosa ben diversa dalle quote di assunzione dei lavori, le quali, evidentemente e razionalmente, debbono raggiungere la totalità percentuale di 100 non globalmente e confusamente, ma specificatamente per singole categorie di lavori.

§ 22 In conclusione, gli appelli principali sul punto dell’esclusione del RTI RICORRENTE 2 vanno respinti.

§ 23 Restano da esaminare gli appelli principali ed incidentale sul punto del risarcimento dei danni.

L’appello dell’Avvocatura dello Stato si sofferma sul difetto di giurisdizione e, comunque, sull’erroneità della statuizione del TAR in ordine al risarcimento del danno in forma specifica per la parte delle lavorazioni non ancora eseguite.

L’appello – in disparte la palese infondatezza nel merito della questione di giurisdizione alla luce dei più recenti interventi giurisprudenziali e normativi di cui al c.p.a. e d. lgs. n. 53 del 2010 – è manifestamente inammissibile per difetto di interesse.

Il contratto risulta, infatti, ormai definitivamente eseguito ed i lavori completati.

Tale circostanza risulta dagli atti di causa ed è espressamente ammessa dalla memoria dell’appellante RICORRENTE 2 datata 6 ottobre 2010, nella quale si riferisce che, sulla base dell’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 983 del 2009, motivata – è bene sottolinearlo – con esclusivo riferimento alla comparazione dell’interesse pubblico al sollecito completamento dell’intervento e quello privato ed al connesso profilo del danno grave ed irreparabile, che i lavori oggetto dell’appalto “ sono ormai giunti ad ultimazione come da certificato rilasciato dalla Committenza in data 15.9.2010 e prodotto dal RTI deducente sub doc. 10 in data 29.9.2010 “.

La stessa appellata-appellante incidentale chiede che le voci di danno da lei richieste ed in parte riconosciute dal TAR vadano estese alle fasi di lavorazione successive a quelle già realizzate al momento di proposizione dell’appello (cfr. memoria difensiva della PA. CO. depositata per l’udienza di discussione (pag. 75).

§ 24 Ciò precisato, va riconosciuto il risarcimento per equivalente del danno emergente da mancata aggiudicazione dell’appalto al RTI CONTROINTERESSATA, nella misura del 5% calcolata sull’intero importo a base d’asta (54.750.249,56) decurtato della percentuale di ribasso offerta dal RTI CONTROINTERESSATA (4, 179%), dovendosi evidentemente quella percentuale calcolarsi sui ricavi effettivi e non sulle indicazioni preliminari del bando.

Deve essere escluso dal monte di calcolo del 5% sopra indicato l’importo finale dei lavori concretamente e definitivamente eseguiti, compresi, cioè, anche quelli aggiuntivi e/o in variante rispetto all’importo posto a base di gara, che avrebbero fatto lievitare i ricavi per l’aggiudicataria (e la correlata spesa per la P. A.) sino a 72.861.787,00 euro (con un incremento,cioè, di circa il 40% rispetto alle previsioni iniziali) decurtato del ribasso offerto dallo stesso RTI CONTROINTERESSATA.

§ 25 Alle determinazioni indicate nel paragrafo precedente, che sono sostanzialmente confermative dei criteri di calcolo adottati dal TAR, si giunge attraverso il seguente percorso motivazionale desunto dalla giurisprudenza di questo Consiglio: per tutti si veda la recente sentenza di questa Sezione 7 settembre 2010 , n. 6485, alle cui ulteriori argomentazioni si rimanda.

25.1 – La quota del 10 % sull’importo a base d’asta decurtato della quota di ribasso offerta dal danneggiato si basa su un criterio presuntivo del danno emergente e del lucro cessante per mancata aggiudicazione dell’appalto ormai diffusamente utilizzato dalla giurisprudenza amministrativa, ai sensi già dell’ art. 345, della legge 20 marzo 1865 n. 2248, All. F (abrogato dall’articolo 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e, poi, dell’articolo 34, co. 2, lett. d) del Regolamento suiu LL. PP. emanato con il DPR n. 554 del 1999, nonché dall’articolo 158, co. 1, lett. c) del Codice, disciplinante il caso della risoluzione del contratto.

25.2 I costi di partecipazione alla gara, ascrivibili alla componente del danno emergente in caso di condotta illecita della stazione appaltante vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara e solo ove tale rinnovo non sia possibile vengono ristorati per equivalente. Tuttavia, allorché venga concesso – come nella specie – il risarcimento per equivalente dell’interesse positivo e del relativo lucro, che l’impresa avrebbe tratto dall’aggiudicazione della gara a suo favore, viene esclusa in radice la risarcibilità dell’interesse negativo, cioè delle spese sopportate per la partecipazione alla gara, che è, invece, tipico della diversa ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, della responsabilità precontrattuale, in cui l’interesse da ristorare è quello, appunto negativo, a non essere coinvolti in inutili e dispendiose attività partecipative.

Per questa parte, dunque, l’appello incidentale e le relative pretese risarcitorie (pag. 21) va respinto.

25.3 Il risarcimento a titolo di lucro cessante, nella ricordata misura del 10% dell’importo dell’offerta economica presentata dalla parte vittoriosa in giudizio deve essere abbassato al 5%, tenendo conto del c.d. aliunde perceptum dell’impresa: aliunde perceptum che quest’ultima deve esaustivamente provare, dovendosi altrimenti applicare un criterio di riduzione in via equitativa ricorrentemente applicato nella giurisprudenza di questo Consiglio (sez. VI, 9 marzo 2007 , n. 1114; sez. VI, 9 novembre 2006 n. 6607 ; Sezione VI, 25 luglio 2006, n. 4634 ; sez. V 24 ottobre 2002 n. 5860). Anche per tale aspetto l’appello incidentale va respinto.

§ 26 Quanto alla perdita di chances, è preliminarmente da ricordare, con la giurisprudenza di questo Consiglio, che tale aspetto della responsabilità precontrattuale della P. A. – diversamente dal danno futuro, che riguarda un pregiudizio non attuale, ma soggetto a ristoro purché certo e altamente probabile, nonché ascrivibile ad una causa efficiente già in atto – costituisce un danno attuale, che non si identifica con la perdita di un risultato utile, ma con quella della concreta possibilità ovvero probabilità (traduzione italiana appunto della parola francese chance) di conseguirlo, e necessita, a tal fine, della sussistenza di una situazione presupposta, concreta ed idonea a consentire la realizzazione del vantaggio sperato, da valutarsi sulla base di un giudizio prognostico e statistico, fondato sugli elementi di fatto allegati dal danneggiato (Cons. St., sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 686).

Al fine di ottenere il risarcimento per perdita di chance, occorre, quindi, che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva (nella specie: mancata aggiudicazione illegittima) e la ragionevole, concreta e verisimile possibilità del conseguimento dell’aggiudicazione di altri appalti e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illegittima della P. A., della quale il danno risarcibile costituisce conseguenza immediata e diretta (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 ricorrente 5o 2010 , n. 3393).

26.1 Più in particolare, questa Sezione ha avuto modo di precisare, con riferimento ai predetti criteri, che l’impresa richiedente il risarcimento per perdita di chance deve documentare l’esistenza di proprie dichiarazioni di rinuncia alla prosecuzione della partecipazione a gare, nelle quali aveva presentato domanda, nel che consisterebbe la perdita di concrete occasioni alternative di guadagno, non essendo sufficiente la semplice indizione di procedure selettive, né la richiesta o l’acquisto della documentazione di gara, né dichiarazioni di rinuncia alla partecipazione ad esse per generici impegni in precedenza assunti, in un periodo contestuale a quello in cui si è consumato l’illecito in questione.

Allegazioni di tale tipo, infatti, si rivelerebbero del tutto insufficienti a provare, con l’efficacia connessa all’esigenza di evitare fenomeni di indebita locupletazione legati al cattivo esercizio della funzione selettiva dei contraenti con la P. A., la perdita di occasioni alternative favorevoli, difettando, in essa, la dimostrazione della concretezza – costituita dalla effettiva partecipazione ad altre procedure e dal ritiro da esse per l’impegno in questione – delle opportunità contrattuali asseritamente perdute, non bastando allegazioni generiche ed equivoche (Cons. Stato, sez. V, 28 ricorrente 5o 2010 , n. 3393; C.d.S sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680 ed ivi ulteriori riferimenti).

26.2 Anche la giurisprudenza della Suprema Corte ritiene che la perdita di “chance” – costituita dalla privazione della possibilità, ad esempio, di vincere un concorso – configura un danno attuale e risarcibile, ma sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni: alla mancanza di una tale prova non essendo possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., atteso che l’applicazione di tale norma richiede che risulti provata o comunque incontestata l’esistenza di un danno risarcibile ed è diretta a fare fronte all’impossibilità di provare l’ammontare preciso del danno (Cass. 21 giugno 2000 n. 34 68, cfr. Cass. 19 febbraio 200 9 n. 4052, 7 giugno n. 13288, 12 aprile 2006 n. 8615).

26.3 La stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione precisa, ancora, che il danno patrimoniale da perdita di “chance” consiste non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (Cass. , sez. III, 7 ottobre 2010 , n. 20808).

La perdita di “chance”, dunque, per poter assumere rilievo risarcitorio secondo il ricordato criterio probabilistico che, in quanto tale, deve correlarsi a dati reali senza i quali il calcolo percentuale di possibilità sarebbe impossibile, deve consistere in una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene; essa, pertanto, non può risolversi in una mera aspettativa di fatto ed in generiche ed astratte aspirazioni di lucro, ma rappresenta un’entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione.

Di questa entità il danneggiato ha l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza immediata e diretta” (Cass., sez. un., 26 gennaio 2009 , n. 1850 ; Cass., 20 giugno 2008, n. 16877, 28 gennaio 2005, n. 1752,).

§ 27 In base agli esposti principi di diritto, l’appello incidentale relativo al mancato riconoscimento della perdita di chance per mancata partecipazione ad altre gare si rivela infondato, non avendo l’appellante incidentale fornito prova rigorosa della concreta partecipazione ad altre procedure di aggiudicazione, senza la quale, come detto, la predetta perdita determinerebbe un’estensione smisurata ed incontrollata dell’area delle posizioni soggettive risarcibili, che sarebbero potenzialmente pari a tutte le procedure di gara cui il danneggiato avrebbe potuto ipoteticamente partecipare.

Sul punto della prova, l’appello incidentale rinvia alle varie perizie di parte.

Queste ultime, dal canto loro, si limitano ad affermazioni generiche o comunque non significative.

Basti considerare, al riguardo, che la relazione giurata di parte datata 27.9.2010 quantifica, per tale voce di danno, richiamando la precedente perizia, euro 2.338.134,48, “ ottenuti tenendo conto dell’importo di commesse al cui affidamento l’ATI Pacifico Costruzioni non ha potuto partecipare, sia perché le relative gare erano state indette in concomitanza a quella qui in discussione, sia soprattutto perché la mancata aggiudicazione dei lavori di restauro del Teatro S. Carlo ha privato I’A.T.I. Pacifico dei requisiti richiesti per la partecipazione alle gare medesime.

“Alle predette gare – specifica la stessa perizia – occorre aggiungere la procedura selettiva indetta dalla Repubblica di Romania, con scadenza di presentazione delle offerte entro il 25/01/2010, per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione e restauro del Teatro Nazionale di Bucarest, il cui importo previsto a base d’asta era di € 51.066.000,00 “.

Si tratta di affermazioni non solo apodittiche, in quanto non supportate da alcuna concreta e specifica allegazione (ad es., per la gara indetta dalla Rep. di Romania è depositato un bando in lingua rumena senza traduzione e senza indicazione specifica delle relative clausole lesive della prospettata chance) , ma, ancor più, infondate e contraddittorie.

Non basta, infatti, come già detto, asserire l’esistenza di altre procedure di affidamento ovvero la richiesta di acquisto della relativa documentazione di gara, ma la concreta volontà di partecipazione alle stesse, la cui contestualità non soltanto non è legittimo motivo di impedimento, ma addirittura condizione e presupposto per il riconoscimento di titoli risarcitori: per procedure anteriori, la partecipazione a quella in contestazione non avrebbe potuto rappresentare evidentemente un ostacolo; ugualmente per quelle posteriori, essendosi ormai l’impresa non aggiudicataria liberata da impegni esecutivi.

27.1 D’altra parte, la teoria della contestualità di più gare quale fattore impeditivo alla partecipazione ad esse è smentita dallo stesso appello incidentale, ove si riconosce un dato di comune esperienza: quello, cioè, costituito dalla “ prassi comune delle imprese operanti nel settore degli appalti di lavori pubblici, che, come è noto, sono portate — per la specificità di tale settore, che impone di far fronte a continue ed ingenti spese per manodopera ed attrezzature — a rendere quanto più flessibile la propria organizzazione aziendale, anche allo scopo di aggiudicarsi ed eseguire contestualmente più commesse. “ (pag. 12 appello incidentale).

§ 28 Può passarsi, conclusivamente, alla parte dell’appello incidentale che contesta il mancato riconoscimento del danno c.d curricolare, il quale viene quantificato nella stessa perizia sopra ricordata secondo il criterio del 3% rapportato al valore finale dei lavori, comprensivo dei quasi 20 milioni di euro imputabili a lavori aggiuntivi per varianti in corso d’opera.

Al riguardo, vale ricordare che tale voce di danno, costituente una specificazione del danno per perdita di chance, si correla necessariamente alla qualità di impresa operante nel settore degli appalti pubblici e, più in particolare, al fatto stesso di eseguire uno di questi tipi di contratto, a prescindere dal lucro che l’impresa stessa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante. Questa qualità imprenditoriale può ben essere fonte per l’impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti.

L’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un operatore economico va oltre l’interesse all’esecuzione dell’opera in sé e ai relativi ricavi diretti.

Alla mancata esecuzione di un’opera pubblica illegittimamente appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all’immagine della società, al suo radicamento nel mercato, all’ampliamento della qualità industriale o commerciale dell’azienda, al suo avviamento, per non dire, poi, della lesione al più generale interesse pubblico al rispetto della concorrenza, in conseguenza dell’indebito potenziamento di imprese concorrenti che operino sul medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara.

In linea di massima, allora, deve ammettersi che l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto possa rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (Cons, Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010 , n. 20 ; sez. VI, 21 ricorrente 5o 2009 , n. 3144; sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751; sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680; sez. V, 23 luglio 2009, n. 4594; sez. V, 12 febbraio 2008, n. 491; sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3723 ; Cass., 4 giugno 2007, n. 12929).

§ 29 Il danno curricolare – da riconoscere, come detto, in via di principio – si compone quindi di due elementi: a) la perdita di un livello di qualificazione già posseduta ovvero la mancata acquisizione di un livello superiore (ai sensi e per gli effetti di cui al D.P.R. 25-1-2000 n. 34) , quale conseguenze immediate e dirette della mancata aggiudicazione ; b) la mancata acquisizione di un elemento costitutivo della specifica idoneità tecnica richiesta dal bando oltre la qualificazione SOA.

Entrambe tali voci di danno vanno comprovate, secondo i ricordati principi in tema di responsabilità extracontrattuale della P. A..

Ora, mentre la componente di cui alla lettera b) non necessita di prova rigorosa, consistendo il danno nella stessa mancata aggiudicazione e conseguente mancato incremento delle qualità imprenditoriali connesse alla capacità tecnica, altrettanto non è a dirsi per la voce sub a), per la quale occorre dimostrare rigorosamente e diligentemente gli elementi diminutivi o accrescitivi sopra evidenziati ed il relativo nesso di causalità con la mancata aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010 , n. 20).

29.1 Nella specie, tale ultima prova è del tutto mancata.

Nell’appello incidentale si assume che “Nella fattispecie, considerata la notevole rilevanza dell’appalto in contestazione, …….. in funzione dell’incremento della qualificazione SOA delle odierne appellanti derivante dall’esecuzione dell’appalto medesimo, si ritiene che la voce di danno in questione possa essere ragionevolmente quantificata in misura pari al 3% dell’offerta economica avanzata dall’A.T.I. ********….”.

Non è chi non veda la genericità e sbrigatività della richiesta risarcitoria per tale voce di danno, così come è evidente una pari frettolosità e negligenza nella relazione tecnica di parte datata 19.3.2009 ed espressamente richiamata dalla successiva relazione di parte datata 27.9.2010, in cui il danno curricolare viene trattato in meno di mezza pagina e collegato ad un’affermazione del tutto apodittica, del seguente testuale tenore : “ è evidente che la mancata esecuzione dell’appalto in questione ha comportato l’impossibilità di incrementare….alla (rectius: la) proprio qualificazione SOA. La mancanza di qualsiasi “ evidenza “ in materia e l’assoluta mancanza di prova comporta quindi il rigetto della richiesta risarcitoria per tale specifica componente del danno curricolare, mentre per l’altra componente il diritto al risarcimento va riconosciuto nella misura, necessariamente equitativa (artt. 2056 e 1226 cod. civ.), pari alla percentuale dell’1,50 % sul prezzo globale offerto dall’appellante incidentale, il quale rappresenta il montante su cui procedere al calcolo percentuale in via equitativa, analogamente a quanto avviene per la liquidazione del danno per lesione dell’interesse positivo.

La misura dell’1,50 % viene ritenuta equa dal Collegio, trattandosi della metà di quanto richiesto dall’appellante incidentale che, come detto, ha omesso di provare l’altra componente del danno curricolare.

29.2 Sulle somme così spettanti, trattandosi di debito di valore, andranno calcolate altresì la svalutazione monetaria e gli interessi compensativi, da calcolarsi nella misura del tasso degli interessi legali via via vigente, dalla data di notificazione del ricorso giurisdizionale al TAR alla data di effettivo pagamento e calcolando gli interessi anno per anno sulla somma via via rivalutata anch’essa anno per anno secondo i tassi rilevati dall’ISTAT (Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010 , n. 20 ; Cass. civ,, 27 ricorrente 5o 2010 , n. 12971; id., 9 marzo 2010 , n. 5671 ;id., 6 marzo 2009 , n. 5567).

§ 30 In conclusione:

a) i due appelli principali, riuniti, vanno respinti;

b) l’appello incidentale del RTI PA. CO, va in parte accolto, con conseguente riforma della sentenza del TAR e riconoscimento del risarcimento del danno spettante per danno emergente, lucro cessante e, in parte, del danno curricolare;

c) le predette somme andranno incrementate della svalutazione e degli interessi compensativi, secondo quanto riferito al par. 29.2.

d) la Presidenza del Consiglio provvederà al pagamento delle relative somme;

e) le spese possono integralmente compensarsi, in relazione all’andamento complessivo degli appelli principali e dell’appello incidentale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe indicati,

rigetta gli appelli principali, accoglie in parte l ‘appello incidentale e, per l’effetto, riconosce il diritto al risarcimento dei danni come indicati in motivazione.

Spese integralmente compensate fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

 

**************, Presidente

*************, ***********, Estensore

****************, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

 

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/11/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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