Corte Costituzionale: diminuente per i casi meno gravi di produzione di materiale pedopornografico

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 91 del 20 maggio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 600-ter, primo comma, numero 1), del codice penale, nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzazione di minori di anni diciotto, che nei casi di minore gravità la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

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Corte Costituzionale – Sent. n. 91 del 20/05/2024

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 600-ter, primo comma, numero 1), cod. pen., nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pedopornografico l’attenuante per i casi di minore gravità.
Il giudice rimettente espone di dover giudicare su un’imputazione per tale reato, commesso con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nonché di adescamento di minori. Nello specifico, l’imputato, mediante l’utenza telefonica del padre e con uno pseudonimo, contattava ragazze minorenni, inviando foto dei propri organi genitali ed ottenendo da alcune delle interlocutrici, su sua richiesta, foto ritraenti i loro organi sessuali secondari, così inducendo le vittime a inviargli materiale pedopornografico.
In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo rileva che l’art. 600-ter, primo comma, numero 1), cod. pen., prevedendo quale trattamento sanzionatorio la reclusione da sei a dodici anni e la multa da 24.000 a 240.000 euro, senza prevedere attenuanti in casi di minore gravità, violerebbe gli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost.
Il giudice rimettente sostiene l’irragionevolezza del trattamento sanzionatorio che, nella sua eccessiva severità, precluderebbe al giudice di adeguare la sanzione al caso concreto, mitigando la risposta punitiva, assai severa, in presenza di elementi oggettivi – relativi a mezzi, modalità esecutive, grado di compressione della dignità e del corretto sviluppo sessuale della vittima, condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima anche in relazione all’età, occasionalità o reiterazione delle condotte e consistenza del danno arrecato, anche in termini psichici – indicatori di una minore gravità del fatto.
La disposizione censurata violerebbe, inoltre, i princìpi di personalità della responsabilità penale e della finalità rieducativa della pena, sanciti rispettivamente dal primo e terzo comma dell’art. 27 Cost., in quanto la sproporzione derivante dall’omissione censurata, da un lato, ostacolerebbe l’individualizzazione della pena, corollario del carattere personale della responsabilità penale, e, dall’altro, ne svilirebbe la funzione rieducativa posto che una pena sproporzionata rischia di venire percepita dal condannato come ingiusta.
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2. Diminuente per i casi meno gravi di produzione di materiale pedopornografico: l’analisi della Corte

La Corte Costituzionale ritiene le questioni fondate.
Infatti, per costante giurisprudenza costituzionale, “le valutazioni discrezionali di dosimetria della pena – in quanto massima espressione di politica criminale – spettano al legislatore, con il solo limite delle scelte sanzionatorie che si rivelino arbitrarie o manifestamente irragionevoli“.
In particolare, nello scrutinio di legittimità costituzionale sulla proporzionalità della pena, assume rilievo centrale la formulazione particolarmente ampia della disposizione censurata, la cui latitudine normativa sia tale da ricomprendere fattispecie significativamente diversificate sul piano criminologico e del tasso di disvalore: ad avviso della Corte, proprio in tali ipotesi è stata sottolineata la necessità di prevedere delle diminuenti al fine di garantire la possibilità di graduare e individualizzare la sanzione rispetto allo specifico disvalore della singola condotta e assicurare il rispetto dei principi fissati dagli artt. 3 e 27 Cost.
Analizzando la norma in questione, la Consulta osserva che sono sanzionate con pene edittali minori condotte che possono avere un disvalore non inferiore rispetto alla mera produzione del materiale pedopornografico, soprattutto se la stessa sia realizzata in maniera tale da mantenere il materiale prodotto nella sfera privata di colui che lo produce.
In tale contesto, “la mancata previsione di una valvola di sicurezza che consenta al giudice di modulare la pena, onde adeguarla alla concreta gravità della singola condotta, può determinare l’irrogazione di una sanzione non proporzionata, in quanto la formulazione normativa del censurato art. 600-ter, primo comma, numero 1), cod. pen., nella sua ampiezza, è idonea a includere, nel proprio ambito applicativo, condotte marcatamente dissimili, sul piano criminologico e del tasso di disvalore, alcune delle quali anche estranee alla ratio sottesa alla severa normativa in materia di pedopornografia; situazione resa più delicata, sul piano della legittimità costituzionale, da una cornice edittale del reato caratterizzata – proprio nella giusta considerazione del disvalore di tale tipologia di reati e per i pericoli agli stessi correlati – da un minimo di significativa asprezza“.
I profili di contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 27 Cost., ad avviso della Corte, si palesano ancor di più, in conseguenza della mancata previsione della diminuente, considerando l’asprezza del minimo edittale, pari a sei anni; asprezza già ravvisata da questa Corte per il minimo edittale pari a cinque anni di reclusione per il reato di estorsione.
Per l’individuazione della diminuente, la Corte ritiene ragionevole fare riferimento la Corte ritiene ragionevole fare riferimento alla figura delittuosa di cui all’art. 609-quater (atti sessuali con minorenne) cod. pen., che presenta significativi tratti in comune con quella in esame: tale fattispecie prevede la medesima cornice sanzionatoria dell’art. 600-ter cod. pen., ma al tempo stesso dispone che, nei casi di minore gravità, la pena sia diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Va, infine, sottolineato che l’invocata diminuente potrà trovare ragionevole giustificazione limitatamente alle ipotesi di disvalore significativamente inferiore a quello normalmente associato alla realizzazione di un fatto conforme alla figura astratta del reato, trattandosi di condotta che incide comunque sull’equilibrato sviluppo e sul benessere psicofisico del minore, nonché sulla sua libertà sessuale e sulla sua dignità.

3. La decisione della Corte Costituzionale

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte Costituzionale ha affermato che, al fine dell’applicazione della citata diminuente, è richiesta, da parte del giudice del caso concreto, “una prudente valutazione globale del fatto – in cui assumono rilievo le modalità esecutive e l’oggetto delle immagini pedopornografiche, il grado di coartazione esercitato sulla vittima (anche in riferimento alla mancanza di particolari tecniche di pressione e manipolazione psicologica o seduzione affettiva), nonché le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, pure in relazione all’età (e alla contenuta differenza con l’età del reo) e al danno, anche psichico, arrecatole – in applicazione anche dei criteri adottati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’attenuante di minore gravità del reato di atti sessuali con minorenne“.
Pertanto, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 609-ter, primo comma, numero 1) cod. pen., “nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzazione di minori di anni diciotto, che nei casi di minore gravità la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

Riccardo Polito

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