La Corte Costituzionale boccia la legge pugliese anti sindaci

Regione Puglia: no della Corte Costituzionale alla norma su dimissioni sindaci per candidatura regionali per irragionevolezza e violazione art. 3 e 51.

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A pochi mesi dalle elezioni regionali, in data 20 dicembre 2024, il Consiglio regionale pugliese ha approvato la manovra di Bilancio (legge n. 42 del 2024), ma con voto segreto, con 31 a favore e 12 contrari, è stato approvato anche l’emendamento proposto dai consiglieri Scalera e Pagliaro, entrambi de ‘La Puglia Domani’ che prevede, per le dimissioni dalla carica di Sindaco, il termine di 180 giorni dal compimento del quinquennio, ai fini della candidatura alle elezioni al Consiglio regionale,  termine che in precedenza era di un mese. Tale norma è apparsa subito indefinita; infatti, è vero che si sarebbe potuto individuare la fine del quinquennio (ottobre 2025), ma è pur vero che le elezioni potrebbero slittare alla primavera 2026 se arrivasse un decreto del governo in tal senso, come chiesto dalla Lega. Pertanto, un Sindaco si sarebbe potuto trovare nella situazione di doversi dimettere ad aprile 2025 (sei mesi prima di ottobre) per partecipare al voto.  Alcuni osservatori ritengono che tale norma sia stata approvata per mettere in difficoltà l’europarlamentare ed ex Sindaco di Bari De Caro che probabilmente si presenterà alle prossime elezioni regionali e che vorrebbe formare una lista di candidati con alcuni Sindaci pugliesi. Comunque, a porre fine al dibattito, con sentenza n. 131 in data 25 luglio 2025, è intervenuta la Corte costituzionale la quale ha ritenuto che tale disciplina è “irragionevole e sproporzionata, e lesiva del diritto di elettorato passivo, in violazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione”.

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Indice

1. Cenni sul sistema elettorale regionale e la legge n. 42/2024 della Puglia di approvazione del bilancio 2025


Preliminarmente si osserva che l’art. 122, primo comma, Costituzione prevede che “il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei Consiglieri regionali, sono disciplinati con legge dalla Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che disciplina anche la durata degli organi elettivi”.
In totale saranno sei le Regioni in cui si svolgeranno le elezioni nel 2025: Campania, Marche, Puglia, Toscana, Val d’Aosta, Veneto. A queste potrebbe aggiungersi la Sardegna la cui presidente è stata dichiarata decaduta dalla Corte di Appello, che tuttavia ha già presentato ricorso giurisdizionale al tribunale civile, già respinto in primo grado.
La legge n. 165/2004, come modificata dalla legge n. 20/2016, stabilisce, poi, i principi fondamentali ai quali deve attenersi la Regione nel disciplinare la materia e riserva allo Stato la definizione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità di componenti di organi costituzionali e di appartenenti ad amministrazioni od enti pubblici statali.
L’art. 4 della citata legge n. 165/2004 prevede che “le regioni disciplinano con legge il sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali nei limiti dei seguenti princìpi:
a) individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze;
b) contestualità dell’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale, se il presidente è eletto a suffragio universale;
c) divieto del mandato imperativo;
c-bis) promozione delle pari opportunità tra uomini e donne all’accesso alle cariche elettive,
A seguito della riforma costituzionale del 1999, la legge fondamentale prescrive che il presidente della giunta regionale sia eletto direttamente dai cittadini, salvo che la normativa regionale disponga diversamente; in tutte le Regioni a statuto ordinario la votazione si svolge con la formula del turno unico, fatta eccezione per la Toscana che ha introdotto la possibilità di ricorrere al ballottaggio.
La legge n.43 del 23 febbraio 1995, approvata per disciplinare il sistema elettorale delle Regioni a statuto ordinario (c.d. legge Tatarella) prevede inoltre che il consiglio regionale sia eletto contestualmente al presidente mediante un sistema proporzionale con premio di maggioranza. Quattro quinti dei seggi assembleari sono attribuiti proporzionalmente, sulla base di liste presentate nelle diverse province; sono ammessi il voto di preferenza e il voto disgiunto. Le liste che hanno ottenuto una percentuale inferiore al 3% dei voti non ottengono alcun seggio, a meno che non siano collegate con un candidato presidente che abbia superato il 5% dei consensi a livello complessivo.
Un quinto dei seggi è assegnato sulla base di liste regionali (i cosiddetti “listini”) il cui capolista è il candidato alla presidenza. La coalizione più votata fa eleggere in blocco tutti i candidati del proprio listino, con la seguente eccezione: se le liste provinciali collegate alla lista regionale vincente hanno ottenuto almeno il 50% dei seggi totali, alla nuova maggioranza è attribuita solo la metà dei seggi riservati al listino, mentre il resto viene distribuito tra le liste di opposizione.
In ogni caso, il presidente eletto ha diritto a una maggioranza stabile in consiglio (clausola di governabilità): se l’insieme delle liste a lui collegate ha superato i due quinti delle preferenze complessive, alla coalizione debbono essere assicurati i tre quinti dei seggi consiliari; in caso contrario la quota scende al 55% degli scranni. Al fine di garantire il conseguimento delle suddette maggioranze, vengono eventualmente creati d’ufficio dei seggi supplementari che incrementino la dotazione originaria del consiglio regionale.
In Puglia dal 2005 i listini sono stati sostituiti da un premio di maggioranza da assegnare alle liste vincitrici nell’ambito del collegio unico regionale. La normativa pugliese ha disposto anche l’introduzione di una soglia di sbarramento unica al 4% a partire dal 2010.
Si rappresenta, altresì, che il Consiglio regionale pugliese, in data 20 dicembre 2024, ha approvato la manovra di Bilancio con 31 voti favorevoli, 14 voti contrari ed un astenuto (legge n. 42/ 2024).
Il via libera alla manovra è giunto in piena notte dopo una discussione durata oltre 11 ore per i 140 articoli del disegno di legge e dei circa 200 emendamenti presentati e prevede un bilancio di 10,7 miliardi di euro, di cui 9 destinati alla sanità.
Si rileva anche che, mediante voto segreto, con 31 a favore e 12 contrari, è stato approvato l’emendamento proposto dai consiglieri Scalera e Pagliaro, entrambi de ‘La Puglia Domani’ che prevede per le dimissioni dalla carica di sindaco, il termine di 180 giorni dal compimento del quinquennio, ai fini della candidatura alle elezioni al Consiglio regionale, mentre prima tale termine era di un mese.
Tale sbarramento risponderebbe a esigenze ritenute di natura “conservativa” da parte dei consiglieri uscenti che secondo alcuni osservatori temerebbero la concorrenza dei primi cittadini per la competizione elettorale. E ciò a maggior ragione nella prospettiva che l’ex Sindaco di Bari ed europarlamentare Antonio De Caro, ove accettasse la candidatura a presidente, possa coinvolgere la squadra degli Amministratori compattata durante la sua presidenza dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).
L’Associazione dei primi cittadini pugliesi ha chiesto, infatti, la revoca della norma denunciando “una penalizzazione per i Sindaci e una limitazione della libertà di scelta degli elettori”.
Anche alcuni Sindaci pugliesi hanno definito la legge offensiva per il lavoro che quotidianamente svolgono in favore delle proprie collettività. A loro avviso, l’emendamento approvato con votazione segreta avrebbe l’esclusivo fine di eliminare una temibile concorrenza.
Una norma analoga nello scorso novembre era stata approvata anche dalla Regione Campania, su proposta dello stesso PD che in Puglia – almeno a livello di partito – l’avversa.
Restano però alcuni problemi interpretativi il più importante dei quali riguarda la data delle elezioni: come si fa a stabilirla in maniera preventiva? In fatti la citata legge regionale n. 2/2005 ha risolto numerosi problemi tecnici che oggi potrebbero ripresentarsi.
Come precisato dalla Corte costituzionale nel comunicato stampa del 25 giugno 2025, la disposizione ha innovato la disciplina dei casi di ineleggibilità a presidente della Regione e a Consigliere regionale, che riguardano anche i Sindaci dei Comuni della Regione. Secondo la disciplina precedente, i Sindaci potevano rimuovere le cause di ineleggibilità dimettendosi non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature, cioè non oltre trenta giorni prima della data delle elezioni regionale. La disciplina dichiarata incostituzionale ha previsto, invece, che le dimissioni abbiano luogo non oltre centottanta giorni precedenti la scadenza fisiologica del consiglio regionale, pari a cinque anni dalla data delle elezioni, o non oltre sette giorni dalla data di scioglimento anticipato del consiglio regionale, se esso avviene prima dell’ultimo semestre del quinquennio
Sulla base di tali presupposti, in data 28 febbraio 2025, il Consiglio dei ministri, ha impugnato la citata legge di bilancio della Regione Puglia.
A parere del governo, gli articoli ritenuti incostituzionali sarebbero sette, tra i quali il 219, che disciplina appunto le modalità di candidatura dei sindaci alle prossime elezioni regionali, disponendo che i primi cittadini “cessino dalla carica per dimissioni entro 180 giorni prima dello scadere del quinquennio”, ovvero sei mesi prima delle elezioni.
In particolare, la norma violerebbe l’articolo 122 della Costituzione e, in particolare, i “principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto creano una situazione di disparità” prevedendo “un termine molto anticipato” rispetto a quello di presentazione delle candidature (30 giorni prima della votazione) che potrebbe avere ricadute eccessivamente penalizzanti sul completamento del mandato degli organi di governo comunale”. Inoltre imporrebbe al Sindaco interessato alla candidatura regionale di “rinunciare a detto ufficio, senza neppure avere la certezza della effettiva inclusione del proprio nominativo nella lista provinciale che verrà successivamente presentata”. Quindi comporterebbe “una limitazione dell’esercizio del diritto di elettorato passivo, con non secondarie ripercussioni sulla cessazione anticipata della consiliatura comunale per effetto della rinuncia al mandato da parte del Sindaco”. “La normativa regionale censurata, in conclusione – si legge ancora – non opera un equo bilanciamento tra interessi dei Sindaci di arrivare alla naturale scadenza del mandato, assicurando la continuità amministrativa degli enti stessi e delle comunità locali ad avere un governo stabile e conforme agli esiti dell’ultima consultazione elettorale per tutta la durata della consiliatura”.
Successivamente, in data 1° aprile 2025, la giunta regionale pugliese ha approvato una delibera con la quale si sostiene che non sussistano ragioni per resistere dinanzi alla Corte costituzionale all’impugnazione dell’art. 219 della L.R. n. 42/2024.
La disamina tecnica dell’Avvocatura e l’istruttoria condotta dagli Uffici competenti hanno infatti evidenziato l’irragionevolezza della norma introdotta dal Consiglio regionale che limita in maniera sproporzionata il diritto di elettorato passivo di cui all’art. 51 Cost., con non secondarie ripercussioni sulla stabilità e sulla durata del governo dei territori locali.

2. La sentenza della Corte Costituzionale n. 131 in data 25 luglio 2025


Con sentenza n. 131 in data 25 luglio 2025 la Consulta, accogliendo il ricorso del governo, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 219 della legge della Regione Puglia numero 42/2024, il quale imponeva un termine anticipato di 180 giorni prima della fine naturale della legislatura per presentare le dimissioni, pena l’impossibilità di candidarsi.[6]
La Consulta ha precisato che una simile imposizione si traduce in una compressione ingiustificata del diritto a candidarsi, aggravata dal fatto che non tiene conto della disciplina vigente in altre Regioni.
La Corte ha ritenuto che tale disciplina è “irragionevole e sproporzionata, e lesiva del diritto di elettorato passivo, in violazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione”. “La sproporzione – ha osservato la Corte – deriva innanzi tutto dalla notevole anticipazione del termine stabilito dal legislatore regionale rispetto al giorno fissato per la presentazione delle candidature, mentre altre normative regionali prevedono termini molto più contenuti. La sproporzione della norma deriva anche dal fatto che essa si applica indistintamente a tutti i Sindaci, mentre altre leggi regionali limitano l’ineleggibilità ai sindaci di comuni con popolazione superiore a certe soglie”.
Inoltre, la Corte sottolinea come la norma pugliese introduca un’ulteriore disparità, applicandosi a tutti i Sindaci, a prescindere dalla dimensione demografica del Comune. “La sproporzione della norma- si osserva ancora- deriva anche dal fatto che essa si applica indistintamente a tutti i Sindaci, mentre altre leggi regionali limitano l’ineleggibilità ai Sindaci dei Comuni con popolazione superiore a certe soglie”.
La Corte ha, quindi, adottato una pronuncia che, recuperando una normativa già presente nell’ordinamento, sostituisce i termini indicati nella disposizione impugnata con quello del giorno fissato per la presentazione delle candidature, espressamente previsto dalla legge numero 165 del 2004 (cioè non oltre trenta giorni prima della data delle elezioni regionali), fermo restando il potere discrezionale del legislatore regionale di stabilire altro termine anteriore, purché nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Si rappresenta, altresì, che, in attesa delle elezioni regionali, in caso di Sindaco dimissionario, la gestione del Comune viene affidata a un commissario straordinario.
Infatti, il venir meno della figura apicale dell’ente comporta, sulla base del principio simul stabunt simul cadent, il rinnovo del consiglio e l’elezione del Sindaco, fermo restando che i consiglieri cessati dalla carica, per effetto dello scioglimento, continuano a esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro attribuiti (legge n. 81/1993 e D.lgs. n. 267/2000).
La procedura di scioglimento di un Consiglio comunale si articola in tre fasi principali: la relazione del Prefetto, la sospensione del consiglio e la nomina del commissario prefettizio e infine l’adozione del decreto del Presidente della Repubblica. 
In particolare:

  • il Prefetto redige un rapporto dettagliato al ministero dell’Interno, motivando la necessità dello scioglimento e specificando la fattispecie che lo giustifica, in base all’art. 141 del Testo Unico degli Enti Locali (T.U.E.L.); 
  • nelle more della decisione definitiva, il Consiglio comunale viene sospeso e viene nominato un commissario prefettizio per la gestione provvisoria dell’ente fino all’insediamento del commissario straordinario per un periodo non superiore a novanta giorni per motivi di grave e urgente necessità. Questo provvedimento, secondo la giurisprudenza, ha carattere discrezionale ed è motivato da finalità di pubblico interesse, come garantire la funzionalità dell’ente, sindacabile soltanto per palese illogicità; la motivazione, peraltro non deve essere necessariamente estesa e penetrante, con la conseguenza che il decreto è sufficientemente motivato con il richiamo alla finalità di pubblico interesse volta ad “assicurare la funzionalità dell’ente”;[7]                                                                                                    
  • la procedura si conclude con l’adozione di un decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) che nomina un commissario straordinario, che di solito (ma non sempre) è lo stesso commissario prefettizio, il quale assume i poteri degli organi comunali (giunta, Consiglio, Sindaco). Il decreto viene poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ai fini notiziali.

3. Conclusioni


Formalmente la nuova norma regionale potrebbe considerarsi rispettosa del citato art. 122, primo comma, Costituzione che attribuisce la disciplina del sistema di elezione regionale alla Regione, nei limiti, però, dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.
Tuttavia, la disciplina approvata dal Consiglio regionale, come sostenuto da alcuni giuristi e poi confermato dalla Corte costituzionale, presenta dei profili di illegittimità costituzionale, anche con riferimento allo stesso art. 122 Cost., oltre agli artt. 3 e 51 come statuito dalla Corte. Infatti, la ratio di fondo della normativa regionale richiede che il corpo elettorale deve potersi esprimere senza condizionamenti,[8] mentre altri hanno evidenziato il rischio di non garantire la continuità amministrativa.[9]
Con questa decisione la Corte sancisce l’illegittimità di una norma che avrebbe potuto alterare le dinamiche elettorali pugliesi escludendo in anticipo una parte significativa della rappresentanza amministrativa locale. Ha, inoltre, ripristinato il quadro normativo precedente, chiarendo che i Sindaci che vogliono partecipare alla competizione elettorale regionale devono dimettersi entro il giorno fissato per la presentazione delle candidature, evitando vuoti normativi e incertezze elettorali; questa pronuncia riapre, quindi, la corsa alla composizione delle liste e restituisce piena agibilità politica ai Sindaci interessati a entrare nel consiglio regionale.
Con tale sentenza, inoltre, la Consulta mette la parola fine a una delle disposizioni più controverse approvate dal Consiglio regionale pugliese negli ultimi anni, riaffermando il principio che le limitazioni alla candidabilità devono sempre rispettare i criteri di equilibrio e non possono diventare strumenti di esclusione politica.
Si tratta, quindi, di un passaggio cruciale per assicurare trasparenza e correttezza nel procedimento elettorale, in modo da permettere agli elettori di conoscere con chiarezza chi lascia un incarico per assumerne eventualmente un altro.
Infatti, le dimissioni di un Sindaco non rappresentano mai un semplice atto individuale, ma comportano un un effetto a catena che coinvolge l’intero assetto istituzionale del Comune, l’intervento dello Stato centrale e la convocazione di nuove elezioni.
La legge c.d. “anti Decaro” potrebbe essere incostituzionale anche perché anticiperebbe le dimissioni dei Sindaci che si presenterebbero alle prossime elezioni regionali ostacolando l’eventuale candidatura alla Regione del parlamentare europeo eludendo il principio funzionale stabilito dalla Costituzione e favorendo la nomina anticipata di Commissari prefettizi.
Secondo l’eurodeputato Antonio Decaro, ex Sindaco ed ex presidente dell’Anci nazionale, in predicato di correre da candidato governatore “la decisione della Corte costituzionale ha messo finalmente fine ad una brutta pagina politica ma soprattutto a un vero e proprio abuso di potere nei confronti dei Sindaci pugliesi e del loro diritto di partecipare alle prossime elezioni regionali senza sacrificare il proprio lavoro, interrompendolo anticipatamente in maniera immotivata”.

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Note


[1] legge regionale 26 settembre 2014, n. 51, articolo 15.
[2] Legge 23 febbraio 1995, n. 43, articolo 7.
[3]  Regione Puglia, legge regionale 9 febbraio 2005, n. 2, articoli 2, 9 e 10.
[4]  Regione Puglia, legge regionale 9 febbraio 2005, n. 2, articolo 11.
[5] A. Lupo, Legge” blocca sindaci”: pro e contro per i comuni, in Il Quotidiano di Puglia del 23 dicembre 2024.
[6] E. Filotico, La Corte Costituzionale boccia la legge anti sindaci “Norma irragionevole e sproporzionata”, in Il nuovo quotidiano di Puglia del 26 luglio 2025.
[7] Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 4062 del 28 luglio 2005.
[8] Luigi Melica, professore ordinario di diritto costituzionale comparato ed europeo presso l’Università del Salento.
[9] Michele Troisi, professore associato di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università del Salento,

Prof. Paolo Gentilucci

Paolo Gentilucci, Ufficiale della Repubblica (G.U. n. 81 del 5 aprile 2023), già Commissario di Pubblica Sicurezza, Vice direttore delle Imposte Dirette di Firenze e viceprefetto presso il Ministero dell’Interno, dal mese di aprile 2018 è docente presso la Scuola Universitari…Continua a leggere

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