Convenzione per l’affidamento in concessione trentennale per la conduzione dei servizi idrico, fognario e di distribuzione del gas e delle opere occorrenti per la rinnovazione, il potenziamento e l’estensione degl’impianti acquedottistici, fognarî e depur

Lazzini Sonia 31/01/08
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Ai fini dell’applicazione dell’articolo 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 cioè della prosecuzione o dell’anticipato recesso delle concessioni di servizi pubblici, rileva soltanto il fatto che la concessione sia stata affidata con gara o senza gara, e non anche che essa sia stata affidata mediante gara legittimamente indetta e condotta
 
Merita di essere segnalato il seguente pensiero espresso dal Consiglio di Stato nella decisione numero 5955 del 21 novembre 2007 inviata per la pubblicazione in data 30 novembre 2007
 
 
 
<l’impugnazione effettuata col ricorso principale possono essere dedotte solo, dai soggetti controinteressati, in via di ricorso incidentale, e non anche in via d’eccezione dalla stessa autorità emanante; la quale non può impugnare o altrimenti censurare giudizialmente i propri stessi atti, ma può eventualmente annullarli con il proprio potere di autotutela, ricorrendone i presupposti.>
 
 
a cura di *************
 
                REPUBBLICA ITALIANA                N. 5955/07 REG.DEC.
           IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     N. 2555 REG:RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione          ANNO 2007
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello proposto dal comune di ARDEA, in persona del sindaco, dottor ************, difeso dall’avvocato **************** e domiciliato presso di lui in Roma, via Lima 31;
contro
la società per azioni ALFA, con sede in Ardea, costituitasi in giudizio in persona del signor *************, amministratore unico, difesa dagli avvocati ***************, ****************** e *************** e domiciliata presso il primo in Roma, via Giuseppe Mercalli 13;
per la riforma
della sentenza 6 febbraio 2007 n. 905, notificata il 27 febbraio 2007, con la quale il tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione II-bis, ha annullato la deliberazione del Consiglio comunale di ***** 22 dicembre 2005 n. 56 e la nota comunale n. 48220 senza data e tutti gli atti connessi e conseguenti, con cui il comune di ***** ha comunicato che la concessione per la conduzione dei servizi idrico, fognario e di distribuzione del gas sarebbe cessata il 31 dicembre 2006, nonché la deliberazione del Consiglio comunale 25 gennaio 2006 n. 4, con cui è stato deciso di avviare la procedura di gara per l’appalto della costruzione del nuovo depuratore.
Visto il ricorso in appello, notificato il 14 e depositato il 27 marzo 2007;
visto il controricorso della società ALFA, depositato il 15 maggio 2007;
viste le memorie difensive presentate dalla società ALFA il 25 maggio 2007 e il 6 luglio 2007;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, all’udienza del 13 luglio 2007, il consigliere ****************, e uditi altresì gli avvocati *******, ******, e ********, quest’ultimo in sostituzione degli avvocati ******** e ********;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
L’8 novembre 1990 il comune di ***** stipulò con la società Clorifati II una convenzione per l’affidamento in concessione trentennale dei servizi specificati in epigrafe e delle opere occorrenti per la rinnovazione, il potenziamento e l’estensione degl’impianti acquedottistici, fognarî e depurativi. La concessione era stata affidata in seguito a gara per licitazione privata indetta con bando del 18 luglio 1990 e disciplinata dall’articolo 1 della legge 2 febbraio 1974 n. 14, contenente appunto norme sulle licitazioni private per gli appalti di opere pubbliche. Entrato in vigore il decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, contenente il nuovo testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, il cui articolo 113, al comma 15-bis (introdotto con successive leggi) dispone che le concessioni di servizi pubblici «rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica» cessino non oltre il 31 dicembre 2006, il comune, ritenendo applicabile la disposizione di legge, ha comunicato alla società ALFA, succeduta all’originaria concessionaria, la cessazione del rapporto a quella data, e ha dato avvio alla procedura di gara per l’appalto della costruzione di un nuovo depuratore.
Gli atti sono stati impugnati da ALFA con ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio notificato il 3 febbraio 2006 (procedimento di primo grado 1321/2006), poi con atto di motivi aggiunti notificato il 27 febbraio 2006, e ancora con ricorso notificato il 3 aprile 2006 (procedimento di primo grado 3038/2006). L’amministrazione comunale si è difesa sostenendo che la gara, a suo tempo espletata, si era risolta in un affidamento diretto, essendo mancati i requisiti minimi di competitività tra i concorrenti.
Il tribunale amministrativo regionale con la sentenza indicata in epigrafe ha riunito e accolto i ricorsi, dopo aver affermato la giurisdizione del giudice amministrativo e respinto alcune eccezioni preliminari d’inammissibilità e di tardività delle impugnazioni, sostanzialmente per la ragione che la concessione in questione, essendo stata affidata con procedura “di evidenza pubblica” (di gara), non rientra nella disposizione anzidetta sull’anticipata risoluzione delle concessioni. Il tribunale amministrativo ha pure affermato che non rientrava nella sua competenza di dichiarare la data di cessazione del rapporto, e ha respinto la domanda di risarcimento dei danni, affermando che la sentenza d’annullamento era satisfattiva dell’interesse della ricorrente.
Il comune appella deducendo numerose censure accorpate in due motivi. Nel primo motivo sostiene che la gara non aveva rispettato i princìpi dell’evidenza pubblica, perché «la pubblicità e il dimensionamento dei termini economici della gara erano stati artatamente sviati per cui l’importo della concessione non è stato parametrato ai trent’anni di durata, bensì solo al primo anno»; e sostiene di esser legittimata ad eccepire in ogni tempo la nullità della gara; nello stesso primo motivo aggiunge la non provata tempestività del ricorso contro la deliberazione n. 56 del 2005, la non lesività degli atti impugnati, o di alcuni di essi, la carenza d’interesse di ALFA a impugnare le decisioni assunte dal comune (stante il fatto che la sua concessione ha avuto termine il 31 dicembre 2006). Con il secondo motivo ribadisce l’irregolarità della gara a suo tempo espletata.
Il 15 maggio 2005, in vista della camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, formulata dall’appellante, i difensori delle parti hanno chiesto che l’appello fosse deciso in forma semplificata, facendo rilevare che «la soluzione del caso particolare sembra dipendere dalla circoscritta indagine circa l’esistenza o meno, nel caso di specie, di una procedura di evidenza pubblica a monte dell’affidamento della concessione in contesa».
DIRITTO
Il Collegio prende atto della concorde dichiarazione delle parti, che l’unica questione da decidere, debba consistere nell’accertare se la concessione trentennale del 1990 sia stata affidata con gara (“procedura di evidenza pubblica”) o senza gara; e interpreta l’atto come rinuncia agli ulteriori motivi dell’appello.
Ciò premesso, non v’è che da rilevare l’infondatezza dell’appello, essendo documentato, ammesso dal comune e, in realtà, fuori discussione che l’appalto del servizio è stato commesso dal comune alla dante causa di ALFA mediante gara. Il comune pretende che in questa sede venga sindacata la legittimità della gara del 1990, da nessuno impugnata né annullata dal comune medesimo; e tale pretesa non ha fondamento. Innanzitutto, ai fini dell’applicazione dell’articolo 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 cioè della prosecuzione o dell’anticipato recesso delle concessioni di servizi pubblici, rileva soltanto il fatto che la concessione sia stata affidata con gara o senza gara, e non anche che essa sia stata affidata mediante gara legittimamente indetta e condotta. In secondo luogo, nel giudizio amministrativo le censure d’illegittimità di atti amministrativi tendenti a paralizzare l’impugnazione effettuata col ricorso principale possono essere dedotte solo, dai soggetti controinteressati, in via di ricorso incidentale, e non anche in via d’eccezione dalla stessa autorità emanante; la quale non può impugnare o altrimenti censurare giudizialmente i propri stessi atti, ma può eventualmente annullarli con il proprio potere di autotutela, ricorrendone i presupposti.
L’appello, in conclusione, dev’essere respinto. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in 7000 euro.
Per questi motivi
respinge l’appello indicato in epigrafe e condanna il comune di ***** al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in settemila euro, a favore della società ALFA.
Così deciso in Roma il 13 luglio 2007 dal collegio costituito dai signori:
**************                                             presidente
****************                                         componente, estensore
*************                                             componente
***************                                            componente
************************                                   componente
 
 
L’ESTENSORE                               IL PRESIDENTE
F.to ****************                      *******************
IL SEGRETARIO
F.to *************
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21-11-2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
F.to *****************
 
 

Lazzini Sonia

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