Conti dei soci e conti della società: considerazioni in merito alla sentenza della Corte di Cassazione n. 25623 del 4 Dicembre 2009

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L’ordinamento tributario vigente non fornisce una espressa definizione di “Verifica Fiscale”. Essa è tradizionalmente intesa come un complesso di attività svolte da soggetti giuridicamente qualificati, rivolte a controllare la regolarità dell’adempimento delle norme tributarie.
Definizioni maggiormente precise in argomento vengono fornite da varie circolari emanate dal Comando Generale del Corpo della Guardia di Finanza tra le quali va sicuramente evidenziata la n. 360000 del 20 Ottobre 1998 inerente all’ “Istruzione sull’attività di verifica”, nota anche come la Circolare n. 1/98. Questo documento evidenzia come la verifica fiscale sia “Una indagine di polizia amministrativa finalizzata a prevenire, ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e finanziarie”; in particolare, a “Qualificare e quantificare la capacità contributiva del soggetto che ad essa viene sottoposto”.
 
Per quanto concerne l’accertamento dei redditi di soggetti obbligati a tenere le scritture contabili (società commerciali, enti commerciali e non commerciali, imprenditori, lavoratori autonomi) le norme di diritto tributario specificano come l’ufficio interessato possa determinare il reddito in una maniera meramente induttiva elaborando dati di cui si abbia conoscenza, con la facoltà di prescindere dalle risultanze contabili nonché di utilizzare presunzioni semplici purchè esse siano gravi, precise e concordanti. Tutto ciò si verifica in casi specifici ed in particolare quando il reddito dell’impresa non venga indicato nella dichiarazione, quando il contribuente non abbia tenuto oppure abbia sottratto le scritture obbligatorie, quando le violazioni che costituiscono presupposto di rettifica analitica siano nel complesso talmente gravi da far risultare la contabilità come inattendibile.
 
L’orientamento giurisprudenziale in argomento è stato caratterizzato da numerose pronunce, le quali hanno tendenzialmente evidenziato come solo in presenza di buone e valide presunzioni la verifica tributaria possa estendersi ai conti dei soci. In vari casi, infatti, La Corte di Cassazione ha sostenuto che l’accertamento nei confronti di una società si estende anche ai conti personali di soggetti quali amministratori, soci, procuratori generali o dipendenti; tuttavia, l’accertamento medesimo non risulta automatico, bensì diviene efficace soltanto qualora l’ufficio possa dimostrare, utilizzando presunzioni gravi precise e concordanti, che i conti intestati ai soggetti legati alla società da rapporti di natura commerciale, sopra menzionati, siano fittizi oppure che sugli stessi siano transitate somme di denaro riconducibili alla società.
Più specificamente, i giudici hanno sostenuto che “ Il potere di richiedere agli istituti di credito notizie dei movimenti sui conti bancari intrattenuti dal contribuente, ove si deduca e dimostri che i movimenti medesimi siano stati conteggiati nella dichiarazione annuale, non trova applicazione con riguardo a conti bancari intestati esclusivamente a persone diverse ancorchè legate al contribuente da vincoli familiari e commerciali, salvo che l’ufficio opponga e provi in sede giudiziale che l’intestazione a terzi è fittizia” ( Cass. N. 8826 del 28 Giugno 2001).
 
Per le società di capitali, ad esempio, con la sentenza n. 13391 del 12 Settembre 2003, la Cassazione ha sostenuto come in ipotesi di rettifica dei redditi di una società di capitali l’Amministrazione abbia il potere di adoperare dati riguardanti conti correnti formalmente intestati a soci, amministratori o procuratori generali qualora risulti ragionevolmente sostenibile, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell’intestazione oppure, in via residuale, la riferibilità dei predetti conti alla società.
 
 
 Recentemente, poi, i supremi giudici hanno sottolineato la necessità dell’esistenza di svariati elementi e circostanze aventi una rilevante fondatezza per poter allargare una verifica dei conti di una s.r.l. a quelli dei soci o degli amministratori (Cass. 27186 del 8 Ottobre 2008). Anche in questo caso, infatti, la possibilità di realizzare un accertamento nei confronti di una s.r.l. sul presupposto di movimenti rinvenuti sui conti correnti dei suoi soci esiste soltanto se i conti correnti possano essere considerati fittiziamente intestati ai soci medesimi e che sui medesimi siano transitate somme di denaro incalcolabili rapportate all’attività svolta dal soggetto titolare del conto.
Tuttavia soltanto nell’ipotesi in cui sia possibile parificare il conto corrente dell’amministratore al conto intestato alla società ci si può avvalere della presunzione legale di carattere relativo che consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente ( Cass. 24 Aprile 2008).
 
All’interno del panorama giurisprudenziale descritto si colloca l’ultima pronuncia in argomento ossia la sentenza n. 25623 del 4 Dicembre 2009 con la quale la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un’Amministrazione finanziaria, la quale aveva riscontrato, utilizzando la presunzione legale esistente sui conti bancari dell’azienda, un reddito superiore in virtù del passaggio di denaro sul conto di un socio in quanto sembravano esservi degli incassi non dichiarati, anche se la contabilità risultava regolare avendo l’amministratore unico dimostrato che tutti i passaggi di denaro avvenuti erano stati regolarmente fatturati. Nella pronuncia in esame si afferma, infatti, che per dimostrare un reddito superiore, affluito sui conti correnti di soci o familiari di questi, occorre un’inversione dell’onere della prova. Spetta, infatti, al Fisco dimostrare che l’intestazione del conto è fittizia e che i versamenti riscontrati costituiscono gli incassi della società. E’ stato evidenziato come una volta ammessa l’applicazione della disciplina contenuta nell’art. 51 del D.P.R. 633/72 (“I singoli dati ed elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili”) anche ai conti formalmente intestati a soci, amministratori o procuratori generali della società, qualora venga dimostrata la natura fittizia di tali intestazioni o la riconducibilità di tali conti alla società, essa possa applicarsi nella sua interezza, inversione dell’onere della prova compreso.
Nel caso in questione, in particolare, la Cassazione ha evidenziato come le presunzione ( Art. 51 del D.P.R. 633/72) secondo cui i versamenti effettuati sui conti correnti del contribuente, qualora non vengano giustificati con una fattura, debbano essere imputati a reddito imponibile, può essere applicata soltanto ai conti correnti intestati alla società, non anche a quelli dei soci. Nel caso in questione, inoltre, come sottolineato precedentemente, avendo l’amministratore unico della S.R.L. fornito la prova contraria, spettava al Fisco dimostrare che i conti personali dei soci fossero, in realtà, conti a disposizione, in tutto o anche solo in parte, della società medesima.
 
 
 
 
Avv. Antonella Russomanto

Russomanto Antonella

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